PIETRO I Alekseevič, il Grande, imperatore di Russia

Enciclopedia Italiana (1935)

PIETRO I Alekseevič, il Grande, imperatore di Russia

Antonij Vasiljevic Florovskij

Nato dallo zar di Mosca Alessio Michailovič e dalla sua seconda moglie Natalia Kirillovna Naryskina il 30 maggio 1672, morto nella notte fra il 27 e 28 gennaio 1725. Le straordinarie riforme compiute da lui nello stato e nella vita generale della Russia e la sua personalità eccezionale gli meritarono presso i contemporanei e i posteri il titolo di "grande". Perdette suo padre nel 1676, quando egli aveva appena 4 anni. Fin d'allora i suoi giocattoli e trastulli furono di carattere militare. Morto Alessio, la famiglia della seconda moglie di lui fu tenuta distante dal trono e anche perseguitata, per opera dei figli che Alessio aveva avuto dalla prima moglie, la Miloslavskaja. Anche il principale protettore dei Naryškin, A. S. Matveev, fu mandato in esilio. Quando il trono si rese ancora vacante per la morte di Fedor (1682), candidati al trono erano i due fratelli: Ivan, malaticcio, debole di mente, figlio della Miloslavskaja, e il sano e molto promettente zarevič Pietro, figlio della Naryškina. Il partito dei sostenitori di Pietro, al quale aveva aderito ora anche il patriarca di Mosca Gioacchino, riuscì a far eleggere zar Pietro nel concilio (sobor) straordinario convocato il 28 aprile 1682, lo stesso giorno della morte di Fedor. Ma il partito dei Miloslavskij, con a capo la zarina Sofia, approfittò del malcontento degli strelzi e li spinse contro i Naryškin e i loro amici. Il 15 maggio 1682, gli strelzi irruppero in massa nel Kremlino, facendo strage dei Matveev, dei Dolgorukij, dei Naryškin e di molti altri. Poi chiesero con insistenza e ottennero che anche lo zarevič Ivan fosse nominato zar insieme a Pietro, che fra i due zar egli fosse considerato il maggiore e che durante la minore età loro la zarina Sofia tenesse la reggenza. Così il partito dei Miloslavskij acquistò il potere.

La reggenza di Sofia durò fino alla fine di agosto del 1689. In questi anni il giovane zar P., che abitava con la madre, per lo più nella loro residenza Preobraženskoe presso Mosca, sul fiume Jauza, non ebbe neppure attività di governo. Ma l'interessamento alle cose militari assunse in lui maggiore importanza. Il temperamento vivace e ardente del giovane zar ruppe gli argini del costume cortigiano e si abbandonò liberamente alle sue simpatie e predilezioni. Attorno a lui sorsero speciali formazioni militari: e con esse, lo zar si esercitava a marce, a esercizî militari, invitando, come ufficiali, stranieri di un borgo vicino a Mosca, confinante con Preobraženskoe, la Nemeckaja Sloboda (il borgo degli Stranieri). Con essi lo zar strinse amicizia, cercando con grande passione di allargare la cultura che aveva ricevuto dai suoi precettori. Fra l'altro fece studî di matematica con l'olandese Timmermann. Avendo poi trovato in una darsena una barca inglese, si diede a navigare sul fiume Jauza e sul lago di Perejaslavl′ sotto la guida dell'olandese Brant. Nel gennaio del 1689, la madre gli diede in moglie Eudocia Lopuchina: ma la vita di famiglia tenne legato P. solo per un mese. P. si abbandonò presto di nuovo ai suoi divertimenti navali, tentando di costruire navi sul lago di Perejaslavl′ dietro alle indicazioni di Brant. Durante i sette anni della reggenza di Sofia, P. si era fatto un uomo energico, attivo e volonteroso. Contava 17 anni, ma aveva l'aspetto di un adulto. Di statura gigantesca e di complessione virile, egli ricercava attività sempre nuove.

Alla sua maggiore età, la zarina Sofia doveva passare in seconda linea; ma prese le sue misure per restare al potere; così, nel 1686, assunse il titolo di autocrate e il suo nome cominciò a figurare accanto a quello dei due zar. In tutti i cerimoniali essa appariva insieme con loro e, nello stesso tempo, diffondeva l'idea che essa dovesse essere incoronata zarina con la corona degli zar. Tutto questo inaspriva sempre più l'inimicizia già esistente fra Sofia e i Naryškin. I partigiani di quella erano pronti a ricorrere anche al delitto pur di allontanare costoro, come anche lo zar Pietro. Il quale, da parte sua, sempre più avversò sua sorella. Nell'estate del 1689 si arrivò a conflitti aperti fra i due, e P. si rifiutò di ricevere il principe V. V. Galitzin il favorito di Sofia, tornato dalla spedizione di Crimea. C'erano da temere atti ostili. Nella notte dell'8 agosto 1689, P. fu avvertito che la sua vita era in pericolo; e fuggì a cavallo nel monastero Troice-Sergiev, dove il giorno dopo arrivò anche sua madre, i suoi compagni di esercizî militari, i potešnye, il reggimento degli strelzi rimasti fedeli a lui. I tentativi di Sofia d'iniziare trattative con P. non ebbero esito. Egli non ricevette né il patriarca inviatogli dalla sorella né la sorella stessa. Invece sempre più si raccolsero presso di lui gli strelzi, e anche stranieri. Ai primi di settembre Sofia perdette l'ultimo sostegno rimastole negli strelzi, e allora, rimasta senza potere, fu rinchiusa nel monastero Novodevičij, mentre i suoi partigiani venivano mandati in lontano esilio.

