PIOMBO

Enciclopedia Italiana (1935)

PIOMBO (fr. plomb; sp. plomo; ted. Blei; ingl. lead)

Gioacchino MANCINI
Alfredo QUARTAROLI
Livio CAMBI
Carlo RODANO
Alberico BENEDICENTI
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Elemento chimico di peso at. 207,2, numero at. 82, simbolo Pb.

Cenni storici. - Il piombo è noto fin dalla più remota antichità. Gli antichi Cinesi l'usavano per la preparazione di alcune leghe; esso è stato rinvenuto anche in diversi oggetti egiziani di oltre 3000 anni a. C.

In Europa fu conosciuto dai tempi più remoti. Nelle stazioni lacustri d'Europa si sono rinvenuti arnesi di piombo. A Troia, a Tirinto a Creta sono stati ricuperati molti oggetti di piombo di varia specie; si è constatato che il piombo serviva anche per saldare ed era adoperato per varî usi. Le piìi ricche miniere di piombo conosciute nell'antichità (μολύβδου μέταλλα; plumbaria metalla) erano nell'Attica (fra le quali celebre quella del Laurion), in Macedonia, a Cipro, a Rodi, in Gallia, Britannia, Spagna meridionale, Africa proconsolare, Etruria, Elba. Notissime le miniere di piombo argentifero dell'Attica, della Spagna, della Sardegna; meno buono era il piombo della Gallia (plumbum nigrum). L'estrazione si eseguiva con un processo simile a quello in uso per gli altri metalli, sottoponendo a un lungo trattamento il minerale, galena o solfuro di piombo, e carbonato di piombo. Veniva messo in commercio in verghe o lingotti di vario peso (massae plumbeae), contraddistinti con una stampiglia con l'indicazione dell'officina.

Nell'antichità fu un metallo molto comune e deprezzato. In Grecia costava cinque dracme ogni talento, cioè circa 15 centesimi al chilo; nel sec. I dell'impero il plumbum nigrum valeva sei centesimi la libbra. La scarsità del valore dipendeva dalla poca richiesta che se ne faceva a causa della tenue consistenza di questo metallo, che lo rendeva inadatto ad opere d'arte della toreutica, non reggendo all'incisione e meno ancora al cesello. Quindi gli oggetti artistici di piombo sono rari: più comuni sono gli ex-voto di povera gente, le placchette di carattere votivo e statuette. Singolari sono alcuni giocattoli di piombo, consistenti in gran parte in figurazioni di vario genere, per lo più caricaturali, rinvenute ad Amelia, della collezione Ravenstein. Si trovano anche vasi minuscoli di piombo quale corredo funebre nelle tombe, anche in quelle cristiane. Il piombo era meno ancora adoperato nella monetazione, quantunque si conoscano monete di questo metallo della Gallia e dell'Egitto; serviva piuttosto ad alterare le monete. E noto l'inganno attribuito a Policrate, tiranno di Samo, che avrebbe comperato la ritirata degli Sparziati, che avevano assalito il suo stato, con stateri di piombo dorati, che furono presi per veri (Herod., III, 56). Si trovano anche monete con anima di piombo che ebbero corso legale. Si adoperò il piombo anche per eseguire modelli di monete e di medaglie.

Si hanno molti altri oggetti fatti con questo metallo, di piccola mole, ma caratteristici. Fra questi le tesserae plumbeae, dischetti o lamelle rettangolari ornate di soggetti figurati e d'iscrizioni, usate quali piombi di dogana, sigilli di commercio, buoni di distribuzione di olio, vino o vivande al popolo, biglietti d'ingresso ai giuochi, gettoni di presenza dei membri di collegi, ecc. Si hanno inoltre medaglie di devozione dei cristiani. Particolarmente importanti sono le tabellae defixionum, laminette plumbee su cui si leggono formule magiche d'invocazione e di esecrazione contro determinate persone. Altri oggetti degni di nota sono le glandes missiles, grossi blocchetti di piombo di forma affusolata, adoperati invece delle pietre per essere lanciati con la fionda, recanti a lettere rilevate nomi di capi militari, numeri di legioni, apostrofi. Il piombo aveva il suo ufficio anche nell'edilizia, per piombare i ramponi di ferro che legavano i massi e i tamburi di colonna. Con il piombo fuso si facevano suture alle statue incrinate, ai dolî, alle anfore, ai vasi.

Di piombo si facevano anche pesi, sigilli, tavolette per scrivere, lampade, ami, cassette per profumi e medicinali, e anche urne cinerarie. Comuni erano le condutture d'acqua di piombo (fistulae aquariae), nelle città e nelle ville, recanti talvolta i nomi d'imperatori, di procuratori imperiali, di privati proprietarî delle case o dei terreni percorsi dai canali, di municipî, dell'officina o dei plumbarii, operai che lavoravano il piombo. Con il piombo si faceva anche uno strumento di tortura per punire i servi e torturare i prevenuti; fu adoperato spesso anche contro i cristiani. Consisteva in una sferza con corto manico, formata da varie corde e catenelle terminanti ciascuna con una pallina di piombo (flagra o plumbatae).

I minerali di piombo erano in uso nella terapeutica quali rimedî astringenti e afrodisiaci (Plin., Nat. Hist., XXXIV, 166, 171). Se ne ricavavano anche prodotti coloranti, fra cui in uso il bianco di cerussa.

Nel Medioevo, il piombo, consacrato dagli alchimisti a Saturno, era considerato, per le sue proprietà fisiche come un miscuglio di zolfo e argento vivo; quest'ultimo appariva, secondo essi, quando, scaldandolo, riprendeva la sua fluidità e il suo splendore. Durante tale epoca il piombo fu impiegato nelle coperture dei tetti, nonostante i gravi inconvenienti cui dava luogo. In tale uso, dopo la scoperta dello zinco, è stato da questo sostituito; d'altra parte però, il piombo ha trovato nuove applicazioni (v. sotto Usi).

Minerali. - Il piombo si trova in quantità minime allo stato nativo: il più importante minerale è la galena PbS (v. galena anche per i giacimenti). Questa contiene spesso quantità più o meno notevole di zinco e quantità piccola (per solito inferiore a 1%) d'argento. Minerali utilizzati per l'estrazione del piombo sono anche la cerussite PbCO3 e l'anglesite PbSO4 (v.). Altri minerali meno importanti sono la crocoite PbCrO4, la wulfenite PbMoO4, la piromorfite 3Pb3(PO4)2 • PbCl2, la mimetite 3Pb3(AsO4)2 • PbCl2.

Proprietà meccaniche e fisiche. - Il piombo puro è un metallo molle (durezza 1,5), di colore bluastro brillante, che presto si opaca all'aria. È malleabile, poco duttile, poco resistente alla trazione (1,25 kg. per mmq.). È poco fragile ma può diventarlo se sottoposto a una serie di urti o riscaldaio a lungo un po' al disotto della temperatura di fusione.

Il modulo di elasticità varia da 1700 a 1800 kg. per mmq. secondo il trattamento termico subito. La viscosità del piombo fuso (a 340°) è η = 0,0189.

