PICENUM

Enciclopedia dell' Arte Antica (1996)

PICENUM

L Bacchielli
G. Paci

Antico nome della regione dell'Italia centrale delimitata dall'Appennino, dall'Adriatico, dalla foce dell'Esino (antico Aesis) e da quella del Salino. Nella divisione augustea dell'Italia, il P. formò la Regio V; nel 292 d.C. fu unito all'Umbria nord-orientale per formare la provincia Aemilia et Picenum. I risultati degli intensi scavi e di una serie di studi, mostre e convegni hanno contribuito a rinsaldare o a modificare le linee di un panorama culturale che risulta sempre più completo e coerentemente delineato.

Dal Paleolitico all'Età del Bronzo. - I materiali attribuibili al Paleolitico sono in gran parte dovuti a rinvenimenti sporadici di superficie e perciò risultano spesso di difficile definizione cronologica. Industria litica acheuleana è stata individuata a Monte S. Vito di Ancona; due giacimenti in sequenza stratigrafica - rispettivamente del Paleolitico Medio e Superiore - sono stati riconosciuti a Gagliole, in provincia di Macerata. Le tracce del Paleolitico Recente risultano più numerose: aree di lavorazione di manufatti litici sono state ritrovate, p.es., nei dintorni di Cingoli e nel comune di Serra S. Quirico, lungo la riva destra del fiume Esino; industria litica è stata individuata in contesto stratigrafico lungo la vallata del Potenza. Una scoperta particolarmente significativa si è infine registrata a S. Severino (località Ponte di Crispiera), dove è stata accertata l'esistenza di un'area abitativa e di una serie detrítica che dall'interglaciale Riss-Würm si protrae, probabilmente, fino a tutta la glaciazione würmiana.

Al Mesolitico è attribuibile un giacimento a Pievetorina, in un sito sul quale si impianteranno successivamente uno stanziamento del Neolitico Superiore e, ancora più tardi, una necropoli picena del VII sec. a.C.

Aree abitative riferibili al Neolitico sono state riconosciute a Città S. Angelo, a Tortoreto (località Fortellezza), nei dintorni di Cingoli, a Recanati (località Fontenoce). Qui le strutture riportate in luce (acciottolati, buchi di palo, una probabile fossa di scarico) fanno ipotizzare l'esistenza di un insediamento di grandi dimensioni, mentre i materiali rinvenuti in contesto (prevalenza di grattatoi fra i manufatti litici e di anse tipo Serra d'Alto fra la produzione ceramica) ne dichiarano l'appartenenza al Neolitico Superiore. Una simile collocazione cronologica è possibile proporre per l'insediamento di Acquaviva Picena (località Monte Tinello), testimoniato da frammenti di intonaco, da tracce di focolari e da alcune cavità scavate nell'argilla, il cui materiale ceramico è confrontabile con quello della fase recente della cultura di Ripoli. Sono inoltre venuti alla luce probabili fondi di capanna circondati da un fossato, la necropoli dell'insediamento, materiali litici e ceramici.

Alcuni rinvenimenti riferibili all'età eneolitica evidenziano ora strette affinità con la facies di Rinaldone. È il caso delle cinque tombe «a grotticella» scoperte a Camerano, in contrada S. Giovanni, con accesso a pozzetto verticale e corredi funebri in cui è presente anche il tipico vaso a fiasco. Altre scoperte si sono registrate a Recanati, a SE dell'area dell'insediamento neolitico di Fontenoce. Gli scavi hanno interessato una tomba con fossa ovale, scheletro rannicchiato e corredo formato da una ciotola carenata e da un vaso a corpo globulare e due anse. Sono state anche individuate consistenti tracce di palificazione riferibili all'insediamento. Altre strutture abitative, attribuibili all'Eneolitico e al Bronzo Antico, sono state riconosciute ad Ancona (v.).

Nuove attestazioni di stazioni temporanee e di insediamenti appenninici si sono registrate a Rambona, a Castel di Lama, a Civitella del Tronto (località Fontana degli Amanti), dove una sequenza stratigrafica suggerisce un'occupazione dal Bronzo Medio al Bronzo Recente. All'ultima fase del Bronzo è attribuibile anche l'insediamento di Cingoli (località Piano di Fonte Mareosa), testimoniato da buchi di palo e frammenti di intonaco di capanna, ritrovati su un terrazzo fluviale. Ma le scoperte più importanti, per la singolarità e novità dei ritrovamenti, sono quelle di Treazzano di Monsampolo, in provincia di Ascoli Piceno, e del Montagnolo di Ancona. Nella prima località, assieme a strutture e materiali della facies subappenninica, è stato rinvenuto un frammento fittile del Miceneo IIIB; nella seconda due piccoli frammenti di ceramica micenea databili allo stesso periodo. Essi documentano la prima frequentazione dell'Adriatico centrale da parte di commercianti e navigatori dell'Egeo, o da parte di loro intermediarî: una frequentazione finalizzata all'approvvigionamento dell'ambra, che giungeva dal Mar Baltico nell'area picena.

La civiltà picena (IX sec. - 295 a. C.). - Lo sviluppo culturale della civiltà picena appare ormai chiaramente delineato e se ne è proposta una scansione in sette fasi fondamentali (Lollini, 1976). Il problema dell'origine dei Picentes sembra aver trovato elementi di conferma alla tradizione antica, che li voleva immigrati dalla Sabina voto vere sacro, nel riconoscimento degli stretti rapporti storici e culturali tra mondo sudpiceno e sabino, documentati dai recenti ritrovamenti delle tre stele di Penna S. Andrea (v.), in provincia di Teramo, e dall'iscrizione «sudpicena» di Cures Sabini (v.).

