PIERMATTEO d’Amelia

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 83 (2015)

PIERMATTEO (Pier Matteo) d'Amelia

Matteo Mazzalupi

PIERMATTEO (Pier Matteo) d’Amelia (de Manfredis). – Nacque da Manfredo d’Antonio di Giovanni e da Graziosa d’Angelo di Niccolò tra il 1442, data delle nozze dei genitori, e il 1448, anno cui risale la prima menzione del suo nome in un documento (Felicetti, in Piermatteo d’Amelia…, 1997). Il padre, morto nel 1460, compare tra i possidenti della contrada Borgo di Amelia e doveva godere di una buona disponibilità economica.

Dal nome di battesimo del padre deriva il cognome «de Manfredis» assegnato a Piermatteo in documenti tardi (Gnoli, 1923-1924, pp. 414 s.; Lucci, in Piermatteo d’Amelia…, 1997), mentre va abbandonato l’altro cognome, «Lauro», che pure segue, forse per confusione dello scriba, il nome del pittore in pagamenti vaticani del 1502 e 1503 (Müntz, 1898), ma che spetta a un omonimo architetto e agrimensore, romano del rione Ponte (Fagliari Zeni Buchicchio, 2003; Vignoli, 2012).

Dall’unione tra Manfredo e Graziosa dopo Piermatteo nacquero Bernardino, Filippo, Bernardina ed Evangelista; da un precedente matrimonio paterno era nato Giuliano, personaggio che grazie alla sua condizione clericale potrebbe aver introdotto il fratellastro negli ambienti della committenza ecclesiastica (Felicetti, in Piermatteo d’Amelia…, 1997). La carriera di Piermatteo potrebbe essere stata inoltre favorita dalla famiglia amerina dei Geraldini, che annoverò nel XV secolo importanti giuristi e diplomatici al servizio della curia pontificia (Marcelli, ibid.).

Per la formazione dell’artista fu decisiva l’esperienza nella bottega di Filippo Lippi al tempo degli affreschi nella tribuna della cattedrale di Spoleto: tra il 23 maggio 1467 e il 1° dicembre 1469 Piermatteo figura una decina di volte nei registri della Fabbrica, per pagamenti ricevuti a nome del capomaestro e per lavori di minor conto (Fausti, 1915; Gnoli, 1923-1924; David - Lucci, in Piermatteo d’Amelia e il Rinascimento…, 2009). Di un riquadro dell’abside spoletina Piermatteo si sarebbe ricordato ancora al momento di dipingere l’Annunciazione ora nell’Isabella Stewart Gardner Museum di Boston. Questo dipinto fu eseguito per la chiesa dell’Annunziata di Amelia, annessa a un convento di clareni, da dove passò a S. Maria degli Angeli di Assisi, prima di essere venduto (Canonici, 1978); di recente si è proposto cautamente di collocarlo dopo il 22 gennaio 1487, data del contratto per l’ampliamento della chiesa d’origine (David - Lucci, in Piermatteo d’Amelia e il Rinascimento…, 2009).

L’opera fu scelta da Bernard Berenson (1932) per battezzare provvisoriamente con il nome di «Master of the Gardner Annunciation» l’autore di un gruppo di dipinti che già Roberto Longhi (1927) aveva iniziato a riunire e che mezzo secolo dopo, grazie alla scoperta del contratto per la pala dei francescani di Terni, si sono potuti assegnare con certezza a Piermatteo, confermando quanto proposto per via indiziaria da Federico Zeri (1953).

La conoscenza dell’arte fiorentina sembra non essersi limitata al cantiere spoletino, al fianco di Lippi, di Fra Diamante e del giovane Filippino Lippi: si sono perciò ipotizzati soggiorni di Piermatteo a Firenze tra settimo e ottavo decennio (cfr. Vignoli, 2011, con l’attribuzione non condivisibile della pala di S. Martino a Strada, presso Grassina, del 1472, e dell’Adorazione del Bambino, detta Madonna Ruskin, nella National Gallery of Scotland a Edimburgo), epoca nella quale le tracce documentarie scarseggiano (Piermatteo è ricordato in patria nel maggio 1470, nell’ottobre 1475, nel settembre 1476 e nel febbraio 1479: Felicetti, in Piermatteo d’Amelia…, 1997).

Nel 1473 Piermatteo contribuì, sotto la direzione di Pietro Perugino e su suoi disegni, alla serie di otto tavolette con Storie di s. Bernardino per S. Francesco al Prato a Perugia (Galleria nazionale dell’Umbria), dipingendo la Resurrezione del bambino nato morto e la Guarigione di Nicola da Prato travolto da un toro (Zeri, 1953).

