PITTURA - Islam

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1998)

PITTURA - Islam

M.V. Fontana

La p. non trova, nell'ambito dell'arte islamica, la medesima importante collocazione di cui gode in altre culture, sia occidentali sia orientali. Se e quanto un movimento iconoclastico ne abbia condizionato lo sviluppo è tema di grande interesse e di dibattito fra gli studiosi (Creswell, 1946; Allen, 1988).Poiché l'arte islamica, almeno durante i secoli in esame, non ha prodotto p. su tela o su tavola, si deve fare riferimento qui soltanto alla p. murale, lasciando da parte la miniatura (v.). Tecnicamente, essa poteva essere applicata direttamente su pietra (in area anatolica), su legno nel caso di soffitti ed elementi di trabeazione oppure su uno strato di intonaco, prevalentemente gessoso, steso sulla muratura parietale o pavimentale (per quest'ultima è eccezionale il caso di Qaṣr al-Ḥayr al-Gharbī, in Siria) o sul legno (come nella Cappella Palatina di Palermo). In rari casi, fra il sottile strato di gesso e il legno si interponeva una base di origine vegetale (per es. fibre di palma a Gerusalemme nella Cupola della Roccia e nella moschea al-Aqṣā) o animale (come il cuoio, ancora nella Cupola della Roccia e nell'Alhambra di Granada). La p. su intonaco non è mai un affresco, ma una sorta di tempera con colori di origine vegetale, animale o minerale (De Beylié, 1909, pp. 98-100).Un'importante distinzione va fatta tra una p. ornamentale di decorazione architettonica, abbondante e diffusa in tutte le aree islamiche, e una p. figurata. La prima, anche se in alcuni casi è impiegata unitamente ai cicli figurati, di solito costituisce l'unico ornato pittorico (talvolta insieme agli stucchi pure dipinti).Lo stile della p. figurata dei primi secoli, in molti casi nota solo attraverso le fonti (Monneret de Villard, 1950, p. 15; 1966, p. 255), è il frutto di una lunga tradizione sincretica fra modelli ellenistici e orientali con prototipi anche anteriori all'Islam (uno dei migliori esempi iranici era costituito dalle perdute p. del Kūh-i Khvāja, nel Sistān, della fine del sec. 2°-inizi 3°; Herzfeld, 1964; Schlumberger, 1970, p. 59). Esempi di questo sincretismo che possono essere individuati come modelli per l'Islam (Grube, 1968, pp. 11-20, figg. 1-22; 1994, p. 418) sono quelli di Mīrān, nel Turkestan cinese, del sec. 3° (Nuova Delhi, Nat. Mus. of India; Bussagli, 1963, trad. ingl. pp. 18, 24-25).Quanto ai primi anni dell'Islam e al periodo omayyade (661-750), le fonti testimoniano di pittori che decoravano le case di Medina (Lammens, 1912, p. 78; Monneret de Villard, 1966, p. 255, nn. 4-5) e degli ornati della moschea della città (705-709; Creswell, 1989, p. 45).In età omayyade, le pareti e le volte del piccolo palazzo/bagno di Quṣayr ῾Amrā, in Giordania, del secondo quarto del sec. 8°, vennero adornate di p. policrome su intonaco, illustranti un ciclo iconografico di non univoca interpretazione. In una sorta di 'sala delle udienze' si trovano un principe in trono e due personaggi; sono anche raffigurati sei re, secondo un classico tema sasanide che fa riferimento ai Re della Terra, adattato però all'epoca omayyade con l'introduzione fra i sei dell'ultimo re visigoto di Spagna, Roderigo (710-711), sconfitto dai musulmani (Grabar, 1954). Vi sono poi scene di caccia, di vita quotidiana (in alcuni riquadri si vedono i mestieri di chi ha costruito l'edificio) e danzatrici a seno nudo (Almagro, 1975; Zayadine, 1977; Grabar, 1988; 1993); un soggetto molto particolare è quello della cupola del calidarium: si tratta infatti di un'importante immagine astronomica (Saxl, 1932). Dall'area nordoccidentale del palazzo di Qaṣr al-Ḥallābāt in Giordania, della prima metà del sec. 8°, provengono frammenti - solo in minima parte ancora in situ - di intonaco dipinto e da un ambiente del cortile interno frammenti di p. con volti dai grandi occhi, animali e un senmurv di tradizione sasanide (Bisheh, 1993, p. 51, fig. 7). Poco più a S sorge una