Il piombo cristallizza nel sistema cubico: l'analisi coi raggi X mostra un reticolo cubico a facce centrate.

La densità del piombo ottenuto per distillazione nel vuoto è 11,3415 e aumenta appena a 11,3470 per fortissima compressione. Il piombo puro ottenuto con vari procedimenti e sottoposto a svariate azioni fisiche e meccaniche, ha una densità che si aggira intorno a 11,33-11,49.

La conducibilità calorifica del piombo è circa 11 volte più piccola di quella dell'argento. Il calore specifico a 18° è 0,02993, a 300° è o,03380. Il calore atomico è normale (6,2).

Il piombo è diamagnetico (χ106 = − 2,4 a − 2) e così pure i suoi sali. Il momento magnetico atomico del piombo è nullo.

La conducibilità elettrica a 0° è 4,91.104 e a 18° 4,80.104. A T = 7,5 si comporta come superconduttore e presenta una resistenza 10i2 più piccola che a 0°.

Nella serie elettrochimica il Pb è situato fra lo stagno e l'idrogeno.

Il piombo non è radioattivo: assorbe energicamente i raggi ad alta frequenza e perciò si adopera come schermo.

La temperatura di fusione è 327° e quella di ebollizione 1550° (pressione normale). Il calore di fusione è 5,51, quello di vaporizzazione 45350.

Gli spettri di arco e di scarica sono assai complessi; fra le righe più caratteristiche dello spettro a scarica vi sono quelle corrispondenti a λ = 5607, 5003, 4056.

Proprietà chimiche. - Il piombo è l'ultimo elemento della serie dispari del 4° gruppo. Quindi la sua forma limite corrisponde a PbX4: come gli omologhi inferiori Ge e Sn, dà anche composti della forma PbX2; anzi questi, conforme a una regola generale per i gruppi, sono più stabili dei primi.

Nella forma inferiore il piombo manifesta prevalentemente proprietà metalliche, nella superiore deboli proprietà metalloidiche.

Il piombo esposto all'aria, si ricopre, anche a temperatura ordinaria, di una patina formata da ossidi e carbonati basici, avente, per la sua compattezza, azione protettiva. Scaldato vicino alla temperatura di fusione si ossida rapidamente, specie se si rimuove continuamente l'ossido, formando PbO e, a temperatura più elevata, gli ossidi salini Pb2O3 e Pb3O4. Il vapore acqueo soprariscaldato attacca il piombo formando PbO e H2.

Il piombo è attaccato lentamente dagli alogeni in ordine decrecrescente dal fluoro allo iodio; non si combina direttamente con P, As, C, B, Si. È attaccato trascurabilmente da HF e debolmente da HCl.

L'acido solforico a concentrazione inferiore a 60° Bé. non l'attacca; a concentrazione superiore invece l'attacca per la formazione di Pb(HSO4)2 più solubile di PbSO4. L'acido nitrico concentrato attacca poco il piombo; più rapidamente esso è attaccato dall'acido nitrico diluito. L'acido fosforico a 50-60% attacca lentamente il piombo; così pure varî acidi organici formanti sali solubili.

Il piombo molto suddiviso reagisce a 500° con N2O e NO con formazione di ossido, a 200° con NO2 con formazione di nitrato basico. Le soluzioni d'idrato sodico e potassico attaccano energicamente il piombo con formazione di piombiti; molto più debole è l'azione dell'idrato ammonico.

Lo studio della corrosione del piombo è assai complicato, perché tracce minime d'impurità possono agire in senso favorevole o sfavorevole alla corrosione. Per es., piccole quantità di rame e piccolissime di tellurio aumentano la resistenza del piombo all'acido solforico; sfavorevole è invece la presenza dello zinco. Le alterazioni del piombo all'aria dipendono dall'azione combinata dell'ossigeno, dell'acqua e dell'anidride carbonica. L'acqua distillata priva di ossigeno e in atmosfera d'idrogeno non scioglie che insensibilmente il piombo (gr. 0,3 per cmc. 106 di acqua secondo Clowes). Invece l'acqua distillata contenente ossigeno attacca il piombo formando Pb(OH)2 in ragione di 110 mg. per litro. L'acido carbonico facilita pure l'attacco. Il cloruro sodico favorisce la corrosione all'aria esercitando un'azione indiretta catalitica. La corrosione dei tubi di piombo può essere influenzata da correnti vaganti del sottosuolo, specie nelle vicinanze di ferrovie elettriche. Le acque ricche di carbonati. e solfati finiscono col formare nei tubi di piombo una camicia protettiva.

Proprietà fisiologiche. - I composti del piombo sono quasi tutti tossici per l'uomo e per gli animali. Anche l'assorbimento lento e continuato di tracce di piombo, specie in forma di polveri sospese nell'aria, dà luogo a fenomeni di avvelenamento cronico (saturnismo). I primi sintomi sono rappresentati dall'alito fetido e dalle infiammazioni delle gengive; poi sopravvengono coliche, paralisi con deformazioni delle mani, ecc. Le manifestazioni tossiche appaiono con diversa intensità a seconda dei composti e del modo col quale vengono introdotti nell'organismo.

Nelle iniezioni endovenose i composti più tossici sono quelli ionizzabili, i meno tossici sono il fosfato e il solfuro; la galena, per es., ha un'azione tossica minima. L'arseniato di piombo, usato contro i parassiti delle piante da frutto, sembra abbia anche una azione stimolante nei processi vegetativi.

Saggi qualitativi e quantitativi. -. Per via secca il piombo si riconosce facilmente col saggio al cannello per la formazione di un granulo caratteristico malleabile e di un'aureola gialla.

Per via umida si riconosce al precipitato bianco cristallino che dà, con acido cloridrico, precipitato che scompare o diminuisce all'ebollizione essendo il cloruro di piombo notevolmente solubile a caldo.

Con acido solfidrico i sali di piombo dànno un precipitato nero (reazione assai sensibile) solubile in acido nitrico. Con acido solforico in soluzione non diluitissima i sali di piombo dànno un precipitato bianco di solfato; la reazione si rende più sensibile con l'aggiunta di alcool. Con cromato potassico dànno un precipitato giallo di cromato.

Quantitativamente il piombo si determina come ossido (PbO), come solfato (PbSO4) operando in presenza di alcool, come biossido (PbO2) procedendo per via elettrolitica. Sono stati proposti anche alcuni metodi volumetrici.

Isotopi del piombo. - Il piombo ordinario, secondo le ultime ricerche ha il peso atomico 207,2. Esso è un miscuglio di isotopi a peso atomico 204, 205, 206, 207, 208, 210, come è stato constatato con lo spettrografo di massa. I tentativi per separare tali isotopi dal piombo ordinario hanno dato scarsi risultati. Però si sono potuti separare da certi minerali radioattivi due isotopi allo stato di purezza: l'uranio piombo (p. at. 206), che è il prodotto ultimo di disintegrazione della serie dell'uranio (v. radioattività), e il torio piombo (p. at. 208) proveniente dalla serie del torio. Il piombo quale si estrae da minerali radioattivi è però quasi sempre mescolato a piombo ordinario, cosicché nei minerali di torio ha pesi atomici compresi fra 207,2 e 208 e in quelli d'uranio fra 206 e 207,2.

