Piemonte

Enciclopedia Italiana - VII Appendice (2007)

Piemonte

Cesare Emanuel e Silvia Moretti

Geografia umana ed economica

di Cesare Emanuel

Regione storica e amministrativa dell'Italia settentrionale, suddivisa in 1209 circoscrizioni comunali raggruppate in 8 provincie: Torino, Cuneo, Asti, Alessandria, Vercelli, Novara, Biella e Verbano-Cusio-Ossola. Il P. si estende su un'area di 25.397 km2; quasi metà della superficie è montuosa, mentre la pianura occupa soltanto il 20% del totale. Grande dunque la varietà dei paesaggi e delle unità geografico-ambientali: dalle zone alpine, con cime di oltre 4000 m. di altezza, alla zona di pianura (intorno a Vercelli) ubicata a circa 100 m s.l.m. Tutto ciò contribuisce a creare sia una complessa scenografia naturale sia un consistente e diramato reticolo idrografico che alimenta il Po, le cui sorgenti sono anch'esse piemontesi.

Anche la pianura, che risulta sicuramente l'area più importante sotto l'aspetto economico, si presenta come una realtà composita.

Essa può essere infatti circoscritta in una fascia di alta pianura al disopra dei 300 m (dal Cuneese fino alla regione del Verbano) e nella media e bassa pianura (da Torino al Vercellese, al Novarese e all'Alessandrino: nell'una si è sviluppata l'industrializzazione nel corso dell'Ottocento (potendo qui le unità manifatturiere impiegare sia l'energia motrice offerta dallo scorrimento dei fiumi sia un'ingente massa di popolazione agricola eccedente); nell'altra si sono attuate le prime forme di agricoltura moderna fondata sulle grandi proprietà e sull'utilizzo di forza lavoro salariata.

Le caratteristiche fisico-ambientali del territorio hanno per lungo tempo contribuito a modellare nella regione la distribuzione della popolazione e delle attività economiche. Dai primi decenni del 20° sec., e in particolare dagli anni Cinquanta, tuttavia la crescita del P. si è in larga misura identificata con quella del capolouogo, Torino, della sua area metropolitana e di pochi altri centri, tra cui i capoluoghi di provincia. Il successo della FIAT, come pure quello conseguio da altre grandi imprese meccaniche, elettroniche, tessili, alimentari e dal loro indotto ha infatti consentito la concentrazione di una crescente massa di forza lavoro, di capitali, di mezzi di produzione, di servizi e di infrastrutture. Su circa il 15% del territorio regionale si è insediato più del 60% della popolazione e oltre il 70% dei posti di lavoro. I caratteri di questa crescita hanno contribuito alla formazione di una delle tre polarità del triangolo industriale del Nord-Ovest italiano (con Milano e Genova), seppure nel contesto regionale abbiano accresciuto i divari esistenti con le aree più agricole (Cuneese, Astigiano e Vercellese), e con i distretti della prima industrializzazione (Pinerolese, parte del Biellese, Val Sesia e Alto Novarese). Questi processi e le relative dinamiche hanno avuto una battuta d'arresto nel corso degli anni Settanta e Ottanta del Novecento, quando si sono resi evidenti i primi sintomi della crisi economica e sono esplosi gli svantaggi derivanti dalla eccessiva concentrazione urbana e dalla grande dimensione d'impresa. In P. si è avviato, quindi, un processo di riconversione e ristrutturazione produttiva che ha avuto come conseguenza una forte deindustrializzazione, una ridistribuzione geografica delle funzioni economiche e un forte calo demografico.