struttura simile a quella di Quṣayr ῾Amrā: Ḥammām al-Ṣarakh, della prima metà del sec. 8° (Butler, 1907-1915; Musil, 1927, p. 351), dove numerosi frammenti dipinti sono stati trovati nella fontana della c.d. sala delle udienze (Bisheh, 1989).In Siria, le p. più importanti del palazzo di Ruṣāfa, della prima metà del sec. 8°, provengono dall'ambiente principale, a N, ove sono raffigurati archi a ferro di cavallo; inoltre la nicchia è dipinta con un albero molto naturalistico (Otto-Dorn, 1957, pp. 125-126, tavv. 2-3), affine a quello del mosaico pavimentale di Khirbat al-Mafjar, in Palestina (Creswell, 1932-1940, I, tav. 108c). Le pareti della stanza B dell'area termale posta all'esterno del palazzo di Qaṣr al-Ḥayr al-Sharqī, della prima metà del sec. 8°, erano coperte di p. su intonaco, con ornati di tipo architettonico (colonne su alte basi) che separano pannelli con motivi floreali e geometrici (City in the Desert, 1978, pp. 93, 179, tavv. 174, Ap. 94-95). Qaṣr al-Ḥayr al-Gharbī è un palazzo sulla strada fra Damasco e Palmira della prima metà del sec. 8° (oggi ricostruito al Mus. Nat. di Damasco, in cui si conservano anche le decorazioni dipinte). Le p. del piano terreno non recano decorazioni figurate; in una sola è rappresentato un senmurv (Schlumberger, Ecochard, Saliby, 1986, p. 14, tavv. 32-33, 57). Rivestivano invece la pavimentazione del vano di una scala molte immagini con figure, due delle quali si sono conservate intatte. Si tratta di due pannelli rettangolari: il primo è suddiviso in tre registri orizzontali che mostrano in quello superiore due musici stanti inquadrati entro altrettante arcate, nel mediano un giovane cavaliere al galoppo che tira con l'arco contro delle gazzelle, mentre nell'ultimo si riescono a distinguere un levriero e un uomo con un capride al guinzaglio; il secondo pannello reca al centro un medaglione circolare perlato che racchiude un busto femminile che ha avvolto intorno al collo un serpente e che regge con le mani una sciarpa su cui 'poggiano' dei frutti; in alto e in basso, rispettivamente, centauri marini e animali si stagliano su un fondo di racemi (Schlumberger, 1946-1948; Schlumberger, Ecochard, Saliby, 1986, p. 14, tavv. 34-35). Mentre il primo pannello è, sia per il soggetto sia per lo stile, di stretta influenza iranica, il secondo presenta precise affinità con il repertorio iconografico tardoromano-bizantino di Siria. Gli altri frammenti con soggetto umano raffigurano sia un insieme apparentemente incoerente di volti caricaturali sia un volto femminile molto simile a quelli delle p. dei palazzi di Samarra. Sono stati rinvenuti (Schlumberger, Ecochard, Saliby, 1986, p. 14, tavv. 36-37) anche frammenti dipinti con lettere greche, forse firme di artisti, come a Samarra.Provengono dal palazzo e dal bagno di Khirbat al-Mafjar molti frammenti di p. su intonaco del secondo quarto del sec. 8°, di cui pochi sono conservati in situ, mentre la maggior parte è custodita a Gerusalemme (Rockefeller Mus.). Le p. dell'area nordorientale del palazzo sono state suddivise da Grabar (1959) in quattro tipi: romboidale (con ornati floreali), con rosetta, con tralcio floreale e con senmurv (entro una maglia circolare). Quest'ultimo motivo, piuttosto frequente sulle stoffe - già in quelle sasanidi raffigurate a Ṭāq-i Būstān (Iran) -, compare anche fra gli stucchi del bagno (Creswell, 1932-1940, I, tav. 106e), nonché nelle p. di Qaṣr al-Ḥallābāt e Qaṣr al-Ḥayr al-Gharbī, e su un frammento di carta fatimide (Londra, Keir Coll.; Grube, 1995, fig. 108). Altre p., sempre dal palazzo, recano rappresentazioni figurate: benché mal conservate, vi si può tuttavia riconoscere uno stile in alcuni casi simile a quello di Quṣayr ῾Amrā, mentre un volto visto di tre quarti (Grabar, 1959, tav. LXXV.6) rivela affinità con un'immagine proveniente da Samarra (Herzfeld, 1927, tav. III).Per la Spagna omayyade, nel sec. 12° al-Idrīsī ha lasciato una testimonianza dei dipinti presenti nella Grande moschea di Córdova. Nella semicupola