ETEROTROFE, PIANTE

Enciclopedia Italiana (1932)

ETEROTROFE, PIANTE (dal gr. ἕτερος "diverso" e τρέϕω "nutro")

Giuseppe Gola

Sono indicate con tale nome le piante che a differenza delle piante verdi (autotrofe), si nutrono di materiali organici, derivati più o meno mediatamente da processi nutritivi di piante autotrofe. L'eterotrofismo è assai diffuso in natura; le piante eterotrofe sono assai numerose e sparse in tutto il regno vegetale,fino alle famiglie più elevate. In esse la fotosintesi clorofilliana caratteristica dell'autotrofismo, è per lo più completamente mancante; in conseguenza queste piante assumono non solo un abito funzionale particolare, ma anche uno speciale abito morfologico. Tanto che le piante eterotrofe sono spesso raggruppate in speciali gruppi sistematici ben caratteristici. La grande serie dei Funghi è il gruppo più esteso di eterotrofe.

Dal punto di vista funzionale si possono distinguere diversi gruppi di eterotrofe: anzitutto le parassite e le saprofite; le prime traggono gli alimenti da altri organismi vegetali o animali viventi, le altre li sottraggono da materiali morti, pure di origine vegetale o animale. Tuttavia la differenza fra saprofite e parassite, che ha tanta importanza nei rapporti tra i diversi organismi in natura, ne ha una minore dal punto di vista dell'eterotrofismo. Infatti moltissime eterotrofe possono vivere come parassite o come saprofite: una quantita di batteri parassiti dell'uomo (bacillo della peste, del tifo, ecc.) possono essere facilmente coltivati in vitro su mezzi nutritivi artificiali; e analogo è il caso per molti funghi superiori. Ma le ruggini dei cereali, tra i funghi, le Cuscuta e le Cassytha tra le piante superiori sono da considerarsi oggi come parassiti esclusivi; il bacillo del tetano invece vive frequentemente saprofita nei terreni lacustri o nel tubo intestinale degli equini, e può divenire parassita dell'uomo se introdotto nelle ferite.

Alcune eterotrofe che vivono a spese di altre piante possono, a loro volta, procurare loro materiali o condizioni di cui altrimenti difetterebbero; si stabilisce allora un mutuo rapporto, non più di parassitismo, ma di simbiosi; tali sono i rapporti tra alghe e funghi nei licheni, o tra le leguminose e alcuni batterî.

Nei riguardi morfologici le eterotrofe si distinguono per una più o meno grande riduzione degli apparati plastidiali (specialmente di quelli a clorofilla), e dei tessuti che li portano, quindi specialmente delle foglie nelle eterotrofe superiori. Le porzioni assorbenti e quelle riproduttrici costituiscono la più gran parte di tali organismi.

I gruppi principali, partendo dalle forme più semplici, sono tutti i Mixomiceti, gli Schizomiceti (tra i quali troviamo i batterî), e l'intera classe dei Funghi propriamente detti. Tra le Alghe, che sono in massima autotrofe, non mancano forme anomale eterotrofe, quali per es. alcune Nitschia, tra le Diatomee, che possono essere saprofite, e alcuni generi di alghe rosse (Rodoficee) che sono parassite. Tra le piante superiori sono eterotrofe le Rafflesiacee, le Balanoforacee, alcune poche Lauraceae (Cassytha), le Orobancacee, le Cuscutacee, tutte parassite; altre, invece, come le Santalacee, le Lorantacee (vischio) e parecchie Scrofulariacee (Melampyrum, Rhinanthus, ecc.), sono dette semiparassite, perché in esse non mancano gli apparati assimilatori, a base di clorofilla, ma sono tuttavia insufficienti al normale sviluppo di tali organismi. Un piccolo gruppo di parziali eterotrofe saprofite è rappresentato dalle cosiddette piante carnivore (v.).

