RIGHINI, Pietro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 87 (2016)

RIGHINI, Pietro

Fabio Stocchi

RIGHINI, Pietro. – Nacque a Parma il 2 agosto 1683 da Girolamo e da Domenica Peccanti. Si avviò all’arte sotto la guida del padre e di Ferdinando Galli Bibiena – pittore di corte e architetto ducale –, di cui lo stesso Girolamo, quadraturista e apparatore di feste, era apprezzato collaboratore (Architettura dipinta, 2007, passim). L’apprendistato del giovane Pietro è documentato a partire dal 1700 dagli Status animarum della parrocchia piacentina di S. Fermo, che lo registrano insieme al padre e ad altre maestranze nella casa abitata da Ferdinando (Piacenza, Archivio parrocchiale di S. Sisto, Status animarum di San Fermo, 1700, c. 87r). Quando nell’estate del 1708 il maestro si trasferì a Barcellona per sovrintendere alle feste nuziali in occasione del matrimonio di Carlo III d’Asburgo, pretendente al trono di Spagna (e futuro imperatore Carlo VI), Pietro fu chiamato a far parte dell’équipe di aiuti al seguito: il suo incarico alla corte catalana si protrasse dal 9 luglio al 14 gennaio 1709 (Bernardini, 2009, p. 136).

Del legame tra Ferdinando e l’allievo si trova traccia anche nel cantiere parmense per l’ampliamento della chiesa di S. Maria del Quartiere, compiuto entro il 1710: l’attribuzione del progetto a Righini, sostenuta da alcune fonti ottocentesche (per es., Donati, 1824, p. 125) – ma da ricondurre al suo maestro (Mambriani, 2009, pp. 47-50) – suggerisce un suo coinvolgimento nell’opera, probabilmente per l’esecuzione delle decorazioni interne.

L’autonomia professionale come frescante di architettura data al 1711, quando con il figurista Ilario Spolverini dipinse le cupole minori nella chiesa della certosa di S. Girolamo a Parma (Parma, Biblioteca della ex Soprintendenza per i Beni storici artistici ed etnoantropologici per le province di Parma e Piacenza [d’ora in avanti BSPr], ms. 106: E. Scarabelli Zunti, Documenti e memorie, XIX secolo, c. 176r). L’esordio come apparatore risale invece al 1713, in occasione della canonizzazione di s. Felice da Cantalice – cappuccino originario di un feudo reatino dei Farnese –, quando la corte ducale gli commissionò l’addobbo della chiesa parmense dell’ordine (Descrizione, 1713). Sempre a Parma, nel 1714 eseguì alcune decorazioni nella chiesa dei carmelitani (BSPr, ms. 106: E. Scarabelli Zunti, Documenti e memorie, cit., c. 176r) e a maggio fornì le sue prime scenografie, allestendo al teatro Ducale il Carlo re d’Alemagna di Antonio Fanzaglia (Archivio di Stato di Parma [d’ora in avanti ASPr], Ms. Bibl. 37: G. Borra, Diario, III (1711-18), p. 340); nel marzo successivo approntò le scene per una rappresentazione al seminario dei chierici (ibid., p. 15).

Risale a questo periodo il sodalizio con Sebastiano Galeotti, che negli anni a venire avrebbe innescato reciproci coinvolgimenti in imprese decorative, con Righini impegnato in veste di quadraturista e il fiorentino come pittore di figura. Le decorazioni (perdute) nella cappella di S. Agnese, nella cripta del Duomo di Parma, costituiscono probabilmente il primo lavoro congiunto; furono scoperte il 3 dicembre 1716, dopo dodici mesi di lavoro (Dugoni, 2001, p. 46).

A partire da questi anni l’attività di Righini si fece via via più intensa e qualificata, anche grazie a ottime competenze tecniche e capacità imprenditoriali nel gestire più commissioni simultaneamente, talvolta in città differenti. Nel 1716 si trasferì a Milano, dove approntò le scenografie per la Statira di Apostolo Zeno, unendosi poi alle maestranze impegnate nel cantiere del teatro d’opera, che stava per essere ricostruito su disegno di Domenico Valmagini e Gian Domenico Barbieri. A loro si deve forse la cooptazione di Righini per gli ornati della nuova sala: a suo favore risulta in quei mesi un pagamento «per spese di viaggio da Parma, per intendersi sopra disegni e pitture» (Ricci, 2000, p. 125). La collaborazione con il teatro milanese si prolungò per tre anni, durante i quali Righini fornì, tra le altre, le scene per l’opera inaugurale, il Costantino di Francesco Gasparini (1717).

