PHILIPPOPOLIS

Enciclopedia dell' Arte Antica (1973)

Vedi PHILIPPOPOLIS dell'anno: 1973 - 1996

PHILIPPOPOLIS

I. Baldassarre

Città della provincia di Arabia, situata ai confini con la Trachonitis, nella più popolosa regione del Djebel Druse, sul versante NO. Fondata dall'imperatore Filippo l'Arabo (244-249 d. C.), nativo di Bostra (dalla quale Ph. dista 12 miglia), fu costituita da lui in colonia romana. Dall'anno di fondazione si cominciò a contare una nuova èra.

Il luogo antico è occupato dal moderno borgo di Chahba (trascritto anche con Shehba, Suhba, Shohba); fu riconosciuta e visitata dai viaggiatori del '700, anche se il rilievo dei monumenti era reso difficile dalle costruzioni moderne. Gli scavi, iniziati dal capitano Carbillet, furono proseguiti da R. Dunand, con una missione archeologica francese.

La città, costruita tutta insieme e all'incirca nella stessa epoca, rivela le caratteristiche di un centro romano nato come programma imperiale. Consisteva di un grande quadrilatero, di cui le mura e le porte sono ancor oggi in gran parte visibili. Aveva, apparentemente, un solo decumano principale, ma due cardines l'attraversavano da parte a parte: l'uno, a E, rettilineo; l'altro a O, seguiva nella sua parte S il contorno di una collina, che costituiva il punto più alto del luogo. L'intersezione del cardo e del decumano, dotata di un tetrapilo, formava il centro della città, e quasi tutte le costruzioni importanti, oggi conservate, si trovano vicino ad esso: le terme a S-E; un tempio esastilo e una casa a O; infine, a S-O, a circa 200 m dal tetrapilo, un grande edificio ad esedra, con un passaggio coperto a vòlta; un tempio dedicato al padre dell'imperatore (Philippeion) e il teatro. Questi due ultimi monumenti sono situati ad una certa distanza dal limite meridionale del decumano. Non esiste invece alcun anfiteatro, come è detto nelle relazioni antiche, che forse interpretavano in tal senso i resti del teatro. Il teatro appartiene al tipo semicostruito ed è appoggiato ad un declivio naturale di roccia, che ne ha condizionato le fondamenta e l'orientamento. Esso infatti, contrariamente alle regole vitruviane, è orientato a S ed è verisimilmente privo del portico post scaenam. Particolarmente interessante è una villa, situata a N della strada romana, tra la porta meridionale e il tetrapilo. Da essa provengono tre notevoli mosaici di età tarda, dei quali uno con la rappresentazione di un gruppo allegorico, Eutekneia al centro tra Philosophia e Dikaiosyne; un secondo pannello con le nozze di Peleo e Teti; un terzo con una scena molto frammentaria di banchetto, e la personificazione, forse, di Komos.

Recentemente (1952), durante la costruzione di case moderne, sono stati messi in luce due nuovi complessi contigui, nel quartiere S-E della città, non lontano dalla porta orientale, a S del decumano, in posizione all'incirca simmetrica rispetto alla villa con mosaici, messa in luce nel 1926. Dal primo complesso (casa Harfouche) provengono due mosaici a soggetto mitologico: le tre Grazie e Dioniso. Dal secondo (casa Aoua) un mosaico a composizione unica e di soggetto inedito, circondato da un bordo con greca e quadrati in prospettiva, che ora, staccato, si trova al museo di Damasco. Il mosaico allinea 24 personaggi (cfr. vol. v, fig. 313, p. 225) molti dei quali identificati dall'iscrizione. A sinistra è Aion con le quattro Stagioni; al centro Gea, seduta a terra, circondata dai quattro Karpoi, avendo dietro di sè la personificazione di Georghia e Trittolemo conducente i buoi; a destra Prometeo modella la prima figura umana, affiancato da una figura femminile anonima, probabilmente Afrodite, da Hermes con Psyche e da una figura alata; infine in alto, alle due estremità i venti, due per parte, e al centro due Genî alati, i Drosoi, che versano sulla terra l'acqua delle loro urne.

Il mosaico è stato interpretato come l'allegoria del ciclo della vita umana, che, nel suo perpetuo rinnovellarsi, risponde al ciclo della vita della natura: il tutto rivela una religiosità di un genere nuovo, in cui le antiche divinità personali cedono il passo alle dynameis personificate. È stata segnalata la impronta siriana del mosaico, che si manifesta nell'acconciatura di Gea, ripresa da quella di Atargatis (Will). Nel volto di Aion si è voluto riconoscere (Charbonneaux) un ritratto di Filippo l'Arabo, il fondatore di Ph., che celebrò nel 248 il millenario di Roma: appunto per questo Filippo si sarebbe fatto identificare con Aion (= Aeternitas), simbolo per eccellenza di Roma.

La composizione si inserirebbe in tal modo nella catena ininterrotta della propaganda imperiale e dinastica a Roma e in provincia. Il mosaico di Ph. ci offre comunque il riflesso più diretto di composizioni ambiziose, del genere della Tabula Mundi di Giovanni di Gaza, realizzata attraverso forme ancora classiche.

Bibl.: H. C. Butler, American Arch. Expedition to Syria, II, 1903, p. 390 ss.; R. E. Brünnow-A. Domaszewski, Die Provincia Arabia, III, 1909, p. 145 ss.; B. V. Head, Historia Nummorum, 2°, Londra 1911; E. Honigmann, in Pauly-Wissowa, XIX, 2, 1938, c. 2263, s. v., n. 2; R. Dussaud, Topographie historique de la Syrie, Parigi 1927; R. Dussaud, P. Deschamps, H. Seyrig, La Syrie antique et médievale, Parigi 1931; M. Dunand, in Comptes Rendus de l'Acad. des Inscr. et Belles Lettres, 1925, p. 195; id., in Syria, 1925, p. 295; 1926, p. 334; E. Will, Une nouvelle mosaïque de Chahbba-Philippopolis, in Annales Arch. de Syrie, III, 1953, pp. 27-48; P. Coupel-E. Frezoul, Le théâtre de Ph. en Arabie, Parigi 1956; A. J. Festugière, in Revue des Arts, VII, 1957, pp. 195 ss.; M. J. Charbonneaux, Aion et Philippe l'Arabe, in Mélanges d'Archéol. et d'Hist., LXXII, 1960, pp. 253 ss.