Per altri 10 anni ancora, P. non esercitò la sua influenza nel campo della politica moscovita, lasciandone la parte attiva ai boiari della famiglia Naryškin; si abbandonò invece sempre più alla sua passione degli esercizî militari, ai suoi "giuochi di Nettuno e di Marte", dimenticandovi spesso i suoi doveri di rappresentanza. Ma specialmente s'interessò di costruzione di navi. Nel 1693 si recò ad Arcangelo e per la prima volta vide un mare. Vi tornò nel 1694; e la navigazione sul mare e la compagnia dei marinai olandesi lo accesero di entusiasmo. I suoi esercizî di terra diventarono ora vere manovre e finte battaglie, perfino con vittime umane. Fece costruire sul fiume Jauza la fortezza Pressburg; ed essa servì a P. per gli esercizî di arte ossidionale. Nell'autunno del 1694, eseguì grandi battaglie finte presso il villaggio Kožuchovo; e nel 1695-96 compié per la prima volta una vera spedizione, su Azov, contro la Turchia. L'insuccesso lo persuase della necessità d'iniziare la costruzione di navi sul Don, a Voronež, con le quali poi il 18 luglio 1696 prese Azov. Intanto, P. entrava in sempre più strette relazioni con gli abitanti della "Nemeckaja Sloboda", una società viva e rumorosa, e varia per nazionalità e cultura, tutta dedita alla musica, alle danze, alla birra, libera da ogni etichetta della vecchia Russia. In questa società il giovane zar trovò anche Anna Mons, figlia di negozianti, oggetto per lui di amore passionale.

Naturalmente, coltivando relazioni con stranieri, P. assorbiva anche elementi di cultura dell'Europa occidentale, soddisfacendo la sua sete insaziabile di apprendere, di assimilare tutto e di imparare tutto da sé direttamente. Perciò egli si fece bombardiere ad Azov, falegname a Voronež, capitano ad Arcangelo. Alcuni, poi, degli stranieri della Nemeckaja Sloboda, divennero in seguito suoi fedeli collaboratori e compagni di lavoro. Tali furono fra gli altri lo scozzese Patrik Gordon e lo svizzero Franz Lefort. Solo che, ben presto, P. non si sentì più soddisfatto degli stranieri che il caso gli aveva fatto conoscere: e, primo fra i regnanti di Mosca, decise di fare un viaggio nell'Europa occidentale. Infatti, nel 1697, lo zar partì, sotto il nome di Pietro Michajlov, "urjadnik" (sottufficiale) del reggimento Preobraženskij, insieme ad altri 250 uomini del suo seguito, facendo parte di un'ambasceria solenne diretta nelle corti europee. Lo scopo ufficiale dell'ambasceria era di formare un'alleanza fra i regnanti cristiani contro la Turchia e il khān di Crimea; ma v'era anche quello di arruolare per Mosca squadre di artigiani e di mastri di lavori marittimi, e una squadra di "volontarî", di 30 uomini, di cui faceva parte lo stesso P., destinata a lavorare nei cantieri marittimi. Lo zar si dette con grande ardore allo studio delle materie militari e navali in varie parti dell'Europa. Il suo incognito fu naturalmente presto scoperto; ma tanto più forte fu l'impressione che egli produceva con la sua sete di sapere e con i suoi sforzi di apprendere tutto mediante il suo personale lavoro. Nell'agosto del 1697, P. venne in Olanda e lavorò da semplice operaio per parecchi mesi, prima nei cantieri di Zaandam, poi di Amsterdam, dove nel gennaio 1697 terminò i suoi studî. Passato in seguito in Inghilterra, seguì a Deptford il corso superiore di costruzione navale. Di lì passò, attraverso la Prussia e la Boemia, a Vienna, donde l'ambasceria si doveva recare a Venezia: sempre destando dappertutto ammirazione e interesse per la singolare personalità del giovane principe. Ma a Vienna, la notizia di un nuovo sollevamento degli strelzi indusse P. a interrompere il viaggio e tornare a precipizio verso Mosca. Vi giunse quando gli strelzi erano già stati domati: ma egli compì la repressione. P. vide in questo movimento, e non senza fondamento, la mano della zarina Sofia, l'influenza dei Miloslavskij, e decise di procedere con ogni energia contro tali influenze. Centinaia di teste di strelzi caddero sul ceppo, circa 200 impiccati furono lasciati per cinque mesi sulle forche davanti alla cella di Sofia, che fu costretta a farsi monaca. P., che ormai si sentiva completamente estraneo al vecchio mondo moscovita, sentì che questo mondo, a lui ostile, s'impersonava proprio negli strelzi dalle lunghe barbe e dalle lunghe vesti. E dichiarò guerra di sterminio a quelle barbe, ai lunghi kaftan, sostituiti a forza da vesti di modello straniero. Cominciò così a governare in modo indipendente e con potere assoluto, orientandosi verso vie nuove: e innanzitutto nell'organizzazione militare della Russia, che poi investiva la vita intera dello stato. A quest'opera egli dedicò ogni sua attività. Ideazione ed esecuzione, tutto muoveva da lui. La storia della Russia nel primo quarto del Settecento, nelle cose grandi e nelle piccole, è opera di P.; in tutto si manifesta il suo spirito e la sua influenza.