del miḥrāb (sec. 9°) si ritrova un motivo vegetale analogo a quello coevo del miḥrāb della Grande moschea di Kairouan, in Tunisia (Marçais, 1925, fig. 13).A Samarra, a N di Baghdad, capitale per brevissimo tempo (836-883) del califfato abbaside (750-1258), sono stati scavati pochi palazzi. Il più antico, quello di al-Mu῾taṣim (833-842), è il Jawsaq al-Khāqānī, dell'836 ca.: nelle zone alte delle pareti del c.d. harem, una sala cupolata, vi erano molte p. su intonaco e anche alcuni legni recano decorazioni dipinte (Berlino, Staatl. Mus., Pr. Kulturbesitz, Mus. für Islamische Kunst). Le p. dello harem 'superano' lo stile classico omayyade rifacendosi alla vecchia tradizione persiana e centroasiatica (Herzfeld, 1927, tavv. I-L, LX-LXXXVIII; Esin, 1973-1974; Northedge, 1993, p. 143). Molte sono le raffigurazioni umane, soprattutto femminili (danzatrici, cacciatrici), e animali, non lontane dalla maniera ellenistica; sono molto frequenti anche i medaglioni circolari perlati. Di particolare interesse sono le grandi volute d'acanto, che evocano quelle dei mosaici della Cupola della Roccia di Gerusalemme, salvo per la presenza, in questo caso, di figure antropomorfe e zoomorfe. All'inizio del sec. 13° Yāqūt (Kītab mu῾jam al-buldān) affermava che vi era dipinta anche una chiesa monastica. Tutte le p. del palazzo furono disegnate da Qabīḥa, madre di al-Mu῾tazz (866-869), e vennero poi ricoperte di bianco sotto al-Muhtadī (869-870; Herzfeld, 1948, p. 240); alla realizzazione di alcune di esse avrebbero contribuito pittori greci (Herzfeld, 1927, pp. 96, 99). In ambienti privati all'interno del palazzo di Balkuwārā, dell'849-860 ca., sempre a Samarra, sono state rinvenute p. murali eseguite con oro (Creswell, 1989, p. 365).Anche i palazzi extraurbani di Raqqa conservano tracce di p. databili alla fine del sec. 8° o alla prima metà del 9° (Chronique des fouilles, 1951; Saliby, 1954-1955, pp. 209-210; Voûte, 1971-1972, pp. 122-123). P. ornamentali provengono anche dal c.d. complesso di Suhayla, della seconda metà del sec. 8° (Heusch, Meinecke, 1985, p. 99).Nello Yemen sono sopravvissute p. sui tetti lignei di alcune moschee risalenti a periodi diversi, dal sec. 9° al 12° (Finster, 1982a; 1982b; Schneider, 1985; Scerrato, 1986); altri edifici religiosi sono caratterizzati da p. su intonaco (Finster, 1988, p. 256; Hillenbrand, 1994, tav. 8; Ventrone Vassallo, 1994).In Ifrīqiya, nel più importante monumento delle epoche aghlabide (800-909) e ziride (972-1148), la Grande moschea di Kairouan, la semicupola del miḥrāb è in legno intonacato e dipinto con doppio tralcio di vite (seconda fase, dell'862; Marçais, 1925, pp. 28-31, fig. 13, tav. VIII; Golvin, 1968, p. 2, figg. 4-5). Gli ornati di tavole e travi lignee dei soffitti, rifatti nel sec. 11°, sono stati riutilizzati negli annessi dell'attuale moschea (Marçais, 1925, tavv. XII, XIV-XXXIII); sei travi del sec. 9° vennero reimpiegate in età ziride (Marçais, 1935). Dagli scavi nell'ingresso del palazzo al-Manār nella Qal῾a dei Banū Ḥammād, in Algeria orientale, di epoca hammadite (1015-1152), sono venuti alla luce resti dipinti di muqarnas con ornati vegetali che Golvin (1965, pp. 123-127, 142-146, figg. 52-53, tavv. XLVI-XLVII; 1974) ha assegnato alla fine del sec. 11° o ai primissimi anni del 12°, riscontrando strette analogie con le p. del soffitto della Cappella Palatina di Palermo.A Marrakech, la città più importante del Marocco in età almoravide (1056-1147), pannelli intonacati e dipinti, tutti diversi fra loro e impiegati come zoccoli, sono stati trovati nella fortezza di Yūsuf b. Tāshufīn, della fine del sec. 11° o degli inizi del 12° (Meunié, Terrasse, Deverdun, 1952, pp. 19-26, figg. 6-9, tavv. 10-13). Nella Qubbat al-Bārūdiyyīn (ca. 1120), edificio annesso alla perduta moschea Kutubiyya, gli ampi intradossi intonacati recano una decorazione con ornati geometrici stellari e a Y (Meunié, Terrasse, Deverdun, 1957, pp. 34-35, figg. 24-25, 66, 68-71; The Mosque, 1994, p. 106). Anche