PIGNATELLI ARAGONA CORTÉS E MENDOZA, Diego

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 83 (2015)

PIGNATELLI ARAGONA CORTES E MENDOZA, Diego

Rossella Cancila

PIGNATELLI ARAGONA CORTÉS E MENDOZA, Diego. – Nacque a Madrid il 21 gennaio 1687, primogenito di Nicolò Pignatelli, barone di Caronia, e di Giovanna Pignatelli Aragona Cortés e Pimentel Mendoza, duchessa di Terranova e di Monteleone, principessa di Castelvetrano e di Noia.

Sposò nel 1713 Anna Caracciolo, da cui non ebbe figli, e nel 1717 Margherita Pignatelli, erede della Ducea di Bellosguardo nel Regno di Napoli. La sua denominazione ufficiale pospone il cognome Pignatelli a quello di Aragona, secondo quanto era stato convenuto in occasione del matrimonio celebrato nel 1639 tra Ettore Pignatelli, legittimo successore dei due rami napoletani della casata, e Giovanna Aragona Tagliavia, unica erede del ramo siciliano, ovvero che di generazione in generazione si procedesse a un’alternanza dei due cognomi.

Fu titolare di un patrimonio feudale vastissimo, costruito attraverso i secoli e frutto di oculate politiche matrimoniali, che ne avevano favorito la concentrazione prima ed evitato la dispersione poi.

Ereditò la terra di Caronia in Sicilia dal padre Nicolò, viceré di Sardegna nel 1687 e primo viceré di Sicilia dopo lo sbarco nell’isola delle truppe dell’imperatore Carlo VI d’Asburgo nel 1719. La madre, figlia di Andrea Fabrizio, era rimasta l’unica erede del patrimonio dei Pignatelli Aragona (o Aragona Pignatelli) Cortés e Pimentel Mendoza, mantenuto all’interno del casato proprio grazie al suo matrimonio celebrato nel 1679 con il prozio Nicolò Pignatelli, unico maschio sopravvissuto della famiglia in grado di garantire il perpetuarsi della stirpe. Giovanna, sposa bambina, aveva ereditato dal padre i beni che i Pignatelli possedevano nel Regno di Napoli, da cui la famiglia proveniva: il Principato di Noia, la Ducea di Monteleone, il Marchesato di Cerchiara; mentre la terra di Caronia in Sicilia alla morte del padre nel 1677 era toccata prima al prozio Girolamo, fratello del nonno Ettore e morto senza discendenza diretta, e successivamente nel 1681 proprio a Nicolò, già suo sposo. La porzione più rilevante dei suoi beni – che comprendeva feudi situati da una parte all’altra della Sicilia, dal Val di Mazara (Castelvetrano, Menfi, Casteltermine, Sant’Angelo, Favara, Montedoro) al Val di Noto (Terranova e Avola), oltre a beni allodiali a Palermo (il palazzo e il giardino della Zisa) – Giovanna Pignatelli la ereditò attraverso la nonna Giovanna Aragona Tagliavia e Carrillo Cortés, principessa di Castelvetrano, duchessa di Terranova, moglie di Ettore Pignatelli, sopravvissuta al figlio Andrea Fabrizio e morta a Madrid nel 1692. Apparteneva a quest’ultima anche il Marchesato della valle di Oaxaca in Messico e da lei derivava il titolo di principe del Sacro Romano Impero, concesso nel 1648 al padre Diego Aragona, duca di Terranova e principe di Castelvetrano, poi ereditato dalla nipote Giovanna Pignatelli e da questa trasmesso al figlio Diego; come anche il titolo di grande di Spagna di prima classe.

Diego Pignatelli Aragona concentrò pertanto i titoli di duca di Terranova, Monteleone e Bellosguardo, principe di Castelvetrano e Noia, marchese del Vaglio, Caronia, Avola, Favara e Cerchiara, conte di Borrello e Borghetto, barone di Menfi, Santangelo, Casteltermine, Castelmonardo, Montedoro, Monterosso e Polia, signore della città di Briatico e Rosarno, gentiluomo di camera di Sua Maestà, grande di Spagna di prima classe, grande almirante e gran contestabile del Regno di Sicilia, capitano d’uomini d’armi nel Regno di Napoli e cavaliere del Toson d’oro.