Al 2005 il P. contava 4.290.000 abitanti, con un decremento di 157.000 ab. (−3,5%) rispetto al 1981; in questo arco di tempo nella regione si è quindi perso l'equivalente demografico di due grandi città come Cuneo e Novara. In particolare, hanno subito una diminuzione tutte le principali città con oltre 60.000 ab. (−11%), mentre continua la caduta dei centri periferici con meno di 3000 ab. (−2%). Torino, dopo essere diventata negli anni Sessanta una delle città 'milionarie' d'Italia, è scesa in questi anni a 900.000 abitanti. Tra le cause principali di questo decremento non vi è solamente l'arresto, e in qualche caso l'inversione, dei flussi immigratori (parzialmente compensati dagli arrivi delle popolazioni extracomunitarie), ma anche un crescente saldo naturale negativo.

La popolazione piemontese va velocemente invecchiando e contemporaneamente si ridistribuisce soprattutto nei comuni compresi tra i 3000 e 20.000 ab., che nel decennio 1995-2005 sono cresciuti in media dell'8%. Si tratta comunque di centri che nella maggioranza sono ancora compresi entro un raggio di 60-80 km dal capoluogo regionale e che si estendono fino nel Canavese, nella Bassa Valle di Susa, nel Pinerolese, nel Cuneese settentrionale e nell'Astigiano; a essi vanno poi aggiunti quelli collocati lungo i principali assi del traffico e quelli novaresi posti ormai ai margini dell'area metropolitana milanese.

La densità territoriale, che per l'intero P. è di 170 ab./km2, consente poi di osservare come sia in corso di formazione una struttura insediativa decisamente più articolata rispetto a quella del passato e che fa perno, oltreché sull'area metropolitana, anche su alcuni sistemi urbano-territoriali policentrici quale quello dei centri pedemontani orientali (Biella, Borgosesia, Borgomanero), quello della pianura cuneese (Saluzzo, Savigliano, Fossano, Cuneo), dell'Albese-Basso Astigiano (Alba, Asti, Canelli, Nizza), dell'asse Novara-Domodossola e di quello Casale-Alessandria-Valle Scrivia. Essi si sono venuti a formare per disseminazione e densificazione progressiva dell'edificato circostante i nuclei principali. Queste nuove configurazioni urbane sono tuttavia cinte da un'estesa area di declino e di rarefazione demografica costituita da buona parte delle aree alpine e dell'alta collina, anche se la diffusione insediativa lungo gli assi stradali tende a frazionare e interrompere la loro unità.

Alla forte crescita dell'industria in P. ha fatto riscontro una grave crisi del settore agricolo, che ha comportato non solo un calo della superficie coltivata (con l'unica eccezione delle coltivazioni arboree), ma anche un calo della produzione in tutti i principali comparti. In particolare gli ultimi decenni del secolo scorso hanno conosciuto tassi di deruralizzazione così elevati da segnare profondamente il settore, che pure continuava a registrare una discreta vitalità economica. Si sono così formate aree di marginalità e di degrado, anche paesistico, molto vaste con l'unica eccezione di quelle in cui si è andata affermando un'agricoltura specializzata. Questo è avvenuto con l'agricoltura intensiva ad alto carico bovino del Cuneese, le aree risicole del Vercellese e del Novarese, quelle vitivinicole dell'Albese e dell'Astigiano meridionale, nonchè quelle frutticole del Saluzzese. Esse hanno conosciuto una crescente localizzazione di industrie di trasformazione, che si sono affermate quali moderni sistemi agroindustriali integrati. In particolare, ha avuto un notevole sviluppo la produzione vitivinicola, che nel 2005 ha raggiuntio i 3 milioni di ettolitri, oltre 80% dei quali, secondo i dati Istat, è rappresentata da vini con marchio DOC e DOCG.

