PERÙ

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1979)

PERÙ (XXVI, p. 873; App. I, p. 927; II, 11, p. 525; III, 11, p. 392)

Pier Luigi Beretta
Renato Piccinini
Ruggero Jacobbi
Carlos Fernandez Sessarego

Secondo l'ultimo censimento, effettuato nel 1972, la popolazione del P. ammontava a 13.575.052 abitanti, ripartiti in 22 dipartimenti e una provincia costituzionale, Callao (cfr. tabella).

La popolazione peruviana risulta composta per il 49% da amerindi, per il 33% da meticci e per il resto da bianchi, negri e mulatti. Il coefficiente di accrescimento annuo, per il periodo 1970-75, è stato del 3,1%. La conurbazione di Lima ha raggiunto alla fine del 1972 i 3 milioni di abitanti; altri centri urbani importanti sono: Trujillo, Callao, Arequipa, Chiclayo, Huancayo e Cuzco.

Condizioni economiche. - Il P., che dispone di varie e cospicue risorse naturali e, in particolare, di una vasta gamma di giacimenti minerari, dei quali però la congiuntura mondiale non ha finora permesso il completo sfruttamento, riceve da circa un decennio crescenti benefici dalla pesca e dalle industrie ad essa connesse, conserviera e delle costruzioni navali. L'agricoltura, per quanto abbia registrato qualche progresso, è ancora ostacolata nel suo sviluppo dalla struttura della proprietà e dai metodi di coltura, che non permettono, in numerose regioni, di adattare la produzione agricola ai bisogni di un mercato interno in costante sviluppo per effetto anche di un'elevata pressione demografica. Le colture coprono appena il 2,3% della superficie territoriale, i pascoli il 21,1%, le foreste il 57,4%. Nella Costa si coltivano soprattutto il cotone (147.000 ha nel 1975), la canna da zucchero (57.000 ha) e il riso (117.000 ha). Nella Sierra si coltivano patate (280.000 ha, 19 milioni di q), orzo, granturco; fino ai 1600 m di altitudine si coltiva anche il caffè (140.000 ha, 650.000 q nel 1975) che viene in gran parte esportato. Le estese foreste del versante interno (Montaña) hanno fruttato quasi 6,5 milioni di m3 di legname nel 1975. Il patrimonio zootecnico conta 17 milioni di ovini, 4 milioni di bovini, 650.000 lama e oltre 1 milione di alpaca, che dànno lana di ottima qualità. Ma enorme importanza per l'economia peruviana ha la pesca (circa 10 milioni di t di pescato nel 1971). Nel 1972 però vi è stata una crisi molto grave in questa attività a causa di fenomeni oceanici ostili (lo spostamento della corrente calda di Humboldt che lambisce le coste peruviane) e anche per uno sfruttamento eccessivo dei banchi di pesca. La produzione è crollata da un anno all'altro (3,5 milioni di t di pescato nel 1975), con conseguente forte rallentamento nella produzione e nell'esportazione della farina di pesce (da 5 milioni di t nel 1971 a 3 milioni nel 1973).

Lo sfruttamento delle risorse minerarie si mantiene a un discreto livello seppure lontano dalle effettive possibilità, soprattutto per quanto riguarda il petrolio (3,7 milioni di t nel 1974). La produzione di argento è in lento ma continuo aumento (1.275.000 kg nel 1974); anche quelle del rame (213.000 t nel 1974), dello zinco (398.000 t), del piombo (193.000 t) e del minerale di ferro (6,2 milioni di t) sono in ascesa.

Nel settore industriale primeggia l'industria tessile, specialmente quella cotoniera. Tra le altre attività industriali si possono segnalare quelle del cemento, del tabacco e quella metallurgica, mentre le industrie chimica, alimentare e meccanica sopperiscono solo ai bisogni locali. La produzione di energia elettrica controllata totalmente dallo stato attraverso l'ente pubblico Electroperú, è in continuo sviluppo: la potenza installata di 2,3 milioni di kW nel 1974 sarà raddoppiata nel 1980.

