PETRUCCELLI della GATTINA, Ferdinando

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 82 (2015)

PETRUCCELLI della GATTINA, Ferdinando. – Nacque a Moliterno, in Lucania, il 28 agosto 1815 da Luigi e da Maria Antonia Piccininni.

La famiglia d’origine apparteneva alla borghesia locale di cultura liberale ed era in non brillanti condizioni economiche. Il padre, carbonaro, era medico così come il nonno; la madre era invece una nobildonna che consentì di aggiungere al cognome l’altisonante ‘della Gattina’, denominazione di un piccolo fondo appartenente al suo casato.

A quattro anni Petruccelli fu trasferito in casa della nonna materna, la baronessa di Marsicovetere, donna assai religiosa e di indole dura e severa. Successivamente affidato allo zio Francesco, ex prete, medico della famiglia Murat e massone, fu mandato per un biennio in pensione a Castel Saraceno, presso la scuola dell’arciprete Cicchelli. A quindici anni si trasferì al seminario di Pozzuoli diretto dall’arcivescovo Carlo Maria Rosini, eminente figura di filosofo e classicista, dal 1801 responsabile dell’officina dei papiri ercolanesi. Qui Petruccelli ricevette una solida formazione classica; dopo due anni fu cacciato per indisciplina: dovendo gli allievi compilare una lettera a S. Luigi per la sua festa, aveva chiesto come grazia al santo il crollo del seminario e la morte del vescovo.

Proseguiti gli studi dai gesuiti, il padre lo pose sotto la guida di Ferdinando De Luca, geografo e matematico, già membro del Parlamento costituzionale del 1820. Iscrittosi all’Università di Napoli, nel 1836 vi conseguì la laurea in medicina. In quegli stessi anni, in una Napoli borbonica pervasa da nuove speranze dopo l’inizio del regno di Ferdinando II, frequentò anche le lezioni del marchese Basilio Puoti a palazzo Bagnara.

Si dedicò a un’intensa attività pubblicistica, collaborando al Salvator Rosa dal 1836, all’Omnibus dal 1838, e successivamente a Il Caffè del Molo. Nel 1840 compì un viaggio che lo portò in Inghilterra, Francia e Germania, durante il quale entrò in contatto con Charles Darwin e Pierre-Joseph Proudhon, e scrivendo corrispondenze per svariate riviste, fra le quali, oltre al citato Salvator Rosa, figurava anche Il Raccoglitore fiorentino, giornale di letteratura e teatro. Attivo in politica, forse iscritto alla Giovine Italia, nel 1846 venne arrestato e spedito al confino a Moliterno.

Nel 1845, attingendo alla grande enciclopedia della società medievale, aveva pubblicato a Napoli il suo primo romanzo, di ispirazione gotica, Malina. Storia napoletana del secolo quattordicesimo, cui seguì nel 1847 a Parigi Ildebrando. Cronache del secolo undicesimo, che, portatore di una radicale critica al potere temporale dei papi, fu ristampato dall’editore milanese Daelli nel 1864 con il titolo Il re dei re. Convoglio diretto nell’XI secolo. Francesco Torraca lo definì «uno dei più strani [romanzi] che abbia mai letti» (1928, p. 367).

Nel 1848 Petruccelli divenne il principale redattore del Mondo vecchio e mondo nuovo, testata che aveva iniziato le sue pubblicazioni il 27 febbraio di quell’anno; più volte chiusa dalla polizia borbonica, risorse con altri titoli: Un altro mondo, Il Finimondo, Così va il mondo. Eletto deputato del neocostituito Parlamento napoletano come rappresentante del distretto di Melfi, membro del comitato di salute pubblica, fu tra i protagonisti dell’insurrezione del 15 maggio 1848. Fuggitivo, con una taglia di 6000 ducati sulla sua testa, si recò in Calabria, Lucania e Cilento per partecipare all’azione cospirativa antiborbonica, entrando in contatto con Domenico Mauro, Costabile Carducci e Benedetto Musolino. Come riferito in uno scambio epistolare tra i fratelli Alessandro e Carlo Poerio, il 6 luglio 1848 fu arrestato dalla guardia nazionale di Scalea e su indicazione del governo condotto a Napoli (Torraca, 1928, p. 363). Nel settembre 1849 riuscì a fuggire su una nave alla volta di Marsiglia. Fu quindi esule a Genova e successivamente a Parigi.