Attribuibili alla prima Età del Ferro sono le tracce di alcuni abitati individuate nella parte settentrionale dell'Abruzzo (Martinsicuro) e a Cartofaro, in provincia di Ascoli Piceno. Qui l'esistenza di un'area abitativa è ipotizzabile per la presenza di semi carbonizzati, di una forma di fusione per piccoli anelli e, soprattutto, di numerosi frammenti di intonaco di capanna. Altre tombe della necropoli villanoviana di Fermo, in contrada Mossa - che si era affiancata nell'VIII sec. a.C. a quella già esistente in località Misericordia - sono venute recentemente in luce: accanto all'inumazione rannicchiata nella fossa terragna inizia ad apparire quella distesa; in una stessa fossa possono registrarsi deposizioni plurime, fino a un massimo di sei. Ma i nuovi rinvenimenti di Fermo hanno anche ribadito una continuazione di questa necropoli nei secoli successivi e, soprattutto, il riassorbimento culturale dell'isola villanoviana nel contesto piceno. Ad Ancona gli scavi hanno condotto alla scoperta di due sepolcreti - quello di Via Villarey e di Piazza Malatesta - che fanno parte della già nota necropoli protostorica del Cardeto.

Anche gli abitati del secolo successivo - nella loro organizzazione topografica, nelle tipologie delle strutture, nella destinazione delle aree - rimangono ancora poco conosciuti. Ad Acquaviva Picena (località Abbadetta) è stato scavato un forno per la cottura di ceramica, in un contesto stratigrafico di VIII-VI sec. a.C., mentre a Rotella, in provincia di Ascoli Piceno, la frequentazione umana è testimoniata dall'indurimento e dall'arrossamento del suolo per effetto del fuoco. La situazione è diversa nel settore delle necropoli. Qui le scoperte riferibili al VII sec. a.C. e agli inizî di quello successivo sono state numerose e significative: Teramo (località La Cona), Pievetorina, Tolentino (località S. Egidio), Pitino di S. Severino (località Monte Penna e Ponte di Pitino). Il rito funerario è sempre quello dell'inumazione, ormai generalmente distesa, in semplici fosse terragne. Pochi casi fanno anche registrare una tendenza alla monumentalizzazione della sepoltura - attraverso l'adozione del tumulo (Pitino, località Monte Penna) o la delimitazione mediante circoli di pietra (Teramo; Tolentino; Pitino, località Ponte di Pitino) - alla quale è sottesa una mediazione etrusca. La presenza nelle tombe delle armi da battaglia e del carro a due ruote (Tolentino; Pitino, località Monte Penna) qualifica come guerriera questa aristocrazia. L'assenza di tracce di scheletro e di ceneri in alcune tombe del Piceno III rinvenute negli anni recenti (Tolentino; Pitino) conferma usi e riti già conosciuti nelle necropoli orientalizzanti dell'area picena (Fabriano, località S. Maria in Campo) e rinvia a significativi confronti con l'ambiente orientalizzante etrusco. I corredi - con l'alta incidenza di oggetti etruschi, oppure importati attraverso l'Etruria, o modellati, infine, a imitazione di quelli - ribadiscono i legami culturali con i centri etruschi e laziali. A Tolentino uno scudo circolare in bronzo si allinea con la produzione di Tarquinia e alcune grandi olle rinviano all'area falisco-capenate. A Pitino, nella necropoli di Monte Penna, la documentazione di questo fenomeno è ancora più abbondante: si tratta di kotylai etrusco-corinzie; di vasi di impasto buccheroide con decorazioni plastiche e a incavo e motivi figurati stampigliati; di un uovo di struzzo decorato con fregi di animali, rivestito da lamine d'oro nelle parti prive di decorazioni e trasformato in un'oinochòe con l'aggiunta di piede, ansa e collo in avorio; di dischi-corazza ai quali sembra di poter attribuire ascendenze capenati.

Le scoperte nelle necropoli di Campovalano, di Numana, di Recanati (località Villa Teresa), di S. Egidio alla Vibrata (località Marchesa), di Cupra Marittima, di Penna S. Andrea e delle aree abitative di Acquaviva Picena e S. Egidio alla Vibrata (località Case Veldon) contribuiscono a tracciare le caratteristiche della civiltà picena nel periodo compreso fra il VI e il V sec. a.C. Nella fase iniziale la documentazione - fornita soprattutto dalle necropoli - testimonia, accanto a un grande sviluppo demografico, l'aumento dei piccoli insediamenti; consente di riconoscere nel tessuto sociale un'organizzazione oligarchica di tipo gentilizio; assicura un potenziamento della rete commerciale che, senza rinunciare alle direttrici già acquisite, si apre verso il mondo greco e ne smista i prodotti verso i centri dell'Etruria. Anche i contatti culturali e gli scambi commerciali con l'area romagnola raggiungono una densità mai più registrata. Nelle associazioni funerarie questa solidità economica e la ricchezza del ceto egemone si rivelano attraverso le importazioni di prodotti di prestigio, con l'abbondanza di oggetti di ornamento in genere e delle fibule in particolare, con l'alta presenza dell'ambra.

Nel V sec. a.C. le testimonianze archeologiche diminuiscono progressivamente; la nuova realtà non sembrerebbe adombrare, però, un calo demografico o il sopraggiungere immediato della crisi, ma parrebbe indicare la formazione di centri di consistenza maggiore, in un processo di aggregazione delle piccole stazioni dei secoli precedenti. La nuova documentazione - soprattutto quella relativa agli abitati - non risulta sufficientemente esplicita: ad Acquaviva Picena gli scavi hanno consentito il recupero di tracce attribuibili a qualche abitazione o da mettere in relazione piuttosto ad attività produttive; a S. Egidio alla Vibrata è stato individuato un abitato di vaste dimensioni, difeso da un lungo fossato e formato da capanne.

