DOVIZI, Piero

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 41 (1992)

DOVIZI, Piero

Raffaella Zaccaria

Nacque a Bibbiena (Arezzo) forse nel 1456 o poco dopo, da Francesco e da Francesca Nutarrini (che si erano sposati nel 1455), primogenito di cinque fratelli: Bernardo, Giovan Battista, Antonio e Tita. Non si hanno notizie sulla giovinezza e sulla formazione culturale del D., che comunque dovette avere i primi insegnamenti dal padre, il quale, seguendo una lunga tradizione di famiglia, che risaliva alla prima metà del Trecento, esercitava la professione notarile; anche il D. divenne poi notaio.

Grazie agli amichevoli rapporti che suo padre teneva con la famiglia dei Medici, ottenne ben presto (dopo un breve periodo trascorso in casa di Francesco degli Alessandri, come "ripetitore" dei figli) l'incarico di precettore dei figli di Lorenzo, succedendo ad Angelo Poliziano, proprio sulla base di un intervento diretto del padre Francesco sulla madre del Magnifico, Lucrezia Tornabuoni, nel 1479. Questo incarico gli dette la possibilità di avere stretti rapporti non solo con Lorenzo e la sua famiglia, ma anche con l'ambiente cancelleresco e culturale che li circondava. Non a caso, quella che risulta essere la prima testimonianza documentaria diretta sulla presenza del D. in casa Medici è data da una sua lettera del 27 luglio 1483 indirizzata da Cafaggiolo a Niccolò Michelozzi.

Non si sa quando il D., apprezzato e stimato per le sue doti personali da Lorenzo, passò dall'incarico di precettore a quello, assai più delicato, di cancelliere privato del Magnifico, insieme con altri intellettuali e politici di cui il Michelozzi e lo stesso D. - che poi avrebbe chiamato, prima del 1488, a lavorare nella segreteria di Lorenzo anche il fratello Bernardo - furono gli esponenti più illustri. Comunque, nella citata lettera al Michelozzi, il D. afferma di essere addetto alla corrispondenza di Lorenzo e di scegliere per lui le questioni più delicate e importanti da trattare, dimostrando-una notevole padronanza della situazione politica. La prova diretta che il D. fosse sin da allora inserito a tutti gli effetti nella Cancelleria medicea è data da una lettera del 24 dic. 1483 del cognato Giovanni Poltri, anch'egli notaio, che da Pisa gli scriveva per ottenere un ufficio a Vico Pisano, e che nell'intestazione della lettera cita espressamente il D. come cancelliere di Lorenzo. Con questo incarico, che ricoprì anche con Piero de' Medici, il D. divenne non solo il capo della segreteria privata dei Medici, ma anche un personaggio di particolare rilevanza nella vita pubblica fiorentina. La potenza raggiunta è testimoniata anche da numerose lettere di raccomandazioni e di richieste a lui indirizzate anche da personaggi influenti: lo stesso Poliziano, per ottenere dei benefici da Piero de' Medici, doveva ingraziarsi i favori del Dovizi.

In virtù del suo ufficio il D. compì numerose missioni diplomatiche, non ufficiali, che lo portarono come personale rappresentante dei Medici in diversi luoghi per la risoluzione di delicate incombenze. Così già nel maggio del 1485 si recò a Lucca, come dimostra una sua lettera a Lorenzo: e proprio la ricca corrispondenza di questi anni del D. con il Magnifico e con gli ambasciatori fiorentini è la fonte più importante per ricostruirne la vita.