Usi del piombo, principali leghe. - Il piombo serve per fare le lamiere per le camere di piombo (v. solforico, acido), per fare tubi per condotte di acqua e di gas, placche di accumulatori, ecc.

Piccole quantità di arsenico lo rendono più duro: così, per es., il piombo per proiettili e pallini da caccia contiene da 0,2 a 0,8% di arsenico.

La lega per caratteri da stampa contiene 25% di Sb, 25% di Sn, 50% di Pb. La lega per saldare è formata da stagno e piombo (10-15%). Il piombo indurito (10 a 20% di Sb) serve pure per caratteri di stampa, placche da accumulatori, pallini da caccia. I metalli bianchi per guarnizioni e antifrizioni contengono quantità più o meno notevoli di piombo, stagno, antimonio e talora anche zinco e rame.

Principali composti del piombo. - Il piombo forma composti piombosi PbX2 e piombici PbX4. I più stabili e importanti sono i primi.

Fra gli ossidi ricordiamo il sottossido Pb2O che è una polvere nera vellutata che s'ottiene riscaldando l'ossalato di piombo a 300°; l'ossido PbO, di carattere basico, che s'ottiene riscaldando il piombo metallico alla temperatura di fusione o riscaldando il carbonato (nel primo caso si ha il litargirio giallo rosso cristallino, nel secondo il massicot giallo amorfo); il biossido PbO2 (detto ossido pulce per il suo colore), avente i caratteri di una debole anidride, s'ottiene trattando il minio con acido nitrico o per ossidazione anodica del piombo. I due ossidi Pb2O3 e Pb3O, (minio) sono ossidi salini (PbO • PbO2, 2PbO • PbO2), infatti l'acido nitrico ne salifica la parte basica PbO, liberando l'anidride PbO2. Il minio si ottiene per riscaldamento prolungato dell'ossido all'aria. Gli ossidi di piombo, particolarmente il minio, si usano come sostanze coloranti, per la preparazione di mastici e cosmetici, ecc.

L'idrato di piombo Pb(OH)2 si ottiene trattando la soluzione d'un sale di piombo con idrato sodico: si ha in forma di precipitato bianco solubile in un eccesso di reattivo per la formazione di piombito sodico Pb(ONa)2.

Del cloruro, solfato, solfuro abbiamo già parlato a proposito delle reazioni del piombo. L'ioduro PbI2 è pure insolubile (scarsamente solubile anche in acqua bollente) e di colore giallo.

Il nitrato di piombo Pb(NO3)2 è bianco, cristallino (sistema monometrico) solubile in acqua. Riscaldato decrepita per l'acqua d'interposizione che contiene e si scompone dando un residuo giallo di ossido e vapori rossi d'ipoazotide. Il cromato di piombo PbCrO4 è giallo, insolubile. L'acetato di piombo è cristallino, solubile in acqua. La biacca è un carbonato basico di piombo usato come sostanza colorante bianca di grande potere ricoprente. L'azoturo di piombo Pb(N5)2 si usa come detonante.

Fra i composti del piombo tetravalente, oltre al biossido già ricordato, notiamo il tetracloruro PbCl4 che si ottiene da Pb o PbCl2 e cloro in eccesso. È un liquido giallo, pesante, che si scompone facilmente in PbCl2 e Cl2. Per azione del cloruro ammonico dà il sale complesso (NH4)2PbCl6. Il solfato piombico Pb(SO4)2 si ottiene per elettrolisi, a bassa temperatura, dell'acido solforico concentrato fra elettrodi di piombo. Si separa all'anodo in forma di una sostanza granulosa, di energiche proprietà ossidanti.

Fra i composti organo-metallici va ricordato il piombo tetraetile Pb (C2H5)4, usato nelle determinazioni di laboratorio delle proprietà antidetonanti dei carburanti.

Metallurgia.

La galena è il minerale di piombo più usato nella metallurgia. La cerussite e i carbonati in genere occupano un posto di gran lunga inferiore; l'anglesite (solfato) e altri sono affatto secondarî per la produzione metallurgica.

Il tenore di piombo nelle galene oscilla più di frequente dal 50% al 65%. In esse è quasi costante la presenza d'argento, da 300 gr. a 1500 gr. per tonn. e oltre. Sono pure frequenti antimonio, arsenico, rame, più rari nichelio, bismuto. L'antimonio e l'argento determinano soprattutto le operazioni di affinamento necessarie per ottenere il metallo dolce commerciale, il cui titolo in piombo oscilla dal 99,95 al 99,99%.

I trattamenti metallurgici, di riduzione delle galene a piombo grezzo, sono in generale ostacolati dalla presenza di zinco. La preparazione mineralurgica del minerale, sia con i processi antichi di laveria, sia con quelli moderni e dominanti di fluttuazione, è in molti casi diretta appunto alla separazione della galena dalla blenda, essendo i due minerali di frequente associati nelle maggiori miniere. I trattamenti usati per l'estrazione del metallo sono generalmente termici, e attualmente si distinguono in due tipi, per l'insieme delle reazioni metallurgiche che in essi intervengono e per i dispositivi usati:

a) Metodo dell'arrostimento (desolforazione) preventivo delle galene. - Consiste nell'arrostimento spinto e nella susseguente riduzione a metallo, con coke, dell'agglomerato ossidato e contenente le correzioni necessarie per la formazione della scoria alla composizione voluta (scoria di ritorno, calce, silice, ossidi di ferro).

Il processo procede in due fasi distinte (desolforazione e riduzione) e in due apparati distinti: le due fasi possono schematicamente rappresentarsi con:

La prima fase può compiersi in convertitori caratteristici; ma oggi generalmente si attua su grandi apparati continui o semicontinui a griglia, tipo Dwight Lloyd, Greenawald, usati anche nella desolforazione di minerali di altri metalli. La seconda si attua nel forno a vento e da questo si ottengono allo stato fuso, in ordine di peso specifico crescente: la scoria, gli speiss, le metalline (mattes), il piombo grezzo, detto "piombo d'opera".