Alla soluzione di questo problema possono essere forniti dati anche dall'analisi delle necropoli e in modo particolare da quelle di Numana. Qui, infatti, si assiste ormai a una loro organizzazione topografica su schemi diversi, che comportano l'abbandono di alcuni precedenti sepolcreti minori sparsi nel territorio e la concentrazione delle sepolture nelle due grandi necropoli poste vicino all'abitato, che di conseguenza si dovrebbe ipotizzare di tipo urbano. Altre caratteristiche vanno segnalate nelle necropoli di Numana, come la presenza di circoli che all'interno di fossati racchiudono gruppi di tombe appartenenti probabilmente a uno stesso gruppo gentilizio. Fra essi sono da ricordare il «Circolo delle Fibule», databile fra la fine del VII e quella del VI sec. a.C., che ha restituito più di duemila fibule, e un secondo che conteneva al suo interno anche la tomba di unì guerriero sepolto con il proprio carro da guerra. Nella necropoli di Recanati emergono dal punto di vista strutturale due elementi di caratterizzazione: la presenza di un ripostiglio, a lato della fossa, per la deposizione di una grande olla e di altri vasi del corredo e un allineamento di pietre posto in corrispondenza delle sepolture infantili, come segnacolo e protezione del defunto. Anche qui, come a Numana, nei corredi figurano vasi di ceramica attica, soprattutto kỳlikes a figure nere. Scarsissima è, invece, questa produzione nella necropoli di Campovalano. La sua appartenenza alla cultura picena è garantita dal rito funerario (inumazione in fosse terragne con il fondo ricoperto da uno strato di ghiaia), dalle affinità degli oggetti di ornamento (fibule, pendagli), da parte del vasellame di produzione locale e, soprattutto, da una iscrizione «sudpicena» graffita su un vaso dopo la cottura. Anche in questa necropoli si registra la presenza di circoli di pietra che racchiudono una o più sepolture; in alcuni casi è realizzato un raddoppiamento della delimitazione litica, che ritaglia una fascia di rispetto. Il carro, a due ruote, è presente soltanto in alcuni contesti maschili di maggiore ricchezza. I bronzi sono in gran parte importati dall'Etruria; la produzione ceramica annovera una classe di materiali dalla decorazione, a incisione o a incavo, molto vivace, dalle forme insolite e rese ancora più estrose dall'applicazione in certi casi di elementi mobili a tutto tondo. Tra le forme più caratteristiche e diffuse va inserita quella della pisside «a corolla» - cioè con archetti a ponticello sulla carena - che, assieme alla tecnica della decorazione excisa, rinvia a prototipi falisco-capenati, mediati attraverso la Sabina.

Nell'arco del V sec. a.C. debbono infine essere inquadrate due piccole teste virili barbate in pasta vitrea, provenienti da un corredo funerario di Penna S. Andrea e attribuibili all'artigianato fenicio, come pure le tre stele funerarie rinvenute nella stessa località. L'importanza di queste ultime nel campo degli studi linguistici le ha rese giustamente famose; esse vanno inoltre ad accrescere il numero estremamente limitato delle sculture rinvenute nell'area. Le stele hanno forma stretta e allungata, la parte centrale occupata dalle iscrizioni, l'estremità superiore intagliata da due denti che, probabilmente, dovevano sostenere un copricapo lavorato a parte. Nei due esemplari di cui si conserva la parte superiore è raffigurato un volto maschile barbato, reso in un rilievo piatto e schematizzato.

L'ultima fase della civiltà picena - che convenzionalmente si fa terminare con la battaglia di Sentinum del 295 a.C. - mostra i segni di una profonda trasformazione in atto nel mondo indigeno. I corredi sono sensibilmente meno ricchi e da essi vanno scomparendo il vasellame bronzeo e le forme vascolari caratteristiche della produzione locale tradizionale. L'importazione della ceramica attica, gestita soprattutto dall'emporio di Numana, continua ancora, ma accanto a essa si collocano i vasi etruschi, altoadriatici e soprattutto italioti. Dalla Magna Grecia giungono anche prodotti della coroplastica, come le protomi di una divinità femminile con pòlos rinvenute a S. Vittore di Cingoli. Due eventi contribuiscono in maniera determinante ad accelerare il processo di dissolvimento della civiltà picena: l'arrivo dei Siracusani ad Ancona e quello dei Galli Senoni. Il confine meridionale dell'espansione di questi ultimi è indicato dalle fonti nel fiume Esino, ma la documentazione archeologica registra presenze anche a S di esso. Ai vecchi ritrovamenti, inoltre, si aggiunge quello della necropoli di Camerano (località S. Giovanni), dove in otto tombe dal corredo chiaramente piceno si sono rinvenute spade di ferro di tipo celtico, quasi tutte ritualmente piegate. La carta di distribuzione e l'analisi dei contesti consentono di ipotizzare che l'espansione gallica si sia spinta più a S di quanto affermi la tradizione antica o, ancora più probabilmente, che il fenomeno sia dovuto a contatti, a influenze celtiche verificatesi nel settore soprattutto dell'armamento e nell'area vicina al Conero. Per quanto riguarda l'arrivo di Siracusani ad Ancona attorno al 380 a.C., non si può ancora precisare se si sia trattato di uno stanziamento coloniale nuovo o del potenziamento di un vecchio scalo. A questo o a un momento vicino è quasi certo, comunque, che vada riferito il tempio scoperto durante l'ultima guerra sotto la Cattedrale di S. Ciriaco (v. ancona).