I limiti tra le specie autotrofe e le eterotrofe non sono molto netti; ne sono esempio le semiparassite testé ricordate; ma anche alcune piante tipicamente autotrofe, come alcune alghe verdi, possono, in condizioni sperimentali (p. es. al buio e in presenza di zuccheri), passare dalla vita autotrofa normale a quella eterotrofa. Spesso, anzi, nell'ordinamento sistematico dei vegetali, i gruppi di piante eterotrofe appaiono strettamente affini a gruppi autotrofi, dai quali sono evidentemente derivati per graduale degenerazione funzionale, fino alla soppressione della funzione di prima elaborazione degli alimenti inorganici. Alcuni Ficomiceti hanno numerosissimi caratteri comuni con alcune alghe (Cloroficee), dalle quali è evidente la derivazione per semplice soppressione della funzione clorofilliana; tale è pure il caso del gruppo degli Schizomiceti (eterotrofi) rispetto alle Schizoficee (autotrofe). Più evidente è ancora l'affinità tra gruppi eterotrofi e gruppi autotrofi delle forme più elevate. Talora invece i collegamenti con le specie autotrofe non appaiono così evidenti, come avviene per i funghi superiori.

Le manifestazioni dell'eterotrofismo raggiungono nelle piante varî gradi d'intensità. Se essenzialmente esso è un processo col quale gli organismi ricevono già elaborati in composti organici i materiali energetici (cioè quelli che, degradandosi, possono sviluppare l'energia necessaria all'esplicazione di tutte le funzioni vitali) talora la provvista di elementi già elaborati riguarda tutte le forme di materiali che entreranno a formare l'organismo, talora invece solo una parte di essi.

Mentre, p. es., le ruggini dei cereali sembra che ricevano completamente elaborati tutti i materiali dalle piante ospiti; altri funghi, come i microrganismi delle fermentazioni alcooliche del vino e della birra, hanno bensì bisogno di ricevere in larga misura degli zuccheri già elaborati, ma, all'infuori di questi, possono sintetizzare gli altri corpi costituenti le loro cellule, partendo da materiali inorganici come la maggior parte delle autotrofe. I batterî che vivono in simbiosi nei tubercoli radicali delle Leguminose, e che determinano il valore agrario del sovescio di tali piante, hanno bensì bisogno di ricevere dalle Leguminose ospiti abbondanti composti elaborati, ma sono in giado di compiere la difficilissima elaborazione dell'azoto dell'aria atmosferica in composti organici, fino ai proteidi del plasma. La maggior parte delle piante arboree (Conifere, querce, pioppi, ecc.) hanno radici avvolte da filamenti fungini appartenenti a specie assai diverse, i quali assorbono dal suolo acqua e sali minerali, che riversano poi alle piante ospiti, mentre da queste traggono composti organici complessi.

Tuttavia, in generale, si può ritenere che l'essenza dell'eterotrofismo consiste nella tendenza a procurarsi l'energia necessaria alla vita anziché come energia radiante (come la luce che agisce sui cloroplasti), come energia potenziale contenuta negli alimenti di più o meno alto valore energetico, dai quali viene poi messa in libertà. Ciò che è, del resto, la caratteristica fondamentale del regno animale. In relazione a tale tendenza, i caratteri differenziali tra le diverse eterotrofe consistono nelle diverse fonti di energia potenziale sotto forma di alimenti, e nel diverso modo di demolizione di tali alimenti per trarne l'energia utilizzabile.

In generale i composti organici molto complessi non sono facilmente assorbiti dalle eterotrofe. Anzi i loro apparati assorbenti sono spesso capaci di secernere abbondanti e attivissimi enzimi per lo più idrolitici, che, scomponendo i costituenti del sustrato nutritivo, li trasformano in composti più semplici e più solubili, in modo analogo a quanto avviene, p. es., nella trasformazione degli alimenti complessi che sono utilizzati attraverso il tubo intestinale degli animali. Cosi l'amido e la cellulosa sono idrolizzati a zuccheri, i glucosidi vengono scissi mettendo in libertà gli zuccheri, le proteine sono degradate a peptoni e amminoacidi, ecc.

