PERSIA

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1998)

PERSIA

M. Bernardini

Per P. medievale si deve considerare un territorio estendentesi ben oltre i limiti dell'omonima regione (antico persiano Parsa; arabo-persiano Fārs), compresa nell'od. Iran. Tale territorio fu caratterizzato da frequenti frammentazioni storiche, con il conseguente mutamento dei confini geografici, sin dall'avvento dell'Islam nel sec. 7°, quando l'esercito degli immediati successori di Maometto annientò i Sasanidi (v.) e l'ultimo rappresentante di questa dinastia, Yazdagird III, morì assassinato nel 651.Malgrado la rapida fine dell'impero sasanide, la nuova religione portata dagli eserciti islamici conobbe solo parzialmente un immediato successo in P.; i conquistatori arabi sembrarono anzi subire progressivamente il condizionamento dell'evoluta civiltà iranica, come si palesò successivamente sotto la dinastia abbaside, con la cui ascesa, realizzatasi alla metà del sec. 8° - anche grazie all'apporto dei mawālī ('clienti') iranici, provenienti principalmente dal Khorasan -, la civiltà iranica conobbe una sua significativa rinascita. Questo periodo, definito anche 'intermezzo iranico', vide il formarsi di diverse dinastie locali, quali la tahiride (821-875) e la saffaride (861-900) nel Khorasan e nel Sīstān, e soprattutto la dinastia samanide (864-1069), che aveva capitale a Bukhārā, in Transoxiana, nel c.d. Iran esterno. Altre dinastie si stabilirono nell'Iran occidentale, come quella buyide (949-1055), che arrivò a condizionare fortemente i destini stessi del califfato, e quella ziyaride (928-1069), nel Māzandarān.Per quanto riguarda l'architettura, i primi conquistatori arabi reimpiegarono spesso edifici preesistenti. Le fonti riportano, per es., del riuso di materiali monumentali nella perduta moschea del Toro (Masjid al-Thawr) a Qazvīn, dove in un sito achemenide furono reimpiegati capitelli dalla cui forma avrebbe poi preso nome l'edificio. Sebbene i dati archeologici siano ancora parziali, è probabile che la moschea rinvenuta a Susa (od. Shūsh) nella 'città degli artigiani' possa avere una fase arcaica risalente a un periodo anteriore a quello abbaside (Kevran, Rougelle, 1984; Finster, 1994, pp. 248-249). Nell'importante città sasanide di Iṣṭakhr vi sarebbe stato un consistente insediamento in epoca omayyade, oggi non più visibile per le successive sovrapposizioni, nell'area della Grande moschea e nel contesto urbano a essa circostante (Schmidt, 1939; Whitcomb, 1979). Una grande moschea, costruita su un precedente impianto sasanide, è stata rinvenuta a Isfahan (v.).Tutti questi edifici dovevano seguire il modello della moschea c.d. araba, ovvero ipostila, anche se tale definizione può essere rimessa in discussione per la presenza di edifici ipostili in area iranica già in epoca achemenide (secc. 6°-4° a.C.), come attesta l'Apadana di Persepoli. Altri edifici religiosi testimoniano dell'adozione di un altro modello architettonico preesistente, quello del chahārṭāq - edicola con quattro accessi sui lati per l'esposizione del fuoco sacro - zoroastriano, e, sebbene solo nel caso di Yazd-i Khwāst sia possibile parlare di trasformazione diretta di un precedente edificio sasanide in moschea (Siroux, 1947a; O'Kane, 1990, p. 639), non è improbabile che tale fenomeno si sia verificato altrove, come a Kūhpāya, nella regione di Isfahan (Siroux, 1966), a Qurva, nella regione di Qazvīn (Kleiss, 1971, pp. 101-103; Hillenbrand, 1972), e in altri edifici sino al sec. 14° (O'Kane, 1990, p. 639; 1994b, p. 119). Il recupero di edifici precedenti rientra nel più generale insediamento, per tutto il Medioevo, in ambiti achemenidi o sasanidi - sottolineato dalla presenza