L'età romana (IIIsec. a.C. -476 d.C.). - Con la sottomissione dei Pretuzi nel 290 a.C. e dei Piceni nel 268 a.C. inizia nel territorio un profondo processo di romanizzazione, realizzato soprattutto attraverso le fondazioni di colonie e le distribuzioni agrarie, che dopo una prima fase del III sec. a.C. registrano una ripresa nel secolo successivo. La guerra sociale coinvolge direttamente solo il territorio ascolano, ma condizioni di insicurezza vengono fatte affiorare in un'area più estesa dalla presenza di alcuni ripostigli monetali che si arrestano all'89 a.C. e ai quali si può ora aggiungere quello di Fermo. Dopo le guerre civili il territorio subisce un'altra ondata di deduzioni coloniarie e di distribuzioni viritane: a queste ora non può sottrarsi neppure Ancona, che era riuscita a salvaguardare la sua autonomia amministrativa e culturale. La necropoli ellenistico-romana di Via del Cardeto e Via Matteotti ne documenta ancora i contatti con i centri di Taranto, Alessandria, Rodi e Delo; la produzione artistica si allinea a quella contemporanea greca, e tradisce il suo carattere locale esclusivamente per l'utilizzazione della pietra del Monte Conero, come succede nella stele funeraria di Aspasia. Gli scavi hanno fatto conoscere anche ulteriori tratti dei percorsi viari, un isolato tardo-repubblicano (area del Mediocredito) e chiarito le strutture dell'anfiteatro. Esso risulta costruito in età augustea e interessato da interventi di età traianea, condizionato dalla morfologia del terreno, che ha imposto un adattamento rispetto allo schema normale (ingressi opposti fuori asse, corridoi laterali disposti a quote diverse). Studi di topografia storica hanno riconosciuto nel tessuto urbano tre grandi momenti di sviluppo (nel IV e III sec. a.C., in età tardo-repubblicana e augustea, in età traianea) e individuato la dislocazione di aree specialistiche. In questo settore gli scavi e le ricerche hanno condotto a risultati di grande rilievo. Per Teramo (v.) si è prospettata l'esistenza di un unico impianto urbanistico, progettato su un modulo caratteristico del II sec. a.C., in luogo di una precedente ipotesi che individuava due nuclei occupati rispettivamente dai municipes e dai coloni, coerentemente con il doppio stato giuridico conservato dalla città. Ad Atri (v.) i nuovi scavi nella piazza della cattedrale hanno permesso di escludere da quest'area la localizzazione del foro, che viene ora ipoteticamente riconosciuto, con validi argomenti, nella piazza del comune. Analisi nuove sono state dedicate anche agli impianti urbanistici di Fermo (Firmum Picenum), Treia (Trea) e Ascoli Piceno, ove è stato ricostruito il piano programmatico, disegnato su base ortogonale in età triumvirale o augustea e nel quale si inserisce anche il teatro, posto al limite dell'abitato. A S. Severino (Septempeda) la scoperta di nuovi tratti della cinta muraria, con torri circolari, ha permesso di ancorarne la datazione alla fine del I sec. a.C.-inizî del I sec. d.C. Resti di un edificio termale e di una domus con mosaico hanno inoltre arricchito la trama del tessuto urbano. La localizzazione del municipî o di Planina nel territorio di Pianello Vallesina (comune di Monteroberto) risulta ora maggiormente giustificata dal rinvenimento nella stessa zona di una vasta necropoli di età romana; quella di Pausulae, nei pressi di S. Claudio al Chienti, è stata assicurata dagli scavi recenti; quella di Potentia, a S di Porto Recanati, si è concretizzata in un circuito murario dalla forma regolare, in una scansione modulare e ortogonale dello spazio urbano e in una struttura sacra - tempio o altare monumentale di età repubblicana - circondata da un portico a tre navate. A Urbisaglia ( Urbs Salvia) gli scavi hanno rivelato un'intensa attività edilizia nel periodo iniziale del I sec. d.C. Alla costruzione delle mura e alla definizione del piano urbanistico si può ora aggiungere l'erezione del tempio della divinità poliade, la Salus Augusta Salviensis, con un criptoportico a U che ne circonda l'area, decorato da pitture di III stile, dove sono onorati nello stesso tempo Livia e la memoria di Augusto. L'esistenza di un campus destinato alle attività di carattere militare, e che era generalmente collocato ai margini dell'abitato, è documentata da un'iscrizione di età augustea, che consente anche di ipotizzarne l'ubicazione nei pressi dell'anfiteatro. Potrebbero risalire alla prima metà del II sec. d.C. i due archi in laterizio che nel foro di Cupra Marittima (v.) vengono ad affiancarsi alla fronte del tempio preesistente, dando origine a uno schema di introduzione all'area forense che ha illustri precedenti nel Foro di Augusto a Roma e in quello di Pompei.

A Villa Potenza (Ricina) è stata messa in luce una serie di tabernae o magazzini preceduta da un porticato che si affaccia sulla strada; sono stati riconosciuti alcuni elementi appartenenti alla decorazione marmorea che in età severiana andò a rivestire la struttura laterizia del teatro del I sec. d.C.

Il rinvenimento di nuovi cippi di centuriazione, come quello di Amandola, e lo studio dei vari elementi del paesaggio agrario hanno condotto al riconoscimento di ulteriori impianti centuriali di età triumvirale nel territorio di Ricina, Trea, Pausulae, Cluana e all'individuazione di unità modulari ridotte rispetto a quelle usuali. Ma il riassetto del territorio in funzione anche della nuova organizzazione amministrativa è documentato pure dalla recente scoperta di insediamenti rurali pertinenti a coloni, che vanno ad aggiungersi a quelli portati alla luce dall'attività di scavo degli anni precedenti. Essi, nella maggior parte dei casi, sono databili nel periodo tardo-repubblicano e proto-imperiale e vengono generalmente abbandonati nel IV sec. d.C. o agli inizî di quello seguente. Fattorie, caratterizzate dalla presenza di un settore residenziale e di ambienti di lavoro, sono state ritrovate nel territorio di S. Benedetto del Tronto, di Osimo, di Castelfidardo, di Potenza Picena, di Pollenza, di Porto Recanati; una probabile villa rustica, con diversi ambienti disposti attorno a un grande peristilio e pavimentati a mosaico e in cotto, è stata messa in luce a Pollenza-S. Lucia. La struttura di un vicus è stata nuovamente indagata nel territorio di Hatria, a Rustico di Basciano. L'abitato - della metà del I sec. a.C. - è composto da due nuclei a impianto ortogonale, che si dispongono ai lati di un piazzale, in fondo al quale è un tempio del II sec. a.C.; nella stipe votiva vi era, fra l'altro, ceramica a vernice nera, di produzione locale e di importazione, e un vaso plastico riproducente l’Anus ebria di Mirone.

Fra quelli di nuova documentazione, sono pochi i santuarî dei quali si possa cogliere con sicurezza la matrice ideologica che consenta di riferirli a culti locali o di connetterli con il processo di romanizzazione. Fra questi ultimi, oltre a quello già ricordato della Salus Augusta Salviensis e all'Augusteo di Fermo, attestato soltanto epigraficamente, possono probabilmente essere inseriti il Fanum Apollinis, che sorgeva vicino a Pausulae, e il santuario di S. Vittore di Cingoli, dedicato al culto delle acque e con un panorama cultuale in cui figurano divinità chiaramente «coloniarie», come Giove, Ercole e Fortuna. Di un tempio italico a Colle S. Giorgio, in provincia di Teramo, si conoscono quasi esclusivamente le terrecotte architettoniche e la coroplastica frontonale, raffigurante un'assemblea di divinità, rese in uno stile eclettico alimentato dal neoatticismo e dall'ellenismo microasiatico.