nella Marrakech almohade (1130-1269) sono sopravvissute tracce di p. su intonaco (Basset, Terrasse, 1925, figg. 37-40, 42-46, 48-51, 52b-d, 53-54, 56-59, tav. XX; Hutt, 1977, tav. 42).Un capitolo molto importante e discusso della storia della p. islamica è costituito dalle p. del soffitto ligneo intonacato della Cappella Palatina di Palermo, voluta da Ruggero II (1130-1154) e inaugurata nel 1140. I contenuti delle p. - disposte sulla navata centrale entro una maglia di poligoni stellari o cruciformi e muqarnas, secondo peculiari schemi e disposizioni dei motivi (Grube, 1994, pp. 422-423) - sono molto vari e "seguono un programma figurativo tipico della pittura curtuense islamica, elaborato sotto i califfi abbasidi in Mesopotamia, il cosiddetto ciclo de I piaceri della vita del principe o I piaceri della vita feudale (sovrano in trono, bevitori, banchettanti, conversanti, suonatori, ballerini, giocolieri, acrobati, cacciatori, giocatori di scacchi o di tric-trac, duellanti, zoomachie e un bestiario reale e fantastico) divenuto patrimonio della cultura figurativa internazionale di gran parte del Mediterraneo" (Scerrato, 1994, p. 346). Dopo il fondamentale contributo di Monneret de Villard (1950), altri studiosi si sono cimentati nell'individuare l'origine delle maestranze attive al ciclo pittorico (Grube, 1994; Scerrato, 1994; D'Erme, 1995). La provenienza degli artisti dall'Egitto fatimide è ipotizzata sia da Grube sia da Scerrato, ma mentre per il primo si tratterebbe di una tradizione pittorica senz'altro fatimide, per il secondo l'origine delle maestranze non è acclarata e si pone il dubbio che gli artisti o il 'capomastro' possano essere stati di origine persiana, itineranti per le corti più importanti dell'epoca; D'Erme è dello stesso parere e tende a individuare elementi iranici nella decorazione.Sino al terzo quarto del sec. 9° il Fārs, regione centrale dell'Iran, era ancora in mano al califfato abbaside. Al secondo periodo edificatorio della moschea del Venerdì di Sīrāf, sul golfo Persico, cioè agli ultimi anni della prima metà del sec. 9° (Whitehouse, 1970, p. 8), viene attribuito il rivestimento in intonaco rosato, ma non mancano tracce di p. rossa (Whitehouse, 1969, p. 44); benché si tratti soltanto di frammenti, sarebbero i resti più antichi di p. murale dell'Iran islamico. Sono probabilmente da assegnare ai primi anni della seconda metà del sec. 9° (Finster, 1994, p. 172) alcune p. su intonaco bianco negli intradossi della fase più antica della moschea del Venerdì di Ardistān (Godard, 1936b, fig. 186), la cui decorazione geometrica può ricordare quella presente sui mattoni della 'camera dipinta' del sito di Bābā Jān, databile entro il sec. 6° a.C. (Goff, 1970, tav. IIIc). La moschea del Venerdì di Nāyīn, nella seconda fase buyide (sec. 10°), presenta una p. all'interno della cupola, successiva ai famosi stucchi (Finster, 1994, pp. 209-223, tavv. 29-42). Sono tipiche dell'Iran dei secc. 11° e 12° le iscrizioni in cufico, spesso intrecciato, dipinte su intonaco (Pope, 1935-1936; Morgenstern, 19773; Blair, 1992; Finster, 1994).Ancora in Iran, sulla strada Qazvīn-Hamadān (regione di Kharraqān; Stronach, Cuyler-Young, 1966), si trovano due tombe-torri di cui quella orientale, la c.d. I (1067-1068), conserva molte delle p. su intonaco che la rivestivano. Tra queste, entro un arco blu è incorniciata una lampada da moschea, appesa a tre catene, con un'iscrizione cufica augurale sul corpo; nella zona superiore, alcuni medaglioni racchiudono ciascuno un pavone, stelle a sei e a otto punte, due coppie di gallinacei: su ogni pilastro è dipinto un albero di melograno con due uccelli per parte; questa eccezionale testimonianza pittorica è unica nel suo genere, anche per la simbologia contenuta nelle raffigurazioni. Öney (1979, p. 403) e Daneshvari (1986; 1994) mettono in relazione il tema iconografico con il paradiso: il riferimento è ben spiegabile in una decorazione sepolcrale (Hillenbrand, 1994, pp. 278-279) e trova un parallelo