SILVANI, Pier Francesco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 92 (2020)

SILVANI, Pier Francesco

Sara Ragni

– Nacque a Firenze, nella parrocchia di S. Maria in Campo, il 28 giugno 1619, primogenito di Gherardo, scultore e architetto, e di Costanza di Camillo Salvetti, nipote per parte di madre dell’architetto Bernardo Buontalenti (Firenze, Archivio dell’Opera del duomo, Registri battesimali, 32, Maschi, c. 55r). L’anno di nascita viene posticipato al 1620 dal biografo Filippo Baldinucci (1681-1728, 1847, p. 396), e tale data è stata ripresa dalla maggioranza dei critici, nonostante che Rolf Linnenkamp (1959, p. 82, nota 57,1) lo avesse reso noto correttamente, desumendolo dalle filze delle Decime granducali, in una delle note in calce alla pubblicazione della Vita manoscritta di Gherardo Silvani redatta intorno al 1645 dal suo amico d’infanzia Giovanni Sini. Quest’ultima fonte (ibid., p. 82), la più antica sull’operato del padre, e a seguire Baldinucci (1681-1728, 1847, pp. 396 s.) attestano che Pier Francesco dimostrò una precoce attitudine allo studio dell’architettura e divenne ben presto uno dei collaboratori più qualificati di Gherardo, il quale, dopo aver abbandonato la professione di scultore negli anni Venti, si dedicò esclusivamente al mestiere di architetto e detenne in questo campo un ruolo egemonico durante tutta la prima metà del secolo, accanto all’altro principale esponente della scuola fiorentina, Matteo Nigetti. Nel 1630 Silvani padre subentrò a costui nella conduzione del cantiere della chiesa teatina dei Ss. Michele e Gaetano e nove anni più tardi cominciò ad avvalersi del figlio per l’erigenda facciata: il primo incarico documentato di Pier Francesco risale al dicembre 1639, quando ricevette un compenso di due scudi per l’esecuzione di alcuni disegni, presumibilmente propedeutici al prospetto esterno, come chiarisce l’acconto che egli incassò a distanza di pochi mesi, nel marzo 1640, per aver fornito sia il disegno della facciata sia quello della controfacciata (Chini, 1984, pp. 293 s., doc. 32). I pagamenti che da allora gli furono regolarmente corrisposti attestano che Pier Francesco ebbe un ruolo primario nella lunga vicenda costruttiva del prospetto, la cui realizzazione, avviata nel 1648 con il sostegno finanziario del cardinale Carlo de’ Medici e patrocinata dopo la sua morte nel 1666 dal nipote e futuro sovrano Cosimo III, venne compiuta nel 1693 (ibid., pp. 96-98).

Vi contribuirono maestranze e artisti specializzati: il rivestimento in pietra forte spettò al maestro scalpellino Alessandro Malavisti e alla sua bottega; lo stemma mediceo in marmo bianco, progettato dallo scultore Carlo Marcellini e dallo stesso Pier Francesco, fu eseguito da Silvestro Malavisti e messo in opera nel 1688 sopra il finestrone circolare del registro superiore, insieme ai due putti marmorei che lo fiancheggiano; quest’ultimi furono scolpiti da Marcellini. L’esecuzione delle due sculture raffiguranti la Speranza e la Povertà sopra il portale centrale fu affidata nel 1686 dai teatini allo scultore bavarese Balthasar Permoser, che le realizzò entro il 1689 insieme alla statua di S. Gaetano Thiene nella nicchia sopra il portale di sinistra. Il S. Andrea Avellino nella nicchia sopra il portale di destra venne scolpito in quegli stessi anni dal giovane scultore Anton Francesco Andreozzi (ibid., pp. 231-238), uno degli artisti rientrati a Firenze nel 1686, dopo il soggiorno romano all’Accademia Medicea istituita nel 1673 da Cosimo III.