costante di epigrafi islamiche in quei siti (Melikian-Chirvani, 1971; Blair, 1992, pp. 30-37) - come attesta, ancora nel sec. 14°, l'allestimento di una moschea a Pasargadae, intorno alla tomba di Ciro il Grande (Kleiss, 1979).La costruzione di alcuni edifici sul modello del chahārṭāq sasanide condusse Godard (1936d; 1965) alla teorizzazione di una tipologia della 'moschea a chiosco', poi rilevatasi inappropriata, soprattutto per gli esempi presi in considerazione, anche se la tipologia dell'edificio cupolato (qubba o gunbad) acquisì un ruolo primario nell'arte islamica di P. (Sauvaget, 1938; Sourdel-Thomine, 1974; Galdieri, 1976; Shīrāzī, 1980; O'Kane, 1990).Tra i siti archeologici più estensivamente indagati, relativamente al primo Islam persiano, va ricordata la città di Sīrāf, importante centro sul golfo Persico, risalente al sec. 9° (Whitehouse, 1968-1974; 1980). In questo sito è stata rinvenuta una grande moschea ipostila, la cui prima fase costruttiva risalirebbe alla prima metà del sec. 9° (Whitehouse, 1980; Finster, 1994, pp. 233-237). Nell'area di Sīrāf sono state anche individuate altre moschee quadrangolari di piccole dimensioni, caratterizzate da due o tre navate perpendicolari al muro della qibla. Oltre alle numerose unità abitative, Sīrāf offre un quadro dell'urbanizzazione protoislamica: esemplificativi sono per es. il mercato nel sito C, il caravanserraglio-deposito del sito J, disposto in prossimità di uno ḥammām, nonché diversi edifici funerari databili tra il 9° e il 10° secolo.In area khorasanica, Nīshāpūr è stata oggetto di un'estensiva campagna di scavi tra il 1935 e il 1947 (Wilkinson, 1986), che portarono alla luce un complesso agglomerato, le cui più antiche strutture non risalgono a prima del sec. 8°, mentre le ultime sembrano doversi datare al 1221, quando la città fu irrimediabilmente distrutta dai Mongoli. Sebbene non sopravvivano resti della Grande moschea, pur descritta dalle fonti, l'area offre uno specchio significativo di questo grande centro urbano dell'Islam medievale. Oltre agli edifici, gli scavi hanno permesso di rinvenire importanti materiali ceramici (v. Ceramica) e pittorici (v. Pittura).Non sono molte le moschee del primo periodo sopravvissute. Tra gli edifici più studiati, la Ṭārī Khāna di Dāmghān, del sec. 8°, è stata oggetto di attenta considerazione da parte degli studiosi (Godard, 1934; Creswell, 1989; Finster, 1994, pp. 184-187), che vi hanno individuato la significativa presenza di un ampliamento della navata centrale perpendicolare al muro della qibla, evocante la struttura a īvān di edifici palaziali sasanidi. Ai palazzi sasanidi fanno anche riferimento le volte a profilo ovoidale, quali erano riscontrabili per es. nel palazzo di Sarvistān, nel Fārs, interessante edificio di transizione tra l'epoca sasanide e quella islamica (Bier, 1986a). Altri elementi rimandano alle peculiarità costruttive del palazzo abbaside di Ukhayḍir in Iraq.Un'altra importante moschea è quella del Venerdì di Nāyīn, di poco posteriore a quella di Dāmghān, degli inizi del sec. 9°, ma caratterizzata da fasi costruttive posteriori. Di particolare rilevanza in questo edificio è l'apparato decorativo in stucco, che può essere riconnesso a modelli samarreni (Schroeder, 19773a, pp. 934-939; Finster, 1994, pp. 209-223). L'adozione di piante ipostile caratterizza comunque diversi edifici in questa fase, come per es. la Grande moschea di Yazd, risalente nel suo primitivo impianto al sec. 9° (Siroux, 1947a), e la Grande moschea di Shūshtar, fondata probabilmente nel sec. 9° (Finster, 1994, pp. 252-253) e caratterizzata dall'assenza di un cortile. Al sec. 9° risale l'impianto originario della Masjid-i ῾Atīq di Shīrāz (Wilber, 