Relativamente alla demolizione dei prodotti assorbiti, alcune eterotrofe sono in grado di disgregare completamente i loro alimenti non meno delle autotrofe, e cioè, per gli zuccheri, fino ad acqua e anidride carbonica; tale è il caso della maggior parte delle eterotrofe superiori e di molti funghi superiori (agaricinei, poliporei, ecc.). Ma molte eterotrofe, specialmente gli organismi più bassi, sono in grado di svolgere tale demolizione solo parzialmente come alcuni batterî e alcune muffe, che demoliscono la molecola zuccherina ossidandola solo fino ad acido ossalico, o ad acido citrico, e sono incapaci di un'ulteriore degradazione di tali composti; così pure alcuni fermenti dell'aceto ossidano l'alcool solo fino ad acido acetico, e non oltre.

La demolizione molecolare che è poi fonte di energia, non è solo di natura ossidativa; i bacilli lattici elaborano acido lattico dagli zuccheri, e i fermenti alcoolici elaborano, pure dagli zuccheri, alcool e anidride carbonica, mediante una semplice trasposizione degli atomi di carbonio, idrogeno e ossigeno che formano le molecole zuccherine.

Il limite al quale si arresta la demolizione determinata da una data specie di organismo eterotrofo, può costituire, a sua volta, il punto di partenza per un'ulteriore demolizione per parte di un'altra specie di organismo pure eterotrofa. Così alcune muffe possono utilizzare l'amido per fare zuccheri e poi alcool, il quale poi, da altri germi, come il batterio dell'aceto, viene ossidato ad acido acetico, e questo è poi ulteriormente ossidato, talora da altre specie di microrganismi. Si potrebbe dire infinita la catena che lega tra loro l'attività d'innumerevoli specie di germi, tutti eterotrofi, nell'elaborazione di quello che è per gli uni materiale di rifiuto, per altri alimento. Specialmente nel suolo tale attività si svolge intensa e ininterrotta; la putrefazione di tutte le cose morte, che spappola il robusto tronco caduto o riduce a nudo scheletro il cadavere di un grosso animale, si svolge attraverso innumerevoli fasi d'idrolisi, di ossidazione, di riduzione, di cui sono artefici numerosissimi organismi eterotrofi, che traggono da tali reazioni, specie da quelle di ossidazione, l'energia necessaria alla loro vita. E mentre alcuni di essi sono capaci di demolizioni profonde, altri hanno strettamente limitato il campo della loro attività, sia rispetto a ciò che può essere utilizzato come alimento, sia rispetto a ciò che è per essi ultimo prodotto di rifiuto; classica è l'osservazione di Pasteur che alcune muffe sono in grado di utilizzare solamente l'acido tartarico destrogiro e non quello levogiro. La macerazione delle fibre tessili si fonda sulla proprietà che hanno alcuni bacilli d'attaccare, in un primo tempo, solo la lamella di pectato di calcio che cementa le singole fibre, e non la cellulosa di cui sono fatte le fibre.

Le esperienze di laboratorio permettono di stabilire esattamente tali limiti di attività delle eterotrofe; e poiché la quantità di energia ricavata da tali elaborazioni dipende dal potere energetico del corpo che rappresenta il punto di partenza e da quello che rimane come prodotto di rifiuto, anzi ne è la differenza, è facile rilevare che talora la quantità di energia ricavata è così piccola, che ad alcuni organismi è indispensabile disporre di grandi quantità di alimenti. Infatti la trasformazione dello zucchero in alcool, per opera dei lieviti di birra, sviluppa solo 1/15 delle calorie che lo zucchero stesso può sviluppare nella completa ossidazione, quale si ha negli organismi superiori. I germi eterotrofi, specialmente quelli inferiori, sono spesso attivissimi distruttori di sostanze organiche, appunto per questa necessità di un'abbondante elaborazione di materiali, per trarne una relativamente piccola quantità di energia. Nell'economia della natura vivente le eterotrofe hanno parte importantissima non inferiore a quella delle autotrofe.

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