Sebbene la tradizione storiografica più consolidata e gli studi recenti abbiano attribuito il progetto interamente a Silvani padre (pp. 96 s.; Bevilacqua, 2015, p. 138), che vi avrebbe elaborato un disegno rifacendosi al fronte buontalentiano della vicina S. Trìnita, la facciata teatina si presenta scandita nella campitura centrale dei due registri da paraste binate scanalate di ordine corinzio, elementi architettonici che raramente furono impiegati da Gherardo, ma che ricorrono nelle opere del figlio; la puntuale documentazione relativa alla costruzione induce inoltre a ridimensionare il contributo paterno: nel 1652 Pier Francesco gli succedette ufficialmente alla guida del cantiere e nel 1656 fu nominato architetto di tutta la fabbrica, incarico che continuò a ricoprire fino al marzo 1685 (Chini, 1984, pp. 296-301, docc. 34-36C).

Il rapporto di collaborazione tra padre e figlio sarebbe rimasto costante: secondo la testimonianza di Baldinucci (1681-1728, 1847, p. 397), Pier Francesco avrebbe affiancato Gherardo durante tutta la durata dell’incarico ad architetto dell’Opera di S. Maria del Fiore, sin dalla nomina nel 1636 (Bevilacqua, 2015, p. 58), e ne sarebbe stato successore alla sua morte nel 1675. Ancora il biografo (Baldinucci, 1681-1728, 1847, pp. 398 s.) assegna a entrambi la ristrutturazione del monastero dei cistercensi in Borgo San Frediano e al solo Pier Francesco il progetto della loro nuova chiesa, che venne rifiutato dagli stessi committenti dopo che a partire dal 1670 ne era stata edificata la zona presbiteriale (fu distrutta nel 1679 per lasciare spazio alla costruzione, secondo il progetto dell’architetto romano Giulio Cerutti e sotto la supervisione del fiorentino Antonio Ferri, di S. Frediano in Cestello: Cresti, 1990, pp. 181-183). Tra le dimore nobiliari gli vengono ascritti interventi in palazzo Pecori Rinuccini (Baldinucci, 1681-1728, 1847, p. 399), Lotteringhi della Stufa e Serristori (dove operò insieme a Gherardo: Salomone, 2018).

Nel 1667 la congregazione fiorentina di s. Filippo Neri diede seguito all’annosa vicenda progettuale e costruttiva della sua nuova sede, iniziata nel 1645 con l’affidamento dell’incarico a Pietro da Cortona e proseguita fino al definitivo accantonamento dell’oneroso progetto berrettiniano, e si rivolse ufficialmente a Pier Francesco, che fin dal 1658 era stato incaricato dagli stessi oratoriani di apportare delle modifiche sostanziali al primitivo progetto (Coffey, 1976; Cresti, 1990, pp. 164 s.). Egli formulò una soluzione che avrebbe interessato l’area compresa tra via dell’Anguillara e Borgo de’ Greci e previde tre corpi di fabbrica raccordati dall’ampia facciata principale, con la chiesa affiancata dall’oratorio e dal convento (rimangono un cospicuo corpus grafico al Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi [ibid., pp. 171 s.] e un grande modello ligneo della chiesa al Museo Bardini [Marchi - Nesi - Vaccari, 2011]). Silvani diresse il cantiere fino al 1672 e durante il suo mandato fu parzialmente edificato soltanto l’oratorio, l’odierna chiesa di S. Filippo Neri, comunemente nota col nome di S. Firenze, il cui interno venne portato a termine nel 1715 dallo scultore Giovacchino Fortini (Farneti, 2007), il quale recuperò, variandoli e arricchendoli, alcuni degli elementi formali che erano stati previsti dal suo predecessore, come le paraste scanalate sormontate dalla trabeazione e i confessionali alternati a esse.