La quantità e la composizione della metallina (miscela di solfuri, in cui è costantemente presente solfuro ferroso) dipende dal tenore dei componenti secondarî, del rame principalmente, e dalla condotta del forno a vento; gli speiss (miscela di arseniuri, in cui predominano quelli di ferro) possono mancare, e mancano di frequente, in dipendenza sempre della composizione del minerale. La scoria, miscela di silicati, necessariamente presente, ha funzione fondamentale sul rendimento della riduzione; la sua composizione è determinata, caso per caso, soprattutto dal cosiddetto indice di ossigeno (rapporto fra l'ossigeno acido della silice, e la somma dell'ossigeno basico dei componenti basici, calce, ossido di ferro, ecc.).

b) Metodo di riduzione concomitante con la desolforazione. - Il processo teoricamente procede in un tempo solo, agendo da riducente lo stesso zolfo della galena. Può così presentarsi con gli schemi:

In realtà, nella pratica il trattamento è più complesso, poiché si ha anche l'intervento dei gas riducenti (CO), provenienti dal combustibile adoperato. Si attua in forni a riverbero, oppure in forno a bacino, o basso forno tipo scozzese (specie di basso-fuoco). Il metodo al basso forno oggi ha assunto nuova vitalità, riaffermandosi su gli altri, laddove si dispone di galene ricche di piombo, fino al 70% e oltre, a elevato grado di purezza, con scorie da ganga poco fusibile.

In generale però il trattamento non è sufficiente da solo a conseguire i rendimenti voluti, poiché, insieme con piombo dolce, si genera una scoria grigia, ricca di metallo, che viene passata successivamente al forno a vento per recuperarne piombo d'opera.

Il piombo grezzo, ottenuto con i due metodi suddetti, viene in seguito affinato: tale operazione riguarda, in un primo tempo, l'eliminazione del rame, dei residui di metalline, che si separano come schiume, ma soprattutto dell'arsenico e più dell'antimonio: il piombo antimoniale, duro, si raddolcisce, operando in atmosfera ossidante, in forno a riverbero; il piombo raddolcito passa alla disargentazione, oggi generalmente operata con lo zinco, col metodo Parkes. Il vecchio sistema Pattinson, di liquazione, è abbandonato.

Una variante al trattamento predetto è data dal processo Harris, basato sull'attacco dell'antimonio, arsenico, stagno, eventualmente presenti, operato da sali fusi contenenti soda caustica e nitrato di sodio, alla temperatura di 400° circa. Questo metodo implica il recupero dell'alcali caustico per via umida, concomitante a quello dei componenti secondarî estratti (Si, Sb, Sn), ricupero che arreca particolare aggravio economico agl'impianti, e ne ha ostacolata finora la diffusione. Il processo Harris non riguarda l'argento, che deve estrarsi separatamente col trattamento Parkes.

Per contro, la raffinazione elettrolitica, proposta e sviluppata dal Betts fin dal 1902, costituisce un metodo integrale, poiché, modellandosi su quella del rame, produce piombo puro commerciale, separandosi nei residui anodici in parte l'antimonio, totalmente l'argento e l'oro eventuale, e il bismuto. Anzi, la raffinazione elettrolitica è rimasta in vita presso quelle fonderie in cui il piombo d'opera contiene bismuto in quantità superiori o vicine a 0,5%.

Il bismuto non si separa e ricupera con i metodi generali di affinamento per via termica predetti. Il ricupero del bismuto e l'affinamento è problema importante, per il costo del bismuto stesso e per il deprezzamento che questo metallo arreca al piombo commerciale. Recentemente si è sviluppato un metodo nuovo, dovuto al Kroll (1922), in concorrenza al processo Betts. Con il nuovo trattamento si perviene a una lega principalmente di calcio-bismuto, che si separa solida dal piombo fuso, e che può ottenersi sia aggiungendo calcio metallico, sia provocandone la formazione da sali di calcio con opportuni riducenti. Il metodo è applicato ora su vasta scala in alcuni impianti nordamericani.

L'estrazione del piombo da minerali poverî o da residui di altri trattamenti metallurgici ha portato, particolarmente nel periodo degli alti prezzi dei metalli, allo sviluppo di metodi nuovi per il ricupero del metallo. Dall'insieme dei tentativi sono sorti il processo di volatilizzazione in forno rotativo (Wälzverfahren), che, con successiva separazione dei composti volatili del piombo dai gas della combustione per mezzo di separatori (filtri a sacco o apparecchi elettrostatici), permette l'ottenimento di ossidi ricchi di piombo, che, trasformati in silicati, possono passare con adeguata preparazione al forno a vento; e i processi per via umida, in cui il residuo, ad es. dell'estrazione elettrolitica dello zinco (Tainton) contenente solfato di piombo, viene trattato con liscive contenenti cloruri solubili che estraggono il sale piombifero: il recupero del metallo può avvenire per elettrolisi.

Il processo di volatilizzazione ha avuto vita incerta in questi ultimi anni; quelli per via umida non offrono possibilità economiche nel momento attuale.

Estrazione del minerale. - Fluttuazione. - La galena può essere separata con relativa facilità dalla sua ganga per fluttuazione (v.), specialmente se la ganga è silicea oppure costituita da carbonati. Però la fluttuazione riesce assai più utile nel trattamento dei minerali complessi di piombo e zinco, che generalmente contengono anche ferro e piccole quantità di rame, argerito e oro. Questi minerali sono più comuni dei minerali esenti da zinco, ma un tempo erano poco utilizzati, perché non si sapeva come separarne economicamente lo zinco. Con la fluttuazione si ricava un concentrato di piombo e uno di zinco, il primo col 70-75% di piombo e il 5-6% di zinco; il secondo col 50% di zinco e il 30% di piombo. Nel 1931 si calcolava che 15 milioni di tonn. all'anno di tali minerali venivano sottoposti alla fluttuazione.

Si cerca di fare in modo che si raccolgano nel concentrato di piombo l'argento e l'oro, che possono essere ricuperati più economicamente dal piombo, e anche il ferro, che esercita una funzione utile nella metallurgia del piombo, mentre, invece, è dannoso in quella dello zinco.

Arrostimento (torrefazione). - I diversi processi di arrostimento dei minerali di piombo mirano a ridurne per quanto si può la percentuale di zolfo, in modo, però, da evitare perdite eccessive di metallo. La maggior parte di questi minerali non sono così ricchi di zolfo da bruciare nei forni senza aiuto di combustibile. La più completa eliminazione dello zolfo si ottiene quando il minerale viene completamente fuso; ma questo processo (ingl. slag roasting) è stato quasi del tutto abbandonato, perché con esso si perde, per volatilizzazione, una percentuale troppo forte di piombo. È largamente usato, invece, l'arrostimento ordinario, nel quale il minerale non è portato a temperatura tale da fonderlo; sicché esso viene semplicemente desolforato (la percentuale di zolfo si riduce al 4%) e, nello stesso tempo, più o meno agglutinato. I vecchi metodi sono ormai stati sostituiti dall'arrostimento in corrente forzata di aria (ingl. blast roasting), secondo il quale i gas ossidanti vengono in contatto con tutta la massa del minerale e non soltanto con i suoi strati superficiali, come negli altri metodi di arrostimento. Questo processo fu applicato per la prima volta con successo a Pertusola (presso La Spezia) nel 1896 da T. Huntington e F. Heberlein, i quali riuscirono a ottenere un arrostimento rapido e completo mescolando della calce alla galena, dopo aver fatto subire a questa un arrostimento preliminare. Successivamente, Carmichael e Bradford sostituirono alla calce il gesso e A. Savelsberg il calcare. Secondo questi metodi l'arrostimento si compie in apparecchi (convertitori) costituiti da grandi vasi di ghisa (fig.1) muniti di una griglia, sulla quale si dispone il minerale, che viene acceso con carbone incandescente oppure con altro minerale portato al calor rosso. Per molto tempo (modificando una teoria esposta dal Plattner nel 1856) si ritenne che calce, gesso e calcare agissero da catalizzatori e, in ogni modo, che l'azione di questi e degli altri diluenti del minerale fosse esclusivamente di natura chimica. Attualmente molti (p. es., A. S. Dwight) preferiscono attribuire loro una funzione quasi esclusivamente meccanica. E cioè, la loro utilità si dovrebbe al fatto che, quando i solfuri vengono sottoposti all'arrostimento mescolati con materiale refrattario, ciascuno dei loro granuli viene a trovarsi in una specie di forno con pareti refrattarie e, appena la fiamma lo raggiunge, brucia istantaneamente, ossidandosi e sviluppando calore che serve a essiccare altri granuli e a propagare loro la combustione; mentre invece, se manca il materiale isolante, il calore si propaga rapidamente a tutta la massa e la temperatura di questa non si eleva abbastanza. Se il materiale isolante si combina col minerale formando una scoria, questa viene trascinata dalla corrente d'aria nelle intercapedini fra i granuli di minerale e li cementa insieme.

