IBERICA, PENISOLA

Enciclopedia Italiana (1933)

IBERICA, PENISOLA (A. T., 37-38,39-40,41-42 e 43)

Roberto ALMAGIA
Vittorio NOVARESE
Augusto BEGUINOT
Mario SALFI
Pietro BOSCH GIMPERA

PENISOLA Caratteri Cenerali. - È il nome più usato dai geografi per indicare la più occidentale delle tre penisole dell'Europa meridionale. Come equivalenti si adoprano anche i nomi di Penisola spagnola (dal latino Hispania) e di Penisola pirenaica (dal nome della più elevata catena, in analogia con Pen. appenninica e Pen. balcanica); ma il nome di Pen. Iberica (o anche Iberia), che deriva da quello della popolazione originaria, prelatina, sembra da preferirsi, sia perché risale all'età antica ('Ιβηρία, applicato specialmente alla parte orientale; Herod., I, 163), sia perché ha incontrato il favore anche dei geografi locali (in spagn.: la Península Iberica).

Con un'area di circa 580.000 kmq., essa supera assai per estensione le altre due penisole dell'Europa meridionale, dalle quali - e soprattutto dalla Penisola appenninica - si distingue anche per la sua forma più massiccia, grossolanamente pentagonale, con distanze, fra i punti opposti, che si mantengono fra 700 e 800 km. tanto nel senso nord-sud quanto nel senso ovest-est; pertanto nelle regioni interne vi sono punti notevolmente remoti dal mare. La penisola ha anche uno scarso corteo insulare; prescindendo da piccole isole costiere, non le appartengono che le Baleari e le Pitiuse (in complesso 5015 kmq.). Ma la caratteristica principale per la quale la Iberia si differenzia dalle altre due penisole meridionali è che essa ha, oltre quella mediterranea, una fronte rivolta all'aperto Oceano Atlantico; per il che, mentre nell'età classica si trovava al limitare del mondo conosciuto e anche nel Medioevo rimase in un relativo isolamento, a partire dal sec. XV queste condizioni di situazione si rovesciarono, per così dire, perché essa venne a trovarsi in immediato contatto (più che qualunque altro dei paesi civili europei) con quell'oceano che le grandi scoperte geografiche schiudevano alla funzione moderna di massima arteria del traffico marittimo mondiale. Rispetto ai paesi continentali dell'Europa, essa rimase tuttavia sempre un po' segregata, essendo chiusa a nord dalle catene dei Pirenei, meno alte di quelle alpine, ma nel complesso assai più impervie. Esse costituiscono un confine naturale così netto quale raramente si osserva altrove; le porte di passaggio alla finitima regione francese si trovano solo ai margini, sia lungo il Golfo di Biscaglia, sia lungo il Mediterraneo; e qui si hanno aree di trapasso, tanto per il clima, quanto per la vegetazione e le genti.

Come la Penisola balcanica forma un ponte di passaggio all'Asia, così l'Iberica costituisce un trapasso all'Africa, alla quale si avvicina fino a distarne 14 km. appena nello stretto di Gibilterra: caratteristiche geologiche e orografiche, morfologia e clima riconnettono specialmente il mezzogiorno dell'Iberia alla prospiciente regione dell'Africa Minore; ed anche nella vita e nei costumi degli abitanti non mancano elementi comuni, che rappresentano in gran parte l'eredità della dominazione araba, trapiantatasi qui dall'Africa e durata, nel mezzogiorno, quasi otto secoli. Ma oggi le relazioni con l'Africa sono ben lontane dall'essere così intime come quelle della Balcania con l'Asia Min0re; anche da che la Spagna si è insediata sull'opposta sponda marocchina, le comunicazioni sono rimaste disagevoli, soprattutto perché tanto su quella sponda, quanto sull'iberica, i porti non sono frequenti e hanno il retroterra limitato da certi rilievi.

Geologia. - Il nucleo iniziale, composto da gneiss prealgonkiani e da graniti, e in misura assai minore da terreni cambriani e siluriani, occupa il settore NO. della penisola, dalla Galizia e Portogallo settentrionale fino alle Sierre di Gata, di Gredos e di Guadarrama, con una propaggine meridionale che spunta attraverso la copertura recente lungo la riva sinistra del Tago, da Puente a Toledo. È dubbio se questo blocco antico sia un avanzo dell'Eria (v. europa: Geologia) o non piuttosto un troncone delle Caledonidi, come lascerebbero supporre alcuni rari lembi di paleozoico antico che coinvolge.

Questa Paleoiberia è avvolta, salvo che dal suo attuale lato oceanico, da un insieme grandioso di pieghe erciniche che interessano terreni dall'arcaico al carbonico, solcato da poderose intrusioni granitiche, complesso che lo Staub ha felicemente chiamato delle hispanidi (ercinidi ispaniche). Vi appartiene in primo luogo l'esteso settore SO. della Meseta che abbraccia l'Estremadura, la Sierra Morena, l'Alemtejo e l'Algarve, raggiungendo qui l'Oceano. Un'altra massa cospicua di hispanidi si addossa al blocco primitivo dell'Asturia e nelle Montagne di León, costituita da terreni paleozoici dal cambrico al carbonico. Questi due territorî hispanidici settentrionale e meridionale sono indubbiamente congiunti fra loro dal lato E., come è dimostrato da numerosi isolotti, emergenti da formazioni più recenti, di terreni cristallini e paleozoici nei monti fra Aragona e Castiglia, alla Sierra de la Demanda, al Moncayo, alla Sierra de la Virgen e più a S. fino ai monti Universales, nonché all'estremità orientale del Guadarrama, alla Sierra de Ayllon e nelle valli del Jaramillo e del Sorbe. In tutti gli affioramenti delle hispanidi spicca la direzione NO-SE., caratteristica del ripiegamento ercinico (Sardegna, Calabria) evidentissima nella parte maggiore, la sud-occidentale, soprattutto perché l'andamento delle pieghe, fatto manifesto dalla stessa topografia, appare nettamente troncato dalla grande dislocazione E-O. che limita la meseta a S., verso la valle del Guadalquivir.

Così sul finire del Paleozoico si era generata un'ampia terra, la Mesoiberia, conservatasi con poche modificazioni fino al Terziario. Nei mari che la circondavano si deposero i sedimenti del Permico, di tutto il Mesozoico e dell'Eocene, di carattere ora pelagico, ora di mare interno o continentale. Il Mesozoico ha sviluppo amplissimo soprattutto a oriente e mezzogiorno della Mesoiberia; molto minore nel Portogallo. Il Triassico si presenta nelle due facies tipiche: germanica nei Pirenei, nell'Aragona, nella Serranía di Cuenca e nell'Andalusia; alpino nella catena litoranea catalana, mentre nelle Baleari si trovano forme di passaggio dall'uno all'altro tipo.

Sopravviene l'ingrandimento notevole dovuto al parossismo orogenico alpino, che ha la sua acme nell'Oligocene e abbozza lo stato attuale non solo col fare emergere dai flutti, corrugandoli, i sedimenti marini depostisi durante la lunga era mesozoica di tranquillità, ma esercitando anche una poderosa azione sulla Mesoiberia rimasta emersa, inarcandola e spezzandola. Sotto la spinta proveniente dal Massiccio africano, si innalzano e si rovesciano sopra lo zoccolo meridionale della Mesoiberia, i sedimenti, dai più remoti ai più recenti, rimasti fino ad allora indisturbati in fondo ai mari, originando, con struttura nettamente alpina, il Sistema betico, che comprende, oltre ai monti dell'Andalusia e di Murcia, anche le Pitiuse e le Baleari. Altamente disimmetrico, la sua spina cristallina e paleozoica, del tutto laterale, corre lungo la costa mediterranea da Estepona a Cartagena, culminando nella Sierra Nevada (3481). Una larga fascia mesozoica gli si appoggia contro a N., nelle catene digradanti alle valli del Guadalquivir e del Segura, da Cadice ad Alicante, rovesciandosi sul margine eocenico delle alture subbetiche.

La spinta che sollevava il Sistema betico si propagava al preesistente massiccio antistante, emerso e sommerso, generando ondulazioni, pieghe e fratture dirette in generale da E. a O., ora più ora meno accentuate, che incrociano quelle erciniche delle hispanidi e sono messe in evidenza dall'andamento generale dell'idrografia attuale.