I monumenti funerarî, con l'adozione di tipologie e di motivi caratteristici della cultura romana, confermano l'avvenuta omogeneizzazione del territorio, ormai compiuta in età triumvirale-augustea. Tombe o piccoli sepolcreti con fosse ricoperte da tegole in piano o alla capuccina sono stati rinvenuti in diverse località, e una grande necropoli con strutture di questo tipo è stata scavata a Porto Recanati. Si tratta della necropoli di Potentia e annovera sepolture distribuite fra la fine del II sec. a.C. e il IV sec. d.C. Resti di tombe monumentali sono stati individuati a Teramo, a Polverina e soprattutto a Ricina, dove è stato possibile riconoscere una sepoltura a pianta circolare su alto basamento quadrato e un monumento funerario a edicola prostila su podio. Quest'ultima ha due colonne sulla fronte, un fregio a festoni e teste taurine, un frontone decorato a rilievo con una testa di Medusa e armi. La loro costruzione può essere posta tra la fine della repubblica e l'età augustea. Agli inizî del III sec. d.C. va assegnata invece una terza tomba monumentale ricinense, a edicola periptera su podio. La lavorazione dei blocchi nel marmo pro connesio, la presenza di lettere greche con funzione di segni-guida per il montaggio, una serie di elementi strutturali e di motivi decorativi di tradizione specificatamente microasiatica postulano una sicura attribuzione a maestranze orientali.

Un diverso livello di committenza, naturalmente in relazione alla stratificazione sociale, è documentato anche dalla produzione artistica. Al ceto medio appartiene un particolare gruppo di urne in calcare rinvenuto nell'area del Piceno centrale e databile alla prima età imperiale. Hanno corpo circolare, una cavità all'interno per contenere le ceneri, un'iscrizione che menziona il nome del defunto, nella maggior parte dei casi di condizione libertina. Ai lati del testo epigrafico si dispone la decorazione a rilievo, composta da due geni funerarî simmetrici, cui può aggiungersi a volte la figura di un Tritone, di un Erote o la rappresentazione di una scena di vita reale. Lontane dal descrittivismo biografico sono, invece, le manifestazioni artistiche riferibili alla classe aristocratica, che perfino nel ritratto rinuncia all'accentuazione dei tratti personali a favore di un'assimilazione ai modelli imperiali, che ne esplicita anche l'allineamento politico. Caratteristici in questo senso sono due ritratti rinvenuti negli scavi del criptoportico di Urbisaglia: uno, maschile, tradisce reminiscenze di quello di Cesare. Un sarcofago di Tolentino - conservato una volta nel Museo della Basilica di S. Nicola e databile alla metà del V sec. d.C. - attesta la persistenza di rapporti economici e culturali che, attraverso le vallate, venivano da sempre mantenuti con i centri del territorio umbro. Esso appartiene infatti a una categoria di sarcofagi di produzione umbra e di diffusione esclusivamente umbro-marchigiana, caratterizzata dalla presenza sulla fronte di una grande tabula ansata, ai lati della quale si dispongono due cibori stilizzati.

Per quanto riguarda le produzioni ceramiche, una fornace e scarti di lavorazione di ceramiche comuni sono stati scoperti lungo la Valle del Vomano; Un impianto, costituito da almeno cinque fornaci, rimasto in uso fino alla tarda età imperiale per la produzione, soprattutto, di patere a vernice rossa interna, è stato rinvenuto a S. Severino (località La Pieve). Un impianto di fabbricazione di anfore e il deposito, che conteneva il materiale da caricare sulle navi, sono stati rinvenuti lungo la costa a S di Torre di Palme (provincia di Ascoli Piceno).

Nella seconda metà del I sec. a.C. si producevano contenitori, probabilmente vinari, vicini alla forma Lamboglia 2, mentre nell'ultimo quarto del secolo e nella prima metà di quello successivo, anfore assimilabili alla Dressel 6A, anche queste destinate verosimilmente alla commercializzazione dell'apprezzato vino palmense. È stata individuata una classe di ceramica denominata terra sigillata chiara medio-adriatica in base alla concentrazione dei prodotti in area romagnola e marchigiana centro-settentrionale. Essa si distingue dalle altre sigillate note per la decorazione sovradipinta con vernice diluita bruno-seppia. La produzione risulta finalizzata al vasellame da mensa e da cucina e si distribuisce in un lungo arco cronologico, che dagli inizî del II sec. d.C. abbraccia il V sec. d.C.

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Dal Paleolitico all'Età del Bronzo. - Aggiornamenti su scavi e scoperte: RivScPr, XXX, 1975; XXXIV, 1979; XXXVII, 1982; XXXIX, 1984; XL, 1985- 86. - V. inoltre: A. M. Radmilli, Storia dell'Abruzzo dalle origini all'età del Bronzo, Pisa 1977; D. Lollini, Il Bronzo finale nelle Marche, in RivScPr, XXXIV, 1979) pp. 179-215; ead., Le Marche, in L. Vagnetti (ed.), Magna Grecia e mondo miceneo. Atti del XXII Convegno di studi sulla Magna Greda, Taranto 1982, Taranto 1983, pp. 197-199.

Civiltà picena. - Scavi: RivScPr, XXV, 1970; XXVII, 1972; XXIX, 1974; FA, XXXVIII-XXIX, 1973-74, n. 5762; XXXIV-XXXV, 1979-80, nn. 6706, 6707, 7061, 7295, 7358; StEtr, XLI, 1973; XLV, 1977; XLVIII, 1980; LI, 1983; LIV, 1986. - V. inoltre: R. Vighi (ed.), Nuove scoperte di antichità picene (cat.), S. Severino Marche 1972; D. Lollini, Testimonianze della civiltà picena nel territorio di Cingoli, in Atti del XIX convegno di studi maceratesi, cit., pp. 1-14.

