PETROLCHIMICA

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1979)

PETROLCHIMICA (App. III, 11, p. 397)

Eugenio Mariani

Negli ultimi anni imponente è stato lo sviluppo della p. verificatosi in molti paesi del mondo; in Europa e in Giappone il suo accrescimento è avvenuto al ritmo del 15% all'anno, circa, negli SUA a oltre il 10%. Questo sviluppo è stato favorito dalla possibilità offerta a paesi, anche non produttori di petrolio, di attingere alle necessarie materie prime a prezzi relativamente bassi e inoltre dall'elevato grado di purezza di queste materie prime, dal particolare tipo di impianti necessari a queste lavorazioni, caratterizzati da una notevole flessibilità e intercambiabilità, dal rapido sviluppo di queste tecnologie e dal relativamente facile approvigionamento da parte delle industrie.

Le materie prime della p. sono il gas naturale e il petrolio o, più spesso, alcune sue frazioni; negli SUA maggiore interesse riveste la prima per la maggiore disponibilità e il basso prezzo, in Europa e in Giappone la preferenza è stata data alla seconda. Basta, per es., confrontare la percentuale di etilene proveniente dalle diverse materie prime nell'Europa occidentale e negli SUA. Specie negli SUA, produttori di gas naturale e di petrolio, la p. ha trovato il più fertile terreno di sviluppo, che si è poi esteso a tutte le altre parti del mondo; la quantità di petrolio e di gas naturale destinato alla p. rappresenta tuttavia solo una modesta frazione del consumo totale di questi prodotti. Negli SUA solo circa l'1% del petrolio nel 1960 e il 6% nel 1974 è stato consumato dalla p.; per il gas naturale tale percentuale è stata negli stessi anni mediamente del 25 ÷ 30%; in Italia il gas naturale destinato a usi chimici è stato del 10% nel 1975 e i prodotti petroliferi consumati sono passati dal 4 al 10% nel periodo dal 1964 al 1975. I prodotti ottenibili dal gas naturale e dal petrolio e costituenti le materie prime della p. sono: gas naturale, gas di sintesi, paraffine, olefine, diolefine, composti aromatici.

Il gas naturale (v. in questa App.) contiene 60 ÷ 95% di metano accompagnato dagli omologhi superiori: etano, propano, butano e piccole percentuali di pentani; nei gas naturali la quantità di metano varia con le zone di provenienza, il tenore di omologhi superiori presenti decresce all'aumentare del loro peso molecolare. Una buona percentuale del gas naturale è utilizzata per usi petrolchimici, soprattutto tal quale per gas di sintesi, per acetilene, o per la separazione del metano. Mentre il gas naturale proveniente da alcuni giacimenti è praticamente senza impurezze solforate e può essere utilizzato direttamente per le varie produzioni petrolchimiche, in altri casi esso contiene idrogeno solforato, talora in percentuale elevata; la sua eliminazione, necessaria, consente il ricupero di zolfo in quantità notevole. L'importanza di questo zolfo di origine petrolchimica risulta evidente se si tiene presente che esso rappresenta oggi più del 50% dello zolfo elementare consumato nel mondo; esso proviene all'incirca in uguale misura dall'idrogeno solforato che accompagna il gas naturale e da quello che si genera dalle varie operazioni di raffinazione e di trattamento dei prodotti petroliferi (v. zolfo, in questa Appendice).

Il gas di sintesi è costituito da una miscela di CO e H2 in rapporti diversi a seconda della composizione della materia prima di partenza, del sistema seguito, dell'impiego al quale il gas di sintesi è destinato. Esso costituisce infatti la materia prima per la preparazione di una vasta gamma di prodotti che vanno dall'ammoniaca all'alcole metilico, dagli alcoli superiori al fosgene, compresi naturalmente tutti i prodotti da questi derivati (App. III, 1, p. 701).