L'intensità di questo ripiegamento va costantemente crescendo da S. verso N., fino a raggiungere il suo punto massimo nel Sistema pirenaico-cantabrico. I Pirenei hanno struttura simmetrica con asse cristallino e paleozoico, fiancheggiato ai due lati da fasce mesozoiche, mentre i Cantabrici sono composti unicamente da terreni mesozoici, le cui pieghe vanno visibilmente a interferire con le erciniche delle Asturie (conca cretacica di Oviedo).

Nello spazio interposto fra il Sistema pirenaico-cantabrico e il betico si disegnano, in grazia delle sopra accennate ondulazioni, tre altri sistemi di alture sempre meno elevate da N. verso S. e che sono: a) le catene iberiche centrali dalla Catalogna a Lisbona culminanti nella Sierra de Guadarrama (m. 2600); b) i monti di Toledo e Sierra de Guadalupe (m. 1500) fino all'Arrabida sull'Atlantico; c) la iierra Morena (m. 1000) da Valenza all'Algarve. Sistemi di pieghe tutti che interessano tanto le formazioni paleogeniche e mesozoiche quanto le anteriori (Monti della Catalogna) e i terreni più antichi della Mesoiberia, e inglobano i relitti isolati delle hispanidi sopra enumerati, verso l'orlo orientale della Mesoiberia.

Fra queste ondulazioni si produssero ampie sinclinali, invase dal mare miocenico, divenute più tardi le valli dei fiumi maggiori della penisola. In tal modo furono creati i vasti bacini miocenici della Vecchia Castiglia (Duero), della Nuova Castiglia e di Lisbona (Tago), della Mancia e di Badajoz (Guadiana), dell'Andalusia (Guadalquivir) e della grande valle dell'Ebro, fiume che si è in seguito aperta una via più a S. attraverso i Monti Catalanici.

Questi movimenti furono accompagnati da manifestazioni vulcaniche che però hanno estensione incomparabilmente minore che non quelle contemporanee in Italia e Grecia. Così al Capo de Gata presso Almería, al Campo di Calatrava fra Ciudad Real e Almadén, nei dintorni di Murcia e Cartagena, di Gerona ed infine sulla riva atlantica presso Lisbona.

Dopo il Miocene incominciò in Spagna un movimento epeirogenetico durato fino al principio del Pliocene, terreno quest'ultimo che non ha in Spagna grande estensione, ed è limitato ai margini mediterranei e atlantico-meridionali. Non ha veramente largo sviluppo se non nelle porzioni inferiori delle valli del Tago e del Guadalquivir.

Durante il Quaternario hanno avuto glaciazioni più estese delle attuali i Pirenei e la Sierra Nevada.

Terremoti. - Hanno sismicità sensibile le catene di origine recente come il Sistema betico, e i Pirenei propriamente detti. Assai minore è quella della Paleoiberia, nel massiccio antico delle Asturie.

Miniere. - La Penisola iberica è, fra i paesi dell'Europa mediterranea il più ricco in minerali metallici. Le regioni meglio dotate di giacimenti metalliferi sono la Sierra Nevada, la Sierra Morena e i Monti Cantabrici. Il più poderoso giacimento spagnolo, d'importanza addirittura mondiale, è quello di piriti cuprifere della provincia di Huelva, detto di Río Tinto, che si estende fino al Portogallo (Minas de Santo Domingo), giacimento sul versante meridionale della Sierra Morena, che alimenta una notevole esportazione. Nella stessa Sierra Morena, ma più ad oriente, sono i giacimenti di piombo di Lináres e Peñarroya; piombo si trova pure nella Sierra Nevada lungo le coste di Almería e di Murcia, antiche miniere conosciute dal tempo fenicio e coltivate dai Romani. Sul versante settentrionale della medesima Sierra Morena è la celeberrima miniera di mercurio di Almadén, coltivata fin dai primordî della storia. Miniere di zinco si trovano lungo la costa mediterranea presso Cartagena e Mazarrón, ed ai picos de Europa nella provincia cantabrica di Santander. La regione cantabrica vanta le ricche miniere di ferro di Somorrostro, Triano, Matamoros e Bilbao: il porto di quest'ultima città serve per l'esportazione del minerale. Esistono pure parecchi bacini carboniferi con litantrace, i più importanti dei quali si trovano nella Cordigliera cantabrica, e alimentano una modesta produzione, da 4 a 5 milioni di tonn. annuali. Si trova salgemma a Cordova, e si hanno a Cadice estesissime saline marittime.

Lineamenti morfologici. - Una netta distinzione, già segnalata da A. di Humboldt e che ha la sua ragioon d'essere nella storia geologica, si può fare nell'Iberia, tra il nucleo centrale e le regioni marginali. Il nucleo centrale, che corrisponde in sostanza alla massa della Mesoiberia, è la meseta, un altipiano elevato in media 600-800 m. (verso oriente fin verso i 1000), risultante dal processo di spianamento di antichissimi rilievi, circondato spesso alla periferia da orli rialzati, i cui margini esterni sono di solito nettamente delimitati da accidenti tettonici. Così a nord la meseta è ricinta dai Cantabrici (v.), serie di dorsali di mediocre elevazione (Peña de Cerredo nel gruppo dei Picos de Europa, 2687 m.), che i geologi oggi ricollegano, per una parte almeno, anche geneticamente alla meseta stessa; ad est si rialza nei rilievi denominati più propriamente Monti Iberici, che, fortemente spezzettati da fratture (Moncayo, 2349 m.) e declinanti rapidamente sul bassopiano dell'Ebro, sono preceduti verso il Mediterraneo da brevi pianure litoranee; a sud-est il limite meridionale della meseta è indicato da una serie di flessure che cominciano al Capo S. Vincenzo e accompagnano il corso del Guadalquivir; la Sierra Morena, che con il suo prolungamento orientale, la S. de Alcaráz, costituisce qui l'orlo rialzato della meseta, si presenta come una muraglia ripida solo sul fianco esterno o meridionale, mentre l'interno declina in morbide colline. Ad ovest la meseta scende ripidamente o a gradini verso l'Atlantico o verso la fascia pianeggiante costiera; il suo aspetto è qui più tormentato, sia per disturbi tettonici locali, che delimitano pilastri rigidi, sollevati, sia per la presenza di valli fluviali profondamente incise, laddove a oriente, dove le vecchie superficie di spianamento sono ricoperte da materiali d' origine continentale deposti durante periodi di clima arido, in strati presso che orizzontali, l'altipiano appare assai più uniforme e monotono. La cosiddetta Catena divisoria di Castiglia (Almanzór nella Sierra de Gredos, 2661 m.), serie di pilastri allineati, delimitati da faglie, divide la meseta in due parti: l'altipiano della Vecchia Castiglia a nord, quello della Nuova Castiglia a sud.

Tra le regioni marginali ha una posizione a sé quella che forma confine con la Francia ed è percorsa dai Pirenei, montagne a pieghe terziarie, che nella parte centrale presentano aspri massicci con forme modellate dalla glaciazione quaternaria (Pico de Aneto o Pic d'Anéthou 3404 m.); essi scendono assai ripidi verso nord, mentre a sud sono accompagnati da contrafforti incisi da valli longitudinali e trasversali. Ad ovest si riattacca ai Pirenei l'alta terra basca, che tuttavia è più che altro un paese di colline o di montagne medio cremente elevate, entro le quali s'insinuano numerose vallette dirette in genere da sud a nord. I Cantabrici, già ricordati, assai più elevati e meno pervî, trovano la loro continuazione, almeno dal punto di vista orografico, nei rilievi che dividono l'alto bacino del Minho da quello del Duero, formando l'orlo nord-occidentale della meseta (Peña Negra 2112 m., ecc.), laddove la Galizia è un'altra regione marginale, che ha posizione a sé, sia per il suo rilievo - un penepiano antico di scisti cristallini e graniti, sormontato da dossi irregolari, che racchiudono vaste conche a fondo piatto - sia anche per le caratteristiche climatiche, delle quali si dirà in seguito. I Pirenei sono separati dalla meseta dall'interposto bacino aragonese, una conca di sprofondamento riempita da sedimenti di età recente e percorsa dall'Ebro. Questo fiume si è poi aperto un passaggio attraverso i rilievi della Catalogna (Montseny, 1745 m.), che, per quanto si ricolleghino a nord ai Pirenei, se ne differenziano nettamente per struttura e per aspetto; a sud essi si affiancano direttamente al margine della meseta.

