VIDONI, Pietro junior

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 99 (2020)

VIDONI, Pietro

Maria Gemma Paviolo

junior. – Nacque a Cremona il 2 settembre 1759 da Cesare Francesco Soresina Vidoni e da Dorotea Pallavicini dei marchesi di Polesine.

La famiglia Vidoni, proveniente dalle Fiandre, si stabilì nel XV secolo a Cremona dove i Soresina, originari di Milano, si erano rifugiati per sfuggire ai Visconti e già dal 1180 erano stati ascritti al patriziato locale. Ai Vidoni, nella persona di Cesare, venne conferito da Filippo IV di Spagna il titolo di marchese di S. Giovanni in Croce (diploma del 19 gennaio 1623). Ultimo maschio della casata fu il cardinale Pietro Vidoni (v. la voce in questo Dizionario) che alla sua morte nel 1681 indicò come erede il nipote Cesare Francesco Soresina Vidoni, figlio primogenito della sorella Margherita e di Giorgio Soresina, mentre il nipote minore Tommaso fu beneficiario di una ricca prelatura condizionata però dall’imposizione, a coloro che l’avrebbero goduta, di adottare cognome e arma ‘Vidoni’ (Archivio di Stato di Roma, Notai del tribunale dell’Auditor Camerae, Testamenti, vol. 60, cc. 227-232). Cesare Francesco Soresina Vidoni, morto nel 1700 (Archivio di Stato di Cremona, Notaio G.M. Bresciani, 1700), scelse come tutore del figlio Giuseppe Antonio il cognato Giulio Schinchinelli, conte di Casalbuttano, il quale nel 1711 designò il pupillo come suo erede (Notaio G.C. Porro, 1711). A Giuseppe Antonio Soresina Vidoni successe nel 1724 il figlio Cesare Francesco, padre di Pietro.

Pietro venne allevato, con i fratelli Bianca e Giuseppe, nel palazzo Vidoni di Cremona dove imperava la nonna paterna, la marchesa Isabella Rasini, e affidato, come il padre prima di lui, alle cure del precettore Giovanni Cadonici, insigne storico e scrittore di orientamento agostiniano (Pignatelli, 1973). Come figlio cadetto fu quindi avviato alla vita ecclesiastica e destinato a succedere nella prelatura istituita dal cardinale Pietro senior. Intraprese i primi studi presso il collegio S. Carlo di Modena, nel 1769 giunse quindi a Roma dove entrò nel collegio Nazareno. Venne quindi ammesso nel 1778 alla Pontificia Accademia dei nobili ecclesiastici. Tra i suoi compagni di classe c’erano i futuri cardinali Bartolomeo Pacca, Romualdo Braschi Onesti, Francesco Cesarei e Giuseppe Morozzo (Pontificia Accademia Ecclesiastica, Ex-Alunni 1750-1799).

Dopo aver ottenuto il dottorato in teologia e legge, Vidoni iniziò la carriera prelatizia come ciambellano privato soprannumerario di Pio VI che lo annoverò il 19 luglio 1781 tra i referendari del tribunale dell’apostolica Segnatura di grazia e giustizia. Nel 1783 divenne protonotario apostolico. Due anni dopo, nel 1785, fu inviato come legato a Ferrara dove rimase cinque anni. Al suo rientro a Roma ebbe la nomina di relatore della Sacra Consulta.

L’invasione francese del 1798 e le successive vicissitudini fanno ipotizzare, con ragionevole certezza, che Vidoni come molti altri giovani prelati si sia rifugiato presso la propria famiglia tra Cremona e Parma dove viveva la madre. Con la restaurazione e il rientro a Roma di Pio VII nel 1800, venne inviato come delegato apostolico ad Ancona. Nel 1804 si aggiunse la legazione di Pesaro e Urbino. Con l’occupazione francese delle Marche nel 1808 fu costretto a rientrare a Roma. La seconda Repubblica Romana e la deportazione di Pio VII gli imposero di tornare a Cremona dove rimase sino al 1814.

Nell’arco di un decennio (tra il 1812 e il 1823) una serie di eventi incise profondamente sulla sua vita. Il 27 ottobre 1812 morì Alessandro Schinchinelli, patrizio cremonese suo lontano cugino, erede per via materna del cardinale Giovanni Francesco Stoppani. Questi lasciò un unico figlio, Giuseppe (Archivio di Stato di Cremona, Notaio G. Simoni, 1812), che subentrò nella proprietà Stoppani comprendente un palazzo in via del Sudario già appartenuto alla famiglia Caffarelli (Tommassetti, 1905) e dove, con una certa attendibilità, Pietro era stato ospitato nei suoi soggiorni romani.