Spesso dal gas naturale però vengono separati gli omologhi superiori del metano liquefacibili e che costituiscono un'importante fonte di paraffine a basso peso molecolare (fino a C5) destinate a usi chimici o per la preparazione di carburanti. Questi omologhi C2 ÷ C5 a volte sono presenti in percentuale modesta, in altri gas naturali rappresentano una frazione importante che può arrivare anche al 20 ÷ 30%; attualmente nei paesi dell'OPEC solo una modesta quantità di questi componenti viene separata, la rimanente è inviata a bruciare in fiaccola. Sono in corso in molti paesi impianti di ricupero di questi componenti; così in Arabia Saudita è in costruzione un impianto di trattamento del gas per il ricupero di 12.000 t/giorno di prodotti liquidi, oltre naturalmente allo zolfo ricavabile dall'idrogeno solforato pure presente nel gas naturale e che occorre separare prima del trattamento di liquefazione.

Di questi idrocarburi etano e propano costituiscono la materia prima per la preparazione dell'etilene, mentre butani e pentani, in parte, dopo isomerizzazione, si utilizzano nella preparazione di carburanti ad alto numero di ottano.

In alcuni casi dal gas naturale si separa il metano a elevato grado di purezza per la preparazione di derivati (clorometani, solfuro di carbonio) o come fonte di carbonio in processi di fermentazione.

Paraffine ad alto numero di atomi di carbonio vengono oggi separate da frazioni dei petroli per utilizzarle come materia prima di diverse lavorazioni. Le n-paraffine si trovano nelle frazioni liquide dei petroli; in alcuni casi sono presenti in percentuali elevate (petroli russi, libici, brasiliani), in altri in percentuali minori (Medio Oriente, SUA). Fra le frazioni petrolifere liquide quelle a maggior contenuto di paraffine sono le benzine pesanti, il cherosene e il gasolio; le prime sono ricche di idrocarburi C11 ÷ C14, l'ultima di C14 ÷ C25. Quando occorre separare tali paraffine si ricorre a sistemi di adsorbimento su setacci molecolari (App. III, 11, p. 410) facendo passare su questi le frazioni petrolifere allo stato liquido o di vapore; a seconda delle condizioni di operazione i setacci molecolari trattengono il 90 ÷ 95% e più delle paraffine presenti; queste sono poi successivamente eluite e si possono separare per distillazione frazionata in modo da avere frazioni o "tagli" sostanzialmente costituiti solo da 3 ÷ 4 paraffine omologhe, per es., C8 ÷ C10, C10 ÷ C13, C12 ÷ C14, C15 ÷ C18. Queste frazioni trovano impiego come materia prima per ottenere, per deidrogenazione catalitica, monolefine lineari utilizzate per preparare alcoli superiori, detergenti, ecc., o come fonte di carbonio in industrie di fermentazione (per produrre acido citrico, amminoacidi, proteine monocellulari). Si calcola che nel mondo gl'impianti di estrazione delle n-paraffine abbiano una capacità produttiva di circa 1,5 milioni di t/anno e che la produzione attuale sia di poco inferiore alla capacità massima degl'impianti.