I principali prodotti di esportazione sono rappresentati dai prodotti agricoli (zucchero, cotone, caffè e lana per 233 milioni di dollari SUA nel 1973), da quelli minerari (566 milioni di dollari di rame, zinco, argento) e dai prodotti della pesca (148 milioni di dollari). Le importazioni sono costituite principalmente dai manufatti (154 milioni di dollari) e da materie prime e prodotti intermedi per l'industria (390 milioni di dollari).

L'ampliamento e l'ammodernamento della rete di comunicazioni costituisce uno dei problemi fondamentali per lo sviluppo economico del P.; la sua soluzione è resa difficile dall'orografia del territorio (il P. ha le ferrovie più elevate della Terra) e dalla localizzazione dei più importanti centri economici, molto distanti tra loro. Sono attualmente in esercizio 3218 km di ferrovie e 50.000 km di strade.

Storia. - P. G. Beltrán, primo ministro e ministro delle Finanze, governò in pratica, al posto dell'inetto presidente M. Prado Ugarteche, dal 1959 al 1962. Arginò abilmente l'inflazione con un regime di austerità e cercando di realizzare una politica in favore delle masse. Non riuscì però a vincere la diffidenza delle destre né a soddisfare le sinistre; in Parlamento le sue iniziative erano sistematicamente respinte sia dai seguaci di Odria, sia dagli apristi, i fedeli di Haya de la Torre.

Alle elezioni del giugno 1962 si presentarono tre candidati: l'ex dittatore Odría, il capo dell'APRA, Haya de la Torre, e F. Balaúnde Terry, sconfitto alle precedenti elezioni. Il responso delle urne diede la vittoria ad Haya; ma l'esercito, che non tollerava l'aprismo, intervenne (18 luglio) impossessandosi del potere e arrestando il vecchio presidente Prado il cui mandato non era ancora scaduto. Una giunta militare, capeggiata dal generale R. Pérez Godoy, sospese le garanzie costituzionali, sciolse il congresso e adoperò il pugno di ferro contro l'opposizione. Scioperi e disordini scoppiarono nelle miniere e nelle piantagioni, mentre molte terre erano invase dai braccianti, le cui violenze furono represse dai battaglioni dell'esercito. I sistemi autoritari di Pérez Godoy scontentarono la giunta, che lo sostituì con il generale N. Lindley López (marzo 1963) dopo che nel gennaio era stato sventato un complotto per rovesciare il governo. La giunta, mantenendo la promessa, permise regolari elezioni il 9 giugno 1963, che portarono alla presidenza della Repubblica il capo dell'Acción popular, F. Belaúnde Terry, appoggiato dal piccolo partito democratico cristiano e dalla sinistra. Il suo governo, contraddistinto da un dinamismo insolito, mirò a risolvere i gravi problemi sociali ed economici che affliggevano il paese. Le principali iniziative riguardavano la lotta contro l'analfabetismo, la costruzione di alloggi per i poveri. la lotta contro l'arretratezza nell'interno del paese (con la collaborazione degli studenti universitari) e la legge sulla riforma agraria (maggio 1964). In realtà tale riforma era stata prevista in passato, ma non aveva raggiunto alcun effetto per mancanza di regolamenti d'applicazione. La Chiesa aveva già espresso in proposito la sua opinione e dava l'esempio: l'arcivescovo di Cuzco (dove il malcontento dei contadini era esploso), monsignor C. Jurgens, offriva al governo 13.000 ettari di terre perché venissero distribuite fra braccianti poveri.