Nel Concistoro dell’8 marzo 1816 Pio VII creò Vidoni cardinale, con dispensa non avendo egli ricevuto i sacri ordini e con l’assegnazione del titolo diaconale di S. Nicola in Carcere.

Il 12 luglio 1817 Francesco I d’Austria, dopo averne già confermato il titolo marchionale, con sovrana risoluzione del 23 novembre 1816 elevò Giuseppe Maria Soresina Vidoni, fratello di Pietro, al rango di principe dell’Impero austriaco (Archivio di Stato di Cremona, Stemmario Sommi-Picenardi, schede 205, 238). Il 3 marzo 1818 morì a Parma la madre di Pietro, Dorotea Pallavicini, la quale sin dal 24 maggio 1798 lo aveva designato quale beneficiario della donazione universale dei propri beni, in parte a titolo oneroso, a meno delle quote di legittima spettanti ai fratelli. Nel 1821 morì anche il fratello Giuseppe al quale successe il figlio Giovanni. Infine, nel 1823, conteggiate con i nipoti Giovanni Soresina Vidoni e Maria Vittoria Caprara le quote loro spettanti sull’eredità della nonna, Pietro vendette a Giovanni i beni materni esistenti in Parma per 40.000 scudi grazie ai quali acquistò da Giuseppe Schinchinelli il palazzo di via del Sudario a fronte di una rendita vitalizia di 2000 scudi annui (Archivio di Stato di Roma, Trenta notai capitolini, Ufficio 8, Istr. IV/1823). Pietro poté acquistare il palazzo perché le leggi francesi del 1812, che avevano abolito il fidecommesso istituitovi dal cardinal Stoppani (Ufficio 3, Istr. III/1774), avevano fatto sì che lo stesso fosse pervenuto tra i beni liberi di Alessandro e poi di Giuseppe Schinchinelli. Successivamente all’acquisto Pietro provvide, con notevole esborso di spese, a importanti opere di restauro e decorazione (Luciani, 2002) e vi fece apporre una lapide, sostituendo una simile precedente del cardinale Stoppani, le cui ultime righe sono il suo riconoscente omaggio all’eredità materna (Pungileoni, 1829).

Sin dall’aprile del 1817 Pietro succedette al cardinale Filippo Casoni come protettore della Pia casa degli orfani presso S. Maria in Aquiro, del monastero dei Ss. Quattro Coronati al monte Celio e del collegio Salviati di Roma (Archivio di Stato di Roma, Trenta notai capitolini, Ufficio 8, Istr. I/1817).

Le notizie sulla sua personalità, pervenute tramite Vincenzo Tizzani (2015, p. 136), narrano di un Vidoni eccentrico, anticonvenzionale, amante delle gozzoviglie, che passò la sua vita tra pranzi e laute cene, motivo per il quale divenne di una «grassezza spettacolosa» benché distribuita su una discreta altezza. Ricchissimo, spendeva molto e il suo carattere allegro lo faceva generalmente amare da tutti. Ricca di facezie e di frasi beffarde l’aneddotica a lui attribuita. La sua possibile candidatura, nel conclave del 1823, fece sommergere di satire le statue di Marforio e Pasquino (Luciani, 2002, p. 140). Non venne comunque eletto pontefice e il conclave espresse Leone XII. Venne poi eletto camerlengo del Sacro Collegio dal 21 marzo 1825 al 13 marzo 1826. Nel 1829 il nipote Giovanni venne designato quale erede da Giuseppe Schinchinelli. Sempre nel 1829 Pietro partecipò al conclave che elesse Pio VIII.

Morì settantenne a Roma il 10 agosto 1830 nel suo palazzo, il corpo imbalsamato venne sepolto nella cappella di S. Maria della Purità della chiesa di S. Andrea della Valle, dove si tenne anche il funerale; egli stesso l’aveva restaurata nel 1825 e aveva specificato di voler riposare accanto alle spoglie del cardinale Stoppani (Forcella, 1876). Il pericardio (la sottile membrana che circonda il cuore) fu invece posto in un’urna e sepolto nella chiesa di S. Nicola in Carcere suo titolo (Forcella, 1874).

Scelse come esecutore testamentario il ricchissimo banchiere conte Lavaggi, suo grande amico. Nominò come erede il nipote Giovanni, e lo sostituì, in assenza di discendenti maschi, con il fratello minore Bartolomeo (Archivio di Stato di Roma, Trenta notai capitolini, Ufficio 31, Istr. 1830) che, per la precoce morte nel 1836 di Giovanni, subentrò nella primogenitura. Il feudo di San Giovanni in Fiore, rimasto al ramo primogenito, passò per matrimonio in casa Mocenigo e l’eredità in seguito confluì per una parte nei Gallarati-Scotti di Milano e per l’altra nella famiglia Giuntini di Firenze (SIUSA, 2015).

Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Cremona, Notaio G.M. Bresciani, 28/4/1700, f. 6160; Notaio G.C. Porro, 9/12/1711, f. 6316; Notaio G. Simoni, 27/10/1812, f. 7; Stemmario Sommi-Picenardi, schede 205 (Soresina), 238 (Vidoni), http://www. archiviodistatocremona.beniculturali.it/stemmario-sommi-picenardi (28 aprile 2020); Archivio di Stato di Roma, Trenta notai capitolini, Ufficio 3, Istr. III/1774, vol. 445, cc. 72-76, 89-126; Ufficio 8, Istr. I/1817, vol. 504, cc. 379-380; Istr. III/1823, vol. 527, cc. 490-497, 504-508; Istr. IV/1823, vol. 528, cc. 1-20; Ufficio 31, Istr. 1830, vol. 814, cc. 388-398; Notai del tribunale dell’Auditor Camerae, Testamenti, vol. 60, cc. 227-232.

G. Grasselli, Memorie genealogiche di alcune illustre famiglie cremonesi, Cremona, 1817, pp. 65 s.; L. Pungileoni, Elogio storico di Raffaello Santi da Urbino, Urbino 1829, p. 178; G. Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro sino ai nostri giorni, LI, Venezia 1851, pp. 4-5, LXXIII, 1855, pp. 143-144, XCIX, 1860, pp. 247-248; Della sostituzione fidecommissaria - causa discussa in Cremona, Milano 1852, pp. 9-20; V. Forcella, Iscrizioni delle chiese e d’altri edificii di Roma, IV, Roma 1874, p. 137, n. 322, VIII, 1876, p. 277, nn. 697, 699; Annuario della nobiltà italiana, VII (1885), pp. 630-635, XI (1889), pp. 641; G.B. Crollalanza, Dizionario storico-blasonico delle famiglie nobili e notabili italiane estinte e fiorenti, II, Pisa 1888, p. 546, III, 1890, p. 91; G. Tomassetti, Il Palazzo Vidoni in Roma appartenente al conte Filippo Vitali, Roma 1905, pp. 36-54; G. Pignatelli, Cadonici, Giovanni, in Dizionario biografico degli Italiani, XVI, Roma 1973, pp. 91-93; Legati e governatori dello Stato Pontificio. 1550-1809, a cura di Ch. Weber, Roma 1994, pp. 971 s.; L. Azzolini, Palazzi del Cinquecento a Cremona, Cremona 1996, pp. 70-77; Ead., Palazzi e case nobiliari: l’Ottocento a Cremona, Milano 2001, pp. 178 s.; R. Luciani, Palazzo Caffarelli Vidoni, Roma 2002, pp. 42-44, 91, 140; Palazzo Vidoni dal ’500 ad oggi, Roma 2008, pp. 9-11; V. Tizzani, Effemeridi Romane, I, 1828-1860, a cura di G.M. Croce, Roma 2015, pp. 25, 136, 173-175; Ph. Bountry, Souverain et pontife. Recherches prosopographiques sur la Curie Romaine à l’âge de la restauration (1814-1846), Rome 2016, p. 482. Si veda anche: Pontificia Accademia Ecclesiastica, Ex-Alunni 1750-1799, https://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_academies/acdeccles/documents/1750-1799.htm (28 aprile 2020); SIUSA. Sistema informativo unificato per le soprintendenze archivistiche, Soresina Vidoni, famiglia, scheda a cura di E. Insabato - R. Romanelli, 2015, https://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/pagina.pl?TipoPag=comparc&Chiave=416260 https://siusa.archivi.beniculturali.it/cgibin/siusa/pagina.pl?TipoPag=comparc&Chiave=416260&RicSez=complessi&RicVM=ricercasemplice&RicFrmRicSemplice=Soresina%20Vidoni (28 aprile 2020); S. Benati, Soresina-Vidoni Bianca 1757-20 novembre 1813, https://www.storiaememoriadibologna.it/soresina-vidoni-bianca-481284-persona (28 apr. 2020). Inoltre: M.G. Paviolo, I testamenti dei cardinali: Pietro Vidoni (1610-1681), 2015, pp. 9-35; Ead., I testamenti dei cardinali: P. V. (1759-1830), 2016-2019, pp. 9-41; Ead., I testamenti dei cardinali: Giovanni Francesco Stoppani (1695-1774), 2019, pp. 9-101, tutti editi in self-publishing sul portale http://www.lulu.com (22 maggio 2020).

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