PELLICCIA

Enciclopedia Italiana (1935)

PELLICCIA

Gioacchino MANCINI
Gabriella ARUCH SCARAVAGLIO
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. Storia del costume. - L'uso di rivestire il corpo umano di pelli e pellicce di animali è notoriamente antichissimo; ma già sin dai tempi antichi le pellicce son portate, oltre che per proteggersi dal freddo e dalle intemperie, anche per ornamento. Riflessi del primitivo costume si hanno nell'attribuzione a divinità e ad eroi Greci di vesti di pelli (δέρματα). Eracle era ricoperto dalla pelle di leone, Dioniso dalla pelle di cerbiatto (nebride); l'egida, attributo particolare di Zeus e di Atena, è di pelle caprina. Le popolazioni meno evolute restarono fedeli, anche in tempi avanzati, all'antico costume di vestirsi con pelli di animali, e anche fra genti civilizzate i campagnoli e i servi conservarono il costume indigeno. Un cenno alla primitiva semplicità del vestire si ha in Properzio (V, 1, 12) che ricorda i patres pelliti che sedevano coperti di pelli nel vetusto senato di Roma. Columella (I, 8, 9; XI, 1, 12) parla di tuniche di pelle con maniche (pelles manicatae) che portavano d'ordinario i servi rurali. I Sardi avevano la mastruca, costume nazionale di pelle; indumenti di pelle sono tuttora in uso presso gli abitanti della Sardegna. Vestiti con pellicce d'orso vediamo rappresentati nei monumenti i porta-insegne (signiferi), e i suonatori di corno (cornicines) dell'esercito romano. Le tende negli accampamenti erano formate da pelli di capra congiunte, e l'espressione sub pellibus si usava a indicare il servizio militare. Nelle campagne i contadini esposti alle intemperie e ai disagi della vita campestre preferivano lavorare vestiti di pelli; di pelli era anche il vestito dei cacciatori. Nelle figurazioni si vedono spesso vestiti di tal genere, per indicare persone di bassa condizione sociale, in forma di casacca senza maniche (exomis), con sopra talvolta un mantello, anch'esso pelliceo. Oggetti di lusso erano le pelletterie fini, di raro uso nei tempi della repubblica, molto diffuse sotto l'impero. Si adoperavano per svariati usi, fra l'altro per la confezione di calzari di lusso, quali, ad es., la pelle sottile di colore rosso con la quale si facevano le calzature proprie dei patrizî romani dette mullei.

I Persiani, fra i popoli antichi, sembrano essere stati propriamente i soli a considerare le vesti di pelliccia come oggetti di lusso. Ancora nel 397 Onorio proibisce a Roma e a Bisanzio ogni oggetto di pellicceria. Con le invasioni barbariche l'uso nordico degli abiti di pelliccia comincia a prendere maggior sviluppo, e già negli ultimi tempi dell'impero romano i mercanti, che vedono aumentarne sempre più la richiesta, cercano di procurarsene e attingono ai centri della Mesopotamia, della Persia, dalla Cappadocia, dall'Armenia. In Francia l'uso delle pellicce si stabilisce sino dai primi re, e si sa che Carlomagno usava nelle solennità vesti foderate d'ermellino, di volpe e di petit-gris; lo stesso Carlomagno, in una legge suntuaria dell'808, limita il prezzo di alcune pellicce. I capi dei primi crociati attirarono l'attenzione per le magnifiche pellicce che indossavano. L'uso si estende gradatamente dalle classi alte a quelle popolari: accanto all'ermellino, alla martora e al vaio vengono adoperate pellicce di volpe comune, di gatto, di cane, di lepre e, per il medio ceto, di scoiattolo, di agnello nero, di lupo cerviero, ecc. L'adozione delle pellicce nell'abbigliamento ecclesiastico, desta l'indignazione di S. Pier Damiani e di S. Bernardo. In un concilio del 1127 viene proibito alle monache l'uso di qualsiasi pelliccia.