Nel 1668 Pier Francesco fornì i disegni per la recinzione ottagonale del coro della basilica della SS. Annunziata e dal 1680 curò l’allestimento dei frontespizi delle cappelle della navata e della tribuna albertiana adottando una classicistica scansione di paraste trabeate inglobanti arcate su pilastri (Bertoncini Sabatini, 2014, pp. 18 s.). A partire dalla metà degli anni Settanta fu ingaggiato dai Corsini, una delle casate allora in ascesa del patriziato fiorentino, e per costoro realizzò la cappella in S. Maria del Carmine, che può essere considerata il suo maggiore lascito. La costruzione di un sacello in cui fossero celebrate le glorie familiari era stata prevista fin dalle disposizioni testamentarie del senatore Bartolomeo di Bernardo (1545-1613), il quale aveva contestualmente stanziato una considerevole somma di denaro con cui i discendenti avrebbero dovuto sopperire alle spese necessarie alla canonizzazione del beato Andrea Corsini († 1373). L’antico vescovo di Fiesole fu proclamato santo nel 1629 da Urbano VIII e nel 1635 i discendenti del senatore acquistarono il sito nel braccio sinistro del transetto della chiesa del Carmine. Gli esponenti più in vista della famiglia fecero stilare una serie di progetti che rimasero inattuati, come quello commissionato dall’arcivescovo Ottavio Corsini ad Andrea Sacchi, che prevedeva per la cappella una facies interamente ‘romana’ (Spinelli, 2011), e soltanto nel 1675 i lavori furono avviati, quando i marchesi Bartolomeo di Filippo e Neri d’Andrea Corsini sottoscrissero un dettagliato contratto con Pier Francesco (trascritto integralmente in Martellacci, 1990-1991, pp. 31 s.): in esso veniva stabilito che le maestranze avrebbero dovuto attenersi scrupolosamente al progetto dell’architetto, «fatto in carta, et in un modello di legno» (tre disegni autografi sono conservati nell’archivio privato Corsini [Lankheit, 1957-1959] insieme a un modello ligneo molto fedele alla realizzazione finale [Chigiotti, 1974]). Il contratto prevedeva che nel registro inferiore delle pareti laterali della cappella dovessero essere collocati i depositi dei due cardinali di famiglia, Piero di Tommaso († 1405) e Neri di Filippo (1624-78), e che ciascuna delle pareti, compresa quella di fondo, sarebbe stata decorata da una «tavola». Dalla scrittura si evince che i committenti non avevano ancora deciso se dotare il sacello di una decorazione pittorica o scultorea; due anni dopo, il 15 febbraio del 1677, optarono per l’ornamentazione plastica, e affidarono a Giovanni Battista Foggini la prima delle tre tavole marmoree, quella raffigurante l’Apoteosi di s. Andrea, che fu collocata alla parete di fondo, mentre la messa in opera degli elementi architettonici, dei sepolcri e dell’intero rivestimento lapideo della cappella venne assegnata agli scalpellini Agnolo Tortoli e Agostino Bambi. I lavori procedettero speditamente: nel 1679 venne innalzata la cupola; la decorazione pittorica della volta e dei pennacchi fu eseguita da Luca Giordano entro il 1682. Al momento dello scoprimento, avvenuto il 24 ottobre del 1683 in occasione della solenne traslazione delle spoglie di s. Andrea nel nuovo deposito, la cappella era terminata in tutte le parti, a eccezione delle due tavole marmoree raffiguranti gli episodi miracolosi dell’apparizione del santo alle truppe fiorentine durante la battaglia di Anghiari e della sua prima messa, che furono collocate nelle edicole laterali rispettivamente nel 1689 e nel 1701 (Lankheit, 1957-1959; Idem, 1962; Monaci Moran - Meloni Trkulja, 1990; Martellacci, 1990-1991).

La configurazione spaziale della cappella è ancora esemplata sui modelli architettonici tardo-cinquecenteschi di matrice dosiana, e prevede l’altare a isola di fronte alla parete di fondo e le sepolture affrontate al centro delle pareti laterali; perfino il montaggio delle tavole marmoree con i rilievi narrativi al di sopra dei sarcofagi trova un diretto antecedente nei monumenti funerari della cappella Gaddi in S. Maria Novella (per la destinazione sepolcrale del sacello, in cui il deposito di s. Andrea assurge alla funzione di sarcofago-reliquiario, si veda Ragni, in c.d.s.). Seppur tradizionalista nell’impianto, il vano a pianta quadrata è connotato da inedite soluzioni decorative: i pilastri cruciformi scanalati, atti a sorreggere i quattro arconi d’imposta della cupola, conferiscono un forte risalto plastico, e le monumentali tavole marmoree di Foggini, appena rientrato da Roma dopo il triennio di studio all’Accademia Medicea, introducono a Firenze il tema algardiano della storia concepita sotto forma di rilievo scultoreo. Il rivestimento parietale risulta enfatizzato nelle modulazioni chiaroscurali grazie alle membrature scanalate di ordine corinzio, che si configurano come una cifra stilistica di Pier Francesco e denotano il recupero di una tradizione che risale, andando a ritroso dal Dosio della cappella Niccolini in S. Croce al Michelangelo della Sagrestia Nuova, fino a Brunelleschi (Rinaldi, 2010, pp. 103 s.).