Nel 1850 a Genova apparve presso la tipografia Moretti La rivoluzione di Napoli nel 1848; un ‘libretto’ che «ci ha conservato – ha scritto Torraca – parecchi particolari e molte impressioni fresche e vive, che rendono i suoi ricordi più attraenti, e, per certi versi, più utili alla storia» (p. 365).

A Parigi Petruccelli partecipò allo sfortunato tentativo attuato dai repubblicani di resistere con le armi al colpo di Stato perpetrato il 2 dicembre 1851 dal principe-presidente Luigi Napoleone. Costretto ad abbandonare la Francia, si trasferì a Londra, dove conobbe Giuseppe Mazzini che lo nominò commissario del prestito del Comitato nazionale italiano. In disaccordo sull’impiego delle somme raccolte, troncò ogni rapporto con lui. Anche in Gran Bretagna si dedicò al giornalismo, collaborando, fra l’altro, con il Daily Telegraph e il Daily News.

Per avere partecipato all’insurrezione calabrese del 1848, il 4 febbraio 1853 fu condannato in contumacia dalla Gran corte speciale di Calabria citeriore insieme ai capi rivoluzionari Giuseppe Ricciardi, Musolino e Mauro. Di conseguenza, perse il patrimonio, che gli fu confiscato dopo avere invano cercato di trasferirlo a un prestanome inglese amico di Mazzini.

Tornato a Parigi, la Francia divenne la sua seconda patria. Strinse amicizia con Daniele Manin, si avvicinò a esponenti dell’intellettualità repubblicana francese come Jules Michelet e Jules Simon, e riprese la sua attività pubblicistica, collaborando alla Presse, al Journal des débats, al Journal de Paris, a La Cloche, al National, al Courier de Paris, alla Libre recherche, alla Indépendence belge. Fu successivamente corrispondente durante la seconda guerra di indipendenza e la spedizione garibaldina dei Mille, dopo che nel 1859 era stato espulso dal Secondo Impero per aver pubblicato una lettera apocrifa di Vittorio Emanuele II a Napoleone III.

Tornò a Napoli nel 1860 come collaboratore di Alexandre Dumas per redigere una storia della spedizione dei Mille e condurre ricerche sui fratelli Bandiera; coinvolto nelle passioni e nelle divergenze della sinistra mazziniana e garibaldina, nell’ottobre di quell’anno fu protagonista di un duello con Giovanni Nicotera, che gli aveva assestato pubblicamente una bastonata nelle sale dell’Archivio di Napoli. Nel gennaio 1861 fu eletto deputato per il collegio di Brienza al primo Parlamento italiano, rimanendo in carica per l’intera legislatura fino al settembre 1865. Si collocò all’estrema sinistra, legandosi ai radicali e ai repubblicani; oppositore di Cavour, fu oratore brillante e con I moribondi di Palazzo Carignano (Milano 1862) produsse una galleria dei deputati del nuovo Regno d’Italia dai toni aspramente sarcastici. La disaffezione alla vita parlamentare del nuovo Stato lo spinse a tornare a Parigi, dove si dedicò intensamente all’attività pubblicistica e letteraria.

In un articolo uscito sul primo numero del Fanfulla della Domenica, il 27 luglio 1879, avrebbe affermato che il suo vero esilio era cominciato dopo l’unificazione, al suo rientro in patria.

Nel 1866 fu corrispondente durante la terza guerra d’indipendenza per il Journal des débats. Nel 1868 sposò la scrittrice inglese Maude Paley Baronet. Nel 1870 assisté agli avvenimenti della Comune di Parigi, scrivendo resoconti seguitissimi per la Gazzetta d’Italia; schieratosi dalla parte dei comunardi, fu espulso dalla Francia per volere di Adolphe Thiers, da metà febbraio 1871 capo del potere esecutivo della terza Repubblica francese. Nel 1871 pubblicò a Milano il suo saggio Gli incendiari della Comune o le stragi di Parigi ed il governo di Versailles.