Etilene e derivati. - Anche in questi ultimi anni l'etilene (App. III, 1, p. 577) ha conservato un posto preminente fra le materie prime della petrolchimica. I sistemi di produzione sono quelli già citati nella precedente Appendice, ciò però non vuole dire che non siano state apportate modifiche notevoli per quanto riguarda processi di cracking, sia degl'idrocarburi leggeri (gassosi e liquidi), sia dei prodotti liquidi (v. figg. 1 e 2). Così oggi si hanno forni di cracking molto più efficienti per quanto riguarda utilizzazione del calore, temperature raggiungibili (a seguito dell'introduzione di tubi al Cr-Ni più resistenti), tempi di permanenza più brevi e minori consumi energetici. Negli SUA la maggiore fonte di etilene è costituita dall'etano e dal propano del gas naturale, del GPL e dei gas sottoprodotti di raffineria; in Europa e anche in altre parti del mondo ove non sono disponibili quantità altrettanto grandi di gas naturale, si ricorre alla benzina, al gasolio e agli stessi grezzi petroliferi. Però negli SUA in questi ultimi anni la crescente carenza di gas naturale ha spostato l'attenzione verso le stesse materie prime usate in Europa, cioè frazioni petrolifere liquide; infatti, mentre nel 1970 etano e propano costituivano l'80% della materia prima, nel 1975 tale percentuale era ridotta al 60%. Analogamente in diversi paesi europei con lo sfruttamento dei giacimenti di gas naturale del Mare del Nord si prevede di poter in avvenire avere a disposizione gas liquefatti di petrolio. Naturalmente cambiando le materie prime varieranno le condizioni di lavoro e la percentuale dei prodotti del cracking, come indicano i dati della tab. 1.

Nei processi di cracking con vapore (steam-cracking) l'aggiunta di questo alla carica favorisce la produzione di etilene; esso infatti incrementa la selettività del cracking riducendo la pressione parziale degl'idrocarburi e riduce la percentuale di benzina prodotta, di residuo pesante e di coke; la temperatura si mantiene per quanto possibile alta poiché il suo aumento favorisce la resa in etilene. Infatti, mentre nei processi sviluppatisi fin verso il 1960 la temperatura era inferiore agli 800 °C (rese di etilene 15 ÷ 20%), nei processi sviluppati successivamente si è arrivati a 850 ÷ 900 °C con tempi di permanenza che si sono ridotti a frazione di secondo, ottenendo rese superiori al 30%. I processi di cracking per etilene possono essere a riscaldamento diretto o indiretto, a letto fluidizzato, autotermici, ecc. Poiché nel cracking si producono miscele di numerose sostanze, la loro separazione costituisce una parte importante degl'impianti; fra i vari sistemi disponibili la scelta si esegue in base alla composizione della miscela da frazionare e al grado di purezza richiesto per i componenti principali. I sistemi più applicati sono quelli di frazionamento a bassa temperatura nei quali il miscuglio gassoso si raffredda, in stadi successivi, adottando come fluidi refrigeranti nei vari stadi: ammoniaca, propano, propilene, etilene, metano; si può operare a pressione di 30 ÷ 40 atm, alla quale è sufficiente raggiungere temperature di −10 ÷ −20 °C o a bassa pressione, 2 ÷ 5 atm, alle quali però si richiedono temperature molte basse (−90 ÷ −100 °C), ottenibili con adozione di un ciclo frigorifero concatenato a propilene, etilene, metano. Meno usati sono i sistemi per assorbimento con solventi selettivi (gasolio, soluzioni ammoniacali di sali rameosi, ecc.).

Etilene può essere ottenuto dal propilene che a volte viene prodotto in quantità superiore al fabbisogno; da alcuni anni è in funzionamento un impianto (Philips) che opera la disproporzione del propilene; questo, a 200 ÷ 250 °C, alla pressione di 15 ÷ 20 atm in presenza di catalizzatore a base di platino, si trasforma in una miscela di etilene e 2-butene (nel rapporto all'incirca 1 : 2). Il 2-butene che non trova impieghi diretti può essere però isomerizzato a 1-butene che poi per deidrogenazione fornisce butadiene.

In questi ultimi anni si sono intensificate ricerche in diverse direzioni per la produzione di etilene:

a) utilizzazione come materia prima del grezzo petrolifero; da poco si è giunti alle prime realizzazioni industriali che utilizzano temperature molto alte ( ≈ 2000 °C) con tempi di permanenza molto brevi;

b) utilizzazione del gas di sintesi (miscela di CO e H2); con questo si può ottenere direttamente l'etilene o il metanolo (v. metilico, alcole, in questa App.) che con altro gas di sintesi passa poi ad alcole etilico e questo per disidratazione dà l'etilene:

c) etilene si può ottenere dal gas di sintesi con sistemi e catalizzatori analoghi a quelli del processo Fischer-Tropsch operando però in presenza di cloro; in queste condizioni il catalizzatore incrementa la selettività verso la formazione di etilene.