Per conto di Lorenzo, il D. si occupo delle vicende relative all'impresa fiorentina per la riconquista di Sarzana e dei delicati rapporti con la Repubblica di Genova, come appare in particolare da una sua lettera al Magnifico del 6 apr. 1487 il D., inoltre, seguiva da Firenze tutti gli spostamenti di Lorenzo che trascorreva lunghi periodi di villeggiatura a Poggio a Caiano e allo Spedaletto, oppure si recava spesso a Pisa e a Livorno, preferendo guidare la politica e la diplomazia fiorentina attraverso l'opera dei suoi cancellieri e prima di tutti il D., a cui erano demandati gli affari più importanti. Gli anni che vanno dal 1484 fino alla morte di Lorenzo nel 1492 furono infatti assai rilevanti per la politica estera di Firenze, diventata ormai arbitra tra i maggiori Stati italiani, grazie anche ad alcune importanti alleanze matrimoniali. A questo proposito, vi è una numerosa corrispondenza tra il D. e l'oratore fiorentino a Roma, Giovanni Lanfredini, per gli anni che vanno dal 1487 al 1489, e riguardante in special modo le vicende dello sfortunato matrimonio della figlia di Lorenzo. Maddalena, con Francesco, detto Franceschetto, Cibo, figlio di papa Innocenzo VIII, concernenti da un lato il pagamento della dote della sposa, che avvenne in ritardo, dall'altro il desiderio del Magnifico di riavere la figlia prediletta a Firenze.

Sempre per conto del Magnifico, il D. seguì la pratica relativa alla richiesta a Roma dell'appalto delle miniere di allume, che si concluse favorevolmente grazie anche alla mediazione del Lanfredini. Per festeggiare l'avvenimento, il 6 marzo 1489, Lorenzo portò con sé, nella villa di Poggio a Caiano, il D. insieme con il fratello Bernardo, che faceva ormai parte anche lui della Cancelleria del Medici. A questo proposito, sappiamo che il D. aveva sempre seguito premurosamente il fratello Bernardo con frequenti contatti epistolari, sin dalla sua venuta a Firenze nel 1487 in casa di Filippo Valori. In seguito, quando anche Bernardo entrò a far parte della segreteria di Lorenzo, i rapporti tra i due fratelli si spostarono dal piano familiare a quello politico: il D. seguì, infatti, nel 1488 la missione compiuta da Bernardo a Roma per le trattative del matrimonio del primogenito di Lorenzo, Piero, con Alfonsina Orsini.

Il legame affettivo che univa il D. al fratello si rafforzò, come dimostra, ad esempio, il fatto che egli si preoccupava di istruire Bernardo, sulla base della propria esperienza, sui delicati compiti che l'ufficio di cancelliere comportava, suggerendogli l'atteggiamento da tenere con Lorenzo. Di un certo interesse è anche la corrispondenza del D. con l'ambasciatore fiorentino a Siena Andrea da Foiano, con il quale esistevano anche rapporti di amicizia' fraterna, corrispondenza che durò fino alla morte di quest'ultimo nel luglio del 1491.

L'impegno costante e fedele del D. al servizio del Magnifico continuò fino alla morte di quest'ultimo: per ammissione esplicita del D., molti anni dopo, in una lettera al cardinale Giovanni de' Medici, fratello dei defunto, scritta l'8 sett. 1512, sappiamo che Lorenzo, nel momento del trapasso, alla sola presenza del suo devoto cancelliere, pronunciò una specie di testamento spirituale. A Lorenzo successe il figlio Piero, che pur non possedendo la statura politica del padre, lasciò la situazione immutata continuando a servirsi dei principali collaboratori del Magnifico, fra cui il D., che rimase a capo della Cancelleria medicea. Nel luglio del 1492 morì anche il papa Innocenzo VIII e al suo posto venne eletto Alessandro VI. Per rendere omaggio al nuovo pontefice, nel novembre di quell'anno, partì da Firenze una ambasceria guidata da Piero de' Medici, a cui partecipò anche il D., che durante il viaggio fece una sosta a Bracciano, il 16 novembre.