La parte meridionale della Penisola Iberica è occupata da un altro sistema di pieghe montuose, il sistema andaluso, che dallo stretto di Gibilterra si prolunga fino al Capo de la Nao. La parte più elevata è la Sierra Nevada, catena massiccia, aspra, male accessibile, plasmata anch'essa, nonostante la bassa latitudine, dalla glaciazione quaternaria, e culminante nel Cerro de Mulhacén (3050 m.), la cima più elevata della penisola; a nord-est di essa il sistema appare più spezzettato (Sierra de Maria, S. de Espuña, S. de la Pila); la continuazione può vedersi nei rilievi di Iviza, di Maiorca e Minorca (v. Baleari).

Tra il sistema andaluso e la meseta s'interpone un altro bacino depresso di forma triangolare, il quale peraltro, al contrario di quello aragonese, rappresenta un fondo marino terziario sollevato e perciò si allarga e si apre verso il mare; esso è percorso dal Guadalquivir.

Resta infine, individuata da caratteri proprî, la regione marginale di ovest, cioè il paese di terrazzi e di pianure - anch'esse fondi marini sollevati - con cui la meseta scende verso l'Atlantico; esso ha limitata estensione a N., mentre si allarga nel centro e a sud, e forma la parte principale del Portogallo. La catena divisoria di Castiglia vi si prolunga con la Serra da Estrella, che, rotta da fratture, termina con la Serra de Cintra al C. da Roca; la Sierra Morena si prolunga nel paese collinoso dell'Algarve.

Tutti i rilievi più elevati della Penisola Iberica serbano tracce più o meno cospicue della glaciazione quaternaria, ma riesce difficile finora distinguere le diverse fasi. Nella parte centrale dei Pirenei, la quale fu più intensamente glacializzata, lingue ghiacciate scendevano fin verso 800 metri. Il limite delle nevi era quivi a 1700-1800 m., mentre scendeva a 1400-1500 nei Cantabrici. Nella catena divisoria di Castiglia le tracce più notevoli si sono riscontrate sulla Serra da Estrella, che ancor oggi è più innaffiata da piogge; il limite delle nevi era qui presumibilmente sui 1600-1700 m. mentre, procedendo verso est (Sierra de Gredos e Guadarrama), si rialzava fin verso i 2000. Un altro centro di glaciazione era nelle aree culminali dei M. Iberici (S. della Demanda, de Urbión, de Neila, Moncayo) dove il limite era a 1850-1950 m. Infine, come già si è detto, cospicui ghiacciai occupavano le alte valli del versante settentrionale della Sierra Nevada, ove il limite delle nevi era a 2400-2500 m.; il versante meridionale, invece, non aveva che piccoli ghiacciai secondarî, essendo ivi quel limite ancor più elevato.

Le coste della Penisola Iberica presentano diversi tipi, in relazione evidente con la struttura geologica e morfologica. Là dove sono anteposte alla meseta pianure costiere, le coste sono basse, piatte, rettilinee, scarse di approdi: ciò avviene soprattutto nel Portogallo, dove i porti si sono localizzati sugli estuarî dei maggiori fiumi. A mezzogiorno e ad oriente si hanno spesso certi promontorî sporgenti in mare, separati da sezioni di costa ad ampie falcature, in fondo alle quali si trovano brevi pianure alluvionali e talora anche lagune; i buoni porti sono scarsi. Ma altrove predominano coste erte, determinate da fratture longitudinali o trasversali. La Galizia ha caratteri particolari anche per le forme costiere, perché ivi appaiono numerose insenature, profonde e ramificate, aprentisi verso il mare ad imbuto, le cosiddette rías, che rappresentano estremità di valli fluviali sommerse. I porti vi sono assai frequenti e permettono lo sviluppo della vita marinara.

Clima. - L'influenza della situazione fra l'Atlantico e il Mediterraneo e quella dell'orografia (soprattutto la presenza degli altipiani interni ricinti da margini rialzati) si rivelano chiaramente nelle caratteristiche climatiche. Grande è, anche sotto questo aspetto, il contrasto fra la regione interna della meseta, con clima continentale, e le regioni periferiche, ma queste a lor volta presentano condizioni climatiche molto diverse nelle sezioni rivolte a nord e a nordovest, in quelle volte a ovest e sud-ovest, ed in quelle volte a sud-est e ad est. Si possono pertanto distinguere almeno quattro provincie climatiche principali, e alcune sottoprovincie o aree di trapasso (vedi la cartina annessa).

Le regioni di nord e nord-ovest, dalle provincie basche alla Galizia (inclusa), appartengono ancora al tipo di clima temperato oceanico, come la Francia atlantica. I venti dei quadranti occidentali predominano tutto l'anno; gl'inverni sono miti, le estati fresche, e perciò le escursioni annue moderate (12-14° al massimo). Le piogge sono abbondanti, per la presenza di alti rilievi che agiscono da condensatori rispetto alle correnti atmosferiche provenienti dall'oceano; la piovosità non è mai inferiore a 750 mm. annui e cresce col crescer dell'altezza fino a 1500-1800 mm. e anche oltre nelle aree culminali. Nessun mese è veramente secco, anzi di solito anche i mesi estivi non hanno meno di 30-50 mm. di pioggia.

Il Portogallo appartiene quasi per intero alla provincia che si può chiamare atlantica meridionale. Gl'inverni sono ancor più miti e le estati più calde che nella provincia precedentemente considerata e l'escursione annua è di solito minore. Procedendo da nord a sud aumenta la temperatura e diminuisce la piovosità, ma questa si mantiene sempre sopra i 500 mm. (Oporto 1210 mm.; Sagres appena 520). Le piogge tendono peraltro a concentrarsi nell'inverno e per contro i mesi estivi cominciano ad essere molto secchi. I rilievi prossimi al mare agiscono in misura ancor più alta come condensatori, cosicché ad es. le aree culminali della Serra da Estrella ricevono oltre 2500-2800 mm. di pioggia. A questo tipo di clima si riavvicina quello dell'Andalusia, soprattutto perché anche qui la piovosità si mantiene ancora in genere sopra i 500 mm. (Siviglia peraltro non ne ha che 470); ma l'estate è decisamente secca e anche molto calda, specie lontano dal mare: le medie estive superano i 20° e a Siviglia raggiungono i 29°, sicché i benefici effetti della piovosità sono in parte attenuati dall'evaporazione intensa: siamo già in quella che il Brunhes chiama l'Iberia secca mentre le due provincie climatiche prima menzionate sono quelle dell'Iberia umida.

Alla provincia climatica mediterranea si ascrive tutta la fascia prospiciente al Mediterraneo dallo Stretto di Gibilterra ai Pirenei. I caratteri più salienti sono le alte temperature estive, con forti siccità, e la mitezza degl'inverni. Le temperature aumentano naturalmente da nord verso sud: le medie del gennaio si mantengono tra 8° e 13°, ma quelle del luglio sono superiori a 23° su tutta la costa, e nel sud salgono a 26°.

La piovosità, tranne che nelle zone elevate, è inferiore ai 500 mm. e si concentra nell'autunno e nel primo inverno; nelle lunghe estati senza pioggia l'aridità è talora aggravata da venti caldi e secchi che danneggiano le culture. Queste, nel Mezzogiorno, sono ovunque sussidiate dall'irrigazione, con sistemi che richiamano quelli in uso nella vicina Africa.

Verso SE., in una limitata area, al riparo dai venti, si ha la zona d'Europa che registra la più bassa piovosità media annua.

La meseta è caratterizzata dalle estati calde, dagl'inverni rigorosi e dalla scarsezza delle piogge (meno di 500 mm.; talora meno di 300), le quali tuttavia non mancano del tutto in nessuna stagione. Le medie temperature del gennaio scendono a 2°-4°, quelle del luglio superano i 20° e raggiungono talora 24° e più, con escursioni annue superiori perciò a 200 (Madrid genn. 4°,3, luglio 24°,3). Le regioni marginali più elevate hanno, anche sul versante interno, piovosità maggiore, e sulle sierre divisorie, a notevole altezza, la quantità annua supera 1 metro. Per contro nei pianori di nord-ovest la pioggia è molto scarsa (Salamanca 265 mm.) ed anche nella Nuova Castiglia si scende al di sotto di 400 mm. (Mancia). Il bacino dell'Ebro forma una sottoprovincia con caratteri di continentalità forse ancor più accentuati e piovosità scarsissima al fondo (Saragozza 314 millimetri) notevolmente maggiore verso i margini (Pamplona 715 mm.).

Per il clima dei Pirenei, v. a questa voce.