iconografico-simbolico con gli ornati di alcune sete dalla necropoli di Bībī Shahr Bānū, presso Rayy, del 994 (Washington, Textile Mus., inv. nr. 3230; Shepherd, 19773, tav. 1507) o della seconda metà del sec. 10° (New York, coll. privata; Shepherd, 1994, fig. 204).Le più antiche p. dell'Iran islamico con immagini umane (per le sopravvivenze di p. figurata sasanide, si veda Morgenstern, 19773, p. 1373) sono state rinvenute in un'ampia area a Nīshāpūr, centro d'epoca samanide (819-1005) che mantenne la sua importanza anche successivamente (New York, Metropolitan Mus. of Art; Teheran, Iran Bāstān Mus.; Wilkinson, 1986, p. 36). A Vineyard Tepe furono trovati i resti di una scena di caccia (sec. 9°) in cui compaiono un cavaliere e pochi resti di una figura maschile (Teheran, Iran Bāstān Mus.; Wilkinson, 1986, pp. 202-217, figg. 2.38-2.41). Il cavaliere reca un falcone e, benché la p. sia soltanto profilata di nero, i particolari denunciano elementi desunti dai repertori sasanide e centroasiatico. Non è questa l'unica p. figurata di Nīshāpūr: altre sono state rintracciate a Qanat Tepe (cavaliere con lineamenti centroasiatici, sec. 10°) e a Sabz Pushān (entro la prima metà del sec. 12°; Wilkinson, 1986, pp. 282-289, 245-249, figg. 4.37-4.42, 3.52-3.57, tavv. 26-33).Per quanto riguarda i Ghaznavidi (977-1186), nel sec. 11° Farrukhī (Dīvān) riporta che nel palazzo di Maḥmūd (998-1030) a Balkh, in Afghanistan, le alcove erano decorate con p., alcune con ornati astratti o floreali simili a seta cinese, altre anche con i ritratti dei re in battaglia o a banchetto; probabilmente fu questo il palazzo che Maḥmūd fece dipingere dal padre del ṣūfī Abū Sa῾īd ibn Abi'l-Khayr (῾Aṭṭár, Tadhkirat al-awliyā'; sec. 12°). Nel palazzo di Lashkarī Bāzār, in Afghanistan, degli inizi del sec. 11°, p. su intonaco sono state trovate alla base dei pilastri nella sala delle udienze e rappresentano quarantaquattro personaggi (in origine probabilmente si contavano una sessantina di figure), allineati di prospetto con i piedi di profilo; i volti sono visti di tre quarti e le teste sono nimbate. I dipinti raffigurano i componenti della guardia reale: i volti e i costumi tipici dell'Asia centrale alludono, probabilmente, alle guardie turche di Maḥmūd (Schlumberger, 1952, pp. 261-265, tavv. XXXI-XXXII.1-2). Nel sec. 11° Bayhaqī descriveva raffigurazioni lascive nel palazzo del governatorato di Mas῾ūd I (1030-1042) a Herat, in Afghanistan. Altre p. sono presenti nel palazzo di Tirmidh, in Uzbekistan (sec. 11°, ma restaurato prima del 1129-1130; Pugachenkova, 1981; Hillenbrand, 1994, p. 412).Durante il regno della dinastia selgiuqide (1038-1194), Tughān Shāh, figlio di Alp Arslān (1063-1072), fece costruire un palazzo a Herat di cui le fonti descrivono p. con suoi ritratti ed elefanti da battaglia (῾Awfī, Lubāb al-albāb; sec. 13°). Resta poco della p. figurata selgiuqide: solo frammenti come quello, proveniente da Rayy, raffigurante una scena di vita di corte, con suonatrici sul registro superiore e una coppia che beve in quello inferiore (Teheran, Iran Bāstān Mus., inv. nr. 183; Morgenstern, 19773, fig. 508; Grube, 1980, fig. 3). In un'altra p. sono poste in alto figure in piedi e in ginocchio, mentre in basso due cavalieri uccidono un drago (New York, Metropolitan Mus. of Art, inv. nr. 52.20.1; A Survey of Persian Art, 19773, VIII, tav. 554A). Sul registro inferiore di un frammento a Cambridge (MA, Harvard Univ. Art Mus., inv. nr. 1935.23; A Survey of Persian Art, 19773, VIII, tav. 554B) sono illustrati Kāva, Farīdūn e Zaḥḥāk, tre personaggi dello .2.Shāhnāma di Firdūsī. Raffigurazioni di personaggi dello Shāhnāma sono tipiche della coeva p. su ceramica (quale un bicchiere in tecnica minā᾽ī; Washington, Freer Gall. of Art, 28.2; Morgenstern, 19773, p. 1375, fig. 509; Simpson, 1981).Una delle prime p. di epoca ilkhanide (1256-1353) è rintracciabile nel palazzo di Abaqa (1265-1282) a Takht-i Sulaymān, in Iran (Naumann, Naumann, 1969, p. 60, fig. 13). In questo