A Venezia nel sec. XIII nobili e magistrati portano nelle solennità la toga foderata di vaio e d'ermellino e gran baveri, detti "gole", d'agnello e di "vario rarissimo". La tecnica dei conciatori e dei pellicciai si perfeziona con l'affermarsi dell'uso, e gli artigiani pellicciai formano dovunque corporazioni importantissime; a Venezia nel sec. XIII i "varotari" vengono divisi in tre "arti": pellicciai "di pelli agnelline", "di opera selvaggia", "di opera vecchia", con una "mariegola" che differenzia il lavoro di ognuno. In Toscana i "cerbottolai" (conciatori) sono famosi per la loro abilità. Enorme fu in tutta Europa, fin dal sec. XII, lo sviluppo del commercio delle pellicce; in Italia i Veneziani, grandi mercanti di pellicce, estendono fin dal '300, da Palermo a Parigi, il loro commercio. Le leggi suntuarie, che inutilmente seguono e perseguitano ogni forma di lusso, tentano naturalmente di colpire anche l'uso delle pellicce: nel 1270 Filippo l'Ardito limita a cinque il numero di pellicce che un gentiluomo può avere; Venezia, Firenze, Bologna, e molte altre città d'Italia emanano una serie di leggi suntuarie fino alla metà del Cinquecento. Tuttavia dai primi secoli del Medioevo sino alla metà del sec. XVI fodere e guarnizioni di pelliccia sono l'elemento necessario di ogni veste più o meno elegante: si foderano e si guarniscono di pellicceria manti, cappucci, cappelli, guanti, berretti da notte, coperte, vesti di bimbi, e persino le tendine delle "carrette delle donne" di casa d'Este; per quanto il numero delle pelli necessarie a foderare una veste fosse rilevante (occorrevano 1800 ventri di vaio per la fodera d'un robone), ogni corredo, dal sec. XIII al XVI, elenca parecchie pellicce che variano, secondo la classe sociale, di numero e di qualità; la moglie d'un agiato popolano fiorentino possiede nel 1361 un mantello di soriano e tre vesti guarnite e foderate di pelliccia. Dal 1100 al 1450 il "pelliccione" rappresenta, sia per gli uomini sia per le donne, la veste più usata e più importante, la vera e propria pelliccia; confuso spesso con la gonnella, la cotta (foderata solo in fondo) o la pellanda (v.), esso ha tuttavia caratteristiche diverse: attillato alla vita, s'allarga ai fianchi in pieghe profonde: è corto sino ai ginocchi o lungo sino ai piedi e ha un alto colletto che si allarga come un calice attorno al viso (sec. XIV); nel costume femminile il pelliccione è prerogativa delle classi elevate; lungo sino al ginocchio, foderato d'ermellino o di vaio, viene portato per cavalcare o per casa; spesso ha maniche larghe e lunghissime ed è munito di un "cappuccio a gola" (sec. XII-XIII). Nel sec. XIV appare in Francia nel costume maschile un pelliccione senza maniche, aperto ai lati, più o meno lungo, con alto colletto foderato di pelliccia, e verso la fine del secolo questa veste assume le più svariate fogge, mentre nella moda femminile diventa un ampio mantello a strascico munito di fori laterali per le braccia, foderato di pelliccia, e ornato di "cappuccio a gola"; nella prima metà del sec. XV gli uomini delle classi alte portano un pelliccione attillato alla vita con maniche immense e gran bavero di pelliccia eguale alla fodera; dalla seconda metà del sec. XV la pelliccia assume nel costume il nome stesso delle varie vesti foderate. Il sec. XV segna per la pelliccia un periodo di splendore massimo: la grazia del costume quattrocentesco viene arricchita dalla morbidezza delle pelli a lungo pelo (lince, leone, volpe), che sottolineano i ricami, profilano gamurre, orlano giornee, guarniscono turche, foderano tuniche, roboni, mantelli, strascichi. A Venezia la fastosa eleganza del manto dogale, foderato di ermellino, l'austerità del robone dottorale "fulcito" di "dossi", la grazia dello "schiratto", piccola martora o faina dal musetto ornato di pietre preziose e di catenelle d'oro, che le dame tengono sulla spalla, segnano lo splendore di un'epoca raffinata. Nel sec. XVI la rigidità della faldiglia e del verducato, la pesantezza delle stoffe, le ricche guarnizioni di ricami, di frastagli, rendono assai difficile l'uso di fodere di pelliccia, che tuttavia rimane quale sobrio ornamento specie nel costume maschile. Nel sec. XVII appare qualche volta la pelliccia come ampio collare nelle vesti delle donne nobili e quale fodera nel mantello dei cavalieri; tutta la preziosità delle pellicce si riassume nella voga crescente del manicotto (v.). Nel Settecento alti bordi di pelliccia guariniscono abiti femminili di grande eleganza, e manopole e baveri di pelliccia ornano talvolta l'abito maschile; verso la metà di quel secolo la moda delle bordure di pelliccerie s'intensifica, specie a Venezia; in Inghilterra le eleganti portano mantelli di seta con altissime balze di volpe che accompagnano i grandi manicotti, sempre più di moda (fine sec. XVIII). Durante l'Impero la voga delle pellicce aumenta: sono manti foderati di ermellino, ricche guarnizioni in fondo ai mantelli, e baveri, mantelline, profilature di pellicce preziose; il crescente volume delle vesti corrisponde a un maggior impiego di pellicceria come guarnizione: verso il 1820 le balze prendono mezza sottana e nel 1830 usano gran mantelli foderati e guarniti di lontra e castoro; i vestiti sono guarniti di due o tre bordi di pelliccia, l'ermellino trionfa nelle vesti e nei mantelli, moda questa che rimarrà sino al 1860; verso il 1840 curiose mantelle segnano la vita e s'allargano sulla crinolina con maniche ad ali; i vestiti da giorno e da sera sono guarniti di martora e d'ermellino, pellicce queste che vengono adoperate per mantiglie, sciarpe, fodere, manicotti: enorme appare, verso la metà del sec. XIX, il lusso delle pellicce, mentre nella seconda metà di quel secolo la pelliccia sembra tramontare a poco a poco. Verso il 1895 certe mantelline a campana, e più tardi, figari e giacchettine, segnano il risorgere della moda delle pellicce; la pelliccia completa ritorna sui primi del Novecento e da allora non tramonta più; nell'ultimo trentennio la moda ha creato nella pellicceria le fogge e i modelli più inattesi: tutte le forme, tutte le qualità di pellicce, tutte le possibilità di conce, di colorazioni, di imitazioni sono state studiate e lanciate sul mercato; tipi di pellicce nuove sono apparsi: pellicce sportive, estive; sono stati valorizzati animali sconosciuti e prima inutilizzati: l'ermellino a manto estivo (marrone-nocciola) è apparso per la prima volta nel 1928: sorte e tramontate le pellicce tinte in verde, azzurro, ecc. Spariti intanto alcuni tipi di pelliccia, come la cincilla, fragilissima e preziosa, e il vaio, di millenaria tradizione.