Il centro dell'azione di P. dopo il 1698 è costituito dalla grande guerra nordica con la Svezia: guerra che aprì alla Russia l'accesso al Baltico, antica aspirazione del regno moscovita che possedeva solo il Mar Bianco. P. trasse il massimo vantaggio da questo accesso a un mare europeo. Questa guerra fu iniziata in alleanza coi regni che avevano vecchi rancori con la Svezia: Danimarca, Sassonia e Polonia, il cui re era l'elettore di Sassonia Augusto. Nel suo viaggio, già nell'estate del 1698, P. aveva preso accordi con l'elettore. Ma si volle aspettare che finisse prima la guerra con la Turchia. Difatti il 3 luglio 1700 si ebbe la pace di Costantinopoli, con relativo acquisto di Azov; e il 9 agosto fu dato ordine alle truppe russe di avanzare verso la frontiera svedese, secondo gli accordi con la coalizione antisvedese dell'11 febbraio 1699. Si ebbe, subito, l'avanzata di P. su Narva. Ma a Narva il re svedese Carlo XII, che intanto aveva distaccato la Danimarca dalla coalizione, inflisse una completa disfatta ai Russi, il 19 novembre 1700; e meno che un anno dopo sconfisse anche i Sassoni. Considerando la Russia un nemico poco temibile, Carlo decise di finirla avanti tutto col re di Polonia Augusto, e diresse contro di lui i suoi sforzi principali. P. trasse profitto da questa sosta, spingendo innanzi con estrema energia l'organizzazione di nuove forze militari: cominciò così, col 1702, una serie di successi per le armi russe. Sotto il comando di B. P. Šeremetev, esse penetrarono in Livonia nell'estate del 1702 operando senza ostacoli. Intanto P. avanzava nell'Ingria, prendeva l'11 ottobre la fortezza di Noteburg, che ebbe il nome cambiato in quello di Schlüsselburg; il 1° maggio 1703 la fortezza di Niešanc, dove il 16 maggio 1703 fondò la città di Pietroburgo. Nelle mani sue ora si trovava tutto il corso del fiume Neva. Nel 1704, P. prese ancora Dorpat, Narva e Ivangorod, poi portò l'azione militare in Polonia in aiuto al re Augusto. Ma nell'autunno del 1706 la Polonia si deve ritirare dalla coalizione contro la Svezia, e il re Augusto è sostituito sul trono polacco da Stanislao Leszczyński, partigiano di Carlo XII. La Svezia ora ha di fronte a sé solo Pietro di Russia; Carlo XII, al culmine della sua gloria militare, si dirige contro di lui nel 1707; nel luglio del 1708 arriva fino a Mogilev sul Dnepr. P., che segue con l'occhio vigilante le sue mosse, accortosi che la sua ala destra si era distaccata dalle forze principali, la sconfigge il 29 agosto. Batte poi presso il villaggio di Lesnaja il generale Lewenhaupt, che portava rinforzi al re svedese. Carlo si congiunge con l'etmanno Mazepa: ma la battaglia di Poltava, 27 giugno 1709, segna per essi una completa disfatta. Perduto tutto l'esercito, Carlo fugge in Turchia.