Questa produzione di etilene da gas di sintesi è un problema allo studio; una sua soluzione economica consentirebbe infatti a molti paesi di rendere indipendente la produzione dell'etilene e dei suoi derivati dai prodotti petroliferi d'importazione, in quanto il gas di sintesi può essere ottenuto anche da carboni o da prodotti carboniosi.

La capacità di produzione mondiale di etilene si calcola sia dell'ordine di 30 milioni di t/anno; nei paesi dell'Europa occid. essa è di 13,5 milioni di t/anno; la produzione effettiva ha raggiunto in Europa 10,5 milioni di t nel 1974, è scesa a 7,9 milioni nel 1975 ed è risalita a 10,2 nel 1976.

L'etilene costituisce la materia prima di numerosi composti come indica la tab. 2 nella quale sono riportate le quantità destinate alle varie applicazioni negli SUA, la cui produzione è stata di 5,4 milioni di t (1970).

Come si vede dalla tab. 2, la maggior parte dell'etilene è assorbita nella preparazione di polietilene (v. plastiche, materie, in questa App.); la restante parte costituisce la materia prima di diversi prodotti fra i quali i più importanti, oltre al cloruro di vinile, CH2 = CHCl, sono:

- l'ossido di etilene

che si otteneva in passato facendo reagire l'etilene con acido ipocloroso; si forma la cloridrina etilenica, HOCH2CH2Cl, che per trattamento con calce perde gli elementi di una molecola di acido cloridrico dando l'ossido di etilene; oggi si usano sistemi di ossidazione diretta dell'etilene con ossigeno o con aria in presenza di argento come catalizzatore. L'importanza dell'ossido di etilene risiede nel fatto che esso può essere trasformato in glicole etilenico (usato come liquido antigelo e nella preparazione di fibre poliestere), in poliglicoli, in etanolammine, in tensioattivi, ecc.;

- l'etanolo, o alcole etilico, è un composto che viene prodotto per fermentazione di sottoprodotti o di surplus agricoli o per distillazione di prodotti alcolici non direttamente utilizzabili (come i vini a basso grado alcolico, ecc.); però i quantitativi richiesti dall'industria non possono essere facilmente ottenuti per questa via; infatti la maggior parte di alcole etilico per usi industriali si prepara oggi per idratazione dell'etilene, in qualche impianto si ossida parzialmente l'etilene. L'alcole si utilizza largamente come solvente o anche per preparare esteri, acido acetico, acetaldeide, ecc.

L'acetaldeide fino verso il 1960 è stata prodotta prevalentemente a partire da acetilene; successivamente a tale data si sono affermati processi che utilizzano alcole etilico per deidrogenazione,

o per ossidazione parziale,

L'acetaldeide viene poi utilizzata nella preparazione di acido e di anidride acetica, di alcole butilico, di etilesanolo, ecc.

Propilene e derivati. - Alla produzione di etilene è strettamente legata quella del propilene (App. III, 11, p. 502), altra olefina che si genera durante la preparazione dell'etilene. La quantità di propilene ottenibile dipende dal tipo della carica trattata (cresce col peso molecolare della materia prima trattata, cfr. i dati della tab. 1) e infatti la quantità prodotta è maggiore in Europa che negli SUA, in accordo a quanto più sopra detto.

Le condizioni sempre più severe adottate per il cracking con vapore in Europa occid. negli ultimi anni hanno portato a ottenere un rapporto propilene/etilene sempre più basso; prima del 1960 esso era di 0,73; nel 1964-65 era sceso a 0,57 e nel 1972-73 è stato di 0,52.

