PISANELLO, Pietro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 84 (2015)

PISANELLO, Pietro

Fabrizio Baldassarri

– Nacque a Venezia il 2 luglio 1816 da Giovanni, proprietario di una nota farmacia in campo S. Polo, e dalla contessa Anna Benzoni.

Compì gli studi universitari in farmacia a Padova, dove si iscrisse nel 1835. Anche il Veneto, sottoposto all’ordinamento dell’Impero austro-ungarico, aveva risentito della direttiva austriaca che, diversamente dalla prospettiva francese, revocava l’autonomia degli studi chimici e farmaceutici e ristabiliva il loro ordine ancillare rispetto alla medicina e alla filosofia. Le polemiche sul ruolo di quegli studi all’interno dell’insegnamento universitario e l’esigenza di una migliore istruzione chimica porterà, nel 1834-35, alla definizione di un Nuovo piano d’organizzazione dello studio medico-chirurgico con cui le autorità viennesi istituivano un percorso di studi in chimica con annesso titolo dottorale. Maestro in farmacia dal 1836, Pisanello poté iscriversi alla laurea in chimica e divenire, nel 1840, dottore. Fu il secondo laureato dell’Università di Padova in quella materia.

Pisanello discusse, sotto la guida del professor Francesco Ragazzini, una tesi di laurea intitolata Della fermentazione. La ricerca si focalizzava sullo studio di tre tipologie di fermentazione, concentrandosi sull’esame delle qualità dei corpi e delle quantità di parti necessarie affinché la fermentazione avesse luogo. Rifacendosi ad Antoine-Laurent Lavoisier, «quel sommo ristauratore della Chimica moderna» (Della fermentazione. Dissertazione per conseguire il grado di dottore in chimica, Padova 1840, p. 6), a cui egli attribuì il merito di aver rischiarato le menti anche sulla fermentazione, Pisanello intendeva quest’ultima come un fenomeno di frantumazione dello stato della materia.

Egli analizzò tre tipi di fermentazione, quella cosiddetta vinosa, che riguarda le sostanze capaci di fornire alcool dallo zucchero; quella acida, in cui principale prodotto è l’acido acetico; infine la fermentazione putrida, in cui le sostanze organiche diventano terriccio e rilasciano gas. Più interessante è lo studio della prima, in cui Pisanello riportava le proprie esperienze quantitative. La fermentazione vinosa, infatti, sarebbe dovuta alla presenza dello zucchero e a una sostanza detta fermento, che viene modificata dall’aria atmosferica producendo una reazione – nelle piante, questa sostanza sarebbe sostituita dal «glutine, che, [modificato] dall’aria, agisce sullo zucchero, e dà luogo alla fermentazione» (ibid., p. 9). È necessario, inoltre, un certo grado di calore, e la presenza d’acqua affinché la materia zuccherina non secchi. Esaminati i diversi fenomeni di sviluppo dei gas e di mutamento del liquido, egli mostrava come questa fermentazione fosse prodotta da uno squilibrio dello zucchero provocato dal fermento, il cui risultato era la trasmutazione dello zucchero in acido carbonico e in alcool disciolto – proprio come aveva sostenuto Lavoisier. Restava un quesito aperto sull’insieme delle funzioni del fermento: «serve solo a disporre gli elementi dello zucchero a decomporsi senza sofferire alterazione?» (ibid., p. 17), si chiedeva Pisanello.

La sua carriera universitaria fu rapida, a ragione dei meriti intellettuali e professionali. Nell’ottobre del 1840 venne nominato assistente alla cattedra di chimica di Padova. Nel 1843 sostituì per qualche mese il titolare, Ragazzini, caduto malato di un 'acuto morbo'. Pisanello ricoprì al meglio questo ruolo, seguendo con attenzione gli studenti e avendo cura che l’attrezzatura di laboratorio fosse al passo con i tempi. Egli accompagnava, infatti, l’insegnamento con «convincenti sperimenti della fisica» (Pazienti, 1863, p. 5). Nel novembre 1844, rientrato Ragazzini, a Pisanello fu affidata la supplenza alla cattedra di scienze preparatorie al corso di chirurgia, per cui ricevette un encomio da parte del governo che gli espresse «la particolare sua soddisfazione per le premurose, intelligenti e straordinarie prestazioni» (ibid., p. 6).

Nel 1845 conseguì la laurea in filosofia. Sul finire dell’anno, venne invitato a sostituire il professor Bartolomeo Bizio, momentaneamente malato, alla cattedra di chimica e storia naturale presso le scuole tecniche di Venezia, di cui fu poi nominato assistente. Pisanello divenne socio dell’Ateneo veneto, del Comitato di ammissione e socio corrispondente del R. Istituto geologico di Vienna. Nel 1851, quando la salute del professor Bizio si aggravò irreparabilmente, fu Pisanello a occuparne provvisoriamente la cattedra.