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Produzione, industria e commercio delle pellicce.

Storia. - Il commercio delle pellicce, pur avendo l'uso di queste un'origine remotissima, non ha acquistato una pratica importanza se non dopo la scoperta dell'America e la quasi contemporanea penetrazione commerciale russa in Siberia.

In epoche anteriori, i Fenici prima, i Romani poi, l'avevano peraltro già praticato. Il commercio delle pelli era una delle grandi risorse delle popolazioni della Germania, dell'Illirico, della Britannia, dell'India e dell'Asia interiore. Come oggetti di lusso le pelli erano sottoposte ai diritti di dogana (portorium). Ciò è esplicitamente dichiarato in un editto di Marco Aurelio (Dig., XXXIX, 4, de pubbl. et vect, 16, 7). Nell'editto calmiere di Diocleziano si ha un copioso elenco di pelli varie e si determina il prezzo massimo per ciascuna di esse (Corp. Inscr. Lat., III, 4508, 17). La lunga enumerazione dimostra l'importanza delle pelli nel commercio di Roma. I commercianti di pelli si dicevano pelliones o pellarii (δερματόρραϕοι), e i luoghi ove le pelli si vendevano si chiamavano tabernae pellariae (Varro, De ling. lat., VIII, 55). È nota la corporazione di pellicciai di Ostia e di Portus Traiani, detta Corpus pellionum Ostiensium et Portuensium (Corp. Inscr. Lat., XIV, 10, 277). Presso il foro di Ostia aveva sede il collegio dei pellicciai (schola pellionum, Corp. Inscr. Lat., XIV, 277).