Secondo il processo Dwight Lloyd il minerale, eventualmente mescolato a diluenti, viene arrostito in uno strato uniforme e relativamente sottile (10-12 cm.) sopra una griglia mobile, senza rimescolarlo e facendolo attraversare dall'alto al basso da una corrente d'aria, mentre i prodotti della combustione vengono aspirati dal disotto della griglia. In tal modo il minerale si agglomera senza fondersi, e, poiché la pressione dello strato è debole, si agglomera in pezzi porosi di piccole dimensioni (ingl. sinter), che si prestano bene per la carica del forno a vento. Se il minerale contiene troppo zolfo (più del 16%) gli si fa subire un arrostimento preliminare; in altri casi esso viene mescolato con silice o con altri diluenti, oppure viene inumidito. L'operazione si compie in apparati continui, nei quali la griglia è formata da elementi portati da una catena senza fine; oppure è circolare e ruota intorno ad un asse verticale (figg. 2, 3, 4, 5). Un bruciatore a nafta o a polvere di carbone serve a iniziare la combustione del minerale, che poi si propaga come quella di un sigaro acceso, avanzando di 6 • 12. mm. al minuto. I granuli di minerale vengono portati alla temperatura di 800-1200°, alla quale, però, rimangono solo per 1-2 minuti, mentre invece, con gli altri metodi, la durata del riscaldamento è molto più lunga. Ormai il processo Dwight Lloyd ha spostato quasi tutti gli altri processi di arrostimento. Solo eccezionalmente si usano quelli vecchi: l'arrostimento in mucchi, in forni a riverbero, in forni meccanici (questi ultimi sono usati soltanto per minerale i cui prodotti di combustione vengono utilizzati nella fabbricazione di acido solforico).

Forno a vento. - I moderni forni a vento (forni a tino) per la riduzione del minerale arrostito (figg. 6, 7) hanno sezione rettangolare (quelli a sezione circolare vanno scomparendo), caricamento meccanico, raffreddamento ad acqua della zona di fusione, scarico del piombo a sifone Arents. La loro lunghezza nel piano degli ugelli talvolta supera i 5 m.; la larghezza, nello stesso piano, è di o,90-1,50 m. che consente una buona combustione e una buona fusione senza eccessiva pressione dell'aria. La sezione verticale, generalmente, si allarga nella sacca che sta al disopra degli ugelli; in tal modo la velocità dei gas che salgono verso la bocca diminuisce, sicché essi trascinano meno polvere e cedono più completamente il loro calore alla carica. Il tino è costituito da muratura di mattoni, che poggia su quattro colonne di acciaio o di ghisa. La sua altezza (dal piano degli ugelli al piano di carica), che un tempo si faceva poco superiore a m. 3, in qualche forno moderno arriva a m. 8,50. Dall'estremità inferiore del tino all'estremità superiore del crogiolo la zona di fusione è circondata da una camicia d'acqua, costituita da una doppia cassa metallica, attraverso la quale passano gli ugelli dell'aria (tuyères) che si aprono lungo le pareti laterali e in quella posteriore del forno, alla distanza di cirea 30 cm. sopra il forno, hanno un diametro di circa 10 cm. e distano 40-50 cm. l'uno dall'altro. La pressione dell'aria, che un tempo era di o,05 kg. per cmq., ora è generalmente di o,10-0,15, in qualche caso di 0,30 kg. per cmq. Il crogiolo è profondo circa 75 cm., poggia sulla fondazione ed è circondato da una muratura di mattoni oppure da calcestruzzo di cemento. Il sifone Arents, che serve allo scarico del piombo, ha sezione rettangolare di 20 × 30 cm., e va dal fondo del crogiolo a un pozzetto esterno al forno.

I forni moderni sono caricati meccanicamente con un dispositivo introdotto intorno al 1900 da A. S. Dwight (fig. 8): vicino alla bocca del forno è disposto un cappuccio metallico sopra il quale si fa cadere la carica, aprendo il fondo del vagoncino che la porta; in tal modo il materiale viene deviato lungo le pareti del tino, dove quello minuto si accumula disponendosi in forma d'imbuto, mentre i pezzi grossi, ruzzolando sul minuto, si raccolgono verso il centro dell'imbuto stesso. Secondo un perfezionamento di W. W. Norton, si ottiene una distribuzione ancora migliore della carica, praticando nel cappuccio delle finestre, attraverso le quali parte del minerale minuto cade direttamente nella parte centrale del tino.

La carica contiene, oltre al minerale arrostito, fondenti e coke; essa scende al fondo del tino in circa 8 ore e, man mano che scende, viene sottoposta a temperature crescenti, dai 150° della bocca ai 1100-1200° del piano degli ugelli trasformandosi, così, in piombo grezzo, speiss, metallina, scoria e gas.