Tuttavia, gli sforzi di Belaúnde - accusato dall'opposizione di filocomunismo - non diedero risultati apprezzabili. Il suo riformismo fu considerato con diffidenza dai proprietari, che osteggiavano in tutti i modi le espropriazioni, mentre le sinistre e gli ultra-nazionalisti lo accusavano di acquiescenza verso gli SUA per la mancata nazionalizzazione dell'International Petroleum Company, associata alla Standard Oil. Nel giugno 1967, però, Belaúnde fu costretto dal Congresso a espropriare in parte la predetta società, mettendo in crisi i rapporti con Washington. Tali rapporti divennero in seguito più tesi a causa dell'acquisto di aereo-jet militari francesi, preferiti a quelli nordamericani. All'opposizione parlamentare (il partito di Odría e quello di Haya de la Torre disponevano di 110 voti al congresso, mentre Belaúnde ne controllava 75) si aggiunse il terrorismo nelle impervie strade della Sierra e la comparsa della guerriglia rurale organizzata. Il deterioramento della situazione portò, il 3 ottobre 1968, a un colpo di stato militare che estromise Belaúnde dal potere un anno prima della scadenza del suo mandato. Una giunta capeggiata dal generale J. Velasco Alvarado, presentandosi come elemento di rottura contro il riformismo inoperante del deposto governo, sciolto il Parlamento, attuò la nazionalizzazione del sottosuolo (con la conseguente espropriazione definitiva della Standard Oil) e decretò una nuova riforma agraria. I militari, che per la prima volta nella storia peruviana promovevano le riforme sociali, manifestavano l'intenzione di trasferire il potere reale alla nuova borghesia nazionalista del paese. Il processo rivoluzionario tendeva a un capitalismo dinamico sotto la guida di tecnocrati in grado di eliminare il capitale estero, le strutture oligarchiche e le vecchie e inette classi politico-economiche. I rapporti con gli SUA si guastarono nuovamente nel 1969 per avere il P. dichiarato il nuovo limite (200 miglia) delle acque territoriali e sequestrato pescherecci nordamericani; furono anche nazionalizzate le compagnie telefoniche controllate dall'ITT. Per contro, il P. riallacciò (febbraio 1969) le relazioni diplomatiche con l'URSS, con cui firmava un trattato commerciale e di assistenza tecnica; altri accordi furono stretti con i paesi dell'Europa orientale. Alla sospensione di forniture belliche nordamericane, Lima rispose ordinando l'allontanamento delle missioni militari statunitensi e rifiutando il visto d'ingresso a Nelson Rockefeller (23 maggio 1969), incaricato dal presidente Nixon di effettuare una missione esplorativa in tutta l'America latina. Il generale Alvarado ribadì tuttavia (28 luglio) che la rivoluzione peruviana non s'ispirava ad alcun modello marxista, e che la sua politica aveva una sola meta: il progresso socio-economico del Perù.

L'impetuoso riformismo dei militari non fu rallentato dalla catastrofe del maggio 1970 (quando il P. fu colpito da un terremoto, con immani devastazioni e migliaia di vittime): dopo la nazionalizzazione dell'industria ittica (fondamentale per il P.) fu proclamata la "legge generale sulle industrie" (27 luglio 1970), che prevedeva la partecipazione operaia alla gestione delle imprese. Affiorarono segni di scontento, ma l'opposizione non era tollerata: l'ex presidente Belaúnde, reo di aver sollevato critiche al regime, fu espulso dal paese (26 dicembre 1971). La fuga di capitali e la mancata partecipazione popolare alla soluzione dei problemi non rappresentarono veri ostacoli: nell'aprile 1971 fu creato un sistema nazionale per la mobilitazione sociale (SINAMOS), destinato a formare la forza politica di base della rivoluzione; nell'ottobre 1973 fu approvato il piano "Inca", drastico programma per la ridistribuzione della ricchezza e per l'aumento della produzione; nei primi giorni del 1974 si giunse alla nazionalizzazione della Cerro de Pasco Corporation, statunitense, la più importante impresa mineraria e siderurgica del Perù. I rapporti con gli SUA, tuttavia, migliorarono e il P. vide rinnovati i crediti della Banca mondiale e della Banca interamericana per lo sviluppo, senza i quali le riforme sarebbero state assai difficili. Il deterioramento della situazione economica provocato dalla crisi mondiale e dall'esito negativo di alcune riforme suscitò manifestazioni di protesta e un risveglio dell'opposizione. Il governo rispose mettendo fuori legge il Partido de acción popular (10 luglio 1974.) ed espropriando alcuni quotidiani di Lima, successivamente assegnati ai lavoratori. Ma nel febbraio 1975, in seguito a violenti disordini e allo sciopero della guardia civile, fu proclamato in tutto il paese lo stato di emergenza; ristabilita la calma, fu accusato il partito di opposizione APRA (Alianza Popular Revolucionaria Americana) di aver fomentato la rivolta.