Nel sec. X il commercio delle pellicce aveva avuto un certo incremento per le crociate a opera specialmente degl'Italiani che commerciavano col Nord attraverso i due importanti depositi di Bruges e di Anversa. Anche il mercato di Londra aveva cominciato assai presto a commerciare in pellicce a opera di alcuni commercianti tedeschi colà insediatisi e poi anche per mezzo della Lega Anseatica: le pellicce provenivano dai principali depositi della lega: Novgorod, Lubecca, Colonia, Brunswick, Danzica, Bruges e Londra, e si vendevano specialmente in Germania, in Inghilterra e nelle Fiandre. Ma non era un commercio specializzato: si trattava, generalmente, di piccoli lotti di pellicce spediti insieme con altre merci di maggior importanza.

La scoperta dell'America orientò decisamente i commercianti verso le selvagge regioni del Canada. I primi a trarne profitto furono i Francesi: Baschi e Bretoni, partiti con l'intenzione di andare a pescare sulle coste dell'America Settentrionale, cominciarono a commerciare in pellicce, riehieste dalla corte francese, e nel 1599 alcuni avventurieri francesi fondarono il primo deposito di Tadoussac, come base di operazioni per commerciare con gl'Indiani della regione del Saguenay. In seguito, penetrati più nell'interno, fondarono Quebec e Montreal, iniziando anche, per ordine del governo francese, la colonizzazione delle coste canadesi.

Fu solo nel 1632 che gl'Inglesi cominciarono a interessarsi del Canada, così che, trent'anni dopo, la prima nave inglese approdava alla Baia di Hudson, allo scopo di caricare pellicce, ivi condotta da due avventurieri francesi, coureurs de bois, Radisson e Groselliers. Nel 1670 un editto di Carlo II concedeva alla Hudson's Bay Company il monopolio del commercio delle pellicce nelle regioni attorno allo Stretto di Hudson e circa un secolo dopo, nel 1759, la presa di Quebec da parte degl'Inglesi, che mise fine alla lotta tra Francia e Inghilterra per il predominio nel Canada, determinò l'inizio dell'egemonia inglese in quelle regioni per lo sfruttamento degli animali da pelliccia. La vita della Hudson's Bay Company non fu però facile, perché essa dovette lottare per il predominio nel nord-ovest con la North-West Company, fondata nel 1790, e con varî commercianti indipendenti, così che la storia del Canada di quei tempi è ricca di episodî, di lotte, di guerriglie, condotte quasi sempre per il commercio delle pellicce. Nel 1821 la Hudson's Bay Company assorbiva la North-West Company assicurandosi così il legale monopolio del commercio nel Canada, ma questo decadde nel 1859, quando fu annullato l'editto del 1670. Oggi esistono nel Canada altre società per la caccia degli animali da pelliccia: alcune commerciano nel paese stesso.

