VIVARELLI, Piero

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 100 (2020)

VIVARELLI, Piero

Giuseppe Sergi

– Nacque a Siena il 26 febbraio 1927, figlio di Lavinio (1900-1942), avvocato, e di Bianca Margherita Cosci, insegnante; ebbe un fratello minore, Roberto (v. la voce in questo Dizionario).

Nel 1921 il padre, allora studente universitario di giurisprudenza, aveva aderito ai Fasci di combattimento, e l’anno seguente aveva partecipato alla marcia su Roma.

Dopo i primi anni trascorsi a Siena (poco fuori Porta Romana, nella contrada di Valdimontone), Vivarelli visse parte dell’infanzia a Milano, dove la famiglia si era trasferita seguendo il padre, che lì aveva aperto uno studio legale; questo venne chiuso nell’estate del 1935, a causa della partenza del padre come volontario nella guerra d’Etiopia.

Con la madre e il fratello, Vivarelli ritornò quindi a Siena; lì frequentò il ginnasio e il liceo nel collegio Tolomei, dove conseguì la maturità classica. Durante gli anni liceali seguì le lezioni private (di letteratura statunitense, pittura moderna, musica, cinema francese e sovietico) di un certo professor Beccali (di cui non è noto il nome proprio).

L’11 settembre 1943 partecipò alla riunione nel Sacrario dei caduti fascisti (nella cripta della basilica di San Domenico a Siena), convocata dal professore e squadrista Giorgio Alberto Chiurco per costituire la sezione locale del Partito fascista repubblicano (PFR), al quale Vivarelli si iscrisse. Il 16 dello stesso mese, anche in conseguenza della morte del padre – centurione nella 97a legione della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (MVSN), catturato da un reparto appartenente al movimento partigiano comunista (capeggiato da Josip Broz, detto Tito) e ucciso nei pressi del villaggio di Šajković (Bosnia) nell’aprile del 1942 – si arruolò come volontario nel Panzergrenadier-Regiment 456 della Wehrmacht, allo scopo di combattere contro i partigiani titini e le forze della Resistenza (il comando rimase a Siena, lui fu inviato in operazioni a Gorizia, Trieste, Bologna); congedato dopo poche settimane, si arruolò in un battaglione di allievi ufficiali della MVSN (poi assorbita dalla Guardia nazionale repubblicana). Inoltre, alla fine dello stesso anno aderì al Movimento dei giovani italiani repubblicani (fondato a fine ottobre in Toscana dal tenente degli alpini Duilio Pinelli). Alla fine del 1944, grazie al colonnello della MVSN Emilio Bigazzi Capanni – amico del padre (a fianco del quale era stato squadrista), già console nella legione cui apparteneva Vivarelli e in quel momento questore della segreteria di Benito Mussolini – poté trasferirsi nella Decima flottiglia MAS (basata in quel periodo a Jesolo), dove fu allievo ufficiale (poi sergente) nel battaglione nuotatori paracadutisti. Nello stesso anno si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Milano, dove conseguì poi la laurea (la data non è nota).

Al termine della guerra, su mandato delle autorità statunitensi, fu detenuto per circa un anno a causa delle sue passate attività di sabotatore in borghese nel Mugello, dietro le linee alleate; venne poi rilasciato grazie alla cosiddetta amnistia Togliatti del giugno del 1946.

Sposò nel 1950 Vincenza D’Amico, detta Enza (nata nel 1931, poi moglie del produttore cinematografico Gianni Minervini), dalla quale ebbe il figlio Alessandro (1955-1996, attore e produttore, morto in conseguenza della tossicodipendenza). Da Veronique Chesnell ebbe il figlio Oliviero (nato nel 1966, disc jockey e produttore). In seconde nozze, nel 1973, sposò Beryl Cunningham (nata nel 1946), già attrice e protagonista nei suoi film. Nel 1987, in terze nozze, sposò Patrizia Rosso (nata nel 1953).

Nei primi anni del dopoguerra fece parte dell’organizzazione giovanile del Movimento sociale italiano; poi, dal 1949 al 1990, militò nel Partito comunista italiano; dopo un breve periodo di appartenenza al Partito della rifondazione comunista, ottenne nel 1994 il tesseramento al Partido comunista de Cuba.

L’interesse di Vivarelli per la letteratura statunitense (John Dos Passos, William Faulkner, Erskine Caldwell, John Steinbeck e altri) fu alimentato negli anni di guerra anche dalla lettura dell’antologia Americana (1941) di Elio Vittorini.