Il P., che nel 1973 aveva partecipato alla riunione dei paesi "non allineati" di Algesiras, organizzò a Lima, dal 25 al 30 agosto 1975, la conferenza dei ministri degli Esteri di tali paesi, presieduta dal generale Alvarado. Ma il 29 agosto un incruento colpo di stato depose il presidente, che fu sostituito dal generale F. Morales Bermúdez, ex primo ministro e ministro della Difesa. Alla chiusura della conferenza dei "non allineati" Bermúdez dichiarò che gl'ideali della nuova rivoluzione continuavano a essere identici a quelli del 1968; seguì, tuttavia, il rimaneggiamento dei vertici militari e governativi (per la prima volta dal 1968 fu ammesso nel governo un civile). Il successivo biennio 1976-77 è stato caratterizzato da ulteriori sostituzioni nelle cariche di governo, dalla epurazione di ex-collaboratori del deposto presidente Alvarado, dal risveglio dell'opposizione, con il ripetuto ricorso allo stato di emergenza. Nelle elezioni del giugno 1978 l'APRA ha soppiantato il Partito Popolare Cristiano, raggiungendo la maggioranza relativa con il 35% dei suffragi.

Bibl.: B. Villaret, La Pérou, Parigi 1964; F. Pike, The modern history of Perú, New York 1967; R. Marett, Perú, ivi 1969; J. Aguilar Derpich, L'esperimento militare in Perù, Milano 1971; R. Magni, Autogestione e sottosviluppo. Il caso del Perù, Roma 1975.

Letteratura. - Il secondo Novecento segna per la letteratura peruviana un'epoca di particolare ricchezza e creatività, nella quale vengono a frutto le ragioni e le proposte dei grandi precursori: C. Vallejo nella poesia, e J.C. Mariátegui nell'ideologia e nell'organizzazione della cultura. Non a caso la bibliografia sui due autori è cresciuta in modo impressionante a partire dal 1950 - oltre alla ricerca di documenti ad essi relativi, e alla stampa di opere postume -. Il fatto è che essi costituiscono ancor oggi i modelli del linguaggio lirico moderno e della metodologia critico-storica, con libri come Los heraldos negros o Siete ensayos de interpretación de la realidad peruana che, pur risalendo rispettivamente al 1918 e al 1928, solo ora hanno raggiunto la condizione di classici e sono entrati nella circolazione scolastica, senza parlare delle continue ristampe a carattere popolare. Questi due precursori hanno lasciato l'eredità di un canto libero e visionario, tutto tramato d'immagini, e di un socialismo rivoluzionario di stampo fortemente romantico: e ambedue costituiscono un invito al ripensamento del passato nazionale, alle particolari tradizioni del ruralismo e dell'anticolonialismo. A questa ricerca dell'identità nazionale hanno inoltre molto contribuito gli studi sulla cultura quechua, da quelli di J. Basaldre a quelli di O. Lara, cui dobbiamo il paziente recupero delle scarse ma importanti vestigia di una letteratura incaica.