Pubblicazioni di materiali da collezione e scavi: A. M. Sgubini Moretti, Museo Archeologico «G. Moretti», S. Severino 1972; M. T. Falconi Amorelli, Due collezioni private in provincia di Macerata, in ArchCl, XXVII, 1975, pp. 331-346; A. Massi Secondari, Il Museo Civico di Tolentino, Perugia 1977; V. D'Ercole, I materiali della Collezione Allevi raccolti nel Museo Civico di Offida, Fermo 1977; M. T. Falconi Amorelli, Vasi etruschi da corredi da Tolentino, in AnnMacerata, XII, 1979, pp. 195-200; G. Fabbrini, S. Sebastiani, Museo di Camerino, reperti greci e preromani, Roma 1982; AA.VV., Collezione Moroni. Reperti archeologici conservati presso il Museo diocesano di Recanati e il Castello Svevo di Porto Recanati, Roma 1984; G. M. Fabrini, Numana. Vasi attici da collezioni, Roma 1984. - V. inoltre: V. Cianfarani, Concordanze e discordanze nei corredi di necropoli medioadriatiche, in Aspetti e problemi dell'Etruria interna. Vili Convegno Nazionale di Studi Etruschi e Italici, Orvieto 1972, Firenze 1974, pp. 185-191; O. Terrosi Zanco, Possibili antiche vie commerciali tra l'Etruria e la zona teramana, ibid., pp. 161-184; D. Lollini, Sintesi della civiltà picena, in Jadranska obala u protohistoriji. Kultumi i etnilki problemi. Simpozij održan u Dubrovniku, 1972 («La costa dell'Adriatico nella protostoria. Problemi culturali ed etnici. Simposio Dubronvik 1972»), Zagabria 1976, pp. 117-153; D. G. Lollini, La civiltà picena, in V. Cianfarani, D. G. Lollini, M. Zuffa (ed.), Popoli e civiltà dell'Italia antica, V, Roma 1976, pp. 107-195; V. Cianfarani, Culture arcaiche dell'Italia medioadriatica, ibid., pp. 9-16; L. Braccesi, Grecità adriatica, Bologna 19772; M. Cristofani Martelli, Per una definizione archeologica della Sabina: la situazione storico-culturale di Poggio Sommavilla in età arcaica, in Civiltà arcaica dei Sabini nella valle del Tevere, 3. Rilettura critica della necropoli di Poggio Sommavilla, Roma 1977, pp. 11-47; V. Cianfarani, L. Franchi dell'Orto, A. La Regina, Culture adriatiche antiche d'Abruzzo e di Molise, Roma 1978; D. Badaloni, E. Mazzacuva, Le necropoli di Ancona: contributo ad uno studio tipologico, in Rendiconti dell'Accademia delle Scienze di Bologna, LXVII, 1978-79, pp. 169-198; D. Lollini, I Senoni nell'Adriatico alla luce delle recenti scoperte, in P. Duval, V. Kruta (ed.), Les mouvements celtiques du Ve au Ier siècle avant notre ère. Actes du XXVIII' Colloque, Nice 1976, Parigi 1979) pp. 55-79; M. Luni, Nuove tracce della frequentazione greca dell'Adriatico occidentale, in RendLinc, XXXVI, 1981, pp. 45-75; E. Percossi Serenelli, Le vie di penetrazione commerciale nel Piceno in età protostorica, in Ficus, I, 1981, pp. 135-144; M. Landolfi (ed.), La ceramica attica figurata nelle Marche (cat.), Castelferretti 1982; D. Lollini, Rapporto tra area romagnola e picena nel VI-IV sec. a. C., in La Romagna tra VI e IV a. C. nel quadro della protostoria dell'Italia centrale. Atti del Convegno, Bologna 1982, Bologna 1985, pp. 323-350; A. Marinetti, Le iscrizioni sudpicene, I. Testi, Firenze 1985; M. Landolfi, Presenze galliche nel Piceno a Sud del fiume Esino, in D. Vitali (ed.), Celti ed Etruschi nell'Italia centro-settentrionale dal V sec. a.C. alla romanizzazione. Atti del Colloquio Intemazionale, Bologna 198Bologna 1987, pp. 443-468; M. Landolfi, / traffici con la Grecia e la ceramica attica come elemento del processo di maturazione urbana della civiltà picena, in G. Bermond Montanari (ed.), La formazione della città in Emilia Romagna, I, Bologna 1987, pp. 187-199; id., I Piceni, in AA.VV., Italia. Omnium terrarum alumna, Milano 1988, pp. 315-372.

Sulla topografia urbana di età romana: L. Mercando, in NSc, 1971, pp. 381-417 (Ricina); E. Gabba, Urbanizzazione e rinnovamenti urbanistici nell'Italia centro-meridionale del I sec. a.C., in StClOr, XXI, 1972, pp. 73-112; Ν. Alfieri, L'insediamento urbano sul litorale delle Marche durante l'antichità e il Medioevo, in Thèmes de recherches sur les villes antiques d'Occident, Strasbourg 1971, Parigi 1977, pp. 87-96; P. Fortini, Cupra Marittima. Origini, storia, urbanistica, Ascoli Piceno 1981; U. Moscatelli, Per la topografia storica di Pausulae (Macerata), in RdA, V, 1981, pp. 44-52; W. Mazzitti, Teramo archeologica, repertorio di monumenti, Teramo 1983; S. Sebastiani, Sulle fasi urbane di Ancona, in ArchCl, XXXV, 1983, pp. 287-296; U. Moscatelli, Osservazioni topografiche in margine all'iscrizione CIL, IX, 5541 (Urbs Salvia), in AnnMacerata, XVII, 1984, pp. 353-368; P. Quiri, Rassegna di scoperte in alcune località del territorio marchigiano, in Atti del VI Congresso Nazionale di Archeologia Cristiana, Pesaro-Ancona 1983, Ancona 1985, p. 603 ss.; P. Sommella, Centri storici ed archeologia urbana in Italia, novità dall'area mesoadriatica, in Arqueología de las ciudades modernas superpuestas a las antiguas, Madrid 1985, pp. 356-396; M. Pasquinucci, La documentazione archeologica e l'impianto urbano, in Firmum Picenum, I, Pisa 1987, pp. 95-341; U. Moscatelli, Materiali per la topografia storica di Potentia, in Miscellanea di studi in onore di F. Allevi, Agugliano 1987, PP· 429-438; id., Trea, Firenze 1988.