Grazie a una serie di documenti del periodo compreso tra il 15 novembre 1474 e il 5 gennaio 1475, la tavola con S. Antonio abate in trono del Museo archeologico e civico di Amelia, proveniente da un altare dedicato al santo nella chiesa di S. Giovanni Battista dei francescani osservanti, si può agganciare al periodo immediatamente successivo al 1475 e legare al nome del cardinale Angelo Capranica, esecutore delle volontà del defunto fratello Domenico, anch’egli cardinale (Travaglini - Virili, 1992; David - Lucci, in Piermatteo d’Amelia e il Rinascimento…, 2009).

Tra il 1479 e il 1482 è documentata una fitta attività per Orvieto. Il 26 luglio 1479 Piermatteo ricevette un pagamento dal convento orvietano di S. Agostino per la tavola dell’altar maggiore che stava dipingendo; la quietanza finale risale al 17 agosto 1481, ma un atto notarile di due giorni dopo attesta che il pittore non aveva consegnato l’opera perché il pagamento non era completo (Andreani, 1992). Il dipinto in questione è il polittico ricostruito da Federico Zeri (1953), composto dalla Madonna col Bambino degli Staatliche Museen di Berlino, datata 1481, dal S. Giovanni Battista e dalla S. Maria Maddalena del Lindenau Museum di Altenburg, dal S. Nicola da Tolentino della Johnson Collection nel Philadelphia Museum of art e da un S. Agostino di ubicazione sconosciuta. Dal giugno 1480 al luglio 1481 si scalano numerosi pagamenti relativi a lavori perlopiù di modesta entità per la cattedrale di Orvieto, tutti perduti; il 20 febbraio 1482 fu affidato a Piermatteo il prestigioso incarico di completare la decorazione della Cappella Nova o di S. Brizio nella stessa chiesa, impresa cui però egli non mise mano e che trovò conclusione più tardi per mano di Luca Signorelli (Luzi, 1866; Fumi, 1891; Rossi, 1877a; Andreani, 1996). Un affresco con Cristo in pietà adorato da s. Gregorio Magno su un pilastro della cattedrale (Zeri, 1985; Lunghi, 1985) potrebbe essere la «figuram pro mostra» (Luzi, 1866, p. 447) richiesta dall’Opera del duomo quale prova delle capacità di Piermatteo (il «Cherubinus» del quale si parla nel documento del 1482 talvolta frainteso per il soggetto di tale prova, è invece un deputato dell’Opera). Il pittore si trovava allora a Roma, dove in quel torno d’anni dovrebbe aver disegnato e forse eseguito la decorazione della volta della cappella Sistina (poi sostituita dagli affreschi di Michelangelo), con modanature architettoniche che incorniciavano un cielo stellato e due stemmi di Sisto IV, il cui aspetto è tramandato da un disegno (n. 711 A) del Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi (per una sintesi sulle diverse proposte di datazione cfr. Castrichini, in Piermatteo d’Amelia e il Rinascimento…, 2009).

Il 29 dicembre 1481 il pittore compare nella lista dei membri del Consiglio generale di Amelia eletti per il primo semestre dell’anno seguente (Felicetti, in Piermatteo d’Amelia…, 1997). Un soggiorno a Narni è attestato da un atto del 30 ottobre 1482 (ibid.) e soprattutto dalla nicchia affrescata nella chiesa di S. Agostino, con la Madonna col Bambino tra le ss. Lucia e Apollonia e nella volticella il Padre Eterno, compiuta il 24 ottobre di quell’anno (Zeri, 1953).

Il 29 settembre 1483 il pittore spoletino Bernardino Campilio redasse il contratto tra Piermatteo e i frati di S. Francesco a Terni per la pala dell’altare maggiore della chiesa; la quietanza definitiva è datata 2 luglio 1485 (Ricci, 1987). In entrambi i casi svolse un ruolo di rilievo il procuratore del convento, Dionisio di Giovanni, il cui nome, insieme alla data 1485, è l’unico iscritto sul dipinto, conservato nella locale Pinacoteca comunale e raffigurante la Madonna col Bambino tra i ss. Ludovico di Tolosa, Giovanni Battista, Francesco e Bonaventura, con Dio Padre tra due angeli nella lunetta. Due mani diverse hanno eseguito i Santi nei pilastri e la predella con Storie della vita di Cristo: mentre la prima è stata identificata indebitamente con quella di Bernardino Campilio (Todini, 1989), la seconda presenta caratteri vicini ad Antoniazzo Romano, artista col quale Piermatteo ebbe legami documentati a Roma negli stessi anni. È infatti del 14 gennaio 1485 un mandato di pagamento della Camera apostolica indirizzato unitamente a lui e ad Antoniazzo, del quale era «sotio», per la pittura di un vessillo inviato a Benevento (Rossi, 1877b; Müntz, 1889). I versamenti camerali si susseguirono nel corso degli anni 1485-1488, non solo per bandiere e stemmi, ma anche per figure di Santi, dipinte in diversi luoghi della residenza papale vaticana e andate perdute (Müntz, 1889).