Con la scomparsa di E. López Albújar nel 1965 e soprattutto di v. García Calderón nel 1959, la grande generazione modernista giungeva alla fine. Sopravvive ancora A. Hidalgo, l'ex futurista, nato nel 1897. Al gruppo di transizione appartiene X. Abril, del 1903, così come E. Westphalen, del 1911: sono stati i primi a sentire la scossa del potente surrealismo tropicale di Vallejo. Ma la nuova poesia reca i nomi di J.E. Eielson, nato nel 1921, di C.G. Belli, di sei anni più giovane, di A. Escobar, del 1929, e infine di C. Calvo, oggi in posizione di capofila, nato nel 1940. In tutti costoro la tensione, l'intima dialettica espressiva, fra l'irrazionalismo di marca surrealista e una tendenza al recupero della realtà in funzione di protesta sociale, ha generato preziose mescolanze stilistiche e soluzioni personali ovviamente diverse.

Ma, senza dubbio, questo periodo è contrassegnato dalla presenza e dal successo internazionale di alcuni grandi narratori. C. Alegría (1909-1967), dopo la grande stagione delle opere scritte durante l'esilio politico in Chile - fra cui fondamentale El mundo es ancho y ajeno, - si chiuse in un angosciato silenzio, rielaborando cose giovanili (i racconti di Duelo de cabaleros, 1955) o avviando frammentari progetti, che solo ora vengono alla luce. A sua volta J. M. Arguedas (1913-1969) ha ampliato i suoi interessi morali e storici, mettendo a frutto, in seno al suo potente sentimento della natura, gli apporti culturali derivanti dalla sua condizione di etnologo. Romanzi come Los ríos profundos (1958) e specialmente Todas las sangres (1964) appartengono al meglio della letteratura "indianista" prodotta dall'America latina. L'opera di M. Scorza e di J. R. Ribeyro, ambedue nati nel 1929, ha avuto ampia divulgazione e rappresenta, specie nel caso di Scorza, una via di liberazione da tutti i residui naturalistici attraverso l'uso raffinato della lingua e dello stile (Scorza, del resto, proviene dalla poesia lirica). Ma senza dubbio la figura principale della nuova narrativa peruana è M. Vargas Llosa, nato nel 1936 (v. in questa Appendice). Si ricordino ancora E. Vargas Vicuña, nato nel 1924, e C. E. Zavaleta, del 1928, quest'ultimo specialmente per il romanzo Unas manos violentas (1958); o la narrativa di tipo fantastico-surreale di M. Mejía Valera. Nel teatro si distinguono S. Salazar Bondy, nato nel 1924, di tendenza brechtiana, P. Gibson Parra, E. Solari Swayne e altri.

Bibl.: M. Suárez Miravall, Las letras peruanas en el siglo XX, in Autori vari, Panorama das literaturas das Américas, IV, Nova Lisboa 1963; Autori vari, La littérature du Pérou, numero speciale di Europe, XLIV (1966); C. Bravo-Villasante, La literatura peruana en el siglo XX, in Cuadernos hispanoamericanos, CCVIII (1067); M. Vargas Llosa, S. Salazar Bondy y la vocación del escritor en el Perù, in Casa de las Américas, XLV (1968); A. Lora Risco, Fronteras universales de la novela peruana, in Atenea, XLV, CLXVI (1968); J. Ortega, Una muestra del relato peruano, in Mundo Nuevo, XXIII (1968); id., El minero en la novela peruana, ibid., XXXI (1969); G. Bellini, La letteratura ispano-americana, Firenze-Milano 1970; J. Franco, Introduzione alla letteratura ispano-americana, Milano 1972.