Per l'assetto e l'organizzazione del territorio in età romana: P. Bonvicini, La centuriazione augustea della Valtenna, Fermo 1978; L. Mercando, in NSc, 1979, pp. 132-296 (edifici rurali); U. Moscatelli, Alcune osservazioni su un tratto di territorio a SO di Ricina, in AnnMacerata, XIII, 1980, pp. 237-250; G. Messineo, A. Pellegrino, Ellenismo in Abruzzo: la stipe di Basciano, in Alessandria e il mondo ellenistico-romano. Studi in onore di A. Adriani, Roma 1984, pp. 695-710; U. Moscatelli, Resti di divisione agraria romana nella bassa valle del Chienti, in AnnMacerata, XIX, 1986, pp. 379-387; U. Moscatelli, L. Vettorazzi, Aspetti delle divisioni agrarie romane nelle Marche, in Le Marche, archeologia, storia, territorio, Sassoferrato 1987, pp. 7-84; G. Paci, Schede per l'identificazione di antichi predii in area picena, in Geografia. Atti del II Convegno maceratese su geografia e cartografia antica, Macerata 1985, Roma 1988, pp. 163-198.

Per i santuari e i culti in età romana: G. Iaculli, Terrecotte architettoniche da Colle S. Giorgio, in ArchCl, XXVII, 1975, pp. 253-266; L. Gasperini, L'Au- gusteo di Fermo in un'epigrafe da rileggere, in AnnMacerata, X, 1977, pp. 57-87; U. Moscatelli, Sulla localizzazione del fanum Apollinis presso Morrovalle, in Ficus, IV, 1984, pp. 169-178; G. Paci, Lex sacra da S. Vittore di Cingoli, in Miscellanea greca e romana, XII, Roma 1987, pp. 115-136.

Per tombe e monumenti funerarî di età romana: L. Mercando, in NSc, 1974, pp. 142-430; ead., L'ellenismo nelle Marche, in P. Zanker, (ed.), Hellenismus in Mittelitalien. Kolloquium in Göttingen, 1974, Gottinga 1976, pp. 160-172; R. Virzì Hägglund, Una necropoli romana a Pianelle Vallesina, in Picus, II, 1982, pp. 177-182; L. Mercando, L. Bacchielli, G. Paci, Prime scoperte della necropoli di Ricina, in BdA, XXVIII, 1984, pp. 11-52.

Per la produzione artistica di età romana: L. Mercando, Rinvenimenti e notizie di mosaici pavimentali romani nel Maceratese, in Atti del XIII Convegno di Studi storici maceratesi, Mogliano 1977, Macerata 1979, pp. 32-53; Ch. Delplace, Le pitture murali del criptoportico di Urbisaglia, in BdA, XI, 1981, pp. 25-48; ead., Portraits d'Urbisaglia, in MEFRA, XCIII, 1981, pp. 805-822; R. Virzì Hägglund, Due ritratti giulio-claudi nel Museo Archeologico di Ascoli Piceno, in Picus, I, 1981, pp. 163-172; S. Diebner, Frühkaiserzeitliche Urnen aus Picenum, in RM, LXXXIX, 1982, pp. 81-102; A. Candeloro, Un gruppo fittile da Tortoreto con rappresentazione di tema omerico, in QuadChieti, III, 1984, pp. 121-162; G. Fabbrini, G. Paci, La raccolta archeologica presso l'Abbazia di Fiastra, Urbisaglia 1986.

Per la produzione ceramica in età romana: L. Brecciaroli Taborelli, Contributo alla classificazione di una terra sigillata chiara italica, in Rivista di Studi Marchigiani, I, 1978, pp. 1-38; ead., Una produzione di anfore picene ed il vino palmense, in Picus, IV, 1984, pp. 55-93; M. B. Carre, Les amphores de la Cisalpine et de l'Adriatique au début de l'Empire, in MEFRA, XCVII, 1985, pp. 207-245; A. R. Staffa, Note preliminari sulle produzioni ceramiche comuni fra la tarda Repubblica e l'età imperiale. Economia ed insediamenti fra l'età repubblicana e la prima età imperiale: le produzioni vinarie, in F. Bologna (ed.), La valle del medio e basso Vomano (Documenti dell'Abruzzo teramano, 2, 1), I, Roma 1986, pp. 224-243.

(L Bacchielli)

Aspetti storici e istituzionali. - Il progresso degli studi e nuove acquisizioni epigrafiche hanno ampliato le conoscenze su taluni aspetti storico-istituzionali del Piceno romano, soprattutto per quanto riguarda l'età repubblicana. Il dibattito ferve su due importanti questioni: quella della concessione della piena cittadinanza romana - con conseguente creazione delle praefecturae - alla popolazione del P. centro-settentrionale, da collocare per alcuni nel 241 a.C. e per altri nel 232 a.C., nonché quella dell'applicazione anche al territorio a S dell'Esino della lex Flaminia del 232 a.C. Il dibattito su questo punto, alimentato anche dal rinnovato interesse per la presenza gallica a S del citato fiume (evidenziata da una documentazione archeologica che in qualche caso è forse enfatizzata e che resta comunque di delicata interpretazione storica), sembra tuttavia orientarsi - pur registrando prese di posizione opposte - verso una risposta negativa di massima, che dà maggior peso, giustamente, alle fonti più antiche (Catone e Polibio) rispetto a Cicerone.

La rivisitazione dell'iscrizione cingolana dei magisterei (CIL, IX, 5679), per la quale si è proposta una datazione alla fine del III sec. a.C., consente -; mediante l'accostamento della coeva iscrizione su patera di bronzo da Cupramontana (ILLRP, 578) - di cogliere la rapidità del processo di romanizzazione nella zona (e a tal riguardo si aggiunga anche il dolio iscritto di Colbuccaro), nonché di configurare una realtà insediativa in piccoli nuclei (in forma di pagi o vici), i quali tendono a privilegiare posizioni d'altura e sono normalmente continuazione di siti più antichi. L'amministrazione di questi piccoli centri sembra far capo a due magistrati che prendono il nome di magistri.