La produzione dei derivati del propilene procede parallelamente a quella dei composti dell'etilene; così gli assorbimenti più importanti si hanno nella preparazione di polipropilene, di ossido di propilene, di alcole isopropilico oltre che di acrilonitrile, cumene, isoprene. Il polimero di maggior consumo del propilene è il polipropilene, però notevole interesse rivestono anche i prodotti a basso grado di polimerizzazione, trimero e tetramero, che vengono utilizzati per la preparazione di benzine di polimerizzazione; il tetramero a catena lineare si usa nella preparazione di detergenti biodegradabili.

L'ossido di propilene si ottiene in maniera analoga all'ossido di etilene; è consumato largamente per la preparazione del glicol propilenico (usato per resine poliestere, per resine poliuretaniche, come plastificante, ecc.). L'alcole isopropilico, che si ottiene in maniera analoga all'alcole etilico dall'etilene, costituisce un derivato importante del propilene perché intermedio per la preparazione dell'acetone. Fra gli altri impieghi del propilene sono da ricordare l'acrilonitrile (in passato ottenuto prevalentemente dall'acetilene), base per una vasta gamma di resine (acriliche, modacriliche, copolimeri antiurto, gomma nitrile, fibre acriliche, ecc.) e l'isoprene che da alcuni anni va acquistando sempre maggiore interesse per la preparazione di un tipo di gomma simile a quella naturale (v. elastomeri, in questa Appendice).

Butadiene. - Fra le diolefine il butadiene conserva un posto importante perché è la materia prima per la preparazione di polibutadiene, di copolimeri butadiene-stirene, butadiene-acrilonitrile.

Per la preparazione del butadiene hanno perduto interesse i processi che partono da acetilene e da alcole etilico, mentre si è sempre più incrementato quello di deidrogenazione catalitica del butano e/o del butene ottenuto da gas naturale, da gas di raffineria o di cracking.

In questi ultimi anni sono comparsi processi che utilizzano catalizzatori diversi da quelli usati in passato; così nel processo Shell si usa carbonato di potassio su supporto di ossido di ferro, con promotori costituiti da fosfato di potassio e ossido di cromo; nel processo Dow Chemical si usa fosfato di calcio o di nichel con ossido di cromo come promotore. A ogni ciclo si raggiungono trasformazioni del butene in butadiene del 35 ÷ 45% mentre la selettività (molecole di butadiene formate per ogni 100 di butene convertite) raggiunge il 90%. A questi processi se ne è aggiunto un altro di deidrogenazione ossidativa del butano e/o butene.

Nel processo di deidrogenazione si stabilisce un equilibrio fra il butano (o butene) e il prodotto di reazione costituito da butadiene e idrogeno; questo equilibrio non porta a rese di butadiene superiori al 35 ÷ 45%. L'equilibrio può essere spostato favorevolmente arrivando a valori del 55 ÷ 70% aggiungendo alla carica ossigeno, il quale funziona da accettore dell'idrogeno formando acqua. All'eliminazione dall'idrogeno corrisponde un favorevole spostamento dell'equilibrio e un apporto di calore al sistema; se all'ossigeno si aggiunge vapore questo può ossidare le sostanze carboniose che tendono a depositarsi sul catalizzatore prolungandone così la vita. In alcuni brevetti anziché vapore si aggiunge un alogeno, per lo più iodio.

Sensibili progressi si sono avuti nei processi di separazione del butadiene dagli altri gas formati nella reazione di deidrogenazione o di ossideidrogenazione. Fra i sistemi di estrazione con solvente particolarmente applicato risulta quello basato sull'uso di acetato d'ammonio rameoso nel quale i buteni e il propilene hanno una solubilità pari all'1 ÷ 5% di quella del butadiene ed è quindi possibile ricuperare questo idrocarburo da miscele con rese dell'ordine del 98% e con purezze superiori al 99%. I sistemi che maggiormente si sono sviluppati sono quelli per distillazione estrattiva; ai solventi già usati in passato (acetone, furfurolo) si sono aggiunti: acetonitrile (processo Shell), N-metilpirrolidone (BASF), dimetilformammide (Geon).