Arti figurative e Architettura. - Un contributo fondamentale allo sviluppo della pittura peruviana del Novecento venne dalla Scuola nazionale di belle arti, fondata nel 1918, e da tre eminenti artisti che v'insegnarono: i pittori D. Hernández e J. Sabogal e lo scultore spagnolo M. Piqueras Cotolí. D. Hernández (1856-1932), che trascorse quasi tutta la sua vita tra Parigi e Roma, giunto in P. nel 1918, chiamato a dirigere la scuola, si fece portatore di una concezione accademica che inaugurò una fase del tutto nuova nella pittura del P. contemporaneo. J. Sabogal (1888-1956), divenuto professore quando Hernández dirigeva la scuola, gli successe alla direzione dopo la sua morte. Formatosi in Europa, Sabogal aveva assimilato l'influsso di pittori diversi (I. Zuloaga, A. Camarasa, i fratelli R. e V. Zubiaurre); durante un viaggio in Argentina, entrò in stretto contatto con il pittore J. Bermudez a Jujuy; nel 1922 soggiornò in Messico, assimilando l'impostazione del muralismo rivoluzionario. Personalità discussa, Sabogal reagì all'accademismo di Hernández conquistando ben presto un ruolo di leader come fondatore dell'importante scuola pittorica peruviana assertrice delle tradizioni indigene. Sostenuta da una tecnica pastosa, d'impostazione vigorosa, la sua pittura, seguita da scolari entusiasti, rappresenta la rivendicazione dell'uomo autoctono, l'affermazione dei suoi valori, l'esaltazione del paesaggio provinciale, locale, campestre, e rinnova l'ambiente artistico peruviano lasciando una notevole e duratura impronta. La sua pittura, pur non raggiungendo un contenuto definito di denuncia e di protesta derivante da un preciso atteggiamento politico, si propone tuttavia come un preciso atto di fede nell'indio. Uno dei quadri più significativi di Sabogal è considerato L'alcalde di Chincheros (Pinacoteca del Museo d'arte di Lima).

L'apogeo della scuola indigenista si colloca nel ventennio 1920-40, allorché divenne la corrente artistica ufficiale, ma alcuni esponenti di questa scuola hanno proseguito a dipingere secondo gli stilemi tipici del gruppo ancora fino a qualche anno fa. E il caso di J. Codesido (n. 1892), la figura più eminente della scuola indigenista. Fervente ammiratrice di Sabogal, la sua pittura, che raggiunge a tratti punte altamente drammatiche, si propone come rara fusione di straordinaria forza espressiva e di delicatezza cromatica in uno stile notevolmente personale che aspira al superamento di ogni rigido dogmatismo. Pervasa da una perenne inquietudine, la sua pittura, superato un primo periodo di stretta dipendenza dal maestro, dopo il 1935, attraversa una fase in cui aderisce ai dettami del muralismo messicano (soprattutto D. A. Siqueiros), per giungere poi a un'apertura verso nuove ispirazioni - che travalicano il ristretto ambito del vernacolare e del tematico - e verso correnti rinnovatrici, mantenendo una propria originalità.

Alla scuola indigenista reagiscono pittori che si proclamano indipendenti. Tra questi J. Vinatea Reynoso (1900-1931), eccellente pittore realista senza giungere al meramente descrittivo, dotato di alte e riconosciute qualità espressive (tra i suoi quadri più famosi, Le balze sul lago Titicaca, Banca Centrale di Riserva); A. Gonzáles "Apurimak" (n. 1900), che sottopone la figura umana a varie stilizzazioni; R. Grau (1907-1960), formatosi a Parigi e tornato in P. nel 1938, portandovi con le nuove tendenze dell'arte francese un'apertura e un rinnovamento che contrasta col localismo della scuola indigenista: pittore di squisita sensibilità, colorista delicato, armonioso ed equilibrato, cominciò dipingendo osterie e ritratti per poi impegnarsi nella ricerca dell'arte precolombiana. Negli ultimi tempi ha lavorato esclusivamente a composizioni non figurative, sorprendendo per il disinvolto ed efficace trapasso sperimentale dal figurativo all'astratto. M. de la Torre (n. 1893) è un pittore caratterizzato da permanente e giovanile inquietudine. L'urgenza creativa e la costante sollecitazione alla ricerca lo portano però a un'eccessiva produzione che va a scapito della coerenza stilistica. Emergono nei suoi quadri vedute allucinanti e misteriose di foreste e i paesaggi calmi e profondi della costa peruviana. C. Quízpez Asín (n. 1900), soprattutto autore di murales, possiede il senso del geometrico e un'equilibrata qualità architettonica che si realizzano in una sobrietà di moduli e in un'essenzialità cromatica dominata dalla gamma dei grigi e dal bianco luminoso. S. Gutiérrez (1914-1961) rappresenta un singolare caso di autodidattismo: talento istintivo, iniziò con la scultura per poi dedicarsi alla pittura. Espressionista appassionato, nei suoi quadri il colore domina la forma al punto da annullare il disegno e la violenza con cui si esprime si risolve in raggiante luminosità. Negli ultimi anni dipinse con angoscia in forme allucinanti e drammatiche. J. Springett (n. 1914) esprime nella sua abbondante produzione una duttilità cromatica e una perizia d'esecuzione che valgono a situarlo fra gli artisti di maggior talento degli ultimi anni.