Le Baleari appartengono alla provincia climatica mediterranea - (v. Baleari) a piccola escursione e ad inverni miti. Per le tabelle degli elementi climatici di alcune località caratteristiche v. alle voci spagna; portogallo.

Idrografia. - I caratteri generali della rete idrografica dipendono dal clima e dalla morfologia. I tre più lunghi fiumi della meseta, Tago (1008 km.), Duero (780 km.) e Guadiana (807 km.), ne seguono la pendenza da est a ovest; hanno origine dalle sierre del lembo orientale, e traversano l'altipiano in valli poco incassate, con corso lento; solo al margine occidentale, scendendo verso la cimosa costiera hanno inciso valli prof0nde, con pendenze irregolari; infine nel breve tronco inferiore corrono di nuovo lentamente, in letti a lieve pendenza, di modo che possono essere risaliti da imbarcazioni. Caratteri poco diversi ha l'Ebro (750 km.), il maggior tributario del Mediterraneo, che travérsa dapprima l'Aragona con corso lento e regolare, ma poi incide i rilievi costieri in un tratto a pendenze forti e irregolari, infine sfocia con un delta piatto, sfavorevole alla navigazione. Queste caratteristiche negative dei quattro maggiori corsi d'acqua tornano d'ostacolo allo sviluppo economico della penisola. Gli altri tributarî del Mediterraneo, che si originano nella meseta, come lo Jucar (498 km.) e la Segura (240 km.), hanno corso breve a forti pendenze. L'unico fiume di bassopiano è il Guadalquivir (680 km.), quinto per lunghezza, ma primo per importanza economica, perché, avendo un corso lento e regolare, è accessibile alla navigazione. Tutti i corsi d'acqua finora ricordati si segnalano per l'irregolarità del regime, essendo soggetti a piene violente e impetuose nell'inverno e in primavera, mentre in estate presentano magre molto accentuate; anzi taluni dei minori sono asciutti per un periodo più o meno lungo. Gli unici corsi d'acqua a regime abbastanza regolare sono quelli del versante cantabrico e galiziano, ma essi sono tutti molto brevi (nessuno supera i 150 km.) e hanno fortissime pendenze. Se ne comincia oggi a utilizzare l'energia per forza motrice. La Penisola Iberica è molto più scarsa di bacini lacustri delle altre due penisole sudeuropee. A prescindere dai numerosi laghetti glaciali dei Pirenei, delle sierre della Sierra Nevada ecc. (il maggiore è quello di Castañeda nella prov. di Zamora), non ci sono che bacini interni della steppa, di solito poco profondi, a rive incerte e mutevoli, come la nota laguna di Gallocanta nell'Aragona e quella di Nava nella "Tierra de Campos", assai estesa nell'epoca delle piogge e quasi asciutta d'estate. Frequenti le lagune costiere o albuferas.

Flora e Vegetazione. - La Penisola Iberica è la più ricca di specie delle penisole mediterranee: le sole vascolari non sono meno di 6000, tra le quali si contano circa 1500 endemismi che in alcuni generi presentano una forte concentrazione: 58 nel genere Centaurea che annovera 104 specie, 55 in Linaria con 77 specie, 23 in Ranunculus che ne conta in tutto 78,15 in Euphorbia su un totale di 60 specie.

Le piante perenni, quando il Wilkomm redigeva la fondamentale fitogeografia della regione, sommavano a 3841 su 1819 annue o bienni e nelle prime figuravano 275 arbusti e ben 116 alberi, prevalenza che non si verifica in alcun'altra provincia mediterranea. Fra gli arbusti sono largamente rappresentate le Genistee con 47 specie di Genista, 20 di Ulex, 10 di Sarothamnus, 7 di Adenocarpus, che sono tutte caducifoglie: fra i sempreverdi il primo posto è tenuto dal genere Cistus, non tanto per il numero delle specie (15), quanto per la loro larga diffusione nella macchia mediterranea e submontana. Questa formazione, nota sotto il nome di "monte bajo" (basso bosco), occupa vastissime distese in quasi tutta la penisola ed ha una composizione assai più eterogenea che negli altri paesi bagnati dal Mediterraneo: ora la compongono le nominate Genistee in assoluta prevalenza (ginestreti), ora vi predominano specialmente nei suoli silicei i Cistus (Jarales), mentre nei calcarei si concentrano parecchie Erica (ericeti), ora il predominio è tenuto dai ginepri fenicio, macrocarpo e ossicedro (ginepreti), o dal lentisco (lentischeti), questo soprattutto nella zona inferiore, ora dalla palma nana (formazione a palmito) che si spinge sin nel medio Portogallo (Serra da Arrabida), mentre l'oleandro e i tamerici marginano i solchi vallivi e abbonda pure l'alloro. Ma più frequente è il caso di un più o meno intimo mescolamento di questi varî elementi, cui si aggiunge qualche pianta afilla dall'aspetto desertico quali sono due specie di Retama, e inoltre le filliree, il leccio e la coccifera allo stato di arbusti, il carrubo e l'olivo nei suoli calcarei, ecc. E non meno frequente è il loro subordinarsi al bosco di sempreverdi e alle pinete litoranee o prossime alla costa o l'assorgere a eccezionali dimensioni nella zona sud-occidentale e in quella occidentale largamente piovose, come si osserva sulle pendici atlantiche delle sierre spagnole che si distaccano dalla Sierra Nevada e culminano col Picco di Alcalá de los Gazules (1120 m.), formando quel che il Wilkomm chiamò un "bosco frondoso misto" dove i vecchi tronchi degli alberi sono tappezzati, tra l'altro, da una magnifica felce, la Davallia canariensis, che è un tipo atlantico, mentre attorno si avviluppano gli ampî festoni delle Smilax sino a raggiungerne la chioma, dove l'Erica arborea tocca l'altezza di 10-15 m. (la maggiore constatata in Europa), e arboreo, oltre l'oleandro il mirto, il pistacchio, vi diventa il rododendro del Ponto che vegeta nei terreni freschi e lungo i torrenti. Analoghe osservazioni ha fatto lo Chodat sulla vegetazione arborea delle Sierre di Tarifa, di Palma e di Rompe Coche e per la già ricordata Serra da Arrabida, dove i componenti della macchia (mirto, laurotino, lentisco, fillirea a foglie larghe, corbezzolo, ecc.) rivaleggiano con le querce formando una macchia-foresta che l'autore considera quale uno degli ultimi avanzi nel sud-Europa di una foresta preglaciale.

All'altro estremo sta nei suoli più aridi, nei dirupati, nei terreni franosi una macchia depauperata, dove spesso prevalgono, suffrutici profumati appartenenti alle Labiate (Thymus, Lavandula, Salvia, ecc.) costituenti le formazioni dette tomillares (da tomillo "timo") di larga diffusione dal litorale alla zona montana. Sono, invece, espressione di condizioni sfavorevoli di suolo e di clima le steppe, stabilite su formazioni terziarie in cui il terreno è impregnato di sale e salmastre sono pure le acque dei ruscelli, dei canali e di alcuni dei laghi. Durante l'estate il cloruro di sodio sale per capillarità e forma alla superficie croste rilucenti. Le più vaste sono nella regione navarrico-aragonese lungo il bacino superiore e medio dell'Ebro: seguono per importanza le steppe della Nuova Castiglia, quelle litoranee lungo il fiume Segura e di cui è centro Murcia, le granadiniche o dell'Alta Andalusia, le betiche o della Bassa Andalusia. Causa la sterilità del suolo e la sua salinità la vegetazione vi è povera, è priva di alberi tranne che lungo i fiumi, vi prevalgono le alofite, alcune delle quali sono si può dire comuni a tutte le formazioni o quanto meno molto diffuse (Lygeum spartum, Salsola vermiculata, Peganum harmala, Linum maritimun, Helianthemum squamatum, Ononis tridentata, Gypsophila hispanica e strutium, Plantago maritima, Sonchus crassifolius, ecc.), ma notevole è il contingente di xerofite tra cui Ephedra distachya e nebrodensis, Haplophyllum hispanicum, alcuni Astragalus, Convolvulus lineatus, Artemisia herba-alba e parecchie graminacee: Stipa Lagascae e parviflora, Macrochloa tenacissima, ecc. Quest'ultima, tra le specie più caratteristiche delle steppe dell'Africa nord-occidentale, è anche qui l'emblema delle steppe a graminacee che coprono, specialmente nell'altipiano di Murcia (prov. di Albacete), migliaia di chilometri di superficie. Complessivamente, secondo i calcoli del Wilkomm, i territorî steppici ospitano circa 300 specie delle quali ben 126 sono endemiche e, cioè, più del doppio di quelle che si rinvengono lungo il litorale. Delle 300 sono alofite 170, dei suoli sterili 117 e le altre sono rupicole, spondicole, ecc.