Nello stesso periodo in cui fu iniziato lo sfruttamento delle regioni del Canada, ebbe inizio anche quello della Siberia, altra regione ricchissima d'animali da pelliccia, i cui primi prodotti giunsero in Europa quasi contemporaneamente a quelli americani. I primi a sfruttare quella regione furono commercianti russi appartenenti alla famiglia degli Stroganov che avevano possedimenti e relazioni commerciali a ovest e a est degli Urali. L'inizio non fu però eccessivamente pacifico per la presenza di predoni Tatari e Cosacchi, per cui si richiese l'invio di truppe da parte dello zar. Nel 1600 quelle popolazioni furono sottomesse e obbligate a pagare un certo tributo in pellicce e così la penetrazione poté continuare con la fondazione di numerosi centri di raccolta come Tomsk nel 1609, Krasnojarsk nel 1629, Jakutsk nel 1632, ecc. Nel 1699 l'occupazione della penisola di Camciatca e l'assoggettamento della sua popolazione erano un fatto compiuto, e non trascorse molto tempo che, raggiunto l'estremo limite dell'Asia, i commercianti passarono nell'Alasca. Nel 1780 fu fondata la compagnia Russo-Americana a cui lo zar Paolo di Russia concesso speciali diritti e che organizzò il commercio nella Siberia e nell'Alasca, fino ai confini con i territorî della North-West Company nel Canada.

Così alla fine del sec. XVIII le due maggiori regioni per la produzione delle pellicce erano già perfettamente conosciute e bene organizzate per lo sfruttamento.

Nel frattempo gli Stati Uniti andavano anch'essi sviluppando, con metodi forse non troppo pacifici, il loro commercio in pellicce attraverso le regioni abitate dagl'Indiani. Ma chi gli diede un vigoroso impulso fu J. J. Astor (v.), il quale, raggiunta una certa solidità commerciale e finanziaria, armò, in accordo col governo americano, due spedizioni, una per terra e una per mare, che penetrarono nel territorio dell'Oregon, fondando, nel 1811, la colonia di Astoria alla foce del fiume Columbia. Di qui intensificò le sue relazioni con gl'indigeni, e ne allacciò con la Russia e con la Cina, diffondendo per primo le pellicce di quest'ultima regione sui mercati del mondo. Nel 1867 gli Stati Uniti, anche allo scopo di aumentare la produzione nazionale di pellicce, acquistavano dalla Russia il territorio dell'Alasca. In Cina poche erano prima della guerra mondiale le case americane introdotte direttamente, essendo quel mercato, unitamente a quello russo, dominato quasi esclusivamente dalla Germania e dalla Gran Bretagna; ma durante il periodo 1914-18, quando non fu più possibile all'Europa di assorbire le merci orientali e quindi ai mercati di Londra e di Lipsia di provvedere alla domanda degli Americani, questi approfittarono della favorevole occasione per togliere agli Europei l'egemonia sui mercati orientali. In un primo tempo gli Americani si limitarono a trattare con grossi centri commerciali come Shang hai, T'ien tsin, Mukden, Harbin, Urga della Mongolia, Cita, Vladivostok e Ochotsk nella Siberia. Presto però penetrarono più profondamente nei territorî della Cina e della Russia asiatica, sì che oggi in Oriente agenzie di compagnie americane sono in tutti i centri di qualche importanza.

Caccia degli animali da pelliccia e raccolta delle pelli. - La caccia e la cattura degli animali da pelliccia, malgrado lo sviluppo assunto dagli allevamenti, rappresenta ancora di gran lunga il più importante mezzo di approvvigionamento di materia prima per il mercato delle pellicce. Si svolge, in genere, in dati periodi dell'anno, specie nell'inverno quando gli animali sono coperti da pelo più folto.

I metodi di caccia sono diversissimi, dipendendo, oltre che dalla qualità dell'animale da catturare, e dalle condizioni di ambiente, anche dalle sue condizioni generali di vita. Le armi da fuoco e da taglio sono pochissimo adoperate perché rovinano le pellicce; la maggior parte dei cacciatori si serve, invece, delle trappole, il cui uso richiede però una profonda conoscenza delle abitudini degli animali e la massima attenzione per evitare che questi, si rovinino la pelle nel tentare di fuggire, o vengano assaliti e divorati da altri animali.

Le trappole a lacci sono le più semplici, ma tendono ad essere sostituite da quelle a cassa, di cui un tipo recente è provvisto di un dispositivo che asfissia l'animale appena questo è in trappola.