Importanti novità si registrano nel campo della viabilità grazie all'iscrizione di Marco Ottavio proveniente da La Chiusa di Agugliano, che mostra l'intera regione picena incardinata, certamente dal III sec. a.C. e almeno fino all'incirca all'età augustea, nel sistema della Via Salaria·. in particolare apprendiamo di una Salaria Gallica che dalla valle del Tronto saliva per Comunanza, Amandola, Sarnano, Pian di Pieca, Urbisaglia, Villa Potenza, Filottrano, Torre di Iesi, Iesi e di una Salaria Picena che giunta alla fine della valle del Tronto piegava a Ν lungo la costa fino ad Ancona e forse oltre. Inoltre il miliario repubblicano di Porchiano, relativo a una strada che da Asculum andava forse alla volta di Firmum, ripropone - come già in area veneta - il problema degli interventi romani su suolo alleato nel II sec. a.C.

Anche sulla spinta dei modelli coloniali di Firmum, Potentia (di cui conosciamo ora i magistrati - i praetores - da un'iscrizione ancora inedita) e di Auximum, prende forse il via, nel II sec. a.C., il processo di urbanizzazione, che riceve impulso, talora, da centri santuariali, come nel caso di Cupra Maritima che darà luogo all'omonima città, di Monterinaldo, presso cui si tende a ubicare il municipî o di Novana, di Morrovalle, non lontano dal cui santuario apollineo sorgerà (se pure v'è connessione) il municipî o di Pausulae, nonché di S. Vittore di Cingoli (attivo in quest'epoca, ma meglio documentato in età augustea), presso cui si comincia a sospettare l'esistenza d'un centro municipale (Planina?).

I fatti della guerra sociale sono stati oggetto di recente riesame nei due principali teatri di guerra nel P., quello fermano e quello ascolano. Una nuova iscrizione figulina settempedana reca il nome di un Lucio Terenzio, forse lo stesso che è nello stato maggiore di Pompeo Strabone ad Ascoli. Nella prima metà del I sec. a.C., mentre la politica clientelare dei Pompei si fa sentire, tra l'altro, nel gettito regionale di senatori allo stato romano (gettito che anche in seguito risente delle varie temperie storiche) e mentre la regione subisce via via - con Siila, al tempo di Catilina e con Cesare - i contraccolpi delle vicende che travagliano lo stato, prende avvio il processo di municipalizzazione, che conduce in tempi relativamente brevi a quel quadro paleografico codificato nella descrizione pliniana della Regio V, ora oggetto di nuova disamina. Per quanto riguarda, in particolare, i municipî a costituzione duovirale, una recuperata notizia di Cicerone (Rab. perd., VIII, 22) sull'appartenenza di Cingulum a un distretto prefettizio ha consentito di stabilire con certezza la correlazione, già ipotizzata, tra siffatti municipî e le prefetture romane del P.: indizi per una datazione ad quem della loro creazione, comunque posteriore al 49 a.C., sono forniti dall'iscrizione cingolana relativa all'abbellimento della basilica (CIL, IX, 5688) e da quella treiese di Gaio Decumio relativa all'offerta d'una statua della Vittoria.

Sulla colonizzazione cui, secondo le fonti letterarie ed epigrafiche, in età triumvirale e augustea l'intera regione andò capillarmente soggetta, abbiamo nuove notizie per la colonia di Ancona dalla citata iscrizione di Marco Ottavio, mentre da un'importante epigrafe di Urbisaglia relativa al senatore Gaio Fufio Gemino si apprende che questa città divenne colonia verso la fine dello stesso periodo. Legata alle vicende della colonia augustea di Falerone deve considerarsi, inoltre, la presenza ivi del senatore Marcello Esernino. Il periodo che va dalla metà del I sec. a.C. al regno di Nerone o dei Flavi appare anche dalla documentazione epigrafica - si ricorda in particolare l'iscrizione relativa all'Augusteo di Fermo - quello di maggiore benessere e di più intensa partecipazione alla vita politica.

Nel periodo che segue non viene meno l'apporto della documentazione epigrafica, ma dalla fine del ΙΙ-inizî III sec. d.C. essa si fa sempre più rara, mentre già a partire dal regno di Traiano si manifestano i segni della crisi che colpisce le città della regione: la si coglie nei frequenti interventi del potere centrale, specie in campo edilizio, nell'attestazione delle istituzioni alimentarie, nell'invio dei curatores rei publicae. Sul piano amministrativo si assiste prima alla creazione dei distretti giudiziarî, intorno alla metà del II sec. d.C., e poi, nel IV sec., all'istituzione del sistema provinciale che vede in un primo tempo il P. far parte, insieme all'antico agro gallico, di un'unica provincia, la Flaminia et Picenum, dipendente dal vicariato di Roma e governata prima da correctores (il primo noto, Claudio Uranio, è del 325) e poi da consulares. Da essa, tra la fine del IV e l'inizio del V sec., il territorio a S dell'Esino si staccherà per costituire una provincia a sé, il Picenum suburbicarium, facente capo a Roma.

La crisi investe per tempo anche il campo più propriamente spirituale, religioso in particolare, come appare dal propagarsi dei culti orientali (di Iside, del Sole, di Mitra), che aprono la strada al cristianesimo. Ma anche in età tardoantica non viene meno la continuità della vita cittadina, pur subendo contrazioni, e così permangono anche - tra le difficoltà rimarcate dalle fonti - le attività economiche tradizionali: un indizio interessante di vitalità lo fornisce la cura nel mantenere efficiente la rete viaria, perlomeno quella maggiore, che i miliari - alcuni di recente acquisizione - documentano fin quasi alle soglie del V secolo. Il tracollo e poi l'abbandono della maggior parte dei centri antichi furono invece avviati - come afferma l'Alfieri - dai fatti bellici del V sec., l'incursione di Alarico e soprattutto la guerra gotico-bizantina, e «assunse carattere permanente ed irreversibile nel periodo longobardo».

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(G. Paci)

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