Piermatteo si trovava probabilmente ancora nell’Urbe negli anni 1491-94, quando ad Amelia fu rappresentato dal suo procuratore, il cognato Pierfrancesco Giustoli da Spoleto, in atti notarili riguardanti la gestione del patrimonio familiare e i rapporti coi parenti (Felicetti, in Piermatteo d’Amelia…, 1997). Peraltro nella città natale, tra 1492 e 1496, il pittore provvide a ingrandire e abbellire la casa paterna, riconosciuta in una costruzione nell’attuale via della Repubblica, e in alcune occasioni, come in un rogito del 22 agosto 1495, fu presente di persona ad Amelia (ibid.; Lucci, 2003).

Agli anni 1492-93 risalgono i pagamenti per opere eseguite in occasione delle esequie di Innocenzo VIII e dell’incoronazione di Alessandro VI (Müntz, 1898). I lavori nell’appartamento Borgia, al fianco di Bernardino Pintoricchio e di uno stuolo di collaboratori, sono attestati da una lettera inviata il 4 dicembre 1493 da Jaume Casanova, camerlengo di S. Pietro, al papa, allontanatosi da Roma per timore della peste: «Piermatteo lavora tantissimo e, poiché è aiutato da molta gente, credo che finirà presto» (Silvestrelli, 2004, pp. 113 s.; il testo a p. 132, n. 125). Sulla scorta di questa testimonianza sono state riferite all’amerino le volte della sala delle Sibille e della sala del Credo e, in quest’ultima stanza, l’esecuzione o i cartoni di alcune lunette (Angelini, 2005).

Il 27 ottobre 1494 a Roma ricevette un pagamento per una bandiera dipinta in occasione dell’incoronazione di Alfonso II d’Aragona (Müntz, 1898). Il perdurare del soggiorno romano è confermato da atti notarili del 6 dicembre 1494 – in base al quale «magistrum Petrum Mattheum de Amelia pictorem» prende possesso di certi beni immobili a nome di Aurelia, moglie di Angelo d’Amelia – e del 16 giugno 1496, nel quale: «magistro Petro Mattheo de Amelia pictore» compare come testimone, nel rione S. Eustachio (Archivio di Stato di Roma, Collegio dei notai capitolini, vol. 1739, cc. 273v, 380v-381r); del 3 aprile 1497 (calcolo del dare e avere tra il mercante fiorentino Carlo da Verrazzano e «Permatheus de Manfredis de Ameria», cessionario dei diritti di Angelo de Leliis da Amelia: ibid., vol. 158, c. 106r); del 23 marzo 1500 (vendita di marmi da parte della succitata Aurelia, con il consenso «Petrimattei de Amelia eius cognati», ibid., vol. 1120, cc. 104r-105v).

Nel 1497 si ha notizia dell’acquisito status clericale: Piermatteo è definito «clerico ameliensi» nell’atto del 24 marzo con cui Alessandro VI lo nominò custode della rocca di Fano, carica mantenuta fino al 1499 ed esercitata tramite il già citato cognato (Gnoli, 1923-24); un beneficio ecclesiastico ad Amelia gli fu conferito il 17 luglio dello stesso anno (Felicetti, in Piermatteo d’Amelia…, 1997); l’appellativo di «dominus» precede il suo nome in due rogiti romani ancora del 1497, dei quali il primo, stipulato il 6 aprile in casa dell’uditore di Rota Pietro Accolti, presso Tor Sanguigna, vede tra i testimoni «domino Petro Mattheo de Amelia pictore sanctissimi domini nostri pape», mentre il secondo, del 18 aprile, contiene la rinuncia del «venerabilis vir dominus Petrus Mattheus de Amelia» all’arcipretura di S. Cesario a Terracina (Archivio di Stato di Roma, Collegio dei notai capitolini, vol. 1739, cc. 406r, 407rv).