Dal 1679 Pier Francesco condusse anche i lavori di ristrutturazione del grande palazzo situato in via del Parione, di cui Bartolomeo Corsini era divenuto il proprietario circa trent’anni prima: entro il 1683 vi realizzò la scala elicoidale e dovette presumibilmente redigere un progetto di ampliamento che avrebbe posto l’edificio al centro di un rinnovato asse viario tramite l’apertura di una strada sulla retrostante piazza de’ Rucellai (del progetto, mai realizzato, rimangono nell’archivio Corsini quattro disegni a lui attribuiti: Orefice, 1990-1991, pp. 6 s.).

La commissione della cappella Corsini ebbe una notevole risonanza che procurò a Pier Francesco un discreto credito presso la famiglia granducale e alcuni degli ordini a essa legati da antiche o recenti consuetudini: tra il 1674 e il 1675 le suore carmelitane di S. Maria degli Angeli richiesero a lui, a Baldassarre Franceschini e a Ciro Ferri altrettanti distinti progetti per ammodernare la cappella maggiore della loro chiesa in Borgo Pinti al fine di dedicarla alla consorella Maria Maddalena de’ Pazzi, canonizzata nel 1669. Dietro istanza del principale fautore dell’impresa, Cosimo III, la scelta ricadde sul progetto di Ferri e questi vi approntò una scenografica e magniloquente architettura, memore degli allestimenti delle coeve cappelle principesche romane, ma non poté dirigere i lavori in quanto era allora impegnato a Roma come maestro di pittura all’Accademia Medicea e nel cantiere pamphiliano di S. Agnese in Agone. Nell’ottobre 1676 Silvani fu nominato responsabile della costruzione e vi attese fino al 1684, dando il proprio contributo alla messa in opera del prezioso rivestimento lapideo policromo parietale, del pavimento e della cupola (Pacini, 2003, pp. 375 s.). Nel 1678 realizzò per i domenicani di S. Marco il riassetto del presbiterio con l’inquadramento della tribuna in una monumentale serliana e l’innalzamento della cupola emisferica (i lavori comportarono anche l’abbattimento dell’antico tramezzo: Carbonai - Salmi, 1989, pp. 298 s.). Su commissione della protettrice della congregazione laicale delle Montalve, la granduchessa madre Vittoria della Rovere, Pier Francesco eseguì dopo il 1679 il progetto della chiesa della SS. Trinità a villa La Quiete, che fu edificata postuma tra il 1686 ed il 1688 (Leoncini, 1997, pp. 41 s.).

L’ultimo incarico gli fu conferito nel 1684, quando Cosimo III ottenne dai frati minori osservanti di S. Francesco di Trani la reliquia della testa di s. Stefano papa e gli commissionò il progetto dell’altare maggiore dell’omonima chiesa dei Cavalieri di Pisa (Noehles, 1970; Lankheit, 1974), il cui arredo scultoreo, opera di Foggini e Andrea Vaccà, fu completato nel 1703-07 con l’inserimento della cattedra di bronzo sovrastata dalla statua marmorea del santo in gloria (Spinelli, 2003). Il 22 agosto 1685, lasciata la chiesa di S. Stefano dove sovrintendeva all’ampliamento della sagrestia e dei locali annessi, Pier Francesco fu colto da un attacco d’asma sulla strada che lo doveva condurre a Firenze e venne sepolto in una località distante poche miglia da Pisa; lasciò la moglie Virginia Boldrini e i tre figli Gherardo, Giovanni Gualberto e Costanza ancora fanciulli (Baldinucci, 1681-1728, 1847, p. 402).

Fonti e Bibl.: Firenze, Archivio dell’Opera del duomo, Registri battesimali, 32, Maschi, c. 55r.