Rientrato a Parma, ricevette dalla Congregazione della Beata Vergine degli Angeli l’incarico per la decorazione dell’omonima cappella in Duomo; affiancato da Galeotti – forse da lui stesso proposto ai congregati –, il 2 ottobre 1719 Righini, che probabilmente in precedenza si era già accordato per gli affreschi della volta, firmò un contratto per le quadrature delle pareti (Dugoni, 2001, pp. 47 s., 258).

Sempre in cattedrale, ma con una cronologia dubbia, Righini avrebbe realizzato il «prospetto della cappella di casa Colla» (Parma, Biblioteca Palatina, Ms. Parm. 1599: P. Ravazzoni, Artisti, seconda metà del XVIII secolo, c. 85), da intendersi forse come decorazioni – nel caso, perdute – nella cappella di S. Teresa, già proprietà dei nobili Colla.

Negli stessi mesi Righini fornì al teatro pubblico di Reggio Emilia le scene per il Bajazet di Francesco Gasparini (1719) e il Nino di Giovanni Maria Capelli (1720; Pigozzi, 1980, p. 168).

Il 15 novembre 1720 firmò con i padri della certosa di Parma un contratto per alcune quadrature nella loro chiesa, compiute con l’aiuto di Francesco Natali (Dugoni, 2001, pp. 51, 260 s.).

Nel 1722 Righini giunse per la prima volta a Torino, richiamato dal cantiere del vecchio teatro Regio in corso di restauro da parte di Filippo Juvarra: qui, «per avere dipinte le loggie» (Tamburini, 1983, p. 205), venne retribuito oltre 800 lire il 9 gennaio 1723, approntando poi, tra gli altri, gli scenari per l’opera inaugurale, l’Artenice di Giuseppe Orlandini (Viale Ferrero, 1980, p. 106).

Fu di nuovo a Torino per le stagioni teatrali del 1730-32 (pp. 115, 121, 508); nel 1737 con alcuni aiuti intervenne nuovamente nella vecchia sala (Tamburini, 1983, p. 17), e l’anno seguente nel cantiere del nuovo Regio (pp. 51 s.).

Al primo periodo piemontese datano anche gli affreschi del presbiterio e della sacrestia della chiesa della Visitazione di S. Maria a Pinerolo, terminati entro il 1724 (Dugoni, 2001, p. 56).

Di nuovo a Parma, per tre anni consecutivi dotò il Ducale delle scene per gli spettacoli di primavera; per l’apprezzato allestimento del Trionfo di Camilla di Silvio Stampiglia (1725) venne omaggiato da Carlo Innocenzo Frugoni di due sonetti (Frugoni, 1779, pp. 12 s.). Datano agli stessi anni gli interventi nella chiesa di S. Vitale, dove il 17 settembre 1724 furono inaugurate le quadrature, perdute, nella cappella della Beata Vergine di Caravaggio (BSPr, ms. 106: E. Scarabelli Zunti, Documenti e memorie, cit., c. 179r) e nel 1726 ebbe luogo la sistemazione del presbiterio (BSPr, ms. 111: E. Scarabelli Zunti, Materiale, XIX secolo, c. 267v; La chiesa di San Vitale, 2005, pp. 31, 146).

La morte del duca Francesco Farnese (1727) offrì la mesta occasione per allestire a Parma ben quattro catafalchi in onore del sovrano defunto. Righini fu chiamato ad approntarne due: uno nella chiesa dei cappuccini, di cui restano una descrizione di Giustiniano Borra e, forse, un disegno a penna al momento irrintracciabile (ASPr, Ms. Bibl. 37: G. Borra, Diario, IV (1719-28), pp. 398 s.; Lasagni, 1999, p. 103); l’altro nella chiesa della Steccata (ASPr, Ms. Bibl. 37: G. Borra, Diario, IV, cit., p. 448).

Per volere del nuovo duca, il 1° settembre 1727 Righini fu nominato «architetto teatrale di S.A.S.» (ASPr, Ruoli, reg. 28, cc. 316v-317r); ormai inquadrato nei ranghi ducali, l’8 febbraio 1728 sposò Paola Felicita Borelli (ASPr, CIREA, Liber matrimoniorum di San Marcellino, b. 780.539, alla data), dalla quale ebbe almeno otto figli (ASPr, CIREA, Liber baptizatorum del Battistero, bb. 909.653-655, ad ind., s.v. Righini).

In vista delle nozze sovrane tra Antonio Farnese ed Enrichetta d’Este (1728) Righini accentuò l’attività di allestitore e scenografo, occupandosi degli apparati per l’ingresso in città della nuova duchessa e degli spettacoli che ne seguirono. Al teatro Farnese allestì Le nozze di Nettuno l’equestre con Anfitrite di Carlo Innocenzo Frugoni, di cui si conserva l’incisione con il Vestibolo del tempio di Nettuno (ASPr, Fondo Raccolta Ronchini, 13/25); al Ducale, entrambi di Carlo Innocenzo Frugoni, Scipione in Cartagine nuova e il celebre Medo, a cui è legata in buona parte la sua fama di precursore della scena-quadro.