Il butadiene consumato nel 1975 è stato destinato negli SUA e in Europa occid. agl'impieghi indicati in tab. 3.

La capacità produttiva nel 1975 degl'impianti dell'Europa occid. si calcolava in circa 2.000.000 t/anno; la produzione effettiva, sempre nel 1975, è stata di poco più della metà di tale capacità; un quarto della produzione è stato destinato all'esportazione. Gli SUA, nonostante abbiano consumato 1.700.000 t nel 1975, hanno una produzione di circa 1,5 milioni di tonnellate.

Isoprene. - Notevole importanza ha acquistato in questi ultimi anni la produzione di isoprene capace di fornire elastomeri molto simili alla gomma naturale. La produzione iniziata solo da qualche anno ha già raggiunto valori elevati ed è previsto un incremento; infatti la recente introduzione di pneumatici del tipo radiale richiede l'impiego di gomma naturale o di poliisoprene. L'isoprene si può ottenere con diversi processi:

a) deidrogenazione delle frazioni di C5 in maniera analoga a come detto per ottenere il butadiene dalla frazione C4 (processo Shell);

b) dimerizzazione del propilene e successiva decomposizione del dimero con eliminazione di metano, secondo il processo Goodyear, basato sulle reazioni:

c) condensazione di isobutilene e formaldeide, secondo il processo dell'Institut Français du petrole, che ha il vantaggio di non richiedere isobutilene puro e si basa sulle reazioni:

d) reazione fra acetilene e acetone con formazione di metilbutinolo, composto che viene successivamente idrogenato e il prodotto disidratato (processo SNAM), secondo le reazioni:

questo processo necessita di poter disporre di acetilene a basso prezzo.

Acetilene. - L'acetilene come materia prima ha perduto in questi ultimi anni parte della sua importanza; la chimica dell'acetilene si è sviluppata in Germania dove esso veniva prodotto da carburo di calcio; a questo sistema si è poi sostituito quello di produzione per cracking di metano o di etano (gas naturale). Successivamente si è trovato che la gran parte dei composti che si possono ottenere dall'acetilene si possono anche produrre partendo da etilene o dalle altre olefine (propilene, butilene, ecc.), in maniera più economica.

Ciò è chiaramente indicato in tab. 4 dai quantitativi di acetilene e di olefine consumate nella Rep. Fed. di Germania dopo il 1960 (fra parentesi sono le percentuali dei tre composti di origine petrolchimica).

Composti aromatici. - L'importanza dei composti aromatici è cresciuta notevolmente in questi ultimi anni causa il consumo effettuato per la preparazione di importanti derivati (v. oltre). Come già indicato nella precedente Appendice, la quantità di aromatici presente nei petroli è relativamente modesta, solo alcuni grezzi ne contengono discrete quantità, ma tali composti passano in gran parte nelle frazioni leggere: benzina, ecc., e l'estrazione diretta di tali aromatici non è conveniente. Gran parte di aromatici proviene dal reforming catalitico degl'idrocarburi naftenici. Si calcola che la capacità mondiale degl'impianti di reforming sia all'incirca pari al 13% del petrolio lavorato e questa larga produzione è dovuta alla necessità delle raffinerie di mettere in commercio benzine ad alto numero di ottano.

Gli aromatici presenti in una benzina sottoposta a reforming variano dal 45 al 70%; la percentuale dipende dalla natura del materiale trattato e dalle condizioni del reforming.

La maggior parte di queste benzine di reforming è destinata alla preparazione di carburanti, il rimanente è utilizzato per l'estrazione degli aromatici.

Dal prodotto idrogenato i composti aromatici si separano con solventi selettivi; quando la richiesta di benzene è elevata, si può sottoporre prima dell'estrazione il prodotto idrogenato a un trattamento di dealchilazione che trasforma in benzene i composti alchilaromatici presenti.