Così finì il primo periodo della guerra di P. con la Svezia, da cui P. trasse grande riputazione e grande esperienza, tanto nelle cose militari quanto nell'interna amministrazione dello stato, poiché durante la guerra egli aveva cercato non tanto gloria guerresca, quanto perfezionamento di ordini interni, in rapporto alle necessità della difesa. E qui stava la sua forza, di fronte al genio militare del suo avversario Carlo XII. Dopo la vittoria di Poltava, P. condusse a termine le operazioni in Livonia. E durante gli anni 1709-1710, sottomise Livonia ed Estonia; nell'estate del 1710 occupò anche le città principali della Carelia, Vyborg e Keksholm. Finita la guerra con la Svezia, dovette ricominciare con la Turchia, che molto malvolentieri aveva ceduto Azov ed era anche sollecitata da Carlo XII contro la Russia. Avendo P. intimata la consegna o l'allontanamento di Carlo, il sultano dichiarò guerra alla Russia (20 novembre 1710): guerra che si svolse nel 1711 nella valle del Prut. P. fece alleanza col gospodar Cantemir, e ottenne promessa di aiuto dai sudditi cristiani della Turchia. Ciò nonostante, la situazione del suo esercito era assai difficile, data la povertà del paese devastato dalle cavallette, e la grande superiorità delle forze turche. Tuttavia i Turchi non se ne resero conto: per cui la pace del 12 luglio 1711, pur essendo grave per la Russia, fu migliore di quella che P. sarebbe stato disposto ad accettare in alcuni momenti della guerra, quando egli corse perfino rischio di essere fatto prigioniero. Per questo trattato, la Russia perdeva Azov e doveva demolire la fortezza costruita sui confini della Crimea. Perduto l'accesso al Mar Nero, P. si volse a consolidare la sua posizione sul Baltico e riprese la lotta con la Svezia. Dopo Poltava, il rapporto delle forze in giuoco era cambiato. E ora si unirono a P., contro la Svezia, non solo la Danimarca, la Polonia e la Sassonia, di nuovo con il re Augusto, ma anche la Prussia e il Hannover. Così, in questo secondo periodo della grande guerra nordica, la Russia svolse le sue operazioni militari su territorio non russo, ma parte in Pomerania, parte in Finlandia, occupata negli anni 1712-14, parte ancora sul Mare Baltico e sulle rive della Scandinavia. Nel luglio 1714, la squadra russa, sotto il comando dello stesso P., sconfisse gli Svedesi presso Gange-Udda, dopo di che P. prese e devastò le isole Åland e si preparò per l'estate del 1716 a sbarcare nella stessa Svezia. Anzi, unità russe fecero la loro apparizione nei dintorni di Stoccolma già durante i negoziati per la pace. Poiché gli alleati non secondarono a pieno il suo piano, P. cominciò a cercarne di nuovi. Ma non gli riuscì di trarre dalla sua la Francia. La pace di P. con la Svezia fu, dopo lunghi negoziati, conclusa il 30 agosto 1721 a Nystad. Essa confermò alla Russia il possesso della Livonia, dell'Estonia, dell'Ingria e della Carelia e anche la parte sudorientale della Finlandia. Così la Russia si stabilì fermamente presso il Mare Baltico. Da allora, P. fece dirigere qui, e non più ad Arcangelo, tutto il commercio marittimo russo di esportazione e importazione, e diede una spinta potente allo sviluppo dei centri della vita economica e politica della regione. Pietroburgo sostituì Mosca come capitale della Russia e fu anche la capitale di un impero, poiché il 20 ottobre 1721 il senato insignì P. del titolo d'imperatore di tutta la Russia, dato che, a parte le benemerenze personali dello zar, la Russia si era, dopo la grande guerra nordica, trasformata in una grande potenza d'importanza europea. Bisogna aggiungere che il territorio russo si estese, sotto P., anche in direzione sudorientale, sul Mar Caspio. All'intento di consolidare qui il suo commercio, la Russia guerreggiò con la Persia nell'estate del 1722, intervenendovi personalmente anche P. Con il trattato del 12 settembre 1723, la Russia veniva ad acquistare le rive occidentali del Mar Caspio, con le città di Derbent e di Baku.

In mezzo a tante guerre, che occupano quasi tutti gli anni di governo di P., si svolgeva (1695-1723) l'opera riformatrice di lui.