Caratteristiche sono le trappole per i lupi in Siberia, veri e proprî recinti, dove questi animali vengono catturati vivi a centinaia. Constano di una palizzata concentrica munita di una porta aprentesi verso l'interno, la quale nei mesi estivi è tenuta alzata per modo che i lupi, attratti dall'esca, si abituano a entrare senza diffidenza; nell'inverno, quando cioè il lupo ha il mantello migliore, la porta è rimessa a posto in modo che i lupi entrano con poco sforzo rimanendo rinchiusi.

Gli Eschimesi cacciano le foche o in acqua, su piccole barchette, muniti di rampone, oppure a terra, sul ghiaccio, armati di fucile, avvicinandosi agli animali, per natura molto diffidenti, nascosti dietro piccole vele bianche. Le volpi, invece, vengono cacciate con speciali trappole costruite col ghiaccio: consistono in un cono vuoto nell'interno e con un foro sulla sommità attorno al quale si collocano delle lastre di ghiaccio pendenti verso l'interno del cono, dove è posta l'esca. Le volpi risalgono con forza e velocemente le pareti del cono e giunte in cima, non riuscendo ad arrestarsi sull'orlo, scivolano sulle lastre, precipitando nella camera interna.

Nel Canada, dove il lavoro di organizzazione per la raccolta delle pellicce, compiuta dalla Hudson's Bay Company, è stato veramente notevole, per le enormi difficoltà incontrate, i cacciatori sono di tre tipi: gli Eschimesi, nelle regioni più al nord, gl'Indiani e i half-breeds, che sono un incrocio fra gl'Indiani e i Bianchi. Questi cacciatori, durante la stagione invernale, si spingono verso le più selvagge regioni del Canada e cacciando con le trappole compiono viaggi lunghi fino a 2000 miglia in modo da raggiungere di tanto in tanto un outpost, deposito avanzato della Compagnia, dove cedono il loro bottino in cambio di viveri e denaro. Gli outposts fanno capo ad altri depositi (ordinary posts), e questi ad altri ancora fino al deposito principale dove le pellicce, che nell'interno vengono trasportate o per via d'acqua o su slitte trainate da cani, sono caricate sui piroscafi via Londra, New York, ecc.

Generalmente nei paesi del nord le cacce terminano all'inizio della primavera e i cacciatori, raccolto il loro bottino, scendono verso il sud ai centri di raccolta e d'incetta o alle agenzie di quelle compagnie con cui hanno firmato un contratto. Le compagnie provvedono poi a inoltrare la merce al mercato più adatto ove le pellicce vengono scelte e divise. Dapprima si separano le diverse specie di pellicce e poi si assortiscono rispetto alla qualità, operazione quest'ultima molto difficile e delicata e alla quale attendono i migliori tecnici delle compagnie. Terminato l'assortimento (generalmente in categorie denominate "prima", "seconda", "terza" e eventualmente "quarta") le pellicce sono divise in lotti, numerati e piombati, i quali saranno poi venduti come si trovano.

Mercati e metodi di vendita. - La forma più caratteristica e più diffusa di contrattazione della pellicceria è quella delle aste, che vengono sistematicamente organizzate nei maggiori mercati del grezzo. Iniziatesi nel 1670 a Londra per opera della Hudson's Bay Company, che le organizzò regolarmente a determinati intervalli di tempo, e nelle quali furono vendute ben presto, oltre alle sue merci, anche quelle di altre compagnie nordamericane o di cacciatori privati, il sistema delle aste si sviluppò rapidamente, e in pochi anni si raccolse a Londra, nel periodo di vendita, la maggior parte dei commercianti pellicciai d'Europa.

Ben presto il sistema fu adottato in altre città: attualmente i mercati di più forte concentrazione sono quelli di Londra, New York e Lipsia; a essi seguono, come centri di commercio di secondaria importanza, St Louis, Seattle, Montreal, Winnipeg, Copenaghen, Edmonton, Parigi, ecc. A Londra si tengono le aste tre volte all'anno, in gennaio, aprile e ottobre; così a New York e Lipsia, dove però si fanno pure aste secondarie mensili.