I processi di ristrutturazione industriale avvenuti a seguito della crisi (degli anni Settanta e Ottanta) hanno ridotto a 400.000 i posti di lavoro nel settore: la metà di quelli presenti nella regione al 1981. Di essi 200.000 sono ancora ubicati nella sola area metropolitana. Nonostante questi risultati negativi il complesso manifatturiero regionale, attraverso i comparti dell'auto, dell'elettronica, della meccanica e del tessile, risulta nel contesto nazionale uno dei principali esportatori di beni e semilavorati verso l'estero. Al raggiungimento di questo primato contribuisce sia la presenza di grandi imprese sia una ancora vitale organizzazione distrettuale: in quasi tutti i settori in cui può essere scomposta l'economia industriale, il P. annovera infatti almeno una grande azienda, oppure un'area, leader sui mercati mondiali. Soprattutto le grandi imprese controllano segmenti significativi delle filiere internazionali in cui sono inserite oppure ampi settori dei sistemi di fornitura che le servono. Almeno un terzo delle imprese piemontesi di media-grande dimensione controlla stabilimenti localizzati in altre regioni italiane. Molte di esse inoltre hanno investito all'estero: la loro presenza risulta in ben 32 Paesi tra i quali spiccano, per posti di lavoro controllati, il Brasile, la Francia, la Germania, la Polonia e la Russia. I Paesi stranieri con stabilimenti nella regione sono ormai 11; la presenza più importante è quella degli Stati Uniti, sia per la quota di unità e forza lavoro controllata sia per la diffusione delle localizzazioni, che toccano cinque delle otto province. Seguono la Francia e la Svizzera.

Il P. resta dunque una regione economica a 'fibra forte'. La deindustrializzazione è stata accompagnata infatti dallo sviluppo di attività ad alta intensità di capitale e a consistente contenuto tecnologico, talora anche in imprese di piccole dimensioni, nei comparti dell'elettronica e delle biotecnologie (Canavese), della robotica (area metropolitana del capoluogo regionale), della meccanica di precisione (Astigiano, Alessandrino e Cuneese) e dell'ingegneria sanitaria (Vercellese). Tra Torino, Ivrea e Novara risultano inoltre installati più del 50% dei robot industriali presenti in Italia. La ristrutturazione industriale ha evidenziato altri importanti settori come quello del meccano-tessile nel Biellese, della produzione orafa di Valenza, degli impianti 'del freddo' nel Casalese, dell'utensileria da cucina e del valvolame del Verbano, della chimica a Novara, della logistica nell'Alessandrino. Persiste e si rafforza, sul mercato nazionale e su quello internazionale, il primato dell'industria enologica e della filiera vitivinicola delle colline delle Langhe e del Monferrato.

La caduta occupazionale dell'industria è compensata da una crescita consistente dei servizi. Queste attività rappresentano al 2005 circa il 12% del totale nazionale e consentono di mantenere alto il tasso di attività della popolazione. Il loro sviluppo pervasivo interessa l'insieme dei centri metropolitani, che detengono più della metà della dotazione regionale, i capoluoghi di provincia e altri centri minori come Ivrea, Alba, Bra, Valenza, Tortona, Canelli, Nizza, Cossato, Borgomanero, Borgosesia, Cuorgnè, Rivarolo, Domodossola in cui, come si è visto, si verificano gli episodi più significativi di ripresa industriale.

Un'attività che soltanto di recente trova una decisa valorizzazione in P. è infine quella turistica. Soprattutto attraverso gli investimenti, e gli eventi, che hanno accompagnato lo svolgimento delle Olimpiadi invernali del 2006 a Torino e nelle valli di Susa e Chisone, la regione ha messo in luce le potenzialità e l'estensione dei suoi comprensori sciistici, la notevole struttura alberghiera e i servizi complementari. Il P. può inoltre contare sulle località turistiche del Lago Maggiore e di quello di Orta, sul patrimonio culturale enogastronomico e delle produzioni tipiche, nonché sulle testimonianze storico-artistiche dei capoluoghi di provincia, e di Torino in particolare, in cui primeggiano le architetture e i monumenti barocchi della 'città capitale', dei musei e delle conservatorie del periodo sabaudo, che sono meta di crescenti flussi turistici tanto nazionali quanto internazionali.

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