Questa cominciò dall'esercito. Alla necessità di truppe regolari, sentita a Mosca già nella prima metà del sec. XVII, P. provvide su vasta scala. Il primo nucleo di un esercito regolare era già nei reggimenti Preobraženskij e Semenovskij. Ma prima dell'inizio della guerra nordica, nel 1699, si mise mano a un'organizzazione sistematica delle truppe che ebbero divise e armi di tipo europeo. In ultimo, l'esercito russo si componeva già di 126 reggimenti di varie armi. Sotto P., fu introdotto anche un nuovo sistema di arruolamento dei soldati: invece dell'obbligo della nobiltà di presentarsi, insieme con i loro servi, ad ogni chiamata delle autorità, fu introdotto l'arruolamento delle reclute secondo il numero degli abitanti. Così la difesa dello stato poggiava sopra una base sociale più larga e più regolata. Poi, perché le cure dell'approvvigionamento non fossero più addossate sugli stessi militari in servizio, P. creò circondarî amministrativi (provincie), obbligati a fornire al tesoro, sotto la sorveglianza di commissarî locali e militari, una certa somma di denaro o di grano ogni anno, per il mantenimento di questo o quell'altro reggimento. Dato il predominio degl'interessi militari, nell'azione govemativa e nella vita dello zar, tutti i rapporti fra il governo e l'amministrazione e la vita generale dei funzionarî cominciarono ad avere un'impronta interamente militare. Il cerimoniale a carattere religioso che prima regnava a corte fu sostituito da un cerimoniale militare e secolaresco, regolato solo dalla volontà di P. Anche alla flotta, che era da creare dalle fondamenta, P. si dedicò con passione. Essa era imposta dal problema di Azov e dall'acquisto degli approdi marittimi nel Baltico e nel Caspio. Così sorse, innanzi tutto, la flotta di Azov, costruita nel 1695 e negli anni successivi a Voronež sul Don, a Taganrog e ad Azov. Molto più importante fu la creazione della flotta del Baltico, che ebbe una parte così grande nel secondo periodo della lotta sostenuta con la Svezia. Alla morte di P. essa contava 48 navi di linea, oltre navi di altro genere. P. emanò anche una serie di disposizioni legislative, che regolavano il servizio e l'amministrazione militare e marittima; e anche questa parte della legislazione, come la rimanente, è in gran parte pensiero e creazione personale di P.

Gli sforzi militari richiedevano mezzi enormi. Nei primi anni del sec. XVIII, il bilancio della Russia veniva assorbito per 75-80% dalle spese militari, ed esso era grandemente in deficit. Si dovette perciò fare appello a tutta la capacità contributiva della popolazione, tanto aumentando le imposte e introducendo i monopolî statali del sale e del tabacco, quanto istituendo un'imposta sui contadini, per testa. A tale scopo fu eseguito in Russia il primo censimento dei contribuenti (nel 1719 e seguenti) e ne risultò un numero complessivo di contadini di 5.000.000, fra i quali fu ripartita la somma di 4.000.000 di rubli a cui ammontava la spesa complessiva per l'esercito. Contemporaneamente P. adottava misure energiche per accrescere il lavoro e i redditi della popolazione, dando al commercio e all'industria maggiore sviluppo, al quale l'acquisto del litorale del golfo finnico offrì grandi possibilità. Pietroburgo, che assorbiva tanti pensieri di P., divenne presto il primo porto commerciale russo e l'arteria principale nei rapporti della Russia con l'Europa occidentale. A tale scopo P. collegò anche la Neva col bacino del Volga per mezzo dei canali di Vyšnij-Voločok e di Ladoga. Nella sfera dell'industria P. si fece organizzatore di officine e di fabbriche. Ciò tanto per i bisogni dell'armamento, quanto per l'influsso delle idee politico-economiche di quell'epoca (mercantilismo) che richiedevano l'aumento di produzione per poter esportare di più e importare di meno. Perciò aumentò i dazî d'importazione, concesse ai fabbricanti e proprietarî di officine privilegi varî, incoraggiò gl'investimenti di capitali in imprese industriali, asservì ad esse, e non ai loro proprietarî, i lavoratori liberi e contadini (particolarmente importante la legge del 18 gennaio 1721). Sviluppo speciale ebbero sotto P. le industrie metallurgiche e le fabbriche di armi, che poterono fornire durante la guerra nordica le armi necessarie. Anche le industrie del panno e della tela furono promosse. E tutto questo, senza molto preoccuparsi delle possibilità di vendita. Seguirono, da questo sforzo di organizzazione militare e civile, conseguenze di grande portata nella vita sociale russa, sebbene P. non si fosse proposto nessun programma di riforme sociali. L'introduzione dell'imposta testatica influì seriamente sulla formazione del regime della servitù nella