1972; Finster, 1994, pp. 246-248). Tra le moschee della prima fase un ruolo particolare gioca la Grande moschea di Nīrīz, caratterizzata da un imponente īvān centrale affiancato, nella sua forma originale, da esigue navate perpendicolari alla qibla (Schroeder, 19773a, pp. 939-940). Se in queste prime moschee il materiale costruttivo più adottato è il laterizio, crudo o cotto, non mancano esempi di uso della pietra, come a Shūshtar e a Iṣṭakhr.Un gruppo consistente di moschee quadrate e di ridotte dimensioni è caratterizzato da una struttura a nove campate regolari cupolate e dalla mancanza del cortile. Il più importante tra questi edifici è certamente la moschea denominata localmente Ḥājjī Piyāda a Balkh, in Afghanistan (Golombek, 1969a; Melikian-Chirvani, 1969; Finster, 1994, pp. 175-181). Oltre al suo imponente apparato decorativo, caratterizzato da stucchi di impronta samarrena, l'edificio attesta la diffusione di un modello architettonico al quale sono stati connessi altri edifici analoghi, diversi dei quali negli od. stati centroasiatici, come la c.d. moschea Digarrān a Khazāra e il Masjid-i Chihil Sutūn a Termedh, entrambi in Uzbekistan (Finster, 1994, pp. 190-192, 254). Al periodo abbaside risale anche la moschea di Fahraj, del sec. 9°, nella regione di Isfahan, caratterizzata da un impianto decorativo echeggiante precedenti sasanidi (Pirnyā, 1970; Alfieri, Zipoli, 1977).Tra i secc. 9° e 11° vanno annoverati numerosi esempi di mausolei monumentali. Certamente il mausoleo dei Samanidi a Bukhārā, della prima metà del sec. 10° (Blair, 1992, pp. 25-29), costituisce un importante esempio di sopravvivenza di concezioni sasanidi, principalmente della tipologia del chahārṭāq, nonché di un impianto decorativo tipico di quel mondo, non senza però accogliere elementi peculiari della tradizione locale sogdiana (Stock, 1989-1990). Il particolare impianto decorativo, eseguito con la disposizione a vista dei mattoni, echeggiante certamente un repertorio ornamentale diffuso in epoca sasanide, ebbe in seguito un successo particolare in molte zone dell'Islam orientale sino al Sind, dove se ne ritrova la matrice nei mausolei di al-Rūr e in quelli della regione di Multān (Kevran, 1996). Sempre in Transoxiana il mausoleo di ῾Arab Ata a Tim, scoperto nella valle dello Zarafshān e datato da un'iscrizione al 367 a.E./977, è fra i primi a essere dotati di un ampio pīshṭāq, o portale monumentale (Pugačenkova, 1961).Nelle regioni caspiche si assiste, a distanza di un secolo dal mausoleo dei Samanidi, alla costruzione di diversi mausolei, primo fra tutti l'eclettico Gunbad-i Qābūs, monumentale tomba-torre a pianta stellare nei pressi di Gurgān, risalente ai primissimi anni dell'11° secolo. Esso fu eretto per lo ziyaride Qābūs b. Vushmgīr, come dimostra l'iscrizione che corre alla base e alla sommità, in cui l'edificio è definito qaṣr, forse alludendo al termine kākh, in uso presso le comunità zoroastriane (Adle, Melikian-Chirvani, 1972; Blair, 1992, pp. 63-65). È probabile che l'edificio fosse stato concepito per sospendervi la bara all'interno (Godard, 19773a).A diverse altre tombe-torri, che rappresentano una tipologia diversificata nelle forme, vanno affiancati numerosi minareti presenti in territorio iraniano o afghano, sulla cui funzione è ancora aperta la discussione (Bloom, 1989; 1994). Tra i mausolei si devono ricordare: quello cilindrico di Radkan Ovest (1016-1021; Diez, 1918, p. 97; Blair, 1992, pp. 85-87) e la tomba-torre di Lājīm, nel Mazandaran (1022-1023; Godard, 1936b); il Pīr-i ῾Alamdār (1026-1027; Adle, Melikian-Chirvani, 1972) e il Chihil Dukhtarān a Dāmghān (1054-1055; Adle, Melikian-Chirvani, 1972); il Gunbad-i ῾Alī ad Abarqūh, nel Fārs (1056-1057; Godard, 1936a). Un mausoleo di grande importanza per i suoi elementi architettonici è il Duvāzdah Imām a Yazd, costruito nel 1038 per un governante della dinastia dailamita dei Kakuyidi (Grabar, 1966, p. 24; Holod, 1974). In esso è stato riscontrato l'uso rivoluzionario di raccordi angolari trilobati nella zona di transizione alla cupola, che si ritrova nei due padiglioni cupolati selgiuqidi di Tāj al-Mulk e di Niẓām al-Mulk, costruiti alle estremità dell'asse maggiore della Grande moschea di Isfahan.L'occupazione da parte dei Turchi selgiuqidi della P., che iniziò la sua ultima fase all'indomani della vittoria sui Ghaznavidi ( v.) a Dandānqān, nel 1040, rappresentò l'esordio di una nuova era per l'Islam, non solo in P. ma in tutto l'Oriente islamico. È infatti con questa dinastia che si assiste all'insediamento definitivo di una componente turca che, pur già presente, divenne da allora determinante nei destini del califfato. Sul piano artistico i Selgiuqidi portarono a una nuova concezione, di cui la madrasa rappresenta una delle più importanti manifestazioni (Sourdel-Thomine, 1970). Tale tipologia, che rappresenta architettonicamente l'esigenza di un ritorno all'ortodossia religiosa, si contrappone alla nascita o allo sviluppo ulteriore delle cittadelle ismailite, che invece sono state spesso viste quali monumenti di un conservatorismo iranico in netta contrapposizione con il nuovo dominio turco. Tra queste cittadelle spicca certamente quella di Alamūt, solo parzialmente indagata, ma meritano attenzione anche altri siti, come Qayin, Bun-i Kūh, Lamassar, Girdkūh, Shamirān e Sāva (Ivanow, 1938; Willey, 1963; Kleiss, 1971; 1972; 1977; 1981a; 1981b; 1982), tutti attestanti la presenza parallela di uno Stato ismailita all'interno di quello selgiuqide.Uno dei tratti che maggiormente caratterizzarono l'architettura selgiuqide fu quello dell'introduzione di una peculiare tipologia di moschea, destinata a prevalere nei secoli seguenti: l'impianto a quattro īvān, disposti in corrispondenza dei quattro assi maggiori dell'edificio e aperti verso una corte centrale, deriva dalla forma della madrasa chiaramente esemplificata dalla Mustanṣiriyya del 1233 a Baghdad. Tra gli esempi più significativi di questa nuova tipologia spicca indubbiamente la Grande moschea di Isfahan - per quanto concerne la sua fase selgiuqide -, eretta sul precedente impianto buyide nella seconda metà del sec. 11° (Galdieri, 1972-1984). Edifici analoghi per concezione sono le Grandi moschee di Ardistān (1072-1092; Godard, 1936e, pp. 288-296; Shīrāzī, 1980), di Qazvīn (1106-1114; Wilber, 1973; Sourdel-Thomine, Wilber, 1974) e di Gulpāyagān (1105-1118; Godard, 1936d, pp. 193-196), tutte caratterizzate da un impianto monumentale e da un ricco apparato decorativo nel quale spiccano, oltre all'uso dello stucco, quello del mattone a vista con funzione ornamentale e quello della ceramica, spesso alternata al laterizio. Altri edifici di centri più lontani dalle sedi del potere selgiuqide adottarono il modello ex novo: la moschea di Zavāra (1135-1136; Godard, 1936e, pp. 296-305) offre tra l'altro, insieme alla piccola moschea Pā Minār nella stessa città, un esempio importante degli sviluppi nell'arte della lavorazione dello stucco in epoca selgiuqide (Peterson, 1994).Alcune variazioni significative possono essere osservate nell'adozione di due soli īvān sull'asse maggiore della moschea - come a Gunābād, nella Grande moschea eretta durante la dominazione degli Khwārazmshāh del Khorasan (Zamānī, 1970) - o con un unico īvān nella facciata parallela al muro della qibla, come a Firdaws, nella stessa regione. La sporadica sopravvivenza dell'impianto ipostilo si riscontra in moschee di piccole