HEIDELBERG, Pittore di

Enciclopedia dell' Arte Antica (1960)

HEIDELBERG, Pittore di

M. L. Morricone

Ceramografo attico, così chiamato da due coppe al museo di Heidelberg, del tipo di Siana, insieme con le quali altre sessanta, complete e frammentarie, tutte del medesimo tipo, sono state raggruppate.

Il tipo di coppa, detta di Siana, su cui il Pittore di H. predilesse dipingere, divenne predominante nel secondo venticinquennio del VI secolo. La coppa di Siana con piede conoide ed orlo staccato è una diretta continuazione della "coppa di Comasti", dalla quale si distacca per le differenti proporzioni: infatti la "coppa di Siana" ha piede ed orlo più larghi, lo stelo più snello; inoltre la decorazione invade anche l'interno della tazza.

Il Pittore di H. è una personalità ricostruita di recente. La sua produzione è stata infatti, a lungo, dal Furtwàngler e poi dal Beazley (che successivamente esclude tale possibilità), ritenuta non altro che quella del Pittore di Amasis nella fase giovanile della sua attività. C'è infatti la stessa sobrietà, lo stesso amore per la simmetria tanto nell'opera del Pittore di Amasis che in quella del Pittore di H. ed anche certi dettagli del disegno sono identici, come il disegno dell'orecchio, dei baffi, le particolarità anatomiche del ginocchio e dei gomiti; il gusto per le guarnizioni a frange, ecc. Le differenze - nelle proporzioni delle figure - sono in parte dovute al basso campo offerto dalle pareti delle kỳikes su cui il Pittore di H. lavorava, in confronto alle ampie superfici che offrono le anfore e le oinochòai del Pittore di Amasis. Ma il rendimento del panneggio, nella coppa del nostro ceramografo, è semplice: gli manca del tutto quel tentativo di ottenere le pieghe "tridimensionali", che sono invece l'oggetto di una ricerca quasi costante da parte del Pittore di Amasis.

Una coppa frammentaria a Firenze, con raffigurazioni di scene di palestra, su ambo i lati, è una delle prime opere del Pittore di H. e per le figure alquanto tozze e per il soggetto molto in favore nel secondo venticinquennio del VI secolo. Lo stesso soggetto, che si ripresenta sull'esterno di una coppa di Monaco, renderà chiara l'evoluzione compiuta dal Pittore di H.; il disegno di questa coppa (che ha nel lato principale una scena di armamento) è più elegante; le figure nude più snelle; tutta la scena è meno vivida, meno spiritosa ma più solenne che nella coppa fiorentina, come se nel pittore avesse agito l'influsso di un nuovo ideale umano di cui Kiltias fu uno dei primi rappresentanti.

Il repertorio figurativo del Pittore di H. è fra i più complessi: vi sono soggetti e schemi tradizionali, siano essi del mito o di genere, come l'arcaistica danza dei comasti sulla kỳlix di Amsterdam e il gruppo a "svastica" di Aiace con il corpo di Achille nell'interno della già menzionata coppa di Firenze (gruppo tanto meno bello di quello, più antico, raffigurato sul manico del cratere François), ma vi sono anche rappresentazioni di cui egli dà il primo esempio o certamente uno dei più antichi a noi pervenuti, come quella del frammento di kỳlix di Palermo che il Beazley interpreta come riferentesi alla scena di Eracle e Busiride.

Vivacissima ed elegante, prodotto della piena maturità dell'artista è la scena della kyhx del Louvre, non troppo divulgata nel repertorio della ceramica greca, di Pandareos e il cane d'oro.

Monumenti considerati. - Coppa di Heidelberg vi. 29 a, dal Falero: J. D. Beazley, in Journ. Hell. Stud., 51, 276-7. Coppa di Heidelberg S 61 da Taranto: id., ibid., 279-81. Coppa di Firenze 3893: id., Development, tav. 20, i. Coppa di Monaco Inv. 7739, dalla Grecia: id., ibid., tav. 20, 3. Coppa di Amsterdam 3456, dalla Grecia C. V. A., tav. 2, 4-5. Frammento di Palermo, da Selinunte: J. D. Beazley, in Journ. Hell. Stud., 51, 285, fig. 28. Coppa del Louvre, A 478, da Camiro: v. E.A.A., ii, fig. 1447.

Bibl.: J. D. Beazley, Black-fig., 1956, pp. 63-66; id., in Journal Hell. Stud., 51, 1931, pp. 275-285; id., in Metropolitan Studies, 5, 98; id., Development, 1951, pp. 50-52 e 111; G. F. Lo Porto, in Boll. d'Arte, XLIV, 1959, p. 6 ss.