Note attraverso otto incisioni di Jacopo Vezzani – in controparte rispetto ai bozzetti oggi alla Bibliothèque-Musée de l’Opéra di Parigi e al Royal Institute of British architects (RIBA) di Londra (Lenzi, 1980, pp. 189-191; Botti, 1987, pp. 139-162) –, queste scene reinterpretano la tradizione bibienesca della veduta per angolo attraverso una profondità spaziale assai limitata e uno spazio scenico ridotto, dilatato in orizzontale e spesso impostato sulla linea curva. Ai prevalenti motivi rococò – eco degli aggiornamenti sulle opere torinesi di Juvarra – Righini accostò elementi di gusto rovinistico e medievaleggiante di influsso bolognese (Pigozzi, 1980, p. 168). La fortuna di queste scene aumentò quando nel 1735 l’incisore Martin Engelbrecht le pubblicò ad Augusta, favorendone la circolazione nell’Europa del Nord.

Oltre che a Parma, Righini lavorò in quegli anni presso i teatri di molte altre città: Mantova (Arciducale, 1726); Genova (Falcone, 1727-28); Venezia (S. Cassiano, 1728); Piacenza (Cittadella, 1730, 1732-33); Firenze (Pergola, 1733); ancora Genova (S. Agostino, 1733-34); e Milano (Ducale, 1734).

Dopo la morte del duca Antonio, il 15 febbraio 1732 Righini fu sollevato dall’incarico a corte (ASPr, Ruoli, reg. 28, c. 317r); ciononostante nel settembre di quell’anno si occupò degli apparati per l’accoglienza del nuovo sovrano, don Carlo di Borbone. Già in agosto, su incarico della Comunità di Parma, aveva fornito i disegni per l’illuminazione «da farsi alla facciata e mura del castello» (ASPr, Comune, b. 218, p. 231), provvedendo poi alla ridipintura di «tutto [...] il grande ingresso del palazzo Ducale» (ASPr, Ms. Bibl. 37: G. Borra, Diario, V (1729-32), p. 129). Inoltre fornì le scene per La venuta di Ascanio in Italia di Carlo Innocenzo Frugoni al Farnese e per il carosello a cavallo che ne seguì (ASPr, Comune, b. 1424, p. 103).

Conquistati da Carlo il Regno di Napoli e il Regno di Sicilia, i vincoli dinastici tra le corti di Parma e Napoli favorirono l’arrivo nella città partenopea di diversi artisti emiliani; nel 1737 vi giunse anche Righini, chiamato per realizzare le scene di due opere di Pietro Metastasio, L’Olimpiade e l’Achille in Sciro, che inaugurò il nuovo teatro di S. Carlo.

In tre anni Righini fornì le scene per una dozzina di opere; per Le nozze di Teti e Peleo di Niccolò Giuvo, rappresentata nel 1739 in palazzo Ducale, si conserva l’incisione della Reggia Magnifica (ripr. in Ivaldi, 2007, p. 224).

Di ritorno da Napoli, fu incaricato di un progetto di teatro per Brescia, probabilmente l’unico esercizio di progettazione della sua carriera per un’architettura non effimera (Zani, 1986, pp. 175-180).

Morì a Parma, nella vicinìa di S. Paolo, il 19 novembre 1742 (ASPr, CIREA, Liber mortuorum di San Paolo, b. 795.116, alla data); venne sepolto nella chiesa di S. Paolo, ove fu posta un’epigrafe, oggi scomparsa, che ne celebrava i successi (Parma, BSPr, ms. 106: E. Scarabelli Zunti, Documenti e memorie, cit., c. 177r).

A Parma le sue scene furono riutilizzate per diversi decenni: per esempio, nel 1745 per la Didone abbandonata di Pietro Metastasio e nel 1756 in alcuni balletti. Ancora in occasione del Carnevale 1787, per il Serse di Saverio Bettinelli allestito dal collegio dei nobili venne restaurata e reimpiegata la scena di una prigione (Allegri, 2013, pp. 470 s.).

Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Parma [ASPr], CIREA, Liber baptizatorum del Battistero, bb. 909.653-655, ad ind., s.v. R.; CIREA, Liber matrimoniorum di San Marcellino, b. 780.539, 8 febbraio 1728; CIREA, Liber mortuorum di San Paolo, b. 795.116, 19 novembre 1742; Comune di Parma, b. 218, Consiglio Generale; b. 1424, Ragioneria; Ms. Bibl. 37: G. Borra, Diario di Parma, I-V (1694-1732); Ruoli di provvigionati farnesiani e borbonici, reg. 28, cc. 316v-317r; Parma, Biblioteca della ex Soprintendenza per i Beni storici artistici ed etnoantropologici per le province di Parma e Piacenza [BSPr], ms. 106: E. Scarabelli Zunti, Documenti e memorie di belle arti parmigiane, s.v. R. P., XIX secolo; ms. 111: Id., Materiale per una guida artistica e storica di Parma, s.v. San Vitale, XIX secolo; Biblioteca Palatina, Ms. Parm. 1599: P. Ravazzoni, Artisti parmigiani, s.v. R. P., seconda metà del XVIII secolo; Piacenza, Archivio parrocchiale di S. Sisto, Status animarum di San Fermo, 1700.

Descrizione del sontuoso apparato, e delle altre sagre funzioni fatte nella Chiesa de’ RR.PP. Capuccini di Parma [...], Parma 1713; M. Engelbrecht, Theatralische Veränderungen vorgestellt in einer zu Mayland gehaltenen Opera, Augsburg 1735; C.I. Frugoni, Opere poetiche, I, Parma 1779, pp. 12 s.; P. Donati, Nuova descrizione della città di Parma, Parma 1824, p. 125; E. Povoledo, R. P., in Enciclopedia dello spettacolo, VIII, Roma 1961, coll. 986-988; M. Viale Ferrero, Scenografia, in Mostra del barocco piemontese (catal.), a cura di V. Viale, I, Torino 1963, p. 25; F. Mancini, Scenografia napoletana dell’età barocca, Napoli 1964, pp. 83-110; Illusione e pratica teatrale (catal., Venezia), a cura di F. Mancini - M.T. Muraro - E. Povoledo, Vicenza 1975, pp. 102-108, 112, 114 s.; D. Lenzi, P. R., in L’arte del Settecento in Emilia e in Romagna. Architettura, scenografia, pittura di paesaggio (catal.), a cura di A.M. Matteucci, Bologna 1980, pp. 189-191; M. Pigozzi, Scenografia e scenografi dal Rinascimento al Settecento, in Teatro a Reggio Emilia, a cura di S. Romagnoli - E. Garbero, I, Firenze 1980, pp. 159-179; M. Viale Ferrero, La scenografia dalle origini al 1936, Torino 1980; L. Tamburini, L’architettura dalle origini al 1936, Torino 1983, pp. 15-17, 50-52, 205; G. Botti, Il «Medo» di P. R.: lo spettacolo tra tradizione bibienesca e scena-quadro, in Civiltà teatrale e Settecento emiliano, a cura di S. Davoli, Reggio Emilia 1986, pp. 223-238; C. Zani, Antonio Cugini e i suoi collaboratori a Brescia: il «Novo Teatro» del 1742-45, ibid., pp. 175-180; G. Botti, P. R. apparatore e scenografo a Parma, in La Parma in festa. Spettacolarità e teatro nel Ducato di Parma nel Settecento, a cura di L. Allegri - R. Di Benedetto, Modena 1987, pp. 139-162; R. Lasagni, Dizionario biografico dei parmigiani, IV, Parma 1999, pp. 102 s.; G. Ricci, I Bibiena a Milano: una sede difficile, in I Bibiena. Una famiglia europea (catal., Bologna), a cura di D. Lenzi - J. Bentini, Venezia 2000, pp. 121-128; R. Dugoni, Sebastiano Galeotti..., Torino 2001; La chiesa di San Vitale. Il monumento ritrovato, a cura di F. Barocelli, Milano 2005; Architettura dipinta. Le decorazioni parmensi dei Galli Bibiena (catal., Collecchio), a cura di G. Cirillo, Parma 2007; A.F. Ivaldi, Tradurre la scena, in Il viaggio della traduzione. Atti del Convegno... 2006, a cura di M.G. Profeti, Firenze 2007, pp. 209-230; L. Bernardini, Ferdinando Galli Bibiena alla corte di Barcellona e la scenografia per la Festa della Peschiera, in Quaderns d’Italià, 2009, n. 14, pp. 131-158; C. Mambriani, Dagli altari barocchi e gli ampliamenti bibieneschi al Pantheon civico (1628-XX sec.), in Santa Maria del Quartiere in Parma, a cura di P. Giandebiaggi - C. Mambriani - F. Ottoni, Parma 2009, pp. 42-57; L. Allegri, Il teatro e lo spettacolo, in Storia di Parma, X, a cura di F. Luisi - L. Allegri, Parma 2013, pp. 423-503; M. Mussini, La scenografia, ibid., pp. 547-585.

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