J. M. Ugarte Eléspuru (n. 1911) diresse la scuola nazionale di belle arti tra il 1956 e il 1973. La sua attività, di alto livello qualitativo, si svolge sia nell'ambito della pittura (anche murale) che della scultura.

T. Nuñez Ureta (n. 1914) inizia come acquarellista dedicandosi in seguito alla pittura, soprattutto ai murales, in cui coglie buon successo: sue opere si trovano al ministero dell'Economia, in quello dell'Educazione e in altri edifici pubblici.

Nel campo della scultura sarà doveroso citare tra gli artisti fioriti nel decennio 1940, a parte M. Piqueras Cotolí (n. 1886), L.F. Agurto (n. 1898), che eseguì diversi monumenti per incarico ufficiale; A. Ocaña (n. 1894), che realizzò il Monumento ai Caduti nella campagna 1941; I. Pozo (n. 1905), dotatissimo ma scarsamente attivo, noto per la famosa Coppia di buoi che orna una delle più importanti strade di Lima; M. Laymito (n. 1900), eccellente artista; L. Valdettaro (n. 1904), che lavora soprattutto su pietre dure; J. Piqueras Sánchez Concha (n. 1925) che, stabilitosi in Europa, è anche uno stimato pittore; C. Pazos (n. 1894), R. Espinoza Cáceda (n. 1898), M. Baca Rossi (n. 1915) e L. Cocsi Salas (n. 1910) sono anch'essi tra gli scultori che operano in questi anni.

Menzione speciale merita J. Roca Rey (n. 1923), scultore di prestigio internazionale: formatosi inizialmente nell'atelier del maestro spagnolo V. Macho che operò per un certo periodo in P., ha poi viaggiato in Europa, stabilendosi a Roma; ha realizzato un buon numero di opere di qualità sia in P. sia all'estero, e partecipa con successo a numerose esposizioni. Autore di molti monumenti pubblici in P., a Roma ha scolpito la statua di Garcilaso de la Vega a Villa Borghese. Le sue prime opere s'inseriscono nell'ambito del figurativo, mentre le più recenti si accostano all'astratto.

Negli anni Cinquanta un'apertura verso le più attuali tendenze artistiche europee e americane avvia un processo di ricerche che tendono, ciascuna su un suo specifico sentiero, alla conquista di una personalità pittorica propria. Tra le figure che appaiono o si realizzano in questa decade andrà citato tra gli altri R. Sanchez (n. 1912), C. Aitor Castillo (n. 1913), V. Humareda (n. 1920).

F. de Szyszlo (n. 1925), il più noto e il più apprezzato degli attuali pittori peruviani, convinto seguace dell'astrattismo, evolve in seguito su posizioni nelle quali si avverte una radice peruviana. È vissuto alcuni anni in Europa e negli Stati Uniti, dove ha raccolto ispirazioni da Picasso, Klee e Tamayo; le sue straordinane qualità di colorista, le squisite raffinatezze di sfumatura e di esecuzione gli hanno meritato fama internazionale.

A. Dávila (n. 1912) s'impone per il talento nell'ambito del figurativo con stilizzazioni geometriche, con aree cromatiche delimitate da un tratto scuro che, come nelle antiche vetrate le strisce di piombo, le isola nettamente. In seguito aderìsce alla "pittura d'azione" e all'Op Art.