La vita di Petruccelli della Gattina epitomizzava le esperienze della generazione di patrioti e intellettuali meridionali che si formò negli anni della Restaurazione, partecipò alla rivoluzione del 1848 per poi sperimentare la prigionia e l’esilio, trovando nel nuovo Stato unitario una collocazione eminente anche se segnata da un sentimento di forte disillusione. Scrittore cosmopolita ed «esule cronico» (F. Portinari, Prefazione a I moribondi di Palazzo Carignano, a cura di F. Portinari, Milano 1982, p. 17), espulso tre volte dalla Francia (nel 1852, nel 1860, nel 1871), acceso anticlericale, politicamente giacobino e radicale, ma critico nei confronti degli eccessi di ogni rivoluzione, Petruccelli fu un polemista più che un ideologo, come rivelava la definizione che diede di se stesso nel capitolo dal titolo Hors-d’oeuvre scritto in forma di introduzione scherzosa a I moribondi di Palazzo Carignano: «Un profondo sentimento del vero e della giustizia lo rende sarcastico e bilioso» (p. 34). Petruccelli tratteggiò così in terza persona i dati essenziali della sua biografia: «Egli è bene restato una dozzina d’anni in esilio, i suoi beni furono sequestrati, i suoi parenti cacciati in prigione, la sua casa ridotta ad albergo di sbirri e gendarmi, la sua fortuna ruinata; egli lottò senza posa della penna e della parola contro il sovrano del suo paese; ma e’ non si credette giammai abbastanza martire per domandare un posto nel Paradiso del Bilancio, quando i martiri invadevano la patria come gli insetti invadono i cenci del mendicante. Appena se lo nominarono deputato» (pp. 33 s.).

La sua produzione fu espressione del nesso strettissimo fra giornalismo e letteratura tipico di quei decenni. Animato da uno spiccato interesse storico, trasferì l’essenzialità dello stile giornalistico nei suoi romanzi. I moribondi di Palazzo Carignano, che divenne subito un best seller più volte falsificato, costituiva un instant book nato dalla raccolta di articoli scritti per La Presse con il tono del giornalismo brillante di marca anglosassone. Preziosa testimonianza dall’interno dei meccanismi della politica parlamentare italiana osservata nel suo momento di fondazione, il pamphlet rappresentava una sapida galleria di ritratti che costituirono una ricognizione prosopografica e persino teratologica dei membri di una Camera dove «vi è di tutto – il popolo eccetto» (p. 24). Lucido critico della Sinistra – composta da «grandi individualità, ma nessun uomo di Stato» –, Petruccelli riservò il posto d’onore al conte Camillo Benso di Cavour, «tratto d’unione tra sir Robert Peel e Machiavello» (p. 92). Scrisse anche numerosi saggi storici intorno al Papato, affrontando la vicenda dei conclavi, la vita di Pio IX, il Concilio vaticano I, svoltosi fra dicembre 1869 e ottobre 1870. La sua opera letteraria più nota, Memorie di Giuda (Milano 1870), fu inizialmente pubblicata a Parigi nel 1867 con il titolo Les mémoires de Judas, e tradotta da lui stesso in italiano. In questo singolare romanzo storico la materia dei Vangeli fu ripresa inserendo una quantità di personaggi fittizi e, sulla scorta di autori come Joseph Salvador, David Friedrich Strauss, Ernest Renan, presentando un Cristo puramente umano; alla narrazione erano mescolati frequenti riferimenti al presente, nella decisa prevalenza della dimensione politica del racconto. Memore dei suoi studi giovanili presso Rosini, Petruccelli spacciò il testo per il volgarizzamento di un codice apocrifo del Nuovo Testamento ritrovato tra i papiri di Ercolano da parte del giovane ‘stendhaliano’ Fabrizio. Un simile ‘Giuda rivoluzionario’ e quasi predannunziano scatenò inevitabilmente le ire del mondo clericale.