Numerose alofite vivono lungo le coste: le paludi salate (marismas) albergano svariate formazioni alofilo-igrofile, la più estesa delle quali è quella che costeggia il basso corso del Guadalquivir sino alla foce. Qua e là nell'interno della penisola e lungo le sponde e alla foce dei fiumi vi sono le arenales: una forma particolare di alluvioni sabbiose sono le ramblas, col quale nome si comprendono le distese sabbiose o ciottolose coperte dalle acque dei fiumi in piena, scoperte in fase di magra. Vi prevalgono le piante annuali: complessivamente circa 500 specie, delle quali un centinaio di endemiche. La vegetazione dunicola ha in comune con quella degli altri paesi mediterranei le specie più caratteristiche (Ammophila, Agropyrum iunceum, Pancratium maritimum, Euphorbia paralias, Eryngium maritimum, Convolvulus soldanella, ecc.), ma la costa portoghese, specialmente quella a nord del Tago, ha alcune specie atlantiche quali Honckeneya peploides, Cochlearia danica, Silene maritima, Glaux maritima, Statice occidentalis e Dodartii, Salix repens, ecc. Una graminacea, Spartina stricta, copre vaste superficie in corrispondenza degli estuarî ed è uno dei pionieri della vegetazione a facies di laguna.

Scarsa è nella Penisola Iberica la superficie coperta di boschi, ma numerose, più che in qualunque altra regione europea, ne sono le specie. Parecchi pini abitano lungo il litorale: il Pinus pinea e il P. halepensis nelle zone calde, il P. pinaster (pino marittimo) ha larga distribuzione anche lungo le coste atlantiche spingendosi nell'interno sin verso i 1500 m. e la sua più densa vegetazione corrisponde al settore più piovoso: il P. laricio vegeta al sud e nelle zone montuose centrali e trova nei Pirenei il suo limite boreale. Quivi e nelle provincie più settentrionali sono localizzati nelle zone montane e subalpine l'abete bianco e l'abete rosso mentre l'interessante Abies pinsapo Boiss. o abete d'Andalusia forma piccole abetaie nella Serranía de Ronda, per ritrovarsi poi in una razza locale in Algeria (provincia di Costantina). Va ricordato fra i ginepri lo Iniperus thurifera, bell'albero che forma radi boschi nella zona montana della parte centrale e meridionale del Portogallo e che si ritrova in Algeria e Marocco e in una razza locale nel Delfinato. Delle querce si è già ricordato la coccifera sempreverde e sono tali il leccio e la sughera, il primo diffuso dovunque dalla costa sino alla zona montana (tranne che nel dominio delle steppe), la seconda con massima dispersione nel sudovest della penisola e in Catalogna: fra le caducifoglie sono degni di menzione due tipi a distribuzione specialmente occidentale-atlantica, cioè, la Quercus tozza che manda sue propaggini sino ai Pirenei francesi e ricompare poi in Piemonte (val di Susa) e la Q. lusitanica, che trova il suo limite boreale nella Catalogna e che vegeta pure nell'Africa boreale-occidentale. La Q. tozza e la Q. pedunculata mostrano nel Portogallo settentrionale le stesse esigenze ecologico-climatiche del Pinuus pinaster col quale qua e là si associano, mentre vi è rarissima la Q. sessilis che viceversa abbonda nella zona catalana. Estesi calloneti e parecchie specie di eriche sociali costituiscono il sottobosco delle pinete litoranee del Portogallo settentrionale o formano associazioni a sé e tra le specie più notevoli ricordiamo il Drosophyllum lusitanicum, genere monotipico di Droseracee (v. Carnivore, piante) che si trova anche nella Spagna meridionale e nel Marocco, la Myrica gale che è un elemento baltico, sostituito nel Portogallo occidentale dalla M. faya Ait., arbusto più o meno sviluppato in comune con le Azzorre. È un suffrutice il Corema album Don., che la zona occidentale e meridionale della penisola ha pure in comune con queste isole, mentre è un albero l'Ilex perado Ait. dei boschi montani sopra Algeciras e che cresce anche a Madera. Fra gli alberi frondosi caducifogli formanti bosco citiamo il castagno, che si spinge anche nella zona montana, e il faggio, col quale qua e là si associa ma che manca nella parte meridionale della penisola: nelle provincie basche esso trova i suoi limiti inferiori a circa 400 m.

Nelle zone più elevate dei Pirenei e delle più importanti catene montuose gli alberi vengono a mancare, pochi gli arbusti e i suffrutici, estesi i pascoli, le rupi, le guglie ruiniformi dove la vegetazione assume carattere subalpino e alpino e si arricchisce di numerosi endemismi. Pur restando prevalente il numero delle specie in comune con le Alpi e altre montagne a fisionomia alpina (236), i soli Pirenei hanno complessivamente ben 188 specie che non si rinvengono sulle Alpi e non poche hanno area disgiunta; di esse è classico esempio la Ramondia Myconi (L.) F. Schultz (= R. pyrenaica Rich.), che ha i suoi congeneri nella Balcania e in Cina. Specie centro-europee, alcune delle quali orofile, sono frequenti nelle paludi e torbiere sublitoranee specialmente del settore atlantico e vi formano colonie microtermiche il cui insediamento si può mettere in rapporto con il glaciale. Il quale deve, però, aver esercitato minore potenza devastatrice che nei territorî alpini, con che si spiega il numero più elevato di paleo-endemismi (ad es. la sopra citata Ramondia che, con il genere monotipico Haberlea pure balcanico, sono le sole Gesneracee della flora europea), la persistenza di alcune specie in comune con le isole del medio Atlantico (16), mentre l'influenza di una fase prettamente oceanica del clima è testimoniata, tra l'altro, dal vivente Rhododendron ponticum che ha lasciato tracce fossili del suo percorso nella breccia di Hottinga e in alcuni depositi fillitiferi della zona pedemontana delle Alpi italiane.

Il succedersi nella penisola di climi molto differenti permette le colture più svariate, che sono poi fondamentalmente quelle delle penisole mediterranee: vite, olivo, gelso, fico, pomacee, mandorlo, noce, castagno, cereali, legumi, ecc. Ma un più largo sviluppo vi assumono gli agrumi la cui coltivazione, oltre che nelle provincie bagnate dal Mediterraneo, si estende lungo le coste atlantiche sino in Galizia: la palma da dattero (Phoenix dactylifera), diffusa ovunque, costituisce estese formazioni nelle provincie di Alicante e di Murcia in pieno dominio delle steppe: il carrubo, che in alcuni settori diventa caratteristico del paesaggio, e così pure il fico d'India e altre specie congeneri e l'Agave americana, adoperata come pianta tessile. Fra le colture di piante industriali, oltre il lino, la canapa, la barbabietola da zucchero, merita menzione quella della canna da zucchero (Saccharum officinarum) nelle assolate pianure lungo la costa meridionale.

Fauna. - La fauna della Penisola Iberica, per i suoi rapporti con la fauna dell'Africa Minore, è tra le più interessanti dei paesi mediterranei. Nella regione iberica le scimmie hanno l'unico loro rappresentante nella fauna europea: la bertuccia (Macacits inuus), la quale vive presso Gibilterra, ove però sembra sia stata introdotta dall'uomo. I volitanti vi sono rappresentati da buon numero di specie, comuni del resto a tutta la regione mediterranea. Tra gl'Insettivori si annoverano il comune riccio (Erinaceus europaeus), la talpa e una specie di miogale, di particolare interesse, la Myogale pyrenaica, insettivoro nuotatore fornito di lunga proboscide, che abita i torrenti dei Pirenei e dei monti della Spagna settentrionale. Varie sono inoltre le specie di toporagni della penisola. Tra i Carnivori citeremo la lince pardina, diffusa anche nell'oriente mediterraneo, il gatto fulvo (Pelis caffer) ora diffuso in tutta l'Africa, ma che un tempo lo era anche in Spagna, il lupo, il tasso, varie martore, l'orso e infine alcune specie di viverre quali l'icneumone (Herpestes ichneumon) e la genetta comune. Molti sono i rosicanti della fauna iberica, varie specie di scoiattoli, di ghiri, di topi, arvicole, la lepre, l'istrice. Fra gli Ungulati il cervo, il capriolo, qualche capra e il cinghiale. L'avifauna è molto ricca di specie. Fra quelle che nidificano nella penisola citeremo varî Palmipedi, varî Gallinacei, tra i quali il pollo sultano. Fra i Trampolieri il fenicottero, comune nei pressi del Guadalquivir, la spatola, varie ardee. Numerosi i Passeracei e, fra i Rapaci, il grifone (Gyps fulvus), alcune aquile, falchi, gufi, ecc. I Rettili e gli Anfibî sono rappresentati da molte specie. Tra i primi varie lucertole, gechi e ofidî e, fra gli Anfibî, numerose forme di anuri (Rana, Bufo, Hyla) e di urodeli (Triton marmoratus e altre specie). Molte specie di pesci popolano le acque dolci della penisola insieme con una ricca fauna di invertebrati dulciacquicoli. Numerosissimi gli Artropodi della regione, tra i quali gl'insetti hanno assoluto predominio numerico con un insieme ricchissimo di forme appartenenti ai varî ordini. Anche la fauna malacologica terrestre è riccamente rappresentata.