A. Ralli (n. 1920), allievo di J. Codesido, incorpora nella propria tematica con stile personale scene urbane e figure di bimbi, rappresentati con straordinaria limpidezza ed eccezionale mobilità.

A. L. Ruiz Rosas (n. 1926), i cui quadri di stile espressionista possiedono un colorismo gradevole, aderisce a una corrente che potrebbe definirsi "realista-socialista". Tra gli artisti peruviani residenti all'estero sono da ricordare D. D'Ornellas (n. 1916), E. Eielson (n. 1924) che si rifà alle antiche tradizioni (i suoi Quipus ricordano l'antico alfabeto di nodi del P. precolombiano); e ancora R. Larrain (n. 1928) che, passato dalla pittura alla scultura, è autore di 'oggetti' dalla struttura rigorosamente geometrica, travolti nel loro significato originario.

Negli anni Sessanta si fanno luce o maturano gruppi di pittori che rappresentano tutto il ventaglio delle correnti in voga, tra i quali emergono J. Milner Cajahuaringa (n. 1922), M. A. Cuadros (n. 1928), A. Villegas (n. 1928), A. Kubotta (n. 1932), V. Shinki (n. 1932), E. Galdós Rivas (n. 1933), T. Tsuchiya (n. 1936). A questi si dovranno aggiungere E. Moll (n. 1929), G. Chavez (n. 1937), che hanno realizzato un meritorio approfondimento estetico.

Tra gl'incisori si distinguono, oltre a F. Espinoza Dueñas (n. 1926), C. Juárez (n. 1935) e C. Bernasconi (n. 1924), autore anche di medaglie.

Nel campo della scultura spiccano i nomi di A. Guzmán (n. 1927) che lavora nell'ambito dell'astrazione dal 1953, A. Varela (n. 1933), autore di sculture in acciaio, G. Gálvez (n. 1919) che si dedica particolarmente a lavori in cuoio: infine A. Winternitz (n. 1906) è pregiato autore di vetrate.

L'architettura degli anni Quaranta si muove nell'ambito di un'espressione ispirata allo stile coloniale, e per questo fu denominata architettura "neocoloniale". In seguito, principalmente per l'influenza di un gruppo di intellettuali, di artisti e di architetti riunitisi nel gruppo Espacio, viene ripudiata qualsiasi corrente di carattere tradizionalista in nome di un'architettura del tutto moderna che identifica le proprie radici negl'insegnamenti di sommi maestri come Le Corbusier. A partire dagli anni Sessanta si manifesta in termini sempre più perentori una preoccupazione di carattere sociale. Esempi di questo "nuovo corso" sono il complesso residenziale San Felipe costruito negli anni Sessanta, e il progetto pilota Previ che, finanziato dal Fondo delle Nazioni Unite per lo sviluppo e dal governo del P. con la partecipazione di celebri architetti di ogni parte del mondo, ha progettato abitazioni economiche e funzionali, proponendo inoltre soluzioni fondamentali per le abitazioni a sovvenzione autogestita, ed eseguendo funzionali progetti di restauro di complessi abitativi in via di deperimento. Vedi tav. f. t.

Bibl.: J. Rios, La pintura contemporanea en el Perù, Lima 1946; J. Acha, Art in Latin America today, Perù, Washington 1961; F. Statsny, La pintura en Sud America de 1910 a 1950, Buenos Aires 1966; id., Breve historia del arte en el Perù, Lima 1967; F. Bullrich, Nuevos caminos de la arquitectura latinoamericana, Barcellona 1969; J.M. Ugarte Eléspuru, Pintyra y escultura en el Perù contemporaneo, Lima 1970; M. Roitman, La pintura en el Perù, ivi 1900; T. Nunez Ureta, Prefazione a Pintura contemporanea, ivi 1976; D. Bayon e P. Gasparini, Panoramica de la arquitectura latinoamericana, 1977.

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