Rieletto deputato nella XI legislatura (1870-74) in rappresentanza del collegio di Acerenza, dovette rinunciare alla carica per brogli elettorali. Entrò nuovamente alla Camera per il collegio di Teggiano nella XII (1874-76), nella XIII (1876-80) e nella XIV legislatura (1880-82). Fu oppositore di Marco Minghetti e, una volta al potere la Sinistra progressista, anche di Agostino Depretis; mentre si schierò a favore della Sinistra democratica e dei suoi capi Francesco Crispi e Benedetto Cairoli. Conservando piena libertà di critica nei confronti dei suoi amici politici, non cessò mai la sua attività giornalistica, in particolare collaborando con Il Pungolo di Napoli, di cui fu corrispondente parlamentare. Nel 1880 strinse una solida amicizia con Giustino Fortunato.

Negli ultimi anni di attività ripropose il tema della delusione storica rispetto alla politica della nuova Italia nelle Memorie di un ex deputato (Milano 1884).

Affetto da emiparesi a causa di un colpo apoplettico, trascorse gli ultimi anni di vita fra Londra e Parigi, dove, ormai cieco, si trasferì nel 1888 e morì il 29 marzo 1890.

Per sua espressa volontà le sue ceneri furono trasportate a Londra. Luigi Russo lo definì «insieme con Edoardo Scarfoglio, il nostro più grande giornalista, e l’unico giornalista italiano di tipo europeo» (1987, p. 51); opinione fermamente condivisa da Indro Montanelli che, in una delle sue seguitissime Stanze, lo ricordava ai suoi lettori come il «più brillante giornalista italiano dell’Ottocento» (Corriere della sera, 6 marzo 1999, p. 41). Folco Portinari ha sostenuto che «il miglior Petruccelli debba ricercarsi nell’opera narrativa, abbastanza anomala nel panorama nazionale, chiuso nell’alternativa Ortis - Manzoni» (Prefazione a I moribondi di Palazzo Carignano, cit., p. 27), rammaricandosi «che la memoria lo abbia relegato in un sigillatissimo sepolcro, a dispetto della sua prolificità giornalistica e letteraria, oltre l’attività politica» (p. 15). Sulla sua opera pesò, infatti, la ingenerosa stroncatura di Croce: «Quale delusione nello sfogliare i volumi di giornalisti che ebbero un tempo gran numero di lettori ammiranti e che parvero fontane zampillanti di vivacissimi spiriti; quale contrasto tra la pomposa risonanza del loro nome e l’effettiva povertà delle loro parole stampate! Chi può ora sostenere la lettera dei romanzi dovuti alla penna del focoso giornalista-epigrammista Ferdinando Petruccelli della Gattina: Il re prega, Il sorbetto della regina, e altrettali, che vorrebbero dare quadri della Napoli borbonica, e danno invece un cumulo di cose enormi, di delitti tenebrosi, di stranezze, di scempiaggini, senza disegno e senza stile, con una disinvoltura e un brio di maniera, meccanici e falsi?» (1974, p. 300). Con velenosità pari solo a quella manifestata dalla Civiltà cattolica, Croce definì Le memorie di Giuda «ordinario ciarpame di lussuosità, lussuria, voluttà e crudeltà» (p. 301).

Al contrario, un’analisi nuova e approfondita meriterebbe Petruccelli romanziere, vista la vastità della produzione e la sua fortuna commerciale. Come tanti suoi contemporanei, amò Walter Scott; fu in stretta relazione con la letteratura europea; lesse i grandi romanzi gotici del byroniano livornese Francesco Domenico Guerrazzi, come quelli di Francesco Mastriani. Scrittore brillante, iperbolico, satirico, capace di originali variazioni grottesche, usò i più svariati livelli linguistici con grande padronanza. A giudizio di Portinari, un romanzo a fosche tinte ambientato nella Napoli borbonica e ricco di riferimenti autobiografici come Il sorbetto della Regina (Milano 1872) assimilava Petruccelli ai ‘bizzarri’ «sulla linea che dal Nievo grottesco prosegue per Imbriani e Dossi» (1976, p. 140).