periodo appare piuttosto diffusa una p. su intonaco con ornati minuti, molto spesso in blu (Wilber, 1955, p. 128, fig. 41; Pope, 19773b, p. 1335, fig. 490). Importante è l'ornato geometrico-epigrafico nel mausoleo di Öljaytü a Sulṭāniyya, del 1307-1316 (Wilber, 1955, figg. 75-77; Sims, 1988, pp. 150-151). Risente di quest'ultimo tipo di decorazione, nonché dello sviluppo dei monumenti di Yazd, il ciclo ornamentale del mausoleo di Ḥasan b. Kay Khursaw ad Abarqūh, del 1320 ca. (Godard, 1936a, pp. 60-72, figg. 44-46). L'interno del mausoleo di Sayyid Rukn al-Dīn a Yazd (moschea Vaqt u Sā῾at, 1325) è ornato nella cupola con motivi simili a quelli della moschea Bābā ῾Abd Allāh a Nāyīn (Wilber, 1955, pp. 160-161, figg. 141-143; Hutt, Harrow, 1978, tav. 4; Hillenbrand, 1994, fig. 209). Motivi arabescati degli inizi del sec. 14° sono presenti nella moschea del Venerdì di Ardabīl (sec. 11°; Siroux, 1947; Wilber, 1955, figg. 59-60). Si può vedere un breve fregio blu come decorazione della parete della camera mortuaria di Iskandar (Alessandro Magno) in una miniatura su una pagina smembrata del manoscritto del Grande Shāhnāma mongolo (Washington, Freer Gall. of Art, 38.3; Gray, 1961, p. 32; Blair, 1993, p. 242), mentre un'altra pagina dello stesso manoscritto mostra una p. parietale paesaggistica (Firenze, Coll. Berenson; Ettinghausen, 1961, tav. I; Blair, 1993, p. 242), di influenza cinese. La p. di un paesaggio compare a Linjān, centro a S-O di Isfahan, nel mausoleo di Pīr Bakrān, del 1299-1312 (Paone, 1995). Grube (1974, p. 522) confronta queste p. con le miniature di un manoscritto del Manāfi῾ al-ḥayawān di Ibn Bakhtishū della fine del sec. 13° (New York, Pierp. Morgan Lib., 500).Il santuario di Turbat-i Shaykh-i Jām in Afghanistan comprende ca. dieci edifici intorno a un cortile centrale. Nella sala cupolata, detta Gunbad (iniziata nel 1236, ma completata in seguito), posta al centro del complesso, le p. dei pannelli parietali e della cupola risalgono alla seconda metà del sec. 14°, all'epoca del regno di Mu῾izz al-Dīn (1332-1370), della dinastia kartite di Herat (Golombek, 1971, pp. 30-32, tavv. IIab, IIIa; Pope, 19773b, pp. 1336-1337). P. tardo-ilkhanidi, oggi molto danneggiate (1364-1365), raffiguranti Mecca e Medina, si trovano nel Masjid-i Gunbad di Āzādān, presso Isfahan (Wilber, 1955, p. 185, nr. 105, figg. 202-203; Scerrato, 1981, p. 46; Cuneo, 1986, fig. 9).Nel Tārīkh-i jadīd-i Yāzd (1457-1458) di Aḥmad b. Ḥusayn b. ῾Alī è detto che i monumenti muzaffaridi (1314-1393) e timuridi (1370-1506) erano adorni di p., fra cui anche scene della celebre storia d'amore di Khusraw e Shīrīn (Golombek, Wilber, 1988, p. 180). Alcuni studiosi attribuiscono ad ῾Abd al-Ḥayy le p. dei palazzi e dei padiglioni di Tīmūr (1370-1405; Grube, 1980, p. 16; Golombek, Wilber, 1988, p. 38).Dei cinque mausolei timuridi con p. paesaggistiche individuati da Golombek (1993), due, entrambi a Samarcanda, appartengono ancora al sec. 14°: il mausoleo di Shīrīn Biqa Aqā (1385-1386 o poco dopo), nel complesso dello Shāh-i Zinda, e quello di Sarāy Mulk Khānum (1397 ca.; Smolik, 1929, fig. 37; Golombek, 1993, figg. 5-7). Nel primo mausoleo restano poche tracce di p., ma se ne hanno buone descrizioni (Deniké, 1939) che sembrano suggerire un confronto con miniature di scuola muzaffaride (Istanbul, Türk ve İslam Eserleri Müz., T 1950; fine del sec. 14°).In Egitto, in età tulunide (868-905), nel palazzo noto come Dār al-Būstān, costruito da Khumārawayh (884-896), fu eretto un bayt al-dhahab ('casa d'oro'), che doveva essere decorato con immagini grandi una volta e mezza il naturale, raffiguranti le donne del sovrano e le cantanti del palazzo; esse furono realizzate in una tecnica mista, cioè con le teste in legno e i corpi dipinti, secondo quanto riferisce Maqrīzī (1363-1442). Nell'area del Fusṭāṭ, non lontano dalla moschea di Shaykh Abū'l-Sa῾ūd, vennero alla luce dei bagni le cui pareti erano con ogni probabilità completamente dipinte: rimangono solo frammenti