popolazione rurale; la classe commerciale e industriale si sviluppò e consolidò. Così pure la classe dei funzionarî dello stato, posto su nuove basi. Cadde l'antica importanza attribuita alla razza e alla nascita e passò in prima linea il principio del valore personale, sul quale principio è fondata la legge del 24 gennaio 1722 (Tabel o rangach "il quadro dei ranghi"), che divideva i servizî in civili e militari, e stabiliva per i funzionarî 14 gradi attraverso cui essi dovevano passare, conseguendo diritti di nobiltà quelli che arrivassero al grado di ober-officer (ufficiale superiore). P. si attenne a questa piena indipendenza da ogni considerazione delle prerogative di nascita. Da ricordare è anche la legislazione che riformò in modo sostanziale l'amministrazione centrale e locale russa e l'ordinamento giudiziario. Queste riforme, prima frammentarie e corrispondenti ai bisogni del momento (1699-1715), poi (1715 e segg.), seguirono un certo piano direttivo, desunto da modelli esteri, in specie svedesi. Col suo ukaz (decreto) laconico del 22 febbraio 1711, durante la campagna del Prut, P. istituì il senato, di 9 membri, per il governo dello stato durante la sua assenza dalla capitale. Più tardi, P. cambiò varie volte (1718, 1720, 1722) tanto la composizione quanto l'organizzazione e competenza del senato, che rappresentava il supremo istituto governativo del paese, benché sottoposto nel 1722 alla sorveglianza del procuratore generale (l'occhio dell'imperatore). Al procuratore generale fu dato il diritto di sorvegliare i "collegi" che erano organi dell'amministrazione centrale, sostituiti a funzionarî di designazione signorile (gli antichi "prikaz" moscoviti). Con leggi del 1718 e seguenti, di ogni collegio fu determinata la competenza in tutti i suoi particolȧri: e con ciò fu prevenuta ogni confusione e collisione tra le gerarchie. Il "Regolamento generale" del 1720 stabiliva la composizione e l'ordine dei lavori nei collegi. Eguale ordinamento fu introdotto nell'amministrazione ecclesiastica, abolito che fu il patriarcato in Russia (1721). Secondo il "Regolamento Ecclesiastico", opera di Feofan Prokopovič, il patriarca fu sostituito da un collegio ecclesiastico, il S. Sinodo, composto da alcuni vescovi e dall'ober-prokuror (procuratore superiore), rappresentante secolare del potere; nell'introdurre questa riforma P. trasse profitto dalla pratica seguita nell'organizzazione ecclesiastica protestante. Credente a modo suo, P. nelle questioni dell'organizzazione e della vita ecclesiastica si mostrava libero dalle tradizioni dell'antica Russia, e molti fatti della vita ecclesiastica egli apprezzava e intendeva in modo puramente razionale. Insieme con il sentimento religioso vi era in P. anche un grande razionalismo pratico, per il quale, per es., egli prendeva personalmente parte al "vsešutejšij sobor" (il concilio ultracomico), durante le riunioni del quale, nelle abbondanti libazioni al dio Bacco, venivano messe in ridicolo le tradizioni e i riti della Chiesa. Oltre all'amministrazione centrale, P. riformò anche l'amministrazione regionale locale. Il 18 dicembre 1708, con un breve ukaz, l'impero russo venne diviso in 8 grandi circondarî-governatorati, il numero dei quali fu portato più tardi a 10. Nella loro amministrazione fu introdotto, seppure non di colpo, il principio collegiale. Nel 1715 i governatorati furono divisi in "doli" (parti) al posto dei distretti (uezd) di prima, e per base della loro divisione fu preso un numero determinato di contribuenti; nel 1719 la divisione in governatorati fu sostituita da quella in provincie, in numero di 50. La competenza e il funzionamento di questi nuovi istituti dell'amministrazione locale furono regolati con molta esattezza, e anche in questa sfera gl'interessi dello stato e in primo luogo lo sfruttamento delle risorse del popolo ebbero importanza preponderante. Molto di questa riforma fu attinto dagli ordinamenti corrispondenti della Svezia; così fu pure adottato il principio, completamente nuovo per la Russia, della separazione del potere giudiziario da quello amministrativo, e fu introdotto nello stesso tempo anche il perfezionamento del procedimento giudiziario. P. applicò le sue riforme anche nelle amministrazioni delle città: il 30 settembre 1699 fu creata un'istituzione centrale per l'amministrazione della classe dei negozianti di tutte le città russe, la cosiddetta "Burmisterskaja palata", e più tardi, il municipio (ratuša). Però dopo alcuni anni, nel 1708, le città furono sottoposte all'amministrazione provinciale locale e nel 1720 furono di nuovo unite a una speciale amministrazione, con la creazione in ogni città dei magistrati e di un magistrato principale.

