Plasticita neurale

Dizionario di Medicina (2010)

plasticità neurale

Laura Baroncelli

Plasticità nell’adulto

Nel cervello adulto la modificabilità delle connessioni tra cellule nervose in risposta all’esperienza si riduce drasticamente. Tuttavia, la plasticità è una proprietà del sistema nervoso che ci accompagna durante tutta la vita. In primo luogo, essa è alla base dei fenomeni di apprendimento (➔) e memoria (➔): la possibilità di immagazzinare nuove informazioni è correlata all’elevata dinamicità che caratterizza i neuroni delle aree deputate all’elaborazione di questi processi, prima fra tutte quella dell’ippocampo. L’incredibile flessibilità di questa struttura è sottolineata dal fatto che le modificazioni anatomiche indotte dall’esperienza possono tradursi in una variazione delle sue dimensioni. Paradigmatico è l’esempio dei tassisti di Londra, che devono acquisire una dettagliata conoscenza delle strade per esercitare la loro professione: uno studio del 2000 ha mostrato che questi soggetti presentano un ippocampo molto più sviluppato della media. È noto che anche la corteccia cerebrale può andare incontro a riorganizzazioni funzionali a seguito di modificazioni prolungate dell’esperienza ambientale: numerosi studi hanno dimostrato che la topografia corticale può mantenere un certo grado di dinamicità, regolato dai livelli di attività periferica.

Plasticità corticale e apprendimento

Il miglioramento delle capacità di discriminazione sensoriale attraverso l’esercizio è un processo detto apprendimento percettivo. Un esempio classico è la raffinata attitudine a identificare toni musicali differenti, propria dei musicisti, o l’abilità di riconoscere i volti diversi di persone della propria etnia. Negli studi effettuati per chiarire i meccanismi coinvolti nel miglioramento delle capacità percettive il modello più utilizzato prevede il rimodellamento funzionale dei territori corticali. È stato osservato che scimmie adulte, addestrate a usare solo le falangi distali di alcune dita per eseguire compiti di discriminazione tattile, mostrano un’apprezzabile espansione della rappresentazione corticale delle parti che ricevono una maggiore stimolazione tattile e propriocettiva. Tale fenomeno presuppone una ridondanza delle afferenze periferiche della corteccia somatosensoriale: il consolidamento hebbiano delle sinapsi che veicolano l’informazione proveniente dalla porzione di superficie corporea impiegata per l’apprendimento percettivo (concomitante all’indebolimento delle connessioni formate dalle fibre derivanti dalle parti adiacenti), determina il reclutamento di un maggior numero di neuroni in seguito alla stimolazione della superficie allenata e il conseguente ampliamento del suo territorio corticale a scapito della rappresentazione delle zone del corpo vicine. Un meccanismo simile si osserva nel sistema uditivo: animali addestrati a distinguere piccole differenze nella frequenza di singoli toni mostrano un miglioramento delle capacità di discriminazione acustica, accompagnato dall’allargamento delle porzioni di corteccia uditiva che rispondono preferenzialmente alle frequenze utilizzate nel compito di apprendimento. È stato dimostrato nell’uomo (2004) che imparare a fare il giocoliere induce modificazioni strutturali nella porzione di corteccia visiva devoluta alla percezione del movimento. Una relazione tra la ripetizione di un esercizio e l’espansione di un territorio corticale è stata individuata anche per la corteccia motoria. È stato evidenziato che la rappresentazione corticale delle dita della mano sinistra è più sviluppata nei suonatori di strumenti a corda, come violinisti e chitarristi, rispetto a soggetti di controllo. Sebbene il grado di riorganizzazione della mappa motoria sia funzione dell’età di inizio della pratica musicale, questi fenomeni di plasticità sono presenti anche nel cervello adulto. A conferma di ciò, la risonanza magnetica funzionale di un gruppo di persone adulte, a cui si richiedeva di eseguire ripetutamente una rapida sequenza di movimenti delle dita, ha mostrato che il compito motorio in questione evocava l’attivazione di un’area della corteccia motoria più grande rispetto a una sequenza di controllo.

Plasticità indotta da lesione

Un robusto rimodellamento della corteccia cerebrale di individui adulti si verifica anche in seguito a una riduzione della stimolazione periferica, dovuta a lesioni o amputazioni. I primi dati in merito sono stati ottenuti nel sistema somatosensoriale della scimmia: la lesione di un nervo periferico determina la comparsa di una zona corticale silente, dove le cellule non ricevono più segnali dai recettori; successivamente questi neuroni iniziano a rispondere alla stimolazione della superficie corporea adiacente a quella deprivata e si determina una riorganizzazione della mappa somatosensoriale (➔ tatto). Un fenomeno simile si manifesta nei pazienti che sperimentano la sindrome dell’arto fantasma (➔). Analogamente, nel sistema visivo una piccola lesione della retina (scotoma) fa sì che l’area corticale devoluta alla percezione della porzione di campo visivo interessata, non ricevendo più informazioni sensoriali, sia attivata dai recettori retinici situati vicino alla zona lesionata. Anche la corteccia motoria (➔) è condizionata dalla stimolazione proveniente dalla periferia: studi sul ratto hanno dimostrato che l’attivazione dell’area motoria deputata al controllo delle vibrisse, dopo avere lesionato le fibre che le innervano, provoca il movimento dell’arto anteriore. Tali modificazioni plastiche avvengono tramite lo smascheramento di connessioni (intracorticali o sottocorticali) già esistenti, che vengono disinibite dall’indebolimento di quelle private della stimolazione sensoriale. Un altro meccanismo, che non esclude il precedente, è la manifestazione di fenomeni di sprouting, ossia l’emissione di collaterali assoniche a carico delle afferenze che non hanno subito la lesione e la formazione di nuove sinapsi tra queste ultime e le aree corticali temporaneamente silenziate dalla lesione.