dimensioni, come nella moschea Kūcha Mīr a Naṭanz (Kleiss, 1976, pp. 297-299).Con i Selgiuqidi ebbero ampio sviluppo anche le tipologie del mausoleo e del minareto: un esempio molto significativo di mausolei di questa dinastia è quello delle due tombe-torri di Kharraqān, datate rispettivamente al 1067-1068 e al 1092 e caratterizzate da un complesso impianto decorativo, la cui iconografia è stata oggetto di diverse ricerche (Stronach, Cuyler-Young, 1966; Öney, 1979; Shani, 1996, pp. 29-31). In territorio azerbaigiano è possibile vedere alcuni esempi monumentali di mausolei selgiuqidi, come a Marāgha, nel Gunbad-i Surkh a pianta quadrata (1148; Godard, 1936c, pp. 125-135; Kleiss, 1969) e nella c.d. tomba-torre rotonda (1167-1168; Godard, 1936c, pp. 135-143); significativi nella stessa regione sono il mausoleo Si Gunbad a Riżāiyya (1184; Godard, 1936c, pp. 156-157; Kleiss, 1969, p. 41) e quello destinato a Mu'mīna Khatūn a Nakhichevān (1186-1187; Shani, 1996, pp. 29-33). Nella regione di Hamadān, il Gunbad-i ῾Alawiyān, della seconda metà del sec. 12°, attesta l'estremo sviluppo dell'arte della lavorazione dello stucco sotto i Selgiuqidi (Shani, 1996).Un discorso a sé va fatto per il monumentale mausoleo di Sulṭān Sanjar a Marv, nell'od. Turkmenistan, del 1157, che rivela una continuità con il modello rappresentato dalla tomba dei Samanidi a Bukhārā. A esso può essere accostato, seppur in scala minore, l'enigmatico Jabal-i Sang, nella regione di Kirmān, che costituisce un esempio atipico per le sue caratteristiche architettoniche e costruttive, essendo realizzato interamente in pietra (Schroeder, 19773b). Anche i minareti offrono una gamma cospicua di modelli e vanno considerati in relazione alle due funzioni principali che svolsero: da un lato, annessi alla moschea, sono caratterizzati il più delle volte da un fusto cilindrico e seguono i dettami della decorazione architettonica generata dalla disposizione dei mattoni (anche per le epigrafi), talvolta con inserti ceramici (Sourdel-Thomine, 1953; Bloom, 1989); in altri casi, minareti isolati svolgevano una funzione celebrativa, come attesta lo straordinario esempio del minareto di Jam in Afghanistan, dedicato al dinasta ghuride Ghiyāth al-Dīn Muḥammad Ibn Sām e databile agli inizi del sec. 13° (Maricq, Wiet, 1959).Non mancano in epoca selgiuqide esempi di architettura civile, tra i quali certamente rilevanti sono i caravanserragli, che riprendevano l'impianto a īvān, due o quattro principalmente. Ne sono due esempi monumentali il Ribāṭ-i Turk (Siroux, 1971, p. 77; Kleiss, Kiani, 1983-1989, I, p. 272) nell'Iran centrale e il Ribāṭ-i Sharaf - del 1114, con restauri nel 1154 - sulla via che collegava la P. nordorientale con la Transoxiana (Kiani, 1981). Rilevante è anche il complesso urbano selgiuqide di Gurgān, nel quale sono state individuate diverse aree commerciali (Kiani, 1984).L'irruzione in area iranica delle armate mongole, iniziata nel 1220 e completata da Hulagu alla metà del sec. 13°, provocò una catastrofe di immani dimensioni e intere regioni, come il Khorasan, furono devastate. Inoltre, per la prima volta dalla conquista islamica nel sec. 7°, la P. non venne dominata da dinasti musulmani e solo con la conversione all'Islam nel 1300 dell'ilkhanide Ghāzān Khān si verificò una rinascita, con un ritorno della produzione artistica in grande scala: della seconda metà del sec. 13° restano pochissimi monumenti, peraltro non significativi, ove si escluda l'osservatorio astronomico di Marāgha, la cui costruzione iniziò probabilmente nel 1258, quando Hulagu ritornò dalla conquista di Baghdad (Wilber, 1955, p. 107; Varjavand, 1979). Vanno anche segnalate alcune moschee rupestri, come quella di Dārāb, del 1254, nella regione di Shīrāz (Ball, 1986; Bier, 1986b).A dimostrazione delle inquietudini dell'epoca, grande impulso dagli inizi del sec. 14° ebbero i santuari religiosi sorti attorno a tombe di mistici e spesso integranti diverse tipologie architettoniche in un unico santuario (Golombek, 1974). A Bisṭām, nella regione di Semnān, fu impiantato a più riprese, tra il 1300 e il 1313, un imponente santuario attorno alla tomba del mistico Bāyazīd Bisṭāmī (m. nel 1120; Wilber, 1955, pp. 127-128; Mukhlīsī, 1980). Analogo a questa struttura è il complesso costruito attorno alla tomba di ῾Abd al-Ṣamad a Naṭanz, anch'esso realizzato in più fasi tra il 1304 e il 1325 su un precedente insediamento (Wilber, 1955, pp. 133-134; Blair, 1983; 1986). Al 1330 risale il santuario di Turbat-i Shaykh Jām, nel Khorasan, costruito anch'esso attorno alla tomba di un sufi, Aḥmad Abu'l-Ḥasan, morto nel sec. 12° (Golombek, 1969b). Ancora nella regione di Isfahan va ricordato il complesso funerario del Pīr-i Bakrān, iniziato nel 1299 e concluso nel 1312 (Wilber, 1955, pp. 121-124).L'epoca ilkhanide fu caratterizzata anche dalla costruzione di mausolei isolati, tra cui il più celebre è quello del successore di Ghāzān Khān, Öljeytü Khudābanda, eretto a Sulṭāniyya tra il 1307 e il 1313, che può essere considerato come il risultato più sensazionale nell'ambito della tipologia funeraria inaugurata dal mausoleo dei Samanidi a Bukhārā. Particolarmente importante in questo edificio è la soluzione adottata per il raccordo della cupola a doppio scafo (Wilber, 1955, pp. 139-141; Godard, 19773b; Blair, 1987). Nella stessa città sorge la tomba di Chalabī Oghlu, del 1330 (Wilber, 1955, pp. 173-174), mentre diversi sono i mausolei eretti a Qumm, in Iran centrale, in epoca ilkhanide (Wilber, 1955).Durante il dominio di questa dinastia, la tipologia della moschea sviluppò ulteriormente il modello inaugurato in epoca selgiuqide, talvolta con soluzioni estreme, come nel mastodontico Masjid-i Jāmi῾ di Tabrīz (o Masjid-i ῾Alī Shāh), costruito tra il 1310 e il 1320 e composto da un unico colossale īvān che si apre su un'ampia corte. Opera di un importante ministro della corte di Öljeytü, il Masjid-i Jāmi῾ di Tabrīz fu probabilmente ideato per rivaleggiare con l'īvān monumentale di Ctesifonte (Wilber, 1955, pp. 146-149; Kleiss, 1981b). Tra le altre moschee del periodo ilkhanide, la moschea congregazionale di Varāmīn, a S di Teheran, costituisce un esempio dell'equilibrio raggiunto dalla tipologia a quattro īvān; eretta tra il 1322 e il 1326, questa moschea possiede uno dei migliori esempi di decorazione ceramica del periodo (Wilber, 1955, pp. 158-159). Sono anche da ricordare: la moschea di Zūzan, in Khorasan, risalente ai primi anni del dominio mongolo (Adle, 1989); il Masjid-i Buzurg di Gaz, nella regione di Isfahan, del 1315 (Wilber, 1955, pp. 150-151); la moschea di Farūmad, del 1320 (Wilber, 1955, pp. 156-157), e quella di Dashtī, datato al 1325 (Wilber, 1955, pp. 162-163; Kleiss, 1972).Il declino della dinastia ilkhanide vide consolidarsi nel corso della seconda metà del sec. 14° diverse dinastie locali, come quella muzaffaride nel Fārs e nel Kirmān (1314-1387), quella dei Sarbadār nel Khorasan (1337-1378) e quella kartide (1245-1384) nella regione di Herāt. Queste dinastie, che precedettero l'ascesa di Tamerlano nel 1370, costituirono con la loro produzione architettonica e artistica una premessa all'arte di epoca timuride (1370-1506). Tra i monumenti più significativi da esse prodotti, va ricordata la Grande moschea muzaffaride di Kirmān, del 1349, caratterizzata da un importante mosaico ceramico (Wilber, 1955, pp. 182-183).

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