La riforma si estendeva solo alla classe dei commercianti e industriali, che venne divisa ora, sul modello europeo, in due gilde, mentre gli artigiani formarono corporazioni e maestranze. Queste misure furono prese per sviluppare il commercio e l'industria.

Nel loro insieme tutte le riforme della vita interna della Russia, erano di carattere meramente pratico e furono dettate da necessità immediate di vita e dall'influsso delle consuetudini dell'Europa occidentale. Solo verso la fine del regno di P., la ricostruzione dello stato assunse un carattere più sistematico. Ma in tutte le fasi della sua azione, P. rimase fedele a certi principî generali: il bene dello stato rimase sempre il suo ideale fondamentale, e, con esso, la sua fede nella possibilità di una totale regolamentazione della vita per opera del potere statale. Nelle linee generali l'attività di P. era informata dallo spirito dell'epoca, dallo spirito dell'assolutismo illuminato: egli si considerava destinato a lavorare per il bene di tutti, il primo servitore dello stato. Un'interessante conseguenza di questo atteggiamento è il fatto che, in molti atti legislativi, P. vedeva la necessità di convincere i cittadini sulla necessità e utilità delle misure prese e non si limitava a una categorica imposizione.

Profonde anche le trasformazioni nel campo culturale. In queste i bisogni pratici del momento erano in prima linea, perciò l'antica scuola russa col suo indirizzo teologico, non soddisfaceva P.; egli aveva bisogno di tecnici, di artiglieri, di navigatori, di diplomatici. Per preparare gli specialisti che gli occorrevano, P. inviava a gruppi le persone scelte da lui all'estero (Italia, Olanda, Inghilterra). Nel 1701 fu aperta a Mosca la "scuola di navigazione", trasferita nel 1715 a Pietroburgo sotto il nome di Accademia navale; nello stesso anno furono fondate anche le accademie del genio e d'artiglieria. Nelle provincie vennero istituite presso gli arcivescovadi e presso i conventi importanti "scuole di conti", dove s'insegnava l'aritmetica e la geometria. Oltre a questo P. diede inizio a una serie di scuole ecclesiastiche (dal 1702). Così fu dato inizio a una sistematica, graduale organizzazione della scuola in Russia. Alla fine del suo regno P. pensò anche alla creazione di un nuovo centro scientifico secolare, accanto a quello teologico, l'antica accademia slavogreco-latina riformata. L'Accademia delle scienze, ideata e preparata da P., fu inaugurata però dopo la sua morte. Nei suoi sforzi di far diffondere le conoscenze scientifiche nel paese, P. si occupò dell'organizzazioqe e della pubblicazione delle traduzioni in lingua russa di libri stranieri, che gli apparivano utili e necessarî per i Russi. Furono pubblicati circa 500 libri di vario genere. P. diede inizio pure alla pubblicazione della prima gazzetta russa Vedomosti (dal gennaio 1703), che veniva preparata con la sua partecipazione personale. Queste pubblicazioni russe cominciarono a essere stampate con nuovi caratteri profani (invece di quelli slavo-liturgici) scelti dallo stesso P. Per mezzo delle nuove scuole e dei libri, il nuovo spirito della cultura europea penetrò largamente nella vita russa. Pure sul modello europeo P. modificò il modo di calcolare il principio dell'anno in Russia (1 gennaio invece del 1 settembre).

L'epoca di P. è così l'epoca di una larga europeizzazione dello stato russo. P. fu ispirato in larga misura dalle impressioni ricevute in Europa. Più d'una volta, e qualche volta per più mesi di seguito, egli si era recato in Europa e vi era entrato in relazioni personali con i rappresentanti della scienza, della politica e dell'azione pratica europei. Per solito P. faceva largo uso dei servizî degli stranieri, che gli si presentavano o come progettisti o come esecutori dei suoi progetti. Nella sua azione P. trovò un forte appoggio in personaggi appartenenti a varî gruppi sociali; ma nella massa l'incomprensione fu profonda. La distruzione radicale dell'antico modo di vivere e l'introduzione degli ordinamenti e modi di vivere stranieri producevano una profonda irritazione. Continua e viva opposizione trovò anche nella sua famiglia. Il figlio, che egli ebbe dal suo primo matrimonio con Eudocia Lopuchina (costretta a farsi monaca nel 1699), lo zarevič Alessio, nato quando P. aveva appena 17 anni, per le condizioni nelle quali era cresciuto e per l'educazione ricevuta, si era andato formando una personalità completamente opposta a quella di P.; in lui anzi viveva soprattutto un sentimento di ostilità verso il padre. Egli era completamente estraneo e avverso alle riforme di suo padre; e P. vedeva nel suo figlio il riflesso del mondo antico, tanto odioso per lui. Nel 1715, durante una malattia, egli credette necessario di spiegarsi con il figlio e gli rivolse un messaggio speciale: "Dichiarazione a mio figlio". Alessio rispose di essere pronto ad abdicare per iscritto ai suoi diritti al trono, ma, trovandosi in quel momento all'estero, egli non diede risposte decisive alle nuove domande del padre, e, insieme con la sua amante Eufrosinia, fuggì a Vienna e di là a Napoli. Per le insistenze del padre, Alessio fu fatto ritornare in Russia, e quivi, il 3 febbraio 1718, abdicò al trono; ma, sottoposto a un processo e condannato a morte, morì nella fortezza di Pietro e Paolo, forse per le torture subite. In seguito a ciò cambiò l'ordine antico della successione al trono, con la legge del 5 febbraio 1722, in cui all'imperatore veniva dato il diritto di nominare il suo successore. Però P. morì senza avere avuto il tempo d'indicare il nome del suo successore e senza lasciare discendenza maschile. La seconda moglie di P., la prigioniera livonica Marta (Caterina Alekseevna), fu conosciuta da P. nel 1703 in casa di Menšikov; nel 1711 essi si sposarono segretamente, il 19 febbraio 1712 questo matrimonio fu reso noto, il 7 maggio 1714 P. incoronò Caterina imperatrice di tutta la Russia, e nel 1722 la dichiarò erede del trono. Però la passione che essa ebbe per il ciambellano Mons, costrinse P. ad annullare questo testamento.