Una fonte di aromatici di notevole importanza utilizzata in questi ultimi anni, specie nei vari paesi europei, è costituita dalla benzina di steam-cracking. Si è più sopra detto che in molti paesi l'etilene viene prodotto per cracking con vapore di frazioni petrolifere liquide (benzina, gasolio, olio combustibile); il prodotto che ne risulta oltre a olefine contiene una sensibile quantità di parte liquida, detta benzina di cracking, con temperatura di ebollizione inferiore ai 200 °C circa; tale frazione, che rappresenta il 20 ÷ 30% della carica, contiene una percentuale elevata di aromatici (70 ÷ 80%). Questa benzina è instabile a causa della presenza di sensibili quantità di idrocarburi insaturi (olefine, diolefine, ecc.) e viene stabilizzata attraverso un'idrogenazione di questi idrocarburi e una desolforazione, ciò che si esegue in due fasi, prima operando sul prodotto liquido poi sul prodotto in fase gassosa.

La composizione di una benzina di cracking, può essere all'incirca la seguente:

Poiché la richiesta di benzene è elevata mentre quella del toluene non sempre è pari alla produzione, parte di questo può essere trasformato in benzene. Il passaggio si può realizzare in diversi modi.

Un processo è quello per idrodealchilazione, cioè secondo la reazione:

che si realizza ad alta temperatura in assenza o in presenza di catalizzatori costituiti da ossido di cromo o di molibdeno su supporto di argilla; la reazione fornisce benzene da toluene o anche da xileni e naftalina da metil- e dimetil-naftalina. L'operazione si fa avvenire a 550 ÷ 750 °C e per evitare la formazione di coke si opera a pressione di 25 ÷ 75 atm e in presenza di eccesso d'idrogeno; nel caso si operi in presenza di catalizzatore la temperatura è più bassa, a ciascun passaggio sul catalizzatore il grado di trasformazione è dell'ordine del 70 ÷ 80%.

Poiché nella reazione di idrodealchilazione del toluene la resa teorica in benzene è dell'83,5% e il rimanente è costituito da metano che ha valore relativamente basso, ne consegue che il processo è economicamente conveniente solo quando il prezzo del benzene è sensibilmente superiore (almeno del 20 ÷ 25%) a quello del toluene.

Attualmente sono allo studio due altre reazioni. Una è di dealchilazione con vapore:

e consiste nel far passare una miscela di toluene e vapore d'acqua a 430 °C su catalizzatore di rodio e allumina; la reazione produce idrogeno anziché consumarlo; l'altra è di dealchilazione ossidativa che consiste nel portare una miscela di toluene, metano, vapor d'acqua, ossigeno a 750 °C; oltre a benzene si ottengono altri prodotti di notevole interesse: fenolo, cresolo e stirene.

Un altro processo è quello per disproporzione, secondo la reazione:

che avviene riscaldando il toluene a 250 ÷ 300 °C in presenza di catalizzatore (alla pressione di ≈ 45 atm). Dalla reazione si ottiene teoricamente una molecola di benzene e una di xilene, però in pratica tale rapporto varia per il formarsi anche di olefine, di paraffine, di composti aromatici C9, ecc.; le percentuali di benzene e di xileni che si formano sono dell'ordine rispettivamente del 35 ÷ 40% e del 55% circa. La reazione di disproporzione si può effettuare a bassa temperatura, in fase liquida, con catalizzatori del tipo Friedel-Crafts o a temperatura elevata in fase gassosa. Nel primo caso il toluene addizionato di BF3 + HF come catalizzatore viene portato a temperatura di 80 ÷ 120 °C alla pressione di 35 ÷ 70 atm; nel secondo caso si opera a pressione un po' inferiore (15 ÷ 40 atm), a temperatura di 450 ÷ 550 °C, in presenza di catalizzatore a base di silice-allumina. A ogni ciclo si ottiene una trasformazione del toluene in benzene, più xileni, del 30 ÷ 35%.