F. Baldinucci, Notizie dei professori del disegno da Cimabue in qua... (1681-1728), a cura di F. Ranalli, V, Firenze 1847, pp. 396-402; K. Lankheit, Die Corsini-Kapelle in der Carmine-Kirche zu Florenz und ihre Reliefs, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, VIII (1957-1959), pp. 35-60; R. Linnenkamp, Una inedita vita di Gherardo Silvani, in Rivista d’arte, s. 3, XXXIII (1959), pp. 73-111 (in partic. p. 82); K. Lankheit, Florentinische Barockplasik. Die Kunst am Hofe der lezten Medici (1670-1743), München 1962, pp. 83-85; K. Noehles, Der Hauptaltar von Santo Stefano in Pisa..., in Giessener Beiträge zur Kunstgeschichte, I (1970), pp. 87-123; G. Chigiotti, in Gli ultimi Medici. Il tardo-barocco a Firenze 1670-1743 (catal., Detroit-Firenze), coordinamento di F. Chiarini, Firenze 1974, p. 466, n. 277; K. Lankheit, ibid., pp. 58 s., n. 21; C. Coffey, The projects of Pietro da Cortona and S. for the church of San Firenze in Florence, in Kunst des Barock in der Toskana. Studien zur Kunst unter den letzten Medici, München 1976, pp. 234-244; E. Chini, La chiesa e il convento dei Santi Michele e Gaetano a Firenze, Firenze 1984, pp. 96-98, 231-238, 293 s. doc. 32, 296-301 docc. 34-36C; F. Carbonai - M. Salmi, La chiesa di San Marco e il chiostro di San Domenico, in La chiesa e il convento di San Marco a Firenze, I, Firenze 1989, pp. 298 s.; C. Cresti, L’architettura del Seicento a Firenze..., Roma 1990, pp. 164-184; L. Monaci Moran - S. Meloni Trkulja, Cappella Corsini in Santa Maria del Carmine, in Cappelle barocche a Firenze, a cura di M. Gregori, Milano 1990, pp. 136-164; R. Martellacci, Glorie familiari e sentimento religioso: le Cappelle Corsini a Firenze, in Quaderni di storia dell’architettura e restauro, IV-V (1990-1991), pp. 19-32; G. Orefice, Le «case grandi» dei Corsini a Firenze, ibid., pp. 6-18; G. Leoncini, La fondatrice, Eleonora Ramirez de Montalvo, e le Minime Ancelle della Santissima Trinità e della Divina Incarnazione, in Villa La Quiete. Il patrimonio artistico del conservatorio delle Montalve, a cura di C. de Benedictis, Firenze 1997, pp. 31-49; P. Pacini, Fasto barocco e rigore monastico per Santa Maria Maddalena de’ Pazzi: la costruzione della cappella-reliquiario di Ciro Ferri, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XLVII (2003), pp. 375-439; R. Spinelli, Giovan Battista Foggini «architetto primario della Casa Serenissima» dei Medici (1652-1725), Firenze 2003, p. 338; F. Farneti, in Atlante del Barocco. Firenze e il Granducato, a cura di M. Bevilacqua - G.C. Romby, Roma 2007, p. 385, n. 15; A. Rinaldi, I dilemmi dell’architettura fiorentina tra Pietro da Cortona e Galileo, in Firenze milleseicentoquaranta. Arti, lettere, musica, scienza, a cura di E. Fumagalli - A. Nova - M. Rossi, Venezia 2010, pp. 89-115; M. Marchi - A. Nesi - M.G. Vaccari, Vicende di un recupero straordinario: il modello della chiesa di San Firenze, in Quaderni dell’ufficio e laboratorio restauri della Soprintendenza di Firenze, a cura di M. Scudieri - M.G. Vaccari, Livorno 2011, pp. 59-65; R. Spinelli, Progetti seicenteschi per la Cappella Corsini a Firenze: Sacchi e Cortona, in Paragone, LXII (2011), 733, pp. 19-40; P. Bertoncini Sabatini, Nel combinato disposto delle arti: la facies maiestatica e trionfante della Santissima Annunziata in età barocca, in La basilica della Santissima Annunziata. Dal Seicento all’Ottocento, a cura di C. Sisi, Firenze 2014, pp. 18-25; M. Bevilacqua, I progetti per la facciata di Santa Maria del Fiore (1585-1645). Architettura a Firenze tra Rinascimento e Barocco, Firenze 2015, pp. 58, 138; S. Salomone, Silvani, Gherardo, in Dizionario Biografico degli Italiani, 92, Roma 2018, pp. 615-620; S. Ragni, I sepolcri monumentali nella Firenze del Principato. Dagli ultimi anni del regno di Ferdinando I fino alla fine della dinastia medicea (1600-1743), Firenze 2020, in c.d.s.

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