Lineamenti antropogeografici. - Nelle condizioni antropogeografiche della penisola si rispecchiano nuovamente, come del resto si è già accennato, le influenze della sua situazione all'estremo margine occidentale del bacino mediterraneo e in contatto con l'Africa, ma anche quelle della sua struttura morfologica.

Il primitivo strato della popolazione iberica, almeno nella zona mediterranea, sembra, da recenti ricerche, fosse quello dei Liguri, ma la più antica gente della quale si abbiano menzioni storiche è quella degli Iberi, ai quali si riporta il fondo di elementi raziali mediterranei che si ritrova nella massa degli abitanti della penisola iberica, specialmente nelle aree centrali. Nel sec. VI a. C. penetrarono dalla Francia i Celti indoeuropei, che s' insediarono nell'interno del paese e anche ad occidente, dalla Galizia all'Algarve; nelle parti orientali della meseta si mescolarono con gl'Iberi dando origine a quel popolo che gli antichi stessi chiamarono Celtiberi, popolo nel quale l'elemento iberico sembra fosse tuttavia prevalente. In tempi posteriori stanziamenti celtici si trovano meglio conservati in talune aree isolate, come la Galizia settentrionale, il mezzogiorno del Portogallo e anche il nord-est dell'altipiano. Un apporto di elementi orientali si ebbe con la colonizzazione fenicia e greca, ma essa si limitò alle coste mediterranee ed ebbe la sua espressione soprattutto con la fondazione di fattorie commerciali, sparse e isolate le greche, molto più numerose le fenicie. Un'espansione verso l'interno, con conseguente assoggettamento di una parte delle genti indigene, si ebbe solo con l'occupazione da parte di Cartagine, che ereditò le colonie fenicie, ma le collegò territorialmente come dominio continuo e connesso oltre lo stretto di Gibilterra, ai suoi possessi africani. Da allora, per quasi due millennî, le parti meridionali e orientali dell'Iberia costituiranno il lato rivolto al mondo civile, mentre il margine atlantico resta il lato più isolato e meno progredito. Sul lato orientale e meridionale si affermò dapprima la conquista romana, che annientò il dominio cartaginese, mentre nelle regioni montuose del nord e al margine occidentale essa s'impose più tardi e con maggiore stento. Tuttavia all'epoca di Augusto l'intera penisola era ormai definitivamente entrata a far parte del mondo culturale e linguistico romano. Questo processo di romanizzazione è stato decisivo nel determinare l'assetto etnico definitivo della penisola; tutte le migrazioni e invasioni successive hanno introdotto talora elementi nuovi nell'ambiente culturale, ma hanno esercitato scarso influsso sulla compagine della popolazione. L'epoca delle invasioni barbariche vide numerose incursioni di genti germaniche, con la conseguente fondazione di stati vandali nel sud (onde il nome Andalusia), alani nella meseta, suebi nelle regioni montuose del nord-ovest; più esteso, ma di breve durata, fu lo stato gotico. Molto maggior influsso esercitò l'invasione degli Arabi, che, distrutto il regno gotico dopo la battaglia di Jerez de la Frontera (711), estesero la loro dominazione quasi all'intera penisola e lasciarono tracce notevoli sia in alcuni elementi antropologici delle genti del Mezzogiorno, sia nella evoluzione culturale dell'intera popolazione. Soltanto le regioni montuose settentrionali della penisola rimasero libere dall'invasione araba e di qui - precisamente dal piccolo stato cristiano delle Asturie - prese le mosse la graduale riconquista della penisola, che si concluse nel 1492 con la cacciata degli Arabi dalla loro ultima cittadella, Granata. I varî stati cristiani, costituitisi man mano che gli Arabi cedevano terreno, vennero gradualmente a fondersi nei due stati della Spagna e del Portogallo, i quali, assunti dal sec. XV i confini attuali, li hanno sempre mantenuti, salvo un breve periodo (1580-1640) di unificazione in un solo organismo polilico. Nell'anno stesso 1492 ebbe luogo la prima traversata dell'Atlantico e la scoperta del Nuovo Mondo; sei anni dopo la prima effettuazione del periplo africano e l'apertura della via marittima alle Indie. Questi grandiosi avvenimenti inaugurano per i due stati iberici il rigoglioso periodo coloniale, che li sollevò ai primi posti nell'orizzonte politico europeo, e procurò brillanti vantaggi transitorî, ma che in complesso, per gli effetti più durevoli, fu piuttosto di danno alla cultura e all'economia iberica. Durante questo periodo acquistò nuova importanza, come si è detto, il lato atlantico della penisola. Il piccolo Portogallo rimase poi sempre ed è tuttora un paese spiccatamente atlantico, nel quale tutte le forme di attività economica legate al mare hanno grande importanza; la sua gente mostra, su un fondo iberico, notevoli mescolanze con elementi germanici e celtici, e, nel sud (Algarve), anche arabi.

Nella Spagna, perdurarono, dal punto di vista etnico e sociale, forti differenze, tra gli abitanti della meseta e quelli dei paesi marginali. Il carattere tipico dello Spagnolo è rappresentato dal Castigliano della meseta, la cui lingua è divenuta la lingua scritta ufficiale dello stato. E da quando la capitale del nuovo stato fu fissata definitivamente a Madrid, la Castiglia ha assunto anche la funzione di centro politico, senza peraltro che con questo si sia raggiunta una fusione dei varî elementi. Già nel León e nelle Asturie la lingua parlata si differenzia notevolmente; e anche il genere di vita è diverso, soprattutto presso gli abitanti del ripido versante cantabrico rivolto al mare e nella Galizia, dove anche la parlata si avvicina di più al portoghese. Le provincie basche formano un'individualità a sé anche per la vita economica e sociale. Ancor meglio distinti sono a oriente, cioè sul lato mediterraneo, che non ha mai perduto la sua importanza, i Catalani, la cui parlata, affine al provenzale, è assurta oggi alla dignità di lingua scritta e tende a consolidarsi sempre più anche nell'uso ufficiale, in corrispondenza con le tendenze autonomistiche che si affermano nel campo politico. A sud gli Andalusi, che per vivacità di carattere si staccano fortemente dagli abitanti dell'altipiano, mostrano nella lingua e anche nelle abitudini di vita evidenti tracce d'influenze arabe.

Anche nelle forme dell'abitazione rurale si possono distinguere i tipi della meseta (in due o tre varietà), e quelli delle regioni periferiche: atlantico (dalla Galizia alla Navarra), pirenaico, e mediterraneo (esteso anche a tutta l'Andalusia). V. pure spagna.

La penisola iberica ha oggi (1930) una popolazione di circa 29,5 milioni di ab. Intorno alla metà del secolo scorso aveva un po' più di 19 milioni di ab., nel 1900 circa 23,5 milioni; l'aumento è stato perciò assai moderato (e in Portogallo più lento che in Spagna), nonostante la forte natalità (intorno al 30 per mille); ma a questa fan riscontro un coefficiente assai elevato di mortalità (intorno al 20 per mille) e una notevole emigrazione, perdurata anche nel periodo postbellico, pur con forti oscillazioni da anno ad anno a seconda delle condizioni economiche e politiche.

