Proudhon, Pierre-Joseph

Enciclopedia on line

Uomo politico, pensatore ed economista (Besançon 1809 - Parigi 1865). Eletto nel 1848 all'Assemblea nazionale, P. svolse un'intensa attività politica anche in veste di pubblicista. Tenace oppositore di Napoleone III, fu incarcerato (1849-52) e in seguito esiliato. Fu un critico del sistema capitalistico, ma non teorizzò l'abolizione della proprietà privata, bensì la sua diffusione tra tutti i lavoratori, in una società composta da una pluralità di associazioni autonome. Ingegno vivace e multiforme, P. si formò sotto l'influsso di varie correnti ideali, ciascuna delle quali rispondeva a un certo aspetto del suo temperamento. Più direttamente influenzato, nel campo delle teorie sociali e politiche, dal Fourier e dal Saint-Simon, P. derivò anche da Hegel e dagli hegeliani di sinistra, attraverso Marx e Bakunin, una certa impronta, sia pure estrinseca, di metodo dialettico. Tuttavia il suo pensiero dipende soprattutto nel campo sociale dal Rousseau e in quello economico dallo Smith: egli è infatti un riformatore sociale che vuole realizzare, sul piano della vita economica e sulle tracce della nuova scienza liberistica, quell'affrancamento dell'uomo dalla servitù e dalla disuguaglianza, che sul piano sociale e politico è stato attuato in teoria dal Rousseau e in pratica dalla Rivoluzione francese.

Vita e opere

Figlio di un birraio, poté frequentare per qualche anno le scuole primarie con una borsa di studio; poi fu costretto a lavorare come correttore e compositore di tipografia. Comproprietario, dopo una diecina d'anni, di una tipografia, superò nel 1838 gli esami per il conseguimento del baccellierato, e ottenne una pensione triennale dall'accademia di Besançon. Nel 1840 pubblicò un'opera che divenne ben presto celebre in tutta Europa, Qu'est-ce que la propriété?. Impiegato nel 1842 a Lione, dove pubblicò De la création de l'ordre dans l'humanité, ou Principes d'organisation politique, nel 1846 si trasferì a Parigi, dove intensificò le sue relazioni con i circoli degli economisti e dei socialisti e conobbe, tra gli altri, Marx, Bakunin, Blanc. Nel 1846 pubblicò il Système des contradictions économiques, ou Philosophie de la misère.  Caduto nel 1848 Luigi Filippo, fu eletto rappresentante del popolo all'Assemblea nazionale e si diede tutto allo studio del problema economico e finanziario, propugnando la sua riforma della vita sociale sulla base della rigorosa equazione del valore al lavoro e quindi dell'eliminazione di ogni forma di prezzo del denaro. All'Assemblea nazionale egli tradusse questo suo programma in proposte immediate, concernenti intanto una moratoria di ogni debito e una riduzione delle rendite: ma non ebbe successo. P. vi svolse un'intensa attività politica, e fu redattore di alcuni giornali (Le représentant du peuple, Le peuple, La voix du peuple). Eletto Luigi Napoleone presidente, il P. fu all'opposizione: e ciò gli procurò, poco più tardi, tre anni di prigione, ai quali cercò di sottrarsi fuggendo in Belgio. Ma, tornato in patria e riconosciuto, dovette scontarli. Ancora in carcere, sposò, sulla fine del 1849, Eufraise Pigard. Uscito di prigione, con La révolution sociale démontrée par le coup d'État du 2 décembre, pubblicato nel 1852, P. tentò un avvicinamento a Napoleone, per convertirlo alla causa delle riforme sociali. Dopo la pubblicazione di un nuovo studio, De la justice dans la révolution et dans l'Église, P. fu nuovamente condannato, e dovette cercare rifugio a Bruxelles. Tornato a Parigi, in seguito al condono della pena, vi morì nei primi giorni del 1865. Lasciò molti inediti, fra i quali De la capacité politique des classes ouvrières, pubblicato dai suoi collaboratori. Il pensiero e l'attività politica di P. sono caratterizzati da una profonda ispirazione libertaria e da una critica aspra e amara a tutte le ingiustizie dell'ordine costituito. Influenzato dalle teorie di Rousseau e di Smith, la sua fama è legata soprattutto alla critica svolta, in Qu'est-ce que la propriété?, alla proprietà privata, definita un furto e considerata all'origine di tutti i mali sociali. In realtà P. non mirava ad abolire la proprietà privata, bensì a trasformarla in possesso, che non produce rendita, e ad ancorarla all'esercizio del lavoro, sulla base dell'identità istituita, sulla scorta delle teorie smithiane, tra valore e lavoro. Come spiegava nella Philosophie de la misère e poi nella Théorie de la propriété (1886), non era la proprietà in sé la causa della miseria e dell'ingiustizia, bensì il processo di appropriazione, che privava il lavoratore del valore prodotto. Contrario al comunismo, considerato una forma di governo oppressivo e centralizzato, P. sosteneva la necessità dell'autogoverno dei produttori (mutualismo) e prospettava una società basata sullo scambio diretto dei beni e sull'abolizione della moneta. Critico intransigente della società borghese, P. approdava ad una posizione politica assai distante da quella di Marx (che ne ridicolizzò le posizioni nel saggio Misère de la philosophie, 1847) e sostanzialmente ispirata alle classi medie (artigiani indipendenti, piccoli proprietarî, contadini) di cui si faceva interprete e ideologo. La sua avversione per un eccessivo potenziamento delle funzioni dello stato lo ha posto come punto di riferimento, soprattutto in Francia, delle correnti che si contrapponevano al marxismo (sindacalismo soreliano, federalismo, mutualismo, ecc.).

CATEGORIE
TAG

Rivoluzione francese

Metodo dialettico

Napoleone iii

Luigi filippo

Baccellierato