La più spiccata caratteristica delle aste di pellicceria è data dal fatto che, durante le aste, la merce non è visibile. Essa che, come già detto, viene divisa in lotti numerati, è deposta nei magazzini, mentre in alcune sale aperte qualche giorno prima dell'asta, sono ordinariamente esposti i campioni di ogni lotto, contrassegnati dal relativo numero. Alle aste possono partecipare solo i commercianti in pellicce, riconosciuti come proprietarî o rappresentanti di ditte accreditate presso la compagnia che conduce l'asta. In tal modo il compito del banditore è grandemente facilitato, perché, dopo un poco di pratica, egli acquista una notevole conoscenza della clientela e anche degli articoli che più interessano le varie ditte. Durante l'asta, la merce non viene mostrata, ma viene solo segnalato il numero del lotto da vendere.

Produzione. - L'estendersi delle conoscenze zoologiche e le possibilità sempre crescenti offerte dalla tecnica della concia e della tintura hanno grandemente allargato il campo di utilizzazione degli animali da pelliccia. Se gli articoli valorizzati per primi rimangono tuttora come i tipi classici e più pregiati, moltissimi altri sono stati accettati dal commercio e dalla moda e hanno dato importanza di sfruttamento a nuove regioni. Più importanti però, rimangono sempre le regioni del nord, dove gli animali, per ragioni di clima e genere di vita, sono ricoperti dalle pellicce più folte e più spesse.

La Russia, data la diversità di clima delle sue regioni, ha una produzione di pellicce molto varia, che, secondo la provenienza, si distinguono in siberiane e russe. La migliore produzione russa è lo zibellino, una delle pellicce più pregiate nel mondo, che conta ben 18 provenienze di cui la migliore è quella del Camciatca; va facendosi sempre più raro. In secondo piano, come pregio, vengono il petit-gris (Telenka, Ochotsk, Jakutsk, Amur, Jenissei, Lensk e Obsk), la volpe rossa (Camciatca, Jakutsk e Siberia), la martora e la faina (Russia e Siberia), l'ermellino (Ismim, Barabinsk, Tomsk, Jakutsk e il Tirachan), che dànno il grosso della produzione russa. Altri animali sfruttati sono: volpe bianca, visone, kolinsky, volpi argentate, murmel, muflone, lepri, peschianiki, lupi, linci, orsi, karakul, ecc. La media annuale del valore delle esportazioni russe in pellicce, indicanti approssimativamente la produzione, negli anni 1921-33 è stata di oltre 6 milioni di lire sterline.

Nel Canada le condizioni di clima sono eccellenti per la vita degli animali da pelliccia, forse ancora più favorevoli di quelle della Siberia e dell'Alasca. Vi si producono tutte le più varie qualità, ma specialmente castori, visoni, martore, lontre, topo muschiato, volpi azzurre, bianche, argentate e rosse; ermellini, skunks, linci, lupi, orsi, tassi, talpe e ghiottoni. La media delle produzioni dal 1920 è stata superiore ai 4 milioni di pelli per stagione con un minimo di 2.936.40- nel 1920-21 e un massimo di 5.150.328 nel 1928-29. Nel 1932-33 la produzione è stata di 4.503.558 pelli per un valore di 10.305 milioni di dollari.

Gli Stati Uniti forniscono ai mercati, come prodotti più pregiati, il topo muschiato, la marmotta, lo skunk, l'opossum, e poi ancora il tasso, il visone, la donnola, il ghiottone, il lupo, l'orso, la lince, il castoro, ecc.

La produzione della Cina è di poco pregio, ma è assai importante per la quantità: il primo posto spetta alla lepre, poi vengono i conigli bianchi, gli agnelli, le donnole, le volpi, ecc.

L'Australia produce un'enorme quantità di conigli e una pregiata qualità di opossum. La Bessarabia, il Buchara, l'Afghānistān e alcune regioni dell'Africa producono qualità di agnelli assai quotate sui mercati, fra le quali l'agnello persiano.