Il 16 settembre 1500 il Consiglio generale di Amelia deliberò l’invio di ambasciatori a Roma per concludere la pace con Alessandro VI, secondo il parere espresso per lettera – inviata evidentemente da Roma – dai concittadini Agapito Geraldini e Piermatteo de Manfredis (Felicetti, in Piermatteo d’Amelia…, 1997). Sempre a Roma fu rogato il testamento di «dominus Petrus Mattheus de Manfredis de Amelia, ad presens in Urbe moram trahens», dettato il 15 ottobre 1500 in S. Maria sopra Minerva, davanti alla cappella di S. Caterina (Archivio di Stato di Roma, Collegio dei notai capitolini, vol. 1740, c. 54rv).

Nonostante ampie lacune nel foglio, i dati essenziali rimangono chiari: il pittore stabilì di essere sepolto nella cattedrale (di Amelia); dispose lasciti in favore di S. Onofrio di Roma e dell’Annunziata di Amelia; nominò erede universale Camillo del fu Angelo de Leliis da Amelia, a condizione che frate Bernardino da Cascia, fratello di Piermatteo, e Bernardina (sua sorella), moglie di Pierfrancesco da Spoleto, potessero godere per tutta la vita dei suoi beni esistenti in una certa città, il cui nome non è più leggibile (presumibilmente Amelia); infine elesse esecutori Riccardo Geraldini, Aurelio Laurelii e Silvestro Venturelli, tutti di Amelia.

Il 7 marzo 1501 Piermatteo chiese al Comune di Amelia di inviarlo a Civita Castellana presso Alessandro Neroni, commissario della Fabbrica della rocca papale di quella città e suo amico (Felicetti, in Piermatteo d’Amelia…, 1997); il 31 ottobre 1502 ebbe dalla Camera apostolica una somma di denaro da consegnare allo stesso commissario, e il 17 giugno seguente ricevette anticipatamente il suo stipendio per lavori imprecisati nel cantiere (Müntz, 1898), che non sembra lecito identificare con gli affreschi tuttora esistenti nella rocca.

Anche in quegli anni Piermatteo si divise tra Roma e Amelia: era in patria il 18 febbraio 1503, il 23 aprile 1505, il 27-28 aprile 1506 (Felicetti, in Piermatteo d’Amelia…, 1997), ma si trovano ancora pagamenti romani nel gennaio, febbraio e dicembre 1505 per lavori in Castel Sant’Angelo e altrove (Frapiccini, 2013). Con atto del 9 maggio 1508 un «dominus Petrus Matheus de Lauris», procuratore di Iacobella vedova di Sante da Firenze e del figlio di lei Giovan Battista, insieme a Bartolomeo, figlio degli stessi Sante e Iacobella, diede in affitto a Onofrio Sisani da Amelia una bottega nel rione Ponte (Roma, Archivio storico capitolino, Archivio generale urbano, Sez. LXVI, Instrumenta, vol. 2, c. 92): se il cognome «de Lauris» parrebbe indirizzare verso l’omonimo architetto, il titolo di «dominus» e la provenienza amerina dell’affittuario invitano invece a considerare seriamente la possibilità che questa sia l’ultima traccia documentaria del pittore.

Per l’ultimo ventennio di esistenza documentata di Piermatteo mancano opere datate con sicurezza.

Due tavole del Museo della Città di Narni, raffiguranti S. Antonio da Padova e il Beato Bernardino da Feltre (morto nel 1494), potrebbero risalire ai primi del Cinquecento, ma la loro pertinenza al corpus del pittore è assai dubbia (cfr. Vignoli, in Piermatteo d’Amelia e il Rinascimento…, 2009); pure incerta è la paternità di un Redentore benedicente nel Museo d’arte sacra di Orte, che reca sullo scollo della figura la data 1491 (Ricci, 2011; cfr. Principi, in Il Museo d’arte sacra…, 2013), mentre sono da escludere decisamente la tavola con Cristo morto della Fondazione Roma (Mangia, in Piermatteo d’Amelia e il Rinascimento…, 2009) e la Madonna col Bambino affrescata nella chiesa della Madonna di Torano presso San Lorenzo Nuovo (Fascietti, 2011). Strettamente legati a Piermatteo e a suoi disegni, ma non all’altezza del maestro in persona, sono numerosi affreschi sparsi tra l’Umbria e il Viterbese, a Castiglione in Teverina, Montecalvello, Porchiano d’Amelia, Sipicciano, Toscolano, Vasanello (cfr. Sgarbi, 2008; Piermatteo d’Amelia e il Rinascimento…, 2009).