intonacati e dipinti di muqarnas (Cairo, Mus. of Islamic Art, inv. nrr. 1281-1285; ῾Ali Ibrahim, Yasin, 1988, pp. 42-43, figg. 22-24). Zick-Nissen (1973) attribuisce le p. al sec. 11°, in quanto il biografo Ibn Khallikān (1212-1282; Grube, 1995, p. 517) riferisce che il fatimide al-Ḥākim (996-1021) aveva ordinato, nel 1013-1014, di distruggere le p. dei bagni; ῾Ali Ibrahim e Yasin (1988) ritengono invece le p. coeve alle strutture del bagno, cioè tulunidi. Molti particolari iconografico-stilistici inducono a un confronto con le p. della Cappella Palatina di Palermo.In età fatimide (909-1171), presso la Birkat al-Ḥabash (situata fra il Cairo e al-Fusṭāṭ) vi erano due costruzioni con p.: un padiglione nel giardino di Tamīm, fratello di al-῾Azīz bi'llāh (975-996), secondo Abū Ṣāliḥ (sec. 13°), e un altro, ligneo, del califfo al-Āmir (1101-1130), in cui erano dipinti i poeti e le loro città, con un poema laudatorio scritto accanto a ogni ritratto (Ettinghausen, 1942, p. 112 n. 2). Delle decorazioni di due palazzi fatimidi del Cairo restano solo delle travi dipinte sopra uno strato gessoso (Pauty, 1931, pp. 48-50, tavv. XLVI-LVIII; Grube, 1994, n. 15). Al-Maqrīzī descrive le p. della moschea della Qarāfa (il grande cimitero del Cairo, 978) e quelle della casa di tale Nu῾mān (sempre al Cairo), della fine del sec. 10°, con l'immagine di Giuseppe nel pozzo.La terza fase di costruzione della moschea al-Aqṣā, a Gerusalemme, è da attribuire quasi certamente a età abbaside, periodo a cui fa riferimento il geografo al-Muqaddasī (ca. 985; Creswell, 1989, p. 76ss.), descrivendo i pilastri, intonacati e dipinti a imitazione del marmo, della navata centrale e delle due adiacenti navate settentrionali. ῾Alī al-Harawī, che visitò Gerusalemme nel 1173, vide sopra il miḥrāb un'iscrizione che ricordava la cupola costruita e decorata con p. dal fatimide al-Ẓāhir nel 1035 (Creswell, 1989, pp. 76-82). A questa stessa epoca appartengono alcune assi lignee inchiodate ai rinforzi degli archi e la prima trave presso la cupola, su entrambi i lati della navata centrale, rivestite di cuoio e dipinte. Il soffitto della cupola di questa moschea e quello del corridoio esterno della Cupola della Roccia, di fondazione omayyade, sono caratterizzzati da una decorazione pittorica su un sottile strato di gesso applicato su fibre di palma inchiodate alle travi (Creswell, 1989, p. 30). Le risultanze epigrafiche indicano questi soffitti come rifacimenti a opera di al-Nāṣir Muḥammad (1307-1308, 1313-1314 e 1327-1328; Van Berchem, 1927, pp. 115-118, 421-422).In età mamelucca (dinastia baḥri, 1250-1390), in Egitto, e al Cairo in particolare, si fece ampio uso di decorazioni pittoriche su legno (per es. nel mausoleo di Sulṭan Qalā'ūn, 1280-1290; Creswell, 1952-1959, II, p. 193, tav. 73). Una rarità è presente nel mausoleo di Aḥmad ibn Sulaymān al-Rifā῾ī (1291): nel miḥrāb di stucco sono incastrate formelle vitree dipinte con motivi simili a quelli dei soffitti della Grande moschea di Kairouan (fase dei secc. 11°-12°) e della Cappella Palatina di Palermo (Lamm, in Creswell, 1952-1959, II, p. 221, tavv. 79-80a). Si devono ai restauri voluti nel 1296-1297 da alManṣūr Lājīn gli ornati della semicupola che sovrasta il miḥrāb della moschea di Ibn Ṭūlūn (Creswell, 1952-1959, II, p. 348, tav. 122; Behrens-Abouseif, 1989, p. 54; Atasoy, Bahnassi, Rogers, 1990, p. 84); dell'originario soffitto di travi lignee della moschea (sec. 9°) resta ben poco (Creswell, 1952-1959, II, p. 347, fig. 256, tav. 114b), ma è possibile rintracciarvi la decorazione dipinta durante i restauri della fine del sec. 13° (Briggs, 19742, p. 204). Nel sec. 14° si diffuse l'uso dei soffitti lignei dipinti e al Cairo se ne conservano alcuni (Lézine, 1972, pp. 131-146, tavv. XV, XVIII, XXVIII-XXXI). In assenza di p. murale figurata d'età mamelucca, un documento importante è costituito, oltre che dalla miniatura, da alcuni eccezionali esempi di p. su vetro (Baltimora, Walters Art Gall., inv. nrr. 47.17-47.18; Atil, 