Opere. La vastissima attività giornalistica resta in gran parte da esplorare e da studiare. Sul versante storico e narrativo di Petruccelli, oltre i testi citati si possono elencare i seguenti volumi: Rome and the papacy. A history of the men, manners, and temporal government of Rome in the nineteenth century, Philadelphia 1859; Storie arcane del pontificato di Leone XII, Gregorio XVI e Pio IX , Milano 1861; Introduzione alla storia diplomatica dei conclavi, Torino 1863; Il Re dei Re, rifacimento dell’Ildebrando, I-IV, Milano 1864; Histoire diplomatique des conclaves, I-IV, Paris 1864-66; Pie IX, sa vie, son règne, l’homme, le prince, le pape, Bruxelles 1866; Il concilio, Milano 1869; La famille des gueux, drame en 5 actes et 7 tableaux, Paris 1869 (con J. Claretie); Le notti degli emigranti a Londra, Milano 1872; Il re prega, Milano 1874; I suicidi di Parigi, Milano 1876; Storia dell’idea italiana, Milano 1877; Le larve di Parigi, Milano 1878; Giorgione. Romanzo storico, Roma 1879; Imperia. Romanzo storico, Roma 1880; Il conte di Saint-Christ. Memorie del colpo di Stato del 1851 a Parigi, Milano 1880; I fattori e i malfattori della politica europea contemporanea, I-II, Milano 1881-84; Storia d’Italia dal 1866 al 1880. Demolizioni, rabberci, disinganni. Continuazione della storia dell’idea italiana, Napoli 1882. Postumo apparve il robusto romanzo I pinzoccheri. Scene della rivoluzione francese, I-II, Bologna 1892. Nel corso del Novecento vi sono state varie ripubblicazioni di sue opere, tra le quali si segnalano: La rivoluzione di Napoli nel 1848, prefazione di F. Torraca, Roma 1912; I moribondi di Palazzo Carignano, nuova ed. a cura di G. Fortunato, Bari 1913; I moribondi di Palazzo Carignano e Memorie di un ex deputato, a cura, con introduzione e note biobibliografiche di G. Fonterossi, Roma 1960; Memorie di Giuda, introduzione di F. Portinari, Torino 1976; I moribondi di Palazzo Carignano, a cura di F. Portinari, Milano 1982, in cui si propone una breve e incompleta scheda bibliografica (Bibliografia e giudizi critici, pp. 291-298); La rivoluzione di Napoli nel 1848, a cura di F. Torraca, introduzione di L. Parente, Venosa 1990; I fattori ed i malfattori della politica europea contemporanea, Moliterno 2007; I moribondi di Palazzo Carignano, con appendice iconografica e biobibliografica, Moliterno 2009; I moribondi di Palazzo Carignano, a cura di B. Benvenuto, Milano 2011; I moribondi di Palazzo Carignano, a cura di L. Ferri, Milano 2011; Memorie di Giuda, introduzione di M. Veneziani, Moliterno 2012; I moribondi di Palazzo Carignano, a cura di E. Di Brango, Lecce 2013.

Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Potenza, Archivio della famiglia Petruccelli di Moliterno; Roma, Istituto per la storia del Risorgimento italiano, Fondo Albini; Fondo Bernardini; Fondo Cenni; Fondo Filippo Cordova; Fondo De Lieto; Archivio Pasquale Stanislao Mancini; Archivio di deposito, b. Documenti vari; Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio, Direzione generale dell’Agricoltura, Archivio generale 1860-1914, b. 247, f. 1003; Archivio storico della Camera dei deputati, Disegni e proposte di legge e incarti delle commissioni 1848-1943, Legislatura VIII, voll. 35, 39, 65, 216, 347; necr., P. della G., in Gazzetta piemontese, 30-31 marzo 1890. Inoltre Decisione della Gran corte speciale della Calabria citeriore nel giudizio in contumacia di cospirazione ed attentati contro la sicurezza interno dello Stato commessi nelle Calabrie nell’anno 1848, Napoli 1853, pp. 77 s., 81, 96, 167 s.; P.-J. Proudhon, Observations sur l’unité italienne, Paris 1865, pp. 40 s., 43, 55-58, 62; G. Faldella, Salita a Montecitorio 1878-1882, IV, Dai fratelli Bandiera alla dissidenza, Torino 1883, pp. 64-66; C. Bovio, Giovanni Bovio nella vita intima, con lettere e documenti inediti, Milano 1896, ad ind.; J. Claretie, La vie à Paris 1895, Paris 1896, pp. 365-368; 373-375. Oltre ai giudizi di Vittorio Imbriani e Luigi Capuana, riportati nella citata scheda bibliografica di Portinari del 1982, si vedano: D. Galati, F. P. della G., in Id., Gli uomini del mio tempo. Profili, Bologna 1879, ad vocem; M. Salvia, P. della G., Napoli 1912; G. Fortunato, F. P. della G. (con ritratto), in Nuova Antologia, s. 5, 1913, vol. 166, pp. 363-377 (si tratta dello scritto introduttivo alla ripubblicazione de I moribondi di Palazzo Carignano del 1913); B. Del Zio, P. della G. e Giustino Fortunato, Melfi 1913; V. Valinoti Latorraca, F. P. della G., in occasione del centenario della nascita, Napoli 1915 (nuova ed. a cura e con un saggio di A. Lotierzo, Moliterno 1983); D. Albini, I deputati lucani al Parlamento napoletano 1848-49, Roma 1922, ad ind.; F. Torraca, Per P., in Id., Scritti vari, Milano-Genova-Roma-Napoli 1928, pp. 363-368 (scritto introduttivo alla ripubblicazione de La rivoluzione di Napoli nel 1848 del 1912); G. Santonastaso, L’idea laica in P. della G., Milano 1939; S. Cilibrizzi, F. P. della G. scrittore e giornalista di fama europea, in I grandi lucani nella storia della nuova Italia, Napoli 1956, pp. 154-163; T. Pedio, Uomini e martiri in Basilicata durante il Risorgimento, in Archivio storico per la Calabria e la Basilicata, XXV (1956), 4, pp. 457-463; G. Fonterossi, Saggio di una bibliografia degli scritti di F. P. della G., a cura di G.R. Zitarosa, Napoli 1961; G. Coiro, F. P. della G., in Scuola lucana, II (1966), 7-8, pp. 15-18; G. Santonastaso, Edgar Quinet e la religione della libertà, Bari 1968, pp. 124-130; B. Croce, Giornalisti-autori, in La letteratura della nuova Italia, V, Bari 1974, pp. 300 s.; F. Portinari, Le parabole del reale. Romanzi italiani dell’Ottocento, Torino 1976, pp. 119-128, 136-142; Rosso e nero a Montecitorio. Il romanzo parlamentare della nuova Italia (1861-1901), a cura di C.A. Madrignani, Firenze 1980, pp. 33-40; E. Giordano, F. P. della G., Salerno 1987; L. Russo, I narratori, a cura di G. Ferroni, Palermo 1987, pp. 51 s.; A. Di Chicco, P. della G.: patriota e scrittore, precursore del giornalismo moderno, Bari 1998; M. Di Napoli, Il caso Nicotera-P. della G., in Beni culturali a Napoli nell’Ottocento, Roma 2000, pp. 279-287; M.T. Imbriani, F. P. della G., in Id., Appunti di letteratura lucana. Ventisette ritratti d’autore dal Medioevo ai giorni nostri, con un saggio introduttivo di N. De Blasi, Potenza 2000, pp. 71-80; Giustino Fortunato e il Senato. Carteggio (1909-1930), a cura di E. Campochiaro - A. Boldrini - L. Pasquini, Roma 2003, pp. 41-43, 262; S.C. Hughes, Politics of the sword. Dueling, honor, and masculinity in modern Italy, Columbus 2007, pp. 63 s.; P.L. Vercesi, L’Italia in prima pagina. I giornalisti che hanno fatto la storia, Milano 2008, pp. 18, 27, 36, 41, 65; G.L. Fruci, «Un contemporain célèbre». Ritratti e immagini di Manin in Francia fra rivoluzione ed esilio, in Fuori d’Italia: Manin e l’esilio, a cura di M. Gottardi, Venezia 2009, pp. 136 s.; Camera dei Deputati, Portale storico, http://storia.camera.it/deputato/ferdinando-petruccelli-della-gattina-18150826/bpr#noNav (2 marzo 2015).

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