Xileni si possono ottenere anche dalla reazione dì transalchilazione del trimetilbenzene con toluene:

Queste reazioni, non ancora realizzate su scala industriale, appaiono entrambe interessanti perché rispetto ai normali processi di idrodealchilazione non richiedono idrogeno.

Il toluene è presente negli stessi prodotti nei quali si ritrova il benzene (catrame di distillazione del carbon fossile, reforming di benzina, ecc.). La disponibilità di toluene è notevolmente inferiore a quella del benzene, però i suoi usi diretti sono più limitati per cui spesso, come già detto, esso viene utilizzato per la preparazione di benzene e anche di xileni. Gli usi diretti del toluene sono la preparazione di nitrotoluene, di clorotolueni usati per preparare benzaldeide, di acido benzoico, dell'acido toluensolfonico, del caprolattame, delle resine poliuretaniche (da toluendiisocianato); si aggiunge alle benzine per aumentarne il numero di ottano.

Gli xileni (v. App. III, 11, p. 1141) sotto forma di miscela dei tre isomeri o, m, p, provengono dalle stesse fonti dalle quali deriva il toluene; si calcola che circa il 98% sia di origine petrolifera e di questo circa il 95% provenga dal reforming. Sia da reforming catalitico, sia dalla disproporzione del toluene si ottiene una miscela dei tre isomeri nella quale il m-xilene rappresenta circa la metà, l'o-xilene e il p-xilene formano il rimanente in parti quasi uguali (è sempre presente il 10 ÷ 12% di etilbenzene). Poiché il m-xilene ha scarsi impieghi si è cercato di trasformarlo per isomerizzazione negl'isomeri o e p più importanti; il processo si basa sul fatto che esiste fra i tre isomeri un equilibrio; se da una miscela di essi se ne asporta uno, per es., il p, e la miscela restante si porta ad alta temperatura, si ristabilisce l'equilibrio fra i tre isomeri, così che si riforma altro isomero p a spese degli altri. L'isomero p può essere asportato dalla miscela per cristallizzazione frazionata o facendo passare la miscela degl'isomeri su uno strato di setacci molecolari che trattiene selettivamente il 90% e oltre dell'isomero p che poi viene ricuperato per eluizione con un idrocarburo. Si può anche separare selettivamente dalla miscela l'isomero m, perché capace di formare un complesso con HF + BF3 facile da estrarre e dal quale si riottiene lo xilene che sottoposto a isomerizzazione riforma una miscela dei tre isomeri; quello m viene nuovamente separato e isomerizzato e così via. Il p-xilene è la materia prima per la preparazione dell'acido tereftalico, uno dei componenti delle fibre poliestere; dall'o-xilene per ossidazione si preparano l'acido e l'anidride ftalica e dal m-xilene l'acido isoftalico; entrambi si usano per preparare resine alchidiche, resine poliestere da stampaggio, plastificanti.

Nella tab. 5 sono riportate le capacità di produzione e le produzioni effettive di olefine e di composti aromatici nei paesi della CEE e in Italia nel 1970 e nel 1975. Nella tab. 6 sono date le produzioni di alcuni composti petrolchimici nei paesi europei più industrializzati nell'ultimo decennio.

Bibl.: H. Steiner, Introduction to petroleum chemicals, Oxford 1961; A. V. Topchiev, M. F. Nagiyev e T. N. Shakhtakhtinskii, Syntetic materials for petroleum, ivi 1962; A. L. Waddams, I prodotti chimici derivati dal petrolio (trad. it., a cura di V. Diamanti), Milano 1963; R. F. Goldstein, A. L. Waddams, The petroleum chemical industry, Londra 1967; A. N. Brownstein, Tends in petrochemical technology, Tulsa 1976.

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