Dalla fine degli anni Quaranta iniziò a lavorare in ambiente cinematografico. Fu aiuto regista e soggettista di Amanti senza peccato (girato fra il 1949 e il 1950, uscito nel 1953) di Mario Baffico; per la regia di Enzo Trapani sceneggiò Viva il cinema! (1952) e Viva la rivista! (1953; di quest’ultimo fu anche soggettista); scrisse il soggetto e la sceneggiatura di Lacrime di sposa (1955) di Sante Chimirri; fu sceneggiatore di Ciao, pais... (1956) di Osvaldo Langini, e aiuto regista di Hugo Fregonese per I girovaghi (1956). Collaborò con Sergio Corbucci: scrisse soggetto e sceneggiatura di Carovana di canzoni (1955); contribuì alla sceneggiatura di Suprema confessione (1956), Il ragazzo dal cuore di fango (1957) e, più tardi, Django (1966). Condiresse con Paul Landres Go, Johnny, go!, un rock’n’roll movie statunitense del 1959.

Appassionato di jazz sin dall’adolescenza, si occupò di musica in ambito radiofonico: per il secondo canale della RAI ideò tra l’altro le trasmissioni Sceglierei sempre te (1958, con Diego Calcagno), Tempo di jazz (1958), Festival internazionale del jazz (1959) e La coppa del jazz (1960, con Vittorio Zivelli).

In questa fase, inoltre, fu rilevante il suo contributo nel genere del musicarello. Per la regia di Lucio Fulci fu soggettista e sceneggiatore dei film I ragazzi del juke-box (1959) e Urlatori alla sbarra (1960). E un musicarello fu il primo film da lui diretto (in cui fu anche sceneggiatore e attore), Sanremo. La grande sfida (1960), prodotto da Giovanni Addessi per la Era cinematografica e interpretato dai più noti cantanti del momento (quasi sempre nella parte di loro stessi): Tony Dallara, Mina, Domenico Modugno, Nilla Pizzi, Joe Sentieri, Fausto Cigliano, Jula De Palma, Odoardo Spataro, Sergio Bruni, Teddy Reno e Adriano Celentano.

Vivarelli favorì la carriera di Celentano fra la fine degli anni Cinquanta e la seconda metà del decennio successivo, e fu al contempo autore dei testi di canzoni da lui cantate. Scrisse Il tuo bacio è come un rock (musica accreditata a Ezio Leoni e Celentano, sebbene composta dal fratello di quest’ultimo, Alessandro), incisa nel 1959 e classificata prima al Festival di Ancona nel luglio dello stesso anno. In collaborazione con Fulci scrisse il testo di Vorrei sapere perché (musicata da Celentano e Leoni, incisa da Mina nel 1959) e soprattutto di 24.000 baci, seconda al Festival di Sanremo del 1961, cantata da Celentano e Little Tony. Per Celentano scrisse inoltre Rock matto (musica di Giulio Libano) e Furore (musica di Celentano e Leoni), entrambe incise nel 1960 per la Jolly; per Little Tony scrisse il testo di Che tipo rock (già nel film del 1960 I teddy boys della canzone, di Domenico Paolella), musica di Lallo (Coriolano) Gori. Combinò ancora la passione per la musica con l’attività di regista. Scrisse e diresse Io bacio... tu baci (1961), musicarello con Mina, Celentano, Tony Renis, Dallara, Peppino di Capri e altri; insieme a Luciano Beretta fu autore del testo della canzone omonima (musica di Giulio Libano) inserita nella colonna sonora. Per di Capri scrisse Non siamo più insieme (1961).

Nella prima metà degli anni Sessanta Vivarelli diresse Oggi a Berlino (1962, colonna sonora di Armando Trovajoli), storia d’amore ambientata nella Berlino appena divisa dal muro (ne fu vietata la distribuzione in entrambi gli Stati tedeschi), Il vuoto (1964) e Rita, la figlia americana (1965), musicarello con Totò e Rita Pavone. Produsse inoltre Super rapina a Milano (1964) di Celentano, di cui supervisionò la regia.

Con il suo connaturato comportamento anticonformista, intellettualista ed epicureo, fu protagonista dell’attività del Piper club di Roma sin dall’apertura nel 1965, e partecipò attivamente al fermento musicale giovanile dell’epoca: con Sergio Bardotti e Lucio Dalla firmò Il manifesto della nuova musica (pubblicato nel febbraio del 1966 sulla rivista Big), che individuava nella canzone beat un’espressione di rottura rispetto a quella italiana tradizionale; di quel periodico fu stabile collaboratore ed editorialista. Promosse fra l’altro un premio Tenco già dal 1968 in onore del cantante Luigi, di cui fu stretto amico e in memoria del quale firmò articoli polemici. Animata fu la sua attività critica in relazione alla canzone e al festival sanremese, nell’organizzazione del quale peraltro sarebbe stato coinvolto due decenni dopo.

Con lo pseudonimo di Donald Murray, più volte utilizzato, Vivarelli girò Mister X (1967) – prodotto da Copercines, Cooperativa cinematográfica e Terra film – ispirato all’omonimo personaggio dei fumetti ideato da Giancarlo Tenenti. L’anno dopo uscì il suo lungometraggio Satanik – che ebbe minor successo – prodotto da Eduardo Manzanos Brochero e Romano Mussolini, liberamente tratto dal personaggio fumettistico ideato da Max Bunker (Luciano Secchi) e da Magnus (Roberto Raviola).