In Europa, la Polonia produce pellicce d'agnello, volpi e lepri; l'Austria, la Iugoslavia e l'Ungheria volpi rosse, martore, faine; il Belgio e l'Olanda, talpe, hamster, scoiattoli, conigli; la Norvegia volpi argentate, bianche e azzurre; la Svizzera le migliori qualità europee di volpi e la Francia ha la sua migliore produzione nel coniglio. L'Italia porta sui mercati pellicce di martore e faine ben quotate, e anche agnelli.

Commercio. - Prima della guerra mondiale la maggior parte del commercio internazionale passava attraverso i due grandi mercati di Londra e di Lipsia. Le produzioni delle colonie britanniche si vendevano quasi per intero a Londra; le produzioni russa e cinese convergevano parte a Londra, parte a Lipsia, dove arrivavano le pellicce di molte regioni orientali, nonché quelle europee e di alcune parti dell'America Settentrionale.

La guerra mondiale cambiò in parte l'orientazione del commercio, in quanto gli Stati Uniti riuscirono ad avviare direttamente dai paesi di origine al mercato di New York gran parte di quei prodotti che prima della guerra comperavano sui mercati europei: attualmente poco meno della metà della produzione canadese passa direttamente a New York; altrettanto si può dire per la Cina e la Russia. Gli Stati Uniti sono così riusciti ad accentrare sul loro principale mercato tanta parte del commercio internazionale da arrivare a vendere direttamente perfino in Europa.

Malgrado ciò, i mercati di Londra e Lipsia si sono sempre mantenuti in efficenza, in ciò aiutati dall'aumento considerevole delle contrattazioni nel dopoguerra: Lipsia deve la sua grande importanza come centro di commercio per le pelliccerie al grande numero di ditte commerciali, specializzate nella tintura e nella concia, quotatissime sul mercato mondiale. Al suo mercato, che prima del 1931 era il più importante per i prodotti dell'U. R. S. S., convergono pellicce di tutto il mondo. Londra, che rappresenta sempre il maggior mercato mondiale, accentra invece specialmente i prodotti delle sue colonie che, data la varietà dei climi, forniscono i più diversi tipi di pellicce. La Russia, dove questo commercio è un monopolio di stato e ai cacciatori è dovuto un compenso fisso per ogni pelle da essi procurata, ha iniziato dal 1931 le aste dei suoi prodotti a Leningrado.

Allevamento degli animali da pelliccia. - Per quanto l'allevamento degli animali da pelliccia si facesse già anticamente dai Cinesi, che allevavano cani, pecore e capre e ne vendevano le pelli, tuttavia solo recentemente esso è stato iniziato con vari intenti industriali. Nell'anteguerra l'esperimento venne anzitutto tentato in Germania, ma dapprima non ebbe un grande successo per le enormi difficoltà incontrate; malgrado ciò, dopo la guerra mondiale esso si è rapidamente sviluppato in tutti quei paesi nei quali si sono riscontrate le condizioni climatiche favorevoli.

L'impulso maggiore è stato dato dagli Stati Uniti, che hanno ormai tentato l'esperimento con tutte le specie di animali da pelliccia e che hanno ottenuto ottimi risultati specialmente con le volpi, gli agnelli di Persia, lo zibellino, la martora, il visone, il karakul.

Ottimo successo hanno avuto gli allevamenti di agnelli di Persia nel sud-ovest dell'Africa, raggiungendo una produzione tale da fare concorrenza agli stessi paesi d'origine. L'agnello di Persia è anche allevato nel Canada, nella Crimea, sui Carpazî, ecc.

Il Canada è attualmente la regione che ha il maggior numero di allevamenti (6295 nel 1932): notevolissimi sono quelli delle volpi argentate, crociate, azzurre (in totale per le volpi 5221 allevamenti), dei visoni, delle marmotte del Canada, delle puzzole, ecc.

In Europa, oltre che in Germania, l'allevamento degli animali da pelliccia si è notevolmente sviluppato in Austria, Svizzera, Norvegia, Inghilterra e Francia. L'Italia è agl'inizî: alcuni allevamenti di volpi argentate e azzurre