Il piombo grezzo si raccoglie al fondo del crogiolo e per il sifone Arents va al pozzetto di scarico. Quando il forno è a regime, questo pozzetto è sempre pieno, e in esso, per il peso della carica e la pressione dell'aria soffiata, il piombo arriva a un livello più alto che nel crogiolo. Se le cariche sono ricche (30-45%), il piombo fluisce continuamente dal pozzetto in una secchia di colata; con cariche al 10-15%, invece, esso è scaricato a intervalli. Gli altri prodotti della fusione si raccolgono al disopra del piombo e, attraverso fori di colata che si aprono nella parete anteriore del forno, vengono scaricati intermittentemente in un avancrogiolo esterno, nel quale si dispongono in ordine di densità: speiss al fondo, sopra metallina, superficialmente la scoria, che dalla parte superiore dell'avancrogiolo si scarica in un apparecchio a granulare, mentre la metallina si aecumula nell'avancrogiolo e viene spillata a intervalli. In qualche caso, all'uscita dal forno a vento, metallina e scoria vanno in un piccolo forno, dove rimangono in riposo; in tal modo esse si separano meglio. Per liberare il forno a vento dalle impurità, ogni tanto si eleva il livello dello scarico del piombo, in modo che un poco di piombo si scarichi insieme con la scoria. Se il minerale non è ben arrostito, può succedere che sopra la scoria rimanga zinco spugnoso che, oltre a essere causa di perdite di piombo, dà gravi disturbi (in qualche caso ostruisce gli ugelli, portando alla perdita del forno). La metallina contiene argento, oro, piombo e rame e generalmente viene rimandata al forno a vento, dopo essere stata macinata e desolforata; talora, invece, viene nuovamente fusa e trasformata in un materiale più ricco di rame e utilizzata poi nell'estrazione di questo metallo; in altri casi ancora, viene trattata in un convertitore a rivestimento basico, ossidando ferro, piombo e zolfo e ricuperando rame, argento e oro; la scoria del convertitore, che contiene ferro e piombo, è rimandata al forno a vento.

I gas che escono dal forno a vento contengono vapori di piombo. Essi vengono raccolti per mezzo di cappe disposte intorno al forno e aspirati in tubazioni che li portano in filtri a sacco oppure a impianti Cottrell, dopo essere stati fatti passare attraverso camere nelle quali si deposita la maggior parte della polvere. Una buona scoria non deve contenere più dell'i % di piombo.

Nella secchia di colata il piombo grezzo viene purificato, insufflandovi aria oppure vapore; in tal modo vengono a galla e si ossidano alcune delle impurità che esso tiene in sospensione oppure in soluzione (rame, zolfo, arsenico, antimonio, zinco, ferro); si forma una schiuma che viene asportata. Secondo un metodo brevettato da Hulst, si ottiene una purificazione migliore agitando il piombo con zolfo finemente macinato, che si combina col rame; il solfuro così formatosi sale alla superficie.

Forno a riverbero. - Questo forno, adoperato per il trattamento a desolforazione e riduzione concomitanti, ha una suola inclinata, sulla quale si stende uno strato di circa 10 cm. di minerale finemente macinato. Il minerale è riscaldato gradualmente fino al color rosso (5000-6000), conducendo l'arrostimento in modo da lasciare indecomposto parte del solfuro di piombo; poi si eleva la temperatura a 800°, alla quale i composti ossigenati reagiscono col solfuro indecomposto. Si ottiene piombo metallico, che scorre su parte della suola e si raccoglie in un bacino, mentre l'anidride solforosa va al camino e il residuo rimane sulla suola. Durante la riduzione la temperatura deve rimanere bassa, perché la carica rimanga allo stato pastoso senza fondersi (se il minerale fonde, le reazioni si compiono imperfettamente). Essendo impossibile arrostire uniformemente una carica di minerale in una sola operazione, questa viene ripetuta parecchie volte.

Dal forno a riverbero si ottiene, oltre al metallo: una scoria contenente solfuro, ossido, solfato e silicato di piombo, ganga, cenere, calce e poco argento, che viene macinata e fusa nel forno a vento; polvere separata dai prodotti della combustione, composta principalmente di ossidi, che viene lavorata con le cariche successive, oppure nel forno a vento; residui misti a materiale della suola.

Il minerale che si presta meglio al trattamento nel forno a riverbero è la galena ricca, oppure una miscela di galena e carbonato, con un tenore in piombo non inferiore al 60%, non più del 4-5% di silice, e basse percentuali di blenda, pirite, calcopirite, spato calcare e barite.

Il processo richiede molto combustibile e molta mano d 'opera specializzata.

Forno a bacino (basso forno). - Questi forni, adoperati anch'essi per la desolforazione e riduzione concomitanti, sono sostanzialmente costituiti da un basso bacino che, a regime, deve essere pieno di un bagno di piombo fuso e nel quale la carica di minerale e combustibile, galleggiando sul bagno, viene arrostita e ridotta insuflandovi aria. Uno dei tipi più semplici, il forno scozzese, è illustrato nella fig. 9. Il bacino è parallelepipedo; nella sua parete posteriore si aprono uno o più ugelli dell'aria. Le pareti verticali, salvo l'anteriore, sono raffreddate per irraggiamento, nei vecchi forni di questo tipo; per circolazione di aria oppure di acqua, in quelli moderni. Il piombo fuso, che riempie il bacino, si scarica da uno sfioratore aperto nella parete anteriore, oppure da un sifone, versandosi in una secchia di colata portata da un carrello.

Dapprima si gettano sul fuoco alcune palate di carbone, poi uno strato sottile di minerale mescolato al 0,5-i % di calce; si lascia indisturbato il fuoco per poco più di un minuto: la carica viene più o meno ossidata, le fiamme l'attraversano e alla superficie del minerale si forma una crosta che si solleva con un gancio da fuoco, disagglomerandola (nei forni moderni quest'ultima operazione viene eseguita meccanicamente).

Nel forno Newman (fig. 10), che è di quest'ultimo tipo, il bacino porta anteriormente una lastra (grembiale) leggermente inclinata verso l'esterno. La crosta viene sollevata e disagglomerata da un braccio a gancio, il quale, insieme con il meccanismo di comando, è portato da un carrello che corre su rotaie esternamente al forno, muovendosi a intermittenza e fermandosi ogni 10 cm. per introdurre il braccio nel forno. Man mano che il braccio meccanico scuote e disagglomera la carica, un operaio la spinge indietro con una pala e tira la scoria sul grembiale del forno; dopo di che un altro operaio fa cadere la scoria nella vasca di granulazione e carica nuovo minerale e nuovo coke. La carica è fatta di sola galena, oppure di galena mista a polveri ricuperate dai prodotti della combustione; come fondente, un tempo, si usava calce spenta; dopo la sostituzione del coke al carbone bituminoso, si usa calcare. Il consumo di carbone è il 3-8% del peso del minerale.

Un tempo in questi forni si avevano forti perdite per trascinamento di polvere nei prodotti della combustione; ma i forni moderni sono dotati d'impianti di filtrazione oppure d'impianti Cottrell, che hanno grandemente ridotto queste perdite. In seguito a questo perfezionamento e all'introduzione dell'agitazione meccanica, i forni a bacino hanno sostituito i forni a riverbero. Essi servono per minerale dello stesso tipo di quelli trattati nei forni a riverbero, ma con limitazioni ancora maggiori, perché il tenore in piombo non dev'essere inferiore al 65% (generalmente si usa minerale al 70%). Il minerale deve essere di pezzatura piuttosto grossa (e perciò spesso lo si agglomera) e povero in argento, perché l'argento volatilizza facilmente insieme al piombo, sotto l'azione dei getti d'aria. Questi forni hanno, inoltre, sul forno a riverbero il grande vantaggio di essere meglio adatti a una lavorazione intermittente, perché possono essere rapidamente accesi e spenti senza molte perdite di calore.