La densità media risulta per l'intera penisola di 50 ab. per kmq., valore che, per quanto corrisponda a quello medio di molti paesi mediterranei, deve considerarsi assai basso rispetto alla capacità economica del paese; esso in altri termini riflette, almeno in parte, le condizioni ancora piuttosto arretrate dello sviluppo economico. Tuttavia la distribuzione regionale della densità, così come è oggi, appare fortemente influenzata dalle condizioni naturali e conferma, nel campo antropogeografico, il contrasto fra la parte centrale e le periferiche. Infatti alla regione interna a debole densità (meno della media della penisola; su vaste zone meno di 20 abitanti per kmq.) che comprende tutta la meseta, il bacino dell'Ebro (salvo le parti più favorite della valle superiore) e anche i Pirenei e perfino una parte dell'Andalusia, fa riscontro la corona dei paesi marginali, che mostrano, pur non senza interruzioni, densità più elevate. La zona più continua comprende i paesi del nord e nordovest, dalle radici dei Pirenei fino all'estuario del Tago e più oltre, dove la densità non è mai inferiore a 50 e in molte parti supera i 100, raggiungendo i più alti valori da un lato nella Biscaglia (225), dall'altro nella prov. di Porto (oltre 340). In Portogallo aree ad alta densità (oltre 100) si stendono anche lontano dal mare, nelle pianure e nelle grandi valli interne, fino ai piedi della zona montuosa. Sul versante mediterraneo aree di alta densità sono rappresentate dalla fascia costiera catalana (massimo Barcellona, oltre 225), dalle piane della Valencia, dalle regioni intensamente irrigate della Murcia, ma fra esse s'intercalano aree molto più rade. Nella zona costiera meridionale prevalgono invece densità di 50-80 ab. salvo i dintorni di alcuni centri (Málaga), e le stesse condizioni si ripetono nel bacino del Guadalquivir; ma non mancano, tra la foce della Guadiana e Málaga, fasce costiere popolatissime. Nell'interno si hanno provincie, come Guadalajara, Soria e Huesca con 15-20 ab. per kmq. o poco più, mentre l'unica oasi a densa popolazione è quella dei dintorni di Madrid.

Bibl.: O. Maull, Südeuropa, Lipsia 1929, pp. 12-84; M. Willkomm, Die Pyrenäische Halbinsel, Praga 1884-86; Fr. Regel, Landeskunde der iber. Halbinsel, Lipsia 1905; Th. Fischer, Südeuropa, in Scobel Geogr. Handbuch, I, Bielefeld 1909, pp. 791-818; A. Rühl, Grundlage der Landeskunde von Spanien, in Geogr. Zeitschrift 1910; J. Dantin, Resumen fisiográfico de la Península Ibérica, Madrid 1912; E. H. Del Villar, Archivo geogràfico de la Península Ibérica, Madrid 1916; A. Blázquez, La Peninsula Ibérica, Barcellona 1921; R. Staub, Gedanken zur Tektonik Spaniens, Zurigo 1926; A. Philippson, Europa, ausser Deutschland, 3ª ed., Lipsia 1928, p. 487 segg.; M. Echeverría, Geografía de España, Barcellona 1928; I; Instituto geológico y minero, Mapa geológica de España, 1932. - Sulla flora in particolare v.: M. Willkomm e J. Lange, Prodromus Florae Hispaniae, Stoccarda 1870-1880; M. Wilkomm, Supplementum ecc., Stoccarda 1893; id., Statistik der strand- und Steppenvegetation der iberischen Halbinsel, in Engleris Bot. Jahrb., XIX (1895); id., Grundzüge des Pflanzenverbreitung auf der iberischen Halbinsel, Lipsia 1896; J. Daveau, La flore littorale du Portugal, in Bull. Herb. Boissier, IV (1896); id., Géographie botanique du Portugal; II, La flore des plaines et colines voisines du littoral, in Bol. Soc. Broter., XIX (1903); III, Le stations de la zone des plaines et collines, ibid., XXI, Coimbra 1906.

Preistoria.

La preistoria della Penisola Iberica è particolarmente importante, tanto per l'abbondanza degli avanzi rinvenuti quanto per la possibilità di stabilire sia un loro sistematico ordinamento sia le relazioni delle culture preistoriche spagnole con quelle coetanee di altre regioni. Per il problema dell'uomo terziario il Portogallo possiede nella valle del Tago (Otta) abbondanti selci, che costituiscono importanti documenti di discussione. La serie dei periodi paleolitici comincia con lo Chelléano, del quale si conoscono importanti stazioni, particolarmente Torralba, che alcuni pretendono prechelléana, ma in cui si constata la presenza dell'Elephas antiquus. Il paleolitico inferiore, oltre a stazioni di superficie, offre strati interessanti specialmente nella caverna del Castillo (prov. di Santander) e sulle sponde del Manzanares presso Madrid (specialmente S. Isidro). In generale esso mostra l'evoluzione consueta del Paleolitico inferiore dallo Chelléano allo Acheuleano e al Mousteriano, ma nei dintorni di Madrid si è osservata un' infiltrazione di quelle varietà di cultura africana chiamate Sbaikiano e Precapsiano, che quivi si rinvengono negli strati mousteriani. Resti antropologici del Paleolitico inferiore sono il cranio di Gibilterra e la mandibola di Bañolas, di tipo neandertha loide, ma trovati senza resti d'industria, e un cranio analogo di giovane rinvenuto presso Gibilterra insieme con selci mousteriane.

Nel Paleolitico superiore si propaga, nelle regioni settentrionali della Spagna, la civiltà di tipo europeo con l'Aurignaciano, il Solutréano e il Magdaleniano: a questa civiltà corrisponde un fiorente sviluppo artistico analogo a quello dell'arte paleolitica francese (civiltà franco-cantabrica). Notevoli sono in Spagna le grotte del Castillo, Morín, Cueto della Mina, Aitzbitarte, ecc.; le grotte con incisioni e disegni colorati di Hornos de la Peña, Pindal, La Pasiega, Buxu, Altamira, ecc. Nella regione meridionale si trova il Capsiano (Cueva del Hoyo de la Mina, presso Málaga, e altre stazioni meno importanti); nella zona orientale pare propagarsi la cultura di tipo franco-cantabrico (Catalogna: Solutréano del Cau de les Goges; Valencia: Cova del Parpalló) che nella provincia di Almería viene a mescolarsi col Capsiano (Cueva de la Zájara, Palomarico, ecc.). Anche i piccoli oggetti artisticamente adorni, specialmente ossi scolpiti di tipo europeo, si ritrovano nel Parpalló, ma l'arte rupestre, eccezione fatta della grotta de la Pileta e di altre meno importanti nel sud con figure di animali naturalistiche e di tipo franco-cantabrico nel fondo delle gallerie, è di stile diverso e appare in caverne e ripari sotto roccia; è l'arte chiamata impressionistica, con scene di guerra, di caccia e con danze magiche, nelle quali sono frequenti le figure umane, curiosamente simili a quelle dell'arte dei Boscimani dell'Africa. Nella sua evoluzione pare dominante l'influsso dell'arte del nord della Spagna, nella quale si giunge dalla fase lineare alla policromia (specialmente caverne di Altamira), mentre nella Spagna orientale e meridionale lo sviluppo è meno ampio.

Nel Paleolitico superiore, mentre nella regione cantabrica si presenta l'Aziliano, il Capsiano si sviluppa verso i microliti e si propaga verso il Portogallo (køkkenmødding di Mugem, nella valle del Tago), e verso il NE. della Spagna, dove il vero Paleolitico superiore non è stato ancora rinvenuto. È forse da collocare in questa regione il punto di partenza per la propagazione del Capsio-tardenoisiano in Francia e nell'Europa centrale: la prima stazione tardenoisiana in Francia è la grotta della Crouzade nel Narbonese. Nel tempo del clima optimum (protoneolitico), al quale corrispondono il Campignano francese e i køkkenmøddinger del Baltico, si sviluppa dal N. del Portogallo fino alla regione di Baiona, ordinariamente in køkkenmøddinger sull'entrata delle grotte, la cultura detta asturiana (v.) dalle principali stazioni della provincia delle Asturie: Cueva del Penicial, Cueva del Conde, Cueva del Hoyo de la Mina, con ciottoli raccolti nell'alluvione dei fiumi, e nei quali con la percussione si è tagliata una punta: i cosiddetti pics asturiani. Una varietà dell'Asturiano è conosciuta in Catalogna (Cau del Duc presso Torroella di Montgrí).

È difficile seguire l'evoluzione verso il Neolitico finale, che in Spagna offre presto il rame e varietà di cultura importanti. L'arte rupestre paleolitica dell'E. e del S. si trasforma in un'arte schematica con stilizzazioni umane, che continua attraverso l'Eneolitico fino all'età del bronzo. Il valore ideologico di quest'arte non è più la magia della caccia, ma il culto dei morti e anche di divinità come nella rocca di Peña Tú nelle Asturie, dove è la rappresentazione di un idolo con grande pugnale di rame, simbolo del potere.