Pignatelli promosse un’indagine conoscitiva sui diversi stati feudali posti sotto la sua giurisdizione nel Regno di Sicilia (sito, numero e qualità degli abitanti, pertinenze, rendite), che prese il nome di Platea Universale di tutti gli stati, effetti, rendite e giurisdizioni che possiede nel Regno ed isola di Sicilia l’Eccellentissimo Signore Don Diego Aragona Pignatelli, Cortés, e Mendoza, oggi conservata presso l’Archivio di Stato di Napoli.

La redazione dell’opera in quattro tomi fu affidata al sacerdote Vincenzo Petitto di Terranova (odierna Gela), che già nel 1733 completò il primo tomo dedicato agli ‘effetti’ di Terranova e di Avola in Val di Noto, e nel 1734 ultimò il secondo, relativo a Castelvetrano, Menfi, Sant’Angelo, Casteltermini, Favara e Montedoro, nel Val di Mazara. Il terzo tomo riguardò Caronia, in Valdemone; il quarto fu dedicato agli ‘effetti’ nella città e territorio di Palermo (palazzo e giardino dell’Olivella, palazzo e giardino della Zisa) e all’ufficio di grande almirante del Regno di Sicilia, da secoli detenuto dalla famiglia Aragona. Il canonico Petitto nella sua compilazione si avvalse delle informazioni di terzi, sulla base di alcuni ‘quesiti’ trasmessi dal duca di Terranova che servissero a chiarirgli le caratteristiche proprie di ogni feudo e università.

È pervenuta inoltre la Platea della palmosa città di Castelvetrano: suo stato, giurisdizione, baronie e contea del Borgetto aggregati, redatta nel 1732 dal canonico Giovan Battista Noto per conto di Pignatelli, che offre uno spaccato della realtà economica e sociale di quel grosso centro baronale siciliano.

Pignatelli commissionò inoltre la realizzazione di un albero genealogico per celebrare il suo lignaggio, in cui in appositi quadri disegnati sul foglio erano rappresentate le fondazioni urbane realizzate dai suoi predecessori.

Questo sforzo compilativo va inquadrato nella tendenza, comune del resto anche ad altre grandi famiglie feudali dell’epoca, a riorganizzare i propri ‘apparati’ amministrativi nella direzione di una maggiore centralizzazione e quindi di un più forte controllo dal centro direzionale, al fine di disporre non solo di una visione più unitaria e non frammentaria dei singoli ‘stati’, ma anche di consentire una gestione più razionale dei propri feudi. A ciò si aggiunga la necessità del principe Diego Pignatelli di conoscere l’esatto ammontare della propria rendita feudale per far fronte alle richieste dei creditori. Il suo patrimonio, sottoposto sin dal 1643 all’amministrazione controllata della Deputazione degli Stati, versava infatti in una situazione di grave dissesto finanziario. La mancanza di liquidità lo indusse a chiedere il regio assenso per contrarre un prestito assai consistente, di 30.000 onze, per recarsi alla corte di Madrid, dove era stato chiamato dal re di Spagna Filippo V. Nel 1747, pochi anni prima della morte, ottenne dalla Regia Camera di Sommaria di Napoli, come padre onusto di otto figli e di quattro nipoti ex filio, l’esenzione dal pagamento delle regie gabelle valida per tutto il Regno eccettuata la città di Napoli, a condizione che la tassa di focatico, dalla quale era stato esentato, restasse a carico dell’Università di Monteleone.

Morì a Palermo il 28 novembre 1750. Gli successe il figlio Fabrizio Maria.

Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Napoli, Archivio Pignatelli Aragona Cortés, Museo, voll. 37-42, 51; Archivio di Stato di Palermo, Processi d’Investitura, b. 1653, f. 8065 (anno 1725); Castelvetrano, Biblioteca comunale, Mss., 21.X.14: G.B. Noto, Platea della palmosa città di Castelvetrano. Suo stato, giurisdizione, baronie e contea del Borgetto aggregati [1732], passim; 2Qq.E 166-167: M. Pluchinotta, Genealogie delle nobiltà di Sicilia, 2 voll., ad vocem.

G. Pipitone Federico, Regesto de’ diplomi dell’archivio Pignatelli in Palermo, Palermo 1906, pp. 182, 186; R. Cancila, Gli occhi del principe. Castelvetrano: uno stato feudale nella Sicilia moderna, Roma, 2007, passim; M. Vesco, Diego Aragona Tagliavia, committente di città nuove, in Fondazioni urbane. Città nuove europee dal medioevo al Novecento, a cura di A. Casamento, Roma, 2012, pp. 298-299.

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