Benché le competenze e le capacità avrebbero dovuto garantirgli la piena titolarità, per ambire al titolo di professore egli avrebbe dovuto frequentare un corso di due anni presso i laboratori tedeschi, così come previsto dalla legge austriaca. Pisanello indugiò a lungo per ragioni familiari e quando si decise a partire, la cattedra venne assegnata al suo amico e collega Giovanni Bizio. Figlio di Bartolomeo, anche Giovanni si era laureato a Padova sotto la guida di Ragazzini, con una tesi intitolata Sopra la teoria delle chimiche sostituzioni. Pisanello dovette rinunciare all’insegnamento della chimica e mantenne solo la supplenza di storia naturale.

Tali rovesci lo condussero a una grave depressione che gli amici ritennero causa di un grave indebolimento fisico: contrasse il tifo, di cui morì prematuramente il 14 maggio 1863 a Venezia, precipitando, come si legge nella commemorazione funebre recitata da Antonio Pazienti il 25 luglio, direttamente «dalla cattedra […] nella tomba» (1863, p. 13).

Concentrata sull’insegnamento, la carriera di Pisanello prestò grande attenzione sia alle modalità di trasmissione del sapere, sia alla pubblica utilità della chimica. Egli fece parte di una commissione che studiò la qualità dell’acqua di alcuni pozzi artesiani e partecipò a una commissione municipale per valutare il servizio di illuminazione pubblica a gas. Quando nel 1856 l’esigenza di un’analisi delle sorgenti acquifere venete si concretizzò in una commissione per l’analisi delle acque minerali, Pisanello fu chiamato a farne parte assieme al geologo Abramo Massalongo e ai chimici Antonio Pazienti e Giovanni Bizio. Pisanello fornì un notevole contributo personale, soprattutto nel lungo periodo di residenza austriaca di Bizio.

Al di là delle polemiche che si svilupparono attorno ai lavori di questa commissione – da un lato, l’intrusione di Ragazzini che distrasse e rallentò i lavori con la sua controversia sull’arsenico e sulle caratteristiche della sua presenza; dall’altro lato, la reazione di Giovanni Battista Fasoli e Giuseppe Dalla Torre che avevano proposto e già avviato questa iniziativa e che si sentirono defraudati dei finanziamenti pubblici, esprimendo con sarcasmo la propria amarezza sulla Gazzetta di farmacia e di chimica – sono interessanti gli sviluppi metodologici di quei lavori. Occorreva, infatti, distinguere tra una presenza qualitativa delle diverse sostanze, la quantità in cui queste sostanze erano mescolate all’acqua e, soprattutto, la modalità con cui erano legate alle altre particelle, al fine di capirne il funzionamento e la loro eventuale pericolosità. Si deve ricordare che la presenza dell’arsenico di per sé non è nociva, avendo un effetto persino terapeutico se assunto in piccolissime quantità. Oltre all’esame fisico organolettico e qualitativo, con cui se ne mostrava la presenza nelle acque Recoaro, la commissione svolse anche un’analisi quantitativa, al fine di comprenderne sia la quantità sia le modalità di combinazione con gli altri elementi. L’analisi sperimentale dei componenti, realizzata secondo la teoria dualista dello svedese Jöns Berzelius, risultava pertanto insufficiente, poiché occorreva conoscere la combinazione con gli altri materiali e gli effetti che questa combinazione aveva sull’uomo. Per questa seconda parte, Bizio e Pisanello ricorsero all’analisi sistematica interpretandone i risultati e rappresentandoli in due prospetti, il primo con i risultati diretti, il secondo con una combinazione probabile calcolata su fondamenti in parte ancora arbitrari. Negli anni Sessanta del XIX secolo, l’analisi delle acque termali vide un progresso importante, l’introduzione di metodi volumetrici e una maggiore uniformità e confrontabilità dei risultati ottenuti, diretti a sostituire all’empirismo cieco una via più certa di analisi e deduzione, fondata sul rapporto chimico tra elementi.

Marito esemplare e modello per i sette figli, Pisanello non poté godere dei risultati pubblicati nella Monografia delle acque minerali del Veneto (1862), né poté proseguire in quegli studi che lo avevano visto, fino ad allora, esempio notevole di sapere e abilità.

Fonti e Bibl.: A. Massalongo - A. Pazienti - P. Pisanello - G. Bizio, Sopra l’arsenico nell’acqua ferruginosa di Civillina, Venezia 1857; A. Calza, Necrologia, in Giornale veneto di scienze mediche, s. 2, 1863, vol. 12, pp. 827-834; A. Pazienti, Commemorazione del Professore Pietro Dott. Pisanello, Venezia 1863; Storia e fondamenti della chimica. Atti del V Convegno nazionale, Perugia..., a cura di G. Marino, in Rendiconti della Accademia nazionale delle scienze detta dei 40. Memorie di scienze fisiche e naturali, s. 5., 1993, vol. 17, parte 2, t. 2 (in partic. A. Bassani, Temi e figure della ricerca chimica nel Veneto austriaco (1815-1866),  pp. 235-258; G. Dall’Olio, La commissione per la monografia delle acque minerali del Veneto (1856-1878), pp. 389-406); A. Bassani, Per la storia della facoltà di scienze in Italia: la chimica a Padova dalla caduta di Venezia alla II guerra mondiale (1797-1943), Padova 2009, pp. 180-182, 191, 311, 348, 356 s.

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