PIETRO di Gand

Enciclopedia Italiana (1935)

PIETRO di Gand

Ezequiel A. Chavez

Nato forse nel 1479, morto il 29 giugno 1572. È il primo fra i grandi apostoli e civilizzatori dell'America e uno dei più forti difensori della libertà degl'Indiani. Figlio naturale di un parente di Carlo V, nacque ad Ayghen-Saint-Pierre, un suburbio di Gand; studiò all'università di Lovanio e s'interessò di questioni attinenti alla Corona. Ma dopo quella che egli chiama la sua "conversione", entrò come frate laico nel convento dei francescani di Gand. Aveva più di 42 anni, quando, insieme col suo padre guardiano e amico frate Giovanni di Tecto (du Toict), già per 14 anni professore alla Sorbona, e frate Giovanni di Aora, pure d'illustre lignaggio e dello stesso convento, chiese e ottenne dal padre provinciale e da Carlo V di poter andare a predicare il Vangelo nella Nuova Spagna. Sbarcarono il 13 agosto del 1523 a Veracruz; stettero un poco a Messico e furono a Texcoco, ospiti di D. Fernando de Alba Ixtlilxochitl, un nobile indiano battezzato da poco, discendente di antichi dominatori. Qui, prima d'iniziare l'opera di evangelizzazione, si misero con vero spirito scientifico allo studio della lingua, della religione, della cultura e dei costumi degl'Indiani. Nel 1524 si separarono e mentre frate Giovanni di Tecto, che già aveva scritto in azteco i suoi Primi rudimenti della dottrina cristiana, andava con Fernando Cortés, P. proseguì da solo il suo perfezionamento in quella lingua. Fece tuttavia, nei tre anni e mezzo che passò a Texcoco, viaggi a Tlaxcala e in altre provincie vicine, e fondò una scuola per gl'Indiani che fu la prima del Nuovo Mondo. Trasferitosi fra il 1526 e il 1527 nel convento di Messico, fondò pure là una scuola per gl'Indiani, nell'atrio della chiesa francescana, che fu anch'essa la prima chiesa fondata nel continente americano. Per ordine di Cortés, venivano lì mandati per forza i figli degli antichi signori indiani, col divieto di comunicare coi loro genitori. Cirea un migliaio di giovinetti vi rimasero per oltre tre anni in uno stato di "selvaggi animali irragionevoli", senza contatti con nessuno. Ma frate P., dotato di grande bontà naturale, pensando di dovere, oltre che farli cristiani, restituire loro, per mezzo del lavoro, la fiducia nella vita e procurare loro nuovi mezzi di vivere e di prosperare, organizzò un insegnamento che, pur avendo un fondo comune per tutti, si conformava poi alle particolari attitudini e condizioni di ognuno, all'istruzione che ognuno aveva avuto anteriormente, pur avvivata ora dai nuovi ideali che il maestro intendeva comunicare ai discepoli. Precorrendo i tempi, insegnò la lettura e scrittura, la dottrina cristiana, la musica, il canto semplice e accompagnato dall'organo, giovandosi in questa parte dell'aiuto del venerabile sacerdote frate Giovanni Caro; insegnò il disegno, la pittura, la scultura, l'arte muraria l'intaglio in legno, la fabbricazione di strumenti musicali, e ogni sorta di mestieri, dai più comuni ai più fini; il ricamo, sotto la direzione del "Santo" frate laico italiano Daniele. La storia sacra e profana veniva insegnata per mezzo di grandi rappresentazioni alle quali s'invitavano gl'Indiani dei paesi circonvicini; la lingua spagnola e la lingua latina con la collaborazione del francese frate Arnaldo da Basacio. Si dava poi un'istruzione in cose amministrative a coloro che, per essere più intelligenti, potevano, terminati gli studî, rivestire i posti di giudici dei paesi, di alcadi e di consiglieri. Per tutto questo, la scuola di frate Pietro fu, insieme, primaria e secondaria, di arti nobili e di arti umili, di lingue e di umanesimo, di religione e di arti politiche. Era, nello stesso tempo, una scuola normale e il centro da cui partivano missionarî e insegnanti, preparati in modo che potessero agire con spirito di iniziativa e, insieme, di collaborazione anche quando erano inviati in lontani paesi.

Ad altre opere benefiche attese P. da Gand. Costruì oltre 100 chiese, fondò un ospedale per gl'Indiani malati della sua scuola e anche per gli altri (fino a 400) che si rivolgevano a lui. I mezzi li ebbe dagl'Indiani, dagli Spagnoli, dagli stessi sovrani di Spagna. Nello stesso tempo si applicò col massimo zelo per la modificazione delle leggi e pratiche dannose agl'Indiani: soprattutto quelle riguardanti i lavori forzati, i tributi sui beni che gl'Indiani non possedevano, le restrizioni ingiuste alla loro libertà. Per attendere a tanto lavoro, frate P. rifiutò per tre volte la dignità sacerdotale, sebbene molto sollecitato ad accettarla. Non accettò neanche il vescovato di Messico, offertogli da Carlo V. Aveva più di 90 anni dei quali circa 50 passati nell'apostolato, come frate laico, quando morì nell'aprile del 1572, a Messico, e fu sepolto nella grande cappella di San José de los Naturales, accompagnato da una folla immensa d'Indiani che rimpiangevano la sua morte e conservarono poi imperituro il ricordo di lui.

Rimangono di lui la Dottrina Cristiana composta in lingua azteca, stampata ad Anversa nel 1528, a lungo servita per l'istruzione degli Indiani.

Abbiamo anche varie sue lettere d'importanza storica: quella del 27 giugno 1529, ai suoi fratelli in religione della provincia di Fiandra, pubblicata da García Icazbalceta nella sua Bibliografía Mexicana del siglo XVI (Messico 1886); le tre dirette a Carlo V (1532, 1548 e 1552) e l'altra a Filippo II il 23 giugno 1558. Esse si trovano, la prima e la terza, nelle Cartas de Indias (Madrid 1877); la seconda e la quarta, nella Nueva Colección de documentos para la historia de México (Messico 1889).

Bibl.: Le migliori notizie sulla vita di P. nelle sue lettere e nella Historia Eclesiástica Indiana di Jerónimo Mendieta, Messico 1870. Abbiamo inoltre la biografia scritta da J. García Icazbalceta, ivi 1886; P. Kieckens, Les anciens missionaires Belges en Amérique (1523-72), Bruxelles 1880; E. A. Chávez, El Primero de los grandes educatores de la America, Fray Pedro de Gante, Messico 1934.