Ignoti sono il luogo e la data di morte di Piermatteo.

Fonti e Bibl.: L. Luzi, Il duomo di Orvieto, Firenze 1866, p. 447, doc. XCVII; A. Rossi, Racimolature orvietane, in Giornale di erudizione artistica, VI (1877a), pp. 257-261, in partic. pp. 260 s.; Id., Spogli vaticani, ibid., 1877b, pp. 262-284, in partic. pp. 272-278; E. Müntz, Le arti in Roma sotto il pontificato d’Innocenzo VIII (1484-1492), in Archivio storico dell’arte, II (1889), pp. 478-485, in partic. pp. 478-481; L. Fumi, Il duomo di Orvieto e i suoi restauri, Roma 1891, pp. 298, 396, 457; E. Müntz, Les arts à la cour des papes Innocent VIII, Alexandre VI, Pie III (1484-1503). Recueil de documents inédits ou peu connus, Paris 1898, pp. 60, 137, 178 s., 217, 256; L. Fausti, Le pitture di fra Filippo Lippi nel duomo di Spoleto, Perugia 1915, p. 13; U. Gnoli, P. da A., in Bollettino d’arte, s. 2, III (1923-24), pp. 391-415; R. Longhi, In favore di Antoniazzo Romano, in Vita artistica, II (1927), pp. 226-233, in partic. p. 228, n. 1; B. Berenson, Italian pictures of the Renaissance, Oxford 1932, pp. 28, 345; F. Zeri, Il Maestro dell’Annunciazione Gardner, in Bollettino d’arte, s. 4, XXXVIII (1953), pp. 125-139, 233-249; F. Santi, Per la pala dei Francescani di Terni, in Arte antica e moderna, IV (1961), pp. 179-182; L. Canonici, L’Annunciazione Gardner alla Porziuncola, in Archivum franciscanum historicum, LXXI (1978), pp. 459-462; E. Lunghi, Un affresco di P. d’A. nel duomo di Orvieto, in Esercizi, VIII (1985), pp. 5-8; F. Zeri, Postilla al Maestro dell’Annunciazione Gardner, in Paragone, XXXVI (1985), 429, pp. 3-6; A. Ricci, Pier Matteo d’A. e la pala dei francescani. Un documento notarile per identificare l’autore dell’opera, in Arte sacra in Umbria e dipinti restaurati nei secoli XIII-XX (catal., Perugia-Terni, 1986-87), Todi 1987, pp. 47-61; F. Todini, La pittura umbra dal Duecento al primo Cinquecento, I, Milano 1989, p. 46; F. Zeri, Pier Matteo d’A. e gli umbri a Roma, in Dall’Albornoz all’età dei Borgia. 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Itinerari in Umbria. Guida storico-artistica, a cura di S. Ricci, Cinisello Balsamo 2009; P. d’A. e il Rinascimento nell’Umbria meridionale (catal., Terni - Amelia, 2009-10), a cura di V. Garibaldi - F.F. Mancini, Cinisello Balsamo 2009 (in partic. M. Castrichini, pp. 134 s. cat. 18; E. David - E. Lucci, P. d’A.: note d’archivio, pp. 57-63; P. Mangia, pp. 162 s., cat. 28; L. Vignoli, pp. 172-175, catt. 33-34); R. Fascietti, Un probabile affresco di P. d’A., in prossimità del lago di Bolsena, in I beni culturali, XIX (2011), 2, pp. 42-47; S. Ricci, Un lascito, due iscrizioni, la fortuna del modello e il riuso del cartone: il Redentore di Orte restituito a P. d’A., in Predella, XI (2011), 30, pp. 167-190; L. Vignoli, Sulla formazione di P. d’A. nella Firenze del Quattrocento, ibid., pp. 147-166; Ead., P. d’A. e «Petrus Matheus de Lauro romanus»: un caso di omonimia nella fortezza Borgia di Civita Castellana, in Roma nel Rinascimento, 2012, pp. 203-208; D. Frapiccini, L’età aurea di Giulio II. Arti, cantieri e maestranze prima di Raffaello, Roma 2013, pp. 158, 164 s., docc. VII, XLIII, XLVI; L. Principi, in Id. - S.E. Anselmi, Il Museo d’arte sacra di Orte, Orte 2013, pp. 33-35. Si ringrazia Marcello Di Nicola per la segnalazione dei rogiti del 6 e 18 aprile 1497.

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