I prodotti che si ottengono dal forno a bacino sono simili a quelli del forno a riverbero; in aggiunta a quelli elencati per detto forno si ha, però, anche una miseela di minerale, scoria e combustibile, che viene detta in inglese browse. La scoria è ricca di piombo e spesso viene trattata in un piccolo forno a vento nel quale il piombo viene volatilizzato per essere poi ricuperato con i filtri a sacco.

Raffinazione del piombo. - Raddolcimento. - Serve a eliminare dal piombo grezzo le impurità che ostacolano il ricupero dell'argento e cioè il rame, lo stagno, l'arsenico, l'antimonio, lo zolfo. Si compie generalmente in un forno a riverbero (fig. 11); quando il piombo è esente da antimonio e arsenico, anche in caldaie di ghisa oppure di acciaio.

Dapprima si scioglie lentamente il piombo, portandolo a 370-380°; in tal modo, per liquazione, i minerali tenuti in soluzione dal piombo si separano da esso e viene alla superficie una schiuma composta principalmente di rame, zolfo, arsenico e piombo; innalzando poi la temperatura, si ossida lo stagno, poi l'arsenico e finalmente l'antimonio. La superficie del metallo si copre di una crosta polverosa, giallo-scura, composta principalmente di antimoniato e stannato di piombo e di antimoniato di stagno. Rimossa questa, dal metallo si sprigionano vapori di arsenico e di antimonio e si formano arseniato e antimoniato di piombo. Si fa raffreddare il forno quanto è necessario perché la schiuma passi allo stato solido e la si separa. Le ultime tracce di antimonio sono eliminate con difficoltà: per eliminarle si può mescolare nel bagno, rimescolando bene, del piombo ossidato nella coppellazione (ingl. litharge). Nel raddolcimento il consumo di combustibile è del 2-12%, in media il 5% del peso del metallo.

Dopo il raddolcimento, il piombo è sottoposto al processo di separazione dell'argento.

Separazione dell'argento. - Processo Parkes. - Questo processo consiste nel mescolare, agitando, l'1-2% di zinco in un bagno di piombo fuso, facendolo raffreddare e separandone la crosta, che contiene quasi tutto l'argento. Aggiungendo ancora dello zinco, però in minore quantità della prima volta, si ottiene una nuova crosta più povera di argento della prima e resta il piombo esente da metalli preziosi. Le croste, che insieme allo zinco e ai metalli preziosi contengono molto piombo, sono distillate in forni a storte per ricuperarne lo zinco, che volatilizza; in tal modo i metalli preziosi si concentrano nel residuo, che viene sottoposto alla coppellazione, ricavandone dell'"argento doré" che si scompone con acido solforico oppure per elettrolisi. Lo zinco, prima ancora di sciogliersi nel piombo, forma leghe con tutto l'oro e con la massima parte del rame contenuti nel bagno, iniziando la formazione della crosta; invece, la crosta contenente l'argento non si forma se prima il piombo non è saturo di argento. Il piombo da trattare col processo Parkes deve essere accuratamente liberato dall'antimonio e dall'arsenico nel raddolcimento, perché essi, e principalmente l'arsenico, non solo ritardano il sollevamento delle croste, ma impediscono che si separino nettamente dal piombo. Si cerca di raccogliere tutti i metalli preziosi nella prima crosta, la quale non dovrebbe contenere meno del 6% di argento; nel secondo trattamento usando un eccesso di zinco, si ottiene una crosta con meno dell'i per mille di argento, che viene usata al posto dello zinco puro per la formazione della prima crosta.

Il trattamento che porta alla separazione delle due croste richiede circa 8 ore per una caldaia da 60 tonn. La separazione dell'argento si compie in caldaie di ghisa oppure di acciaio, la cui capacità non supera le 40 tonn., se l'agitazione è fatta a braccia; si raggiungono capacità di 100 tonn. con l'agitazione meccanica.

Le caldaie hanno pianta ovale oppure circolare. Per l'agitazione meccanica si usa l'agitatore Howard (fig. 12) costituito da un'elica circondata da un mantello tronco-conico, che regola la circolazione del piombo fuso. Per eliminare il piombo dalla crosta, invece del trattamento in forni a riverbero, si usano le presse Howard: presse mobili, a vapore oppure ad aria compressa, munite di un piatto inferiore perforato e ribaltabile; queste presse possono essere spostate al disopra della caldaia, sollevando la crosta e pressandola a caldo, in ore 1-1%.

Processo Pattinson. - Questo processo, che non è più usato, si compiva in vasi disposti in serie, in ciascuno dei quali, fondendo il metallo e poi facendolo raffreddare, si separavano cristalli di piombo più puri del metallo originario, mentre la frazione che restava liquida si arricchiva sia di metalli preziosi sia delle impurità. La fusione e la cristallizzazione si ripetevano parecchie volte.

A questo processo sono stati sostituiti altri che, pur essendo fondati sullo stesso principio, ne differiscono per l'attrezzatura. Così p. es., il processo Luce-Rozan, che si compie in due caldaie di fusione, una di cristallizzazione e due grandi forme. Il piombo è fuso in una delle apposite caldaie, versato nella bacinella di cristallizzazione, entro la quale è agitato con vapore e raffreddato con l'aiuto di getti d'acqua; dopo che 2/3 del piombo sono cristallizzati, si cola nelle forme il piombo liquido rimasto e si riscalda il cristallizzatore per fondere nuovamente i cristalli. Sono necessarie 11 cristallizzazioni perché la separazione dell'argento sia completa.

Raffinazione finale. - Dopo il ricupero dell'argento, il piombo deve subire altre operazioni di raffinazione per estrarne lo zinco (rimasto dopo il processo Parkes) e le impurità introdotte con questo, o le piccole percentuali di arsenico e antimonio (rimaste dopo il processo Pattinson). Si compie in forni a riverbero dello stesso tipo di quelli usati per la raffinazione preliminare, ma più spesso in caldaie. La raffinazione finale si compie in modo simile al raddolcimento, però è necessaria una temperatura più elevata. Le ultime tracce di antimonio sono difficili a eliminare e talvolta occorrono 12 ore per eliminare tutto lo zinco e l'antimonio. Si ottengono schiume composte per la massima parte di piombo. Per accelerare l'operazione, talvolta, oltre all'agitazione meccanica, si fa gorgogliare vapore d'acqua che a 900°-1000° è decomposto dallo zinco.

Processo Harris. - Può essere usato come processo di raddolcimento, oppure come processo di eliminazione dello zinco dal piombo dopo il processo Parkes. Serve a eliminare arsenico, antimonio, stagno e zinco. Consiste nel mettere intimamente a contatto il piombo a temperatura poco superiore al suo punto di fusione, con soda caustica e cloruro di sodio; arsenico, antimonio, stagno e zinco si separano nettamente dal piombo sotto forma di ossidi o di sali ossigenati. Si ricupera per via umida il 95% dei reagenti. L'arsenico si ricupera sotto forma di arseniato di calcio commerciale.