1981, pp. 25-127, 144).In Anatolia, in età selgiuqide (1077-1307) è alquanto diffusa una p. murale applicata direttamente o su intonaco (Grande moschea di Divriği, 1228-1229; Öney, 1978, fig. 19); esempi di palazzi e mura cittadine, con p. anche sugli esterni, sono citati da Redford (1993, pp. 222-223, figg. 17-21, 24). Molto interessante doveva essere il ciclo pittorico della fortezza di Alara, posta fra Alanya e Antalya, all'interno della quale il sovrano ῾Alā' al-Dīn Kay-Qubād I (1219-1237) fece costruire un bagno adorno di pitture. Oltre a motivi vegetali e geometrici, vi sono, nella parte superstite della cupola, i resti di due figure femminili, forse danzatrici, il che lascia ipotizzare che vi fossero raffigurati un intrattenimento di palazzo o scene di soggetto astrologico (Redford, 1993, p. 222, n. 26); in un'altra p. della cupola si distingue appena una figura stante (Yetkin, 1969-1970; 1976). Altri due palazzi di Kay Qubād decorati con p. sono ad Alanya e Konya (Redford, 1993). Piuttosto frequente appare anche l'uso di dipingere su legno: colonne, capitelli, travi di soffitto e talvolta pannelli parietali di alcune moschee lignee (Önge, 1969; Eldem, 1974, figg. 45-48; Öney, 1978, pp. 110-123, figg. 103-105). Uno dei più antichi esempi di p. murale ottomana, attribuito alla metà del sec. 14° (Otto-Dorn, 1941, p. 78), si trova nella türbe di Hacı Camasa (o Kırk Kızlar) a Nicea. Alcune p. ricordano le ceramiche ottomane c.d. del Corno d'Oro (Otto-Dorn, 1950, pp. 47-48, fig. 1).Nel sec. 14° Ibn Khaldūn (Al Muqaddima) afferma che gli andalusi della Granada nasride (1230-1492), imitando i cristiani, dipingevano con immagini gli interni degli edifici e all'Alhambra, per es., si trovano numerose p., figurate e non: nelle zone abitative a lato dei giardini del Partal, nella c.d. casa delle p., fu eseguita, su gesso stuccato di bianco, una p. parietale su più registri sfalsati raffigurante scene di accampamenti, cavalieri e guerrieri. Le figure sono minute ma molto dettagliate, sebbene oggi molto deteriorate, comprese entro due fasce ornamentali (fine del sec. 13° - prima metà del 14°; Mehrez, 1951; Gómez-Moreno, 1970). I tre ambienti più ampi della c.d. sala della Giustizia, corrispondenti ciascuno a uno degli ingressi dal Patio de los Leones, recano volte dipinte (Bermúdez Pareja, 1987); molto particolare è la tecnica: su fasce di cuoio legate con striscioline di bambù e incollate all'ossatura lignea fu applicato un sottile strato di gesso come base alla p. (nella volta centrale il gesso è stato anche scolpito a rilievo in forme vegetali e arabescate). La p. centrale raffigura, su fondo dorato, dieci personaggi maschili in abiti musulmani seduti in circolo, già identificati (Gallego y Burin, 1946, p. 42) nel sovrano nasride Muḥammad V (1354-1359, 1362-1391) e nei suoi nove antenati; le due laterali raffigurano - su fondo blu-verde arricchito di molti fiori e animali - favole di episodi cavallereschi, alcuni dei quali di tradizione francese. Dodds (1979) riconosce negli artisti maestranze mudéjares, probabilmente le stesse che lavorarono a Toledo nella seconda metà del sec. 14° (Pavón Maldonado, 19882), anche a causa della tecnica, di uso strettamente islamico (simile a quella della Cupola della Roccia e della al-Aqṣā di Gerusalemme), e, individuandone la committenza musulmana, soprattutto per motivi iconografici, assegna le p. al terzo quarto del 14° secolo. Bibl.: Fonti. - Farrukhī, Dīvān, a cura di ῾A. ῾Abd al-Rasūlī, Teheran 1953, pp. 88-89; L'opera dello storico persiano Bayhaqī, a cura di F. Bertotti (Istituto universitario orientale di Napoli. Series Minor, 37), Napoli 1991, p. 18; al-Idrīsī, Description de l'Afrique et de l'Espagne, a cura di R. Dozy, M.J. De Goeje, Leiden 1866, pp. 258-261; ῾Awfī, Lubāb al-albāb, a cura di E.G. Browne, Leiden 1903, pp. 88-89; ῾Aṭṭár, Muḥammad ibn Ibráhím Farídu᾽d-dín, The Tadhkirat al-awliyā᾽ (Memoirs of the Saints), a cura di R.A. 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