L'epoca di P. il Grande è una tappa così importante e decisiva nella storia della Russia e del popolo russo, che è naturale che nell'apprezzare l'importanza e il significato dell'azione svolta da P. e della sua personalità, siano sorte divergenze. Per alcuni, soprattutto per gli slavofili, P. fu un rivoluzionario, che ha deviato la storia russa dal suo cammino naturale; anche la personalità di P. è da questi studiosi valutata in senso negativo. Per altri, l'europeizzazione della Russia effettuata da P. fu un bene per la Russia, una necessità per il suo sviluppo; e quindi P. fu riconosciuto come un simbolo vivente di questo processo importante. Per altri ancora, P. fu solo strumento di un processo storico da tempo iniziato; per altri la sua parte personale nella storia fu quella di un creatore.

Bibl.: Dell'enorme bibl. accumulata su Pietro il Grande, ricordiamo le opere fondamentali: Minzloff, Pierre le Grand dans la littérature étrangère, Pietroburgo 1873; Mezev, Jubilej Petra Velikago, ivi 1881; Smurlo, Petr Velikij v ocenke sovremmenikov i potomstva (P. il Grande nel giudizio dei contemporanei e dei posteri), ivi 1912.

Materiale per la biografia di P. si trova nelle seguenti pubblicazioni: Pis'ma i bumagi Petra Velikago (Lettere e carte di P. il Grande), I-VII, Pietroburgo 1887-1918 (fino all'anno 1708); Polnoe sobranie zakonov (Raccolta completa delle leggi), II-VII.

Storie generali del regno di P.: Golikov, Dejanija Petra Velikago (L'attività di P. il Grande), 1ª ed., Mosca 1788-93, tomi 12; Aggiunte, Mosca 1790-97, tomi 18; 2ª ed., Mosca 1837-43, tomi 15; Ustrjalov, Istorija carstvovanija Petra Velikago (Storia del regno di P. il Grande), I-VI, Pietroburgo 1858-63; Solov′ev, Istorija Rossii, XIII-XVIII; id., Čtenija o Petre I (Letture su P.), Mosca 1872; Brückner, Peter der Grosse, Berlino 1879; Waliszewski, Pierre le Grand, Parigi 1897; Schayrer, Peter the Great, Emperor of Russia, voll. 2, New York 1884. Una vasta biografia ha scritto M. M. Bogoslovskij, ma ne pubblicò solo dei frammenti ed un breve sunto nella raccolta Gosudari iz doma Romanovych (Sovrani della casa Romanov), Mosca 1913, II, pp. 148-399; Platonov, Petr Velikij. Ličnost i dejatelnost′ (P. il Grande. Personalità e attività), Leningrado 1926; Knjaz′kov, Očerki po istorii Petra Velikago i ego vremeni (Annotazioni sulla storia di P. il Grande ed il suo tempo), Pietroburgo 1914. Vedi pure le esposizioni generali della storia russa, fra le quali le più moderne: Šmurlo, Storia della Russia, I, Roma 1928; Stählin, Geschichte Russlands, II, Berlino 1930; Miliukov-Seignobos-Eisenmann, Histoire de Russie, I, Parigi 1930.

Le monografie più importanti sui varî lati dell'attività di P.: Pavlov-Silvanskij, Proekty reform v zapiskach sovremmenikov P. (Progetti di riforme negli appunti dei contemporanei di P.), Pietroburgo 1897; P. Miljukov, Gosudarstvennoe chozjajstvo Rossii v pervoj četverti XVII veka i reforma Petra Velikago (L'economia della Russia nel primo quarto del sec. XVII e la riforma di P. il Grande), Mosca 1897 e 1905; Bogoslovskij, Oblastnaja reforma Petra I, ivi 1902; Petrovskij, O senate v carstvovanie Petra I (Sul senato durante il regno di P.), Mosca 1875; Kločkov, Naselenie Rossii pri P. Vel. po perepisjam ego vremeni (La popolazione della Russia sotto P. il Grande da carteggi del suo tempo), ivi 1911; Verchovskij, Duchovnyj reglament, tomi 2, Rostov sul Don 1917; S. Runkevič, Učreždenie i pervonačalnoe ustroenie Svjat. Sinoda 1721-1725 (Fond. e struttura orig. d. S. Sinodo), Pietroburgo 1900; Veretennikov, Istorija tajnoj kanceljarii Petrovskavo vremeni (Storia della cancelleria segreta nel tempo di P.), Charkov 1910; Veretennikov, Generalprokuratura v Rossii, Pietroburgo 1916; Bobrovskij, Voennoe pravo v Rossii pri P. V. (Il diritto mil. in Russia sotto P. il Grande), tomi 2, Pietroburgo 1882, Pekarskij, Nauka i literatura v Rossii pri P. V. (La scienza e la letteratura in Russia sotto P. il Grande), tomi 2, ivi 1862.

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