Il processo si compie nelle solite caldaie, con l'aiuto di un apparecchio portatile che s'immerge nel bagno e si toglie quando il trattamento è finito. Tale apparecchio è costituito (fig. 13) da un recipiente cilindrico riscaldato da una camicia nella quale circolano gas caldi, che pesca inferiormente nel bagno e, attraverso una valvola situata sul suo fondo, si riempie di piombo fuso. Nella parte superiore del cilindro si mettono i reagenti. Oltre al cilindro di reazione c'è una pompa centrifuga, che per mezzo di un tubo pompa il piombo fuso nel cilindro di reazione. Per mezzo dell'agitatore il piombo viene rimandato attraverso un tubo nuovamente nel bagno; sicché esso circola continuamente.

Processo Colcord. - Con questo processo l'eliminazione del rame e dell'arsenico è la prima operazione della raffinazione. Si mescola zolfo al piombo fuso, alla temperatura 310°-343°; lo zolfo si combina col piombo formando solfuro di piombo; poi si porta la temperatura a 680° e il solfuro di piombo si separa con schiuma; poi si mescola soda caustica al metallo, si porta la temperatura a 475°-535° e, per mezzo di un agitatore Howard oppure di getto d'aria o con altro mezzo meccanico, si mescola la soda al metallo. Si ottiene una pellicola di soda caustica con arseniato di sodio, ehe si separa lisciviando con acqua; il residuo, contenente piombo e antimonio, può essere facilmente trattato.

In Italia, l'estrazione del piombo s'iniziò nel 1880 con l'officina di Pertusola (La Spezia), di proprietà del gruppo inglese Brassy fino al 1921, poi passata al gruppo francese della Società Pertusola nel 1892 sorse la fonderia di Monteponi (Iglesias). Infine, nel 1932 entrò in funzione la fonderia di S. Gavino-Monreale della Società italiana piombo, della capacità produttiva di 20.000 tonn. annue di piombo e circa 20.000 kg. di argento.

L'insieme delle fonderie italiane è in grado di produrre l'intero fabbisogno nazionale, 40.000 tonn. annue circa, ma la produzione attuale è minore e lascia scoperte circa 10.000-15.000 tonn. a causa della riduzione del gettito delle miniere nazionali per il basso prezzo del metallo.

L'officina di S. Gavino-Monreale costituisce uno dei più perfetti impianti metallurgici del genere oggi funzionanti; in essa si attua il metodo dell'arrostimento doppio al Dwight Lloyd e della riduzione successiva al forno a vento. L'affinamento si compie con i metodi classici già indicati.

Produzione. - Nella produzione del minerale di piombo gli Stati Uniti si trovano in testa ai varî paesi produttori con 7,766 milioni di tonn. nel 1925, ridotte a 4,041 milioni nel 1933 (contenuto di Pb, 248 mila t.). Altri paesi principali produttori del minerale sono: l'India Britannica con 462 mila tonn. nel 1933 (cont. di Pb, 121 mila t.). Fra i paesi europei, la Spagna ha diminuito la sua produzione da t. 208 mila nel 1925 a t. 115 mila nel 1933 (cont. di Pb, 75 mila t.), mentre la Iugoslavia l'ha aumentata passando da t. 79 mila nel 1925 a t. 686 mila nel 1933 (cont. di Pb, 61 mila t.). Seguono la Germania, la Gran Bretagna e l'Italia (30 mila t. nel 1933; cont. 17 mila t.).

La produzione mondiale di piombo metallico nelle fonderie risulta dalla tabella in fondo a questa pagina.

Farmacologia.

Il piombo interessa il farmacologo più per la sua tossicità che per le applicazioni terapeutiche. I sali di piombo precipitano le proteine e manifestano azione locale astringente. Fra i preparati insolubili di piombo si usano, in unguenti al 10%, il carbonato e l'ossido nelle bruciature e dermatiti; lo ioduro nelle infiammazioni ghiandolari: inoltre l'ossido e il carbonato entrano in cerotti e impiastri (cerotto diachilon, unguento diachilon di Hebra). Preparati solubili sono l'acetato di piombo o zucchero di Saturno che, associato all'oppio, è stato proposto come astringente per suppositorî oppure per via interna alla dose di gr. o, 12-0,25 pro die. L'acetato basico di piombo si usa in soluzione acquosa al 2% (acqua saturnina) o con aggiunta di 5% d'alcool, costituendo allora l'acqua vegeto-minerale detta del Goulard, ma in verità preparata già nel sec. XV da A. Guarnerio, medico di AmedeoVIII. Si adopera nelle contusioni, distorsioni, ematomi, ecc. Pomate a base di acetato basico di piombo si usano nelle scottature, escoriazioni, geloni, ecc. T. Goulard, già nel sec. XVII, diceva la sua acqua vegeto-minerale très-propre pour toutes sortes d'inflammations extérieures e la proponeva contro il cancro, ma i suoi contemporanei mettevano in dubbio diagnosi e risultati. Dimenticato, il piombo è tornato in luce recentemente come rimedio contro i tumori maligni per opera del Blair-Bell, il quale per primo asserì nel 1922 d'avere avuto veri successi. Subito dopo però F. Blumenthal negò ogni risultato favorevole, tanto usando il piombo colloidale come l'acetato, il lattato e altri preparati organici.

La polvere di piombo sperimentata da varî autori nella tripanosomiasi dei topi, nella febbre ricorrente, nella sifilide del coniglio, nella lissa, nei tumori, si è dimostrata inattiva. C. Neuberg, che provò il piombo colloidale nella cura di varî tumori, venne a simili conclusioni. Secondo taluni il piombo accelera anzi lo sviluppo di tumori sperimentali nei topi. In Italia D. Ganassini e S. Dezani proposero preparati speciali che però l'Arrigoni avrebbe trovato inefficaci clinicamente.

Altri preparati sono la gelatina-piombo; il Pb−N (nitrobenzoato di Pb); il P. S. V. di Schürch (soluzione di ioduro di piombo in 10% di gluconato di calcio); l'S.267 (sospens. colloidale di piombo e magnesio); l'oleato di Pb, il canfocarbonato, il fumarato, l'H. 126 (benzosolfoglicinato di piombo?) attivo intravenosamente nei tumori dei topi con metastasi, ma molto velenoso per l'uomo. Tollerato bene dai conigli, dai topi e dall'uomo sarebbe il preparato R.232 (ditiopiridin-carbonato di potassio e Pb), che eviterebbe la metastasi nei conigli inoculati col ceppo Brown-Pearce. Un analogo preparato, l'R.237B, guarirebbe nei polli la leucemia maligna e i sarcomi.

Per l'avvelenamento da piombo v. saturnismo.

Bibl.: P. Pascal, Traité de chimie minérale, Parigi 1933 ;J. W Mellor, Treatise of Inorganic and Theoretical Chemie, New York 1927; H.O. Hofman, Metallurgy of Lead, New York 1918; D. M. Liddell, Handbook of non ferrous metallurgy, New York 1926; Mayer-Schranz, Flotatión, Lipsia 1931.