Nel territorio dell'antico Capsiano si sviluppa una civiltà neoeneolitica analoga ad altre di territorî africani o europei (Francia meridionale, Italia), che conobbero anche essi prima del Neolitico culture che possono dirsi discendenti del Capsiano. È la civiltà delle abitazioni entro grotte, con ceramica ornata d'incisioni o rilievi, dalla quale nel S., dove le incisioni sono predominanti, si sviluppa nell'Eneolitico la civiltà cosiddetta del bicchiere a campana (prima del 2500). Nel Portogallo (Beira, Traz-os-Montes) appare la civiltà megalitica con i dolmen, che dopo l'Eneolitico iniziale si trasformano in sepolcri a corridoio, ricchi di materiale costituito da asce di pietra, punte di freccia triangolari e a base concava, ceramica senza decorazione, placchette di schisto con incisioni geometriche e talvolta anche con la figura umana stilizzata, ecc. Nel pieno Eneolitico, la civiltà dolmenica domina tutto il Portogallo, la Galizia e le regioni vicine di Salamanca, Estremadura e Huelva, adottando il bicchiere a campana e trasformando i sepolcri a corridoio in sepolcri a cupola, ovvero imitando questi ultimi nelle grotte artificiali di Palmella. Il rame e l'oro sono frequenti. L'influenza portoghese diffonde il tipo sepolcrale megalitico nel nord della Spagna, dove nella regione dei Pirenei, dal paese basco fino alla Catalogna e nei territorî meridionali della Francia, si sviluppa la civiltà pirenaica con elementi presi dalle culture vicine: sepolcri megalitici, che si sviluppano in gallerie rettangolari; e come suppellettili, accanto alle ciste, bicchieri a campana e frecce triangolari peduncolate della civiltà di Almería. Nell'est della Spagna, partendo dalla provincia di Almería, si diffonde la cosiddetta civiltà di Almería, imparentata col Neolitico detto sahariano dell'Africa, con centri di abitazione fortificati, nei quali si sviluppa la costruzione delle case con muri di pietra, e sepolcri in fosse, a vòlte rivestite di lastroni che dànno l'impressione di una falsa cista megalitica: il materiale caratteristico è rappresentato dalla punta di freccia triangolare con peduncolo o a forma di foglia, dalla ceramica generalmente senza decorazione, alla quale si associa negli strati eneofitici il bicchiere a campana, dagl'idoletti a figura umana, comparabili agl'idoli di marmo egei e troiani, ecc. Tanto nel Portogallo quanto in Almeria sono frequenti le perle di pietra, d'osso, e a volte anche di materiali stranieri, callaite e ambra. Il rame si trova in Almería negli strati più antichi (El Garcel): la metallurgia pare svilupparsi molto regolarmente, passando alle altre civiltà della penisola. Dopo un pieno Eneolitico assai progredito, rappresentato dalla stazione di Campos, viene in Almería una forte influenza portoghese, che produce la civiltà mista di Los Millares con sepolcri a cupola, placchette di schisto e frecce a base concava di tipo portoghese. Pare che dal Portogallo bande d'invasori siano arrivati attraverso l'Andalusia, mettendo fine alla civiltà del bicchiere a campana andalusa e arrivando fino ad Almería. Nel Portogallo la civiltà coetanea rappresenta il massimo apogeo della civiltà megalitica e dei sepolcri a cupola di Alcalar nell'Algarve. Probabilmente questo Eneolitico evoluto rappresenta una sopravvivenza della cultura eneolitica in tempi che in altri paesi europei sono contraddistinti dall'apparizione del bronzo; in questo periodo s' intensificano le relazioni con i paesi dell'occidente dell'Europa (Bretagna, Isole Britanniche) col commercio del rame, dell'oro e dell'argento, che si ritrova anche nelle miniere spagnole (2500-2000 a. C.).

Con l'adozione del bronzo, pur persistendo largamente gli utensili di rame, si sviluppa in Almería la civiltà di El Argar con abitazioni fortificate, sepolcri in fosse, in grandi píthoi e in ciste di pietra: questa civiltà si spande per tutta la penisola arrivando anche nel Portogallo e cercando soprattutto le regioni minerarie dell'Andalusia. La ceramica argarica, senza decorazione, è molto tipica, e abbondano, oltre alle asce e ai pugnali, le alabarde e le spade di bronzo. Le alabarde, forse sviluppate da altre precedenti di selce, dal Portogallo si propagano per l'Europa, arrivando al nord e all'Ungheria. La civiltà argarica arriva fino alle Baleari.

Dopo il periodo di El Argar, che può prolungarsi fino a tempi molto tardi (forse fino all'equivalente del III periodo nordico: 1400?), viene un periodo assai oscuro. Nel nord della Spagna si ritrovano tipi di asce che ripetono l'evoluzione delle asce europee, e alla fine dell'età (equivalente al IV periodo nordico), abbondano i palstabs e le spade di bronzo dei tipi dell'occidente europeo. Pare che riprendano le relazioni atlantiche e anche le mediterranee, dimostrandolo il fatto che in Huelva in un deposito si è rinvenuta la fibula a gomito come a Cassibile in Sicilia. In questo tempo fiorisce nelle Baleari la civiltà dei talaiots e delle navetas apparentate ai nuraghi della Sardegna, che sono da datare dal 1200 al 1000 a. C., e rappresentano uno stadio della civiltà mediterranea dal sec. XII in poi (epoca postmicenea), prima dello sviluppo dei Fenici e degli Etruschi in Occidente.

Una nuova lacuna comincia col primo millennio. Della prima età del ferro si conoscono nel sud soltanto alcune tombe, con materiale scarso e poco significativo, nella provincia di Almería. Nella Catalogna al contrario, accanto a una sopravvivenza dell'antica civiltà neolitica delle grotte con ceramica ornata a rilievi (tipo di Marles), appare una propaggine della civiltà dei campi di urne (Urnenfelder), che dal Reno e dalla Svizzera, attraverso il sud della Francia, è portata da un'invasione celtica (necropoli di Tarrasa, Sabadell, Punta del Pí, ecc., in Catalogna). Una nuova invasione nel 600 porta la sviluppata civiltà di Hallstatt nel centro e nell'ovest della Penisola Iberica; di essa si sono rinvenuti pugnali ad antenne (Hufeisendolche) dell'ultimo strato e placchette di oro con scene di guerrieri, come nei bronzi d'Austria. La civiltà di Hallstatt si sviluppa nella penisola attraverso i tre primi secoli della seconda età del ferro, parallelamente alla civiltà di La Tène dell'Europa e alla civiltà iberica del S. e O. della Spagna. Questa sopravvivenza è chiamata civiltà posthallstattiana e di essa si conoscono luoghi fortificati, come i Ringgräber della Germania (i cosiddetti castros in Portogallo e in Castiglia), e necropoli ad incinerazione con ceramica di tipi apparentati a quelli europei della civiltà di Hallstatt, armi (evoluzione della spada ad antenne, lance, spade curve, dette falcate) e bronzi, fra i quali appare la fibula detta della Certosa, ecc. La civiltà posthallstattiana influisce molto sui gruppi vicini della civiltà iberica specie di Aragona, dove si conserva una cultura arcaizzante fino al sec. III, con sopravvivenze almeriane e neolitiche, e che solo a poco a poco riceve l'influenza dall'E. e dal S., dove la civiltà iberica, sotto l'influenza dei Fenici e dei Greci, sviluppa la sua arte e la sua ceramica a decorazione dipinta (v. iberi).

V. tavv. CXXXVII-CXLVIII e tav. a colori.

Bibl.: H. Obermaier e P. Bosch, Pyrenäenhalbinsel, in M. Ebert, Reallexikon der Vorgeschichte; H. Obermaier, El Homtre fósil, Madrid 1925, 2ª ed.; P. Bosch Gimpera e L. Pericot, Les civilisations de la péninsule ibérique pendant le néolithique et l'énéolithique, in l'Anthropologie, 1925, p. 409 seg.; P. Bosch Gimpera, Etnología de la península ibérica, Barcellona 1932; id., Die Kelten und die keltische Kultur in Spanien, in Mannusbibliothek, XXII, Lipsia 1922; id., La arqueología preromana hispánica, Barcellona 1920.

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