Penna

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Strumento per scrivere basato sull’uso dell’inchiostro. Il nome deriva dall’essere stata costituita originariamente da una p. d’oca (o di altri volatili).

Cenni storici

fig. 1

La storia della p. è collegata intimamente a quella della scrittura; anzi, la forma esteriore di questa è determinata dall’arnese usato (➔ stilo, calamo). Dal 5° al 19° sec. si usò la p. d’oca, opportunamente temperata e tagliata con una sottile fenditura sulla punta, intingendola nel calamaio per bagnarla d’inchiostro, poi facendola scorrere sul foglio. Verso la fine del 18° sec. si ebbero i primi tentativi volti a migliorare gli arnesi per la scrittura, ma soltanto con il procedimento ideato da J. Perry (1830), che permetteva di ottenere pennini metallici veramente flessibili (fig. 1), il problema si avviò alla soluzione; questo procedimento consisteva nel produrre alla fine della fessura, praticata sulla punta, un piccolo foro, oppure alcuni tagli trasversali.

L’altro problema che di pari passo si era studiato era quello di costruire delle p. che contenessero inchiostro, e già nel 1636 esisteva una p. d’oca con incorporato un piccolo serbatoio; il primo brevetto è del 1809, dovuto a F.B. Fölsch per una p. composta da serbatoio, cannuccia e capsula con pennino d’acciaio. Alcune modifiche furono apportate in seguito e nel 1824 si costruirono in Germania i primi pennini d’oro con punta di rodio, e poi quelli con la punta di osmio-iridio.

P. stilografica

fig. 2A

La prima p. stilografica (fig. 2A) fu brevettata nel 1884 da L.E. Watermann; tre anni dopo nacque la fabbrica Parker.

Il principio di funzionamento e di ricarica fu inizialmente quello del pennino rientrante. La p. era composta (fig. 2B) da un serbatoio a contenente l’inchiostro, chiuso all’estremità opposta al pennino da un fondello b rotante, che comandava un albero a spirale c per la fuoriuscita e il rientro del pennino d, così che il pennino stesso, a penna chiusa, rimaneva immerso nell’inchiostro. Nella posizione con pennino rientrato il serbatoio era chiuso a tenuta da un cappuccio avvitato all’estremità opposta al fondello. Si caricava introducendo con un contagocce l’inchiostro nel serbatoio dalla parte del pennino quando questo era rientrato.

fig. 3A

In seguito fu adottato il riempimento automatico, prodotto per prima dalla Concklin di Chicago. Nel serbatoio della p. è contenuto un polmoncino di gomma che, premuto da una molla a lamina comandata da un pulsante oppure da una levetta, espelle l’aria e, quando la pressione cessa, aspira l’inchiostro. Il pennino è fisso e alimentato da un’asta fissata nel serbatoio e provvista di opportuni tagli per l’alimentazione del pennino (conduttore); la p. si chiude con un cappuccio a vite o a pressione. Altri perfezionamenti seguirono per aumentare la capacità del serbatoio di inchiostro. In alcune p. (fig. 3A) è possibile abbinare due sistemi di caricamento da usare in alternativa: a cartucce sigillate, oppure a dispositivo di aspirazione a polmoncino di gomma, di facile applicazione al dispositivo di alimentazione dell’inchiostro. Esistono p. nelle quali il polmoncino di gomma è sostituito con un cilindretto di materiale molto poroso che assorbe per capillarità l’inchiostro quando viene immerso in esso e lo cede lentamente al pennino durante l’uso.

Le p. da disegno sono particolari p. stilografiche che servono per disegnare sia con serbatoio fisso (graphos) sia con cartuccia (rapidograph, variograph ecc.); sono corredate da serie di pennini speciali che possono essere facilmente sostituiti per ogni spessore di linea da tracciare o per tipi diversi di caratteri; l’inchiostro è richiamato per gravità e per capillarità in sottili meati calibrati che lo portano fino al pennino.

P. a sfera

Nota anche come p. biro (dal nome dell’inventore ungherese L. Biró, che la brevettò), fu introdotta negli anni successivi alla Seconda guerra mondiale, ottenendo immediatamente successo e diffusione enormi per la sua praticità nella scrittura e per il basso costo (fig. 3B). L’organo scrivente è costituito da un serbatoio contenente inchiostro di tipo speciale, grasso e pastoso, portato a contatto della carta per mezzo di una piccola sfera metallica, montata sulla punta in modo da poter ruotare liberamente su sé stessa e trasportare così un velo di inchiostro. A seconda della tipologia, la p. a sfera può essere di concezione ‘usa e getta’ (in questo caso il serbatoio consta di un cannello in plastica che, una volta esaurito, viene gettato insieme all’involucro che lo contiene) o ‘a ricarica’: in quest’altro caso il serbatoio, che prende il nome di refill, o ricambio, è di solito in metallo e, una volta esaurito, può essere sostituito da un altro, acquistabile separatamente dall’involucro. Un meccanismo a scatto può comandare l’uscita e il rientro della punta del refill nel corpo della p., allo scopo di eliminare il cappuccio di chiusura; il comando di tale meccanismo è effettuato generalmente con pulsanti disposti all’estremità della p. sia in asse con essa sia eccentricamente, o anche azionati dalla metà superiore della p. stessa.

Pennarello

Tipo di p. per disegnare e scrivere, nella quale il pennino è costituito da un pezzetto di feltro a forma di cilindro o di parallelepipedo (per ottenere tratti spessi) oppure da una punta di nailon (che dà un segno molto sottile), che pesca in un serbatoio contenente un ammasso fibroso saturo di un inchiostro all’alcol, in vari colori, che si asciuga rapidamente. Pennarello evidenziatore è detto quello che utilizza speciale inchiostro fluorescente per evidenziare un testo.

P. ottica Denominazione corrente, suggerita dalla forma simile a quella di una p., di vari tipi di lettori ottici aventi usi e principi di funzionamento diversi; è detta anche p. luminosa (o light-pen). Le p. ottiche impiegate in informatica sono dotate di una fotocellula che, puntata in direzione di un determinato carattere alfanumerico o di un tratto del disegno presente sullo schermo, permette all’elaboratore di individuarne la posizione.

La stessa denominazione è data anche a lettori di codici a barre, che, emettendo raggi luminosi a luce rossa o infrarossa, ricevono per riflessione una sequenza di impulsi ottici decodificabili da un microprocessore: vengono utilizzati, per es., nella catalogazione di prodotti commerciali o per trasmettere informazioni ad apparecchi di videoregistrazione.

fig. 4

P. USB Dispositivi di archiviazione di massa basati su memorie flash di tipo NAND che utilizzano le porte USB per il trasferimento dei dati da/verso il calcolatore. Sono dette chiavi o pen-drive (fig. 4). Punti di forza di tali dispositivi sono le dimensioni contenute, la velocità di lettura/scrittura, superiore a quella di CD e DVD, l’universalità (essendo supportati dai principali sistemi operativi). Dispongono di diversi gigabyte di capacità.

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