Vivarelli fece parte del Comitato cineasti italiani contro la repressione, fondato nel 1970 da Elio Petri, Damiano Damiani e Ugo Pirro al fine di realizzare documentari politici di opposizione.

Dagli anni Settanta Vivarelli indirizzò la propria attività di regista verso il genere erotico-esotico: Il dio serpente (1970, con Nadia Cassini e la futura moglie Beryl Cunningham), con le musiche di Augusto Martelli; Il decamerone nero (1972; scrisse il testo di Reina bella, musica di Luciano Michelini, canzone inserita nella colonna sonora).

Nel 1972, un grave incidente stradale a Roma, avvenuto al ritorno da una delle sue consuete serate al ristorante con gli amici, lo costrinse a subire degli interventi chirurgici e gli compromise in modo permanente l’uso della gamba destra.

Girò successivamente Codice d’amore orientale (1974, ancora come Murray, musiche di Alberto Baldan Bembo, per le quali scrisse il testo God is love). Di altri due film, dello stesso genere e dai rilevanti incassi, fu soggettista: Emanuelle nera. Orient reportage (1976) ed Emanuelle in America (1976), entrambi di Joe d’Amato (Aristide Massaccesi). A fine decennio diresse l’autobiografico Nella misura in cui (1979). Fu poi nuovamente attore in State buoni se potete (1983) di Luigi Magni e in Turné (1990) di Gabriele Salvatores.

Nell’ultimo ventennio del secolo continuò l’attività di regista, collaborando anche con la terza moglie, Patrizia Rosso. Diresse Provocazione (1988) e La rumbera (1998); contribuì al documentario collettivo L’addio a Enrico Berlinguer (1984) e girò Decima MAS, cortometraggio inserito in Luce sulla storia (1998) di Nicola Caracciolo. In questa fase tornò inoltre a dedicarsi alla canzone: fece parte per sette volte della commissione selezionatrice del Festival di Sanremo, che presiedette dal 1989 al 1993.

Nel 1999 pubblicò il libro Più buio che a mezzanotte non viene, dal motto del battaglione nuotatori paracadutisti della Decima MAS, in cui raccontò la propria esperienza bellica. Ebbe infine in progetto la realizzazione di un film sul paracadutismo, con Roberta Mancino, da girarsi a Cuba, isola che aveva frequentato e sulla quale aveva concentrato l’attenzione nell’ultimo periodo.

Sofferente di problemi cardiaci, morì a Roma il 7 settembre 2010.

Su Vivarelli esiste un documentario biografico del 2019 (presentato al Festival cinematografico di Venezia), Life as a b-movie: Piero Vivarelli, di Fabrizio Laurenti e Niccolò Vivarelli (critico cinematografico e nipote di Piero).

Opere. Il manifesto della nuova musica, in Big, 1966, 2, 6, p. 7 (con S. Bardotti, L. Dalla); La provincia parla beat, ibid., 20, pp. 22-25; Il tigre della canzone, ibid., 22, pp. 46-59; Prima vittoria: giurie giovani, ibid., 1967, 3, 5, pp. 18 s.; Ciao amico ciao, ibid., 6, pp. 24-28; Il ‘Premio Tenco’, in Ciao Big, 1968, 4, 3, pp. 6 s.; Memorie di un protagonista, in G. Borgna, La grande evasione. Storia del Festival di Sanremo. 30 anni di costume italiano. Le canzoni, i cantanti, le orchestre, i presentatori, le classifiche di tutti i festival, Roma 1980, pp. 219-222; Più buio che a mezzanotte non viene. Neoromanzo storico, Roma 1999.

Fonti e Bibl.: G. Strazzulla, V., P., in Filmlexicon degli autori e delle opere, VII, Roma 1967, p. 969; G. Rondolino, Dizionario del cinema italiano, 1945-1969, Torino 1969, p. 402; G. Borgna, Storia della canzone italiana, Bari 1985, pp. 192, 196; R. Poppi, I registi: dal 1930 ai giorni nostri, in Dizionario del cinema italiano, IV, Roma 1993, p. 440; R. Vivarelli, La fine di una stagione. Memoria 1943-1945, Bologna 2000, pp. 9, 11-15, 27-29, 43 s., 58; N. Buttazzoni, Solo per la bandiera. I nuotatori paracadutisti, Milano 2002, ad ind.; M. Perissinotto, Il servizio ausiliario femminile della Decima flottiglia MAS. 1944-1945, Parma 2003, ad ind.; T. Biondi, Elio Petri: l’indagine infinita, in Storia del cinema italiano, a cura di F. De Bernardinis, XII, Venezia 2008, pp. 181, 187; J. Tomatis, Storia culturale della canzone italiana, Milano 2019, ad indicem.

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