Il periodo in cui il D. fu al servizio di Piero de' Medici fu breve, ma denso di avvenimenti di rilievo. L'equilibrio politico instaurato in Italia dal Magnifico si era ormai incrinato a causa della politica espansionistica di Ferdinando d'Aragona, re di Napoli, e della usurpazione del Ducato di Milano da parte di Ludovico il Moro. Ad aggravare la situazione contribuì l'alleanza del papa con l'Aragona e il conseguente avvicinamento di Milano con Venezia: i due Stati, per contrastare la crescente egemonia di Alessandro VI, richiesero l'intervento della Francia in Italia. In questo clima politico il ruolo di Firenze non fu marginale, grazie anche all'opera preziosa del D., che ormai sostituiva in tutto la figura di Piero de' Medici. Nell'aprile del 1493 il D. fu eletto tra i Dieci di balia, insieme con Giovanni Guidi capo delle Riformagioni, e nel luglio successivo venne inviato a Milano alla corte del Moro, in occasione del matrimonio dell'imperatore Massimiliano con Bianca Maria Sforza. Qui si trattenne per un lungo periodo ed ebbe numerosi colloqui con importanti personaggi della corte, allo scopo di scongiurare l'alleanza di Milano con la Francia. Di queste trattative il D. inviava ampie relazioni a Piero de' Medici, che tuttavia gli rispondeva di rado; in realtà, i contatti con il D., a Milano, erano tenuti dal fratello Bernardo, che durante la sua assenza guidava la Cancelleria, e che confidava ancora nella riuscita della sua missione.

Tornato a Firenze, il D. seguì l'ambasceria compiuta a Napoli da Bernardo, in seguito alla morte di Ferdinando d'Aragona, avvenuta nel gennaio del 1494. Sempre nel maggio di quest'anno ebbe importanti contatti con gli ambasciatori fiorentini inviati presso Carlo VIII a Lione, Francesco Della Casa e poi anche Guidantonio Vespucci. La situazione tuttavia precipitò con l'entrata dell'esercito francese in Italia, nel settembre del 1494, guidato dallo stesso re Carlo VIII: Bernardo venne inviato al campo del duca di Calabria, che si trovava a Cesena, e da li seguì tutti gli spostamenti dell'esercito dell'Aragona, inviando di volta in volta rapporti dettagliati al D., che, preoccupato dell'atteggiamento ambiguo dei Bentivoglio, signori di Bologna, esortò Bernardo con una lettera dell'8 sett. 1494 a recarsi a Bologna, dove fra l'altro si trovava anche l'altro fratello Antonio, per chiarire la situazione. La missione fallì; il mancato appoggio dei tradizionali alleati di Firenze indusse Piero de' Medici a cedere alle richieste francesi, comunicando le sue in tenzioni al D. con due lettere da Pisa del 27 e 28 ottobre. Questa decisione costò al Medici la perdita dell'egemonia a Firenze, coinvolgendo anche tutti coloro che ne avevano condiviso il potere, fra cui il D. e i fratelli Bernardo e Giovan Battista, che con un provvedimento della Signoria del 10 nov. 1494 furono condannati come ribelli, privati dei beni ed esiliati. Il 20 novembre successivo, dopo l'entrata trionfale di Carlo VIII a Firenze, Piero de' Medici fu bandito per sempre dalla città e con lui i cancellieri Piero e Bernardo Dovizi, sui quali fu posta anche una taglia. In seguito, per il D., la condanna fu commutata con la sola pena dell'esilio.

Dagli storici e scrittori contemporanei o di poco successivi (Cambi, Nardi) l'operato del D. fu valutato sotto un duplice aspetto: da un lato gli furono riconosciute qualità di governatore abile e astuto, dall'altro fu giudicato intrigante, arrogante e ambizioso, al punto che avrebbe sopravvalutato la sua stessa posizione di predominio. Addirittura è stato ritenuto corresponsabile, insieme con Piero de' Medici, di una politica fallimentare, che si concluse in un assoluto isolamento di Firenze.

Lasciata Firenze, il D. si rifugiò a Bologna, ma subito dopo si trasferì a Venezia, dove restò vent'anni, fino alla morte, ricoprendo importanti cariche politiche e diplomatiche. Nei primi anni dell'esilio, tuttavia, continuò il suo operato al servizio dei Medici come segretario, e in virtù del suo ufficio conservò i contatti con tutti i fautori dell'antico regime, che speravano in una restaurazione. In particolare, il fratello Bernardo lo teneva informato da Milano sulla guerra in atto tra Firenze e Pisa; il conte Niccolò Rangoni, tradizionale alleato fiorentino, gli scriveva da Bologna, Giuliano de' Medici da Ferrara, e il fratello di questo, il cardinale Giovanni, da Roma, tutti dichiarando imminente il ritorno di Piero de' Medici a Firenze. Tali speranze furono tuttavia troncate dopo la morte di Piero, avvenuta tragicamente nel 1503. Negli anni successivi il D. ricoprì diverse cariche, fra cui quella di segretario degli Orsini, di ambasciatore del conte di Pitigliano, Niccolò Orsini, capitano generale della Repubblica di Venezia, e di Giampaolo Baglioni.

Dopo il ritorno dei Medici a Firenze nel settembre del 1512 e l'elezione al pontificato del cardinale Giovanni, con il nome di Leone X, il D., che in questi anni dell'esilio non aveva cessato di prestare i propri servigi alla causa dei Medici, venne nominato nunzio pontificio a Venezia il 16 marzo 1513. Il fatto che a ricoprire la carica di nunzio apostolico fosse per la prima volta un laico e non un ecclesiastico costituiva una vera e propria innovazione nella tradizione della rappresentanza diplomatica pontificia: tuttavia, la nomina del D. fu dovuta senza dubbio sia alla sua fedeltà alla casa dei Medici, sia alla sua ventennale esperienza riguardo alla politica veneziana. Quasi contemporaneamente il D. fu nominato, alla fine di aprile del 1513, oratore fiorentino a Venezia, come appare dalle lettere contemporaneamente inviate da Firenze, il 30 aprile, allo stesso D. e al doge. Il Sanuto attesta che le credenziali furono presentate il 6 maggio successivo. Di questo periodo rimangono alcune lettere scritte dal D. ai Dieci di balia e a Lorenzo di Pierfrancesco de' Medici e moltissime missive inviate a lui dai Dieci di balia. Fra i numerosi e delicati problemi che il D. dovette trattare in virtù del suo incarico fu il mutamento di politica operato dal papa, che aderì all'alleanza spagnola contro la lega franco-veneta. Un ulteriore riconoscimento dell'opera preziosa svolta fu la concessione da parte del Comune di Arezzo della cittadinanza, avvenuto il 23 ott. 1513.

L'8 genn. 1514, dopo una breve malattia, il D. morì a Venezia, lasciando la moglie Ludovica (si era infatti sposato a Venezia durante gli anni dell'esilio) e nove figli (due maschi e sette femmine), mentre un altro stava per nascere. Ai suoi funerali, celebrati con grande fasto nella chiesa di S. Stefano, intervennero non solo i principali esponenti del governo veneziano, presso cui il D. godeva di grande stima e reputazione, ma anche ambasciatori di vari Stati, come la Francia, l'Ungheria, la Turchia, e molti suoi concittadini giunti da Firenze. In questa occasione fu anche recitata una orazione funebre dal vescovo di Kisamos Domenico di Aleppo. Il D. venne poi sepolto nella chiesa di S. Francesco della Vigna. Il fratello del D., cardinale Bernardo (al quale il governo veneziano aveva espresso le condoglianze della città), inviò a Venezia il suo segretario Francesco Valier, perché provvedesse alla famiglia del defunto. La Signoria veneziana, il 22 apr. 1514, deliberò di assegnare alla giovane vedova 300 ducati come riconoscimento del servizio prestato dal D. per la Repubblica.

Accanto al costante e quotidiano impegno politico, il D. non trascurò, sia a Firenze e sia a Venezia, di dedicarsi agli studi classici. Soprattutto gli anni trascorsi a Firenze, in un ambiente ricco di fermenti culturali, quale fu quello degli ultimi decenni del sec. XV, gli permisero di essere in rapporto con i più illustri esponenti dell'umanesimo fiorentino, da Angelo Poliziano a Marsilio Ficino. Con il Ficino in particolare strinse saldi vincoli di amicizia, divenendone scolaro e corrispondente anche negli anni dell'esilio. Fra le lettere indirizzate al Ficino dal D. si è soliti ricordarne una da Venezia, del 31 marzo 1495, in cui fra l'altro egli esprime il desiderio di ritornare, ormai libero da occupazioni politiche, agli studi classici e narra della fortuna veneziana di Dante e del Petrarca e delle tesi platoniche dello stesso Ficino.

Secondo il gusto del tempo il D. si dedicò anche alla composizione di poesie latine, che però risultano prive di valore poetico e di originalità. Fra queste poesie la più nota è quella intitolata Contra Venetos bellum moventes, rivolta all'amico Niccolò Michelozzi. Al fratello del Michelozzi, Bernardo, che poi divenne vescovo di Forlì, sono dedicati altri distici latini; altri epigrammi il D. rivolse a Tommaso Baldinotti, mentre scrisse un panegirico in onore di Giovanni Canigiani e un elogio funebre per Simonetta Vespucci, morta prematuramente nel 1476. Queste poesie del D. sono conservate in parte nei manoscritti Magliab., cl. VII, 725 e II-II, 62 della Biblioteca nazionale di Firenze e in parte nel codice 582 della Biblioteca Corsiniana di Roma.

Fonti e Bibl.: Le testimonianze documentarie sull'attività politica del D. sono per lo più conservate in fondi diversi dell'Arch. di Stato di Firenze, come ad esempio Carte Dei, XX, 33; Signori e Collegi. Deliberazioni in forza di ordinaria autorità, 96, cc. 10v, 87v, 96rv; Dieci di balia. Legazioni e Commissarie, 39-41 passim; Dieci di balia. Responsive, 115-118 passim. Altri documenti si conservano pure in Arch. di Stato di Arezzo, Deliberazioni del Consiglio e Collegi della città di Arezzo, Q, (1506-1513), c. 247, e in Arch. di Stato di Venezia, Capi del Consiglio dei dieci. Lettere di ambasciatori, ad annos. Le lettere del D., comprese quelle di carattere più strettamente privato, sono raccolte, sempre in Arch. di Stato di Firenze, Mediceo avanti il principato (per cui si veda l'inventario relativo a cura di F. Morandini-A. d'Addario, Roma 1951-1963, ad Indices); altre lettere si trovano in Lettere varie, 16, c. 419; Carte Strozziane, s. 1, f. III, cc. 6rv, 15v, 21r, 138, 144, 152, 155, 188; f. V, c. 87; f. VI, c. 139; f. CXXXVII, c. 195; f. CCCXXXVI, cc. 154, 163; f. CCCXL, c. 118; Acquisti e doni, 142, 8, ins. 3. Alcune lettere del D. si trovano pubblicate in P. Bembo, Epistularum Leonis decimi libri, Venetiis 1536, I, pp. 3-4; II, pp. 1, 9, 32, 33, 44; III, p. 22; V, pp. 11, 16; VI, p. 21; VII, p. 17; M. Ficino, Opera, Basileae 1561, I, p. 927; XII, p. 948; Lettere di principi, a cura di F. Ziletti, Venezia 1581, I, pp. 12-13.

Notizie sul D., di non trascurabile rilievo, tramandano storici e scrittori a lui contemporanei o di poco successivi: G. Cambi, in Delizie degli eruditi toscani, XXI (1785), pp. 44-45, 79; G. Nardi, Istoria di Firenze, Firenze 1858, I, pp. 22, 27; M. Sanuto, Diarii, Venezia 1879-1903, ad annos; F. Guicciardini, Opere, a cura di G. Canestrini, Firenze 1859, III, pp. 96, 110; Id., Dialogo e discorsi del reggimento di Firenze, a cura di R. Palmarocchi, Bari 1932, p. 33. Si veda, inoltre, G. Mannucci, Le glorie del Casentino, Firenze 1674, pp. 98-104; A. Ciacconio, Vitae et gestae pontificum Romanorum, Romae 1677, III, coll. 339-341; A. M. Bandini, Il Bibbiena, Livorno 1758, passim; G. Mazzuchelli, Gli scrittori d'Italia, Brescia 1760, II, p. 1203; A. Fabronio, Laurentii Medicis Magnifici vita, Pisis 1784, p. 196; A. Desjardins, Négociations diplomatiques, Paris 1859, I, pp. 295, 331, 333, 342-343, 385, 400, 443, 588-593; I. Del Lungo, Fra' Girolamo Savonarola, in Archivio storico italiano, n. s., XVIII (1863), 1, pp. 11-15; Id., Una lett. di ser Matteo di Franco..., ibid., s. 3, IX (1869), 1, pp. 48-52; G. Capponi, Storia della Repubblica di Firenze, Firenze 1875, II, pp. 160-161, 203, 257; A. Virgili, F. Berni, Firenze 1881, pp. 15, 570; A. von Reumont, Lorenzo de' Medici il Magnifico, Leipzig 1883, passim; F. Th. Perrens, Histoire de Florence depuis la domination des Médicis, Paris 1890, I, p. 509; II, pp. 10, 361; III, p. 12; G. Volpi, Un cortigiano di Lorenzo il Magnifico, in Giornale storico della lett. ital., XII (1891), p. 253; I . Del Lungo, Florentia. Uomini e cose del Quattrocento, Firenze 1897, pp. 214, 224-226, 274; A. Della Torre, Storia dell'Accademia platonica di Firenze, Firenze 1902, pp. 56-58, 551, 714-715; D. Marzi, La Cancelleria della Repubblica fiorentina, Rocca San Casciano 1910, pp. 261-263; H. Biaudet, Les nonciatures apostoliques permanentes jusqu'en 1648, Helsinki 1910, pp. 19, 96; G. Bottiglioni, La lirica latina in Firenze nella 2a metà del sec. XV, Pisa 1913, pp. 100, 216-217; G. Goretti Miniati, Alcune notizie inedite sulla famiglia Dovizi di Bibbiena, in Atti e memorie della R. Accademia Petrarca, n. s., XIV-XV (1936), pp. 131-137; P. O. Kristeller, Supplementum Ficinianum, Florentiae 1937, pp. 913, 927, 948; G. L. Moncallero, Il cardinale Bernardo Dovizi da Bibbiena, umanista e diplomatico, Firenze 1953, passim; Id., Epistolario di Bernardo Dovizi da Bibbiena, Firenze 1955, I, pp. 14, 19-20, 22, 74, 76, 79, 115, 153, 203, 209, 215, 244; II, p. 7; F. Gaeta, La rappresentanza stabile pontificia a Venezia, in Annuario dell'Istituto stor. ital. per l'età moderna e contemporanea, IX-X (1957-1958), pp. 36-39; Id., Nunziature di Venezia, Roma 1958, I, p. X; M. E. Cosenza, Biographical and bibliogr. dict. of the Italian humanists, II, Boston 1962, pp. 1264-1265; A. Rochon, La jeunesse de Laurent de Médicis (1449-1478), Paris 1963, pp. 59, 62, 129, 134, 246, 268, 272, 275, 278, 286, 599, 616; M. Martelli, Per l'edizione del "Commento" di Lorenzo dei Medici, in Rinascimento, VII (1967), p. 59; G. Ristori, Il carteggio di ser Francesco di Barone Baroni, ibid., XVII (1977), pp. 281, 288-289, 300; M. Martelli, Il Libro delle epistole di Angelo Poliziano, in Interpres, I (1978), pp. 184-185, 201, 212, 244; S. Carrai, Due inediti e un raro di L. Pulci, ibid., III (1980), pp. 160-161; G. B. Picotti, La giovinezza di Leone X, Roma 1981, ad Indicem; P. Viti, I notai e la cultura fiorentina nei secoli XIII-XVI, in Il notaio nella civiltà fiorentina. Secoli XIII-X VI, Firenze 1984, p. 142; P. O. Kristeller, Iter Italicum, ad Indices.

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