Planarie e vermi solitari

Enciclopedia dei ragazzi (2006)

planarie e vermi solitari

Giuseppe M. Carpaneto

Vermi dal corpo piatto

Il phylum dei Platelminti comprende animali vermiformi dal corpo piatto che vivono scivolando sul fondo degli stagni, come le planarie, oppure come parassiti nel corpo di altri animali, come le fasciole, le bilarzie e le tenie. Queste ultime, dette anche vermi solitari, hanno un corpo nastriforme lungo diversi metri e diviso in tanti segmenti, ciascuno dei quali è capace di riprodursi

Piccoli antenati piatti

fig.

Vista di sfuggita, una planaria sembra una lumachina piatta e senza guscio che striscia sulle pietre nel fondo di un ruscello. Guardandola con una lente d’ingrandimento, ci accorgiamo che l’estremità anteriore forma un capo con due piccoli occhi, capaci di percepire appena le variazioni di luminosità dell’ambiente. Il capo non ha una bocca poiché questa si trova inferiormente, circa a metà della lunghezza del corpo (v. fig.). Il colore è grigio e poco appariscente, come se si trattasse di un essere scialbo e privo di importanza.

In realtà, le planarie ci raccontano la storia dell’evoluzione: sono i primi animali ad aver ‘inventato’ un capo, un tubo digerente e un apparato escretore per l’eliminazione dei rifiuti liquidi. Tutti gli animali che oggi popolano le terre e i mari discendono probabilmente da esseri simili alle planarie (phylum dei Platelminti, classe dei Turbellari), che quindi rappresentano un passo evolutivo importante dai Protozoi verso tutti gli altri phyla del regno animale.

Fasciole e bilarzie

Mentre i Turbellari vivono nelle acque dolci e in mare, le altre classi di Platelminti hanno seguito un percorso evolutivo verso la vita parassitaria (parassiti). Ne sono un esempio i Trematodi, come la fasciola epatica (Fasciola hepatica) che vive nelle vie biliari di alcuni Mammiferi erbivori, fra cui la pecora e, occasionalmente, l’uomo. Pecora e uomo si infettano mangiando erbe cresciute lungo i bordi dei corsi d’acqua. La larva della fasciola si chiude su queste piante in una cisti, dopo un ciclo biologico complesso. Quando l’uomo o la pecora infettati defecano nello stesso ambiente, le uova della fasciola si disperdono nell’acqua e il ciclo ricomincia.

Le larve delle pericolose bilarzie tropicali (Schistosoma), invece, perforano direttamente la pelle, per poi raggiungere i vasi sanguigni. Qui diventano adulte e si riproducono. Le loro uova raggiungono l’acqua grazie all’urina o agli escrementi umani. Caratteristica delle bilarzie è che possiedono sessi separati, cioè maschi e femmine, mentre tutti gli altri Platelminti sono ermafroditi.

Parassiti solitari

I più famosi Platelminti parassiti sono le tenie (classe dei Cestodi) che molti conoscono sotto il nome di vermi solitari. Esistono diverse specie di tenie, di cui tre sono parassiti frequenti dell’uomo e vivono nel suo apparato digerente. In generale, ci si può contaminare mangiando carne poco cotta di bovino (nel caso di Taenia saginata), di suino (Taenia solium) o carne cruda di pesce (Diphyllobothrium latum). Si chiamano vermi solitari perché generalmente nell’intestino di un malato si trova un solo esemplare adulto. La lunghezza delle tenie può arrivare fino a 17 m, e queste dimensioni spiegano il dimagrimento dell’ospite, che si vede svuotare l’intestino dal parassita. Le tenie non hanno bocca ma si nutrono assorbendo il cibo liquido attraverso la superficie del corpo. Questo è diviso in tante unità indipendenti, le proglottidi, disposte in serie come i fotogrammi di una pellicola, che si nutrono e si riproducono da sole, emettendo in tempi diversi sia gli spermatozoi che le uova.

Uno dei parassiti più temibili è l’echinococco (Echinococcus granulosus), una piccola tenia formata solo da tre proglottidi, che forma grosse cisti nel corpo umano, talvolta anche nel cervello.

L’echinococco adulto vive nell’intestino del cane, soprattutto dei randagi, quando questi si nutrono di carne infetta, come possono essere gli scarti di macellerie abusive. L’uomo si infetta mettendosi le mani in bocca dopo essersi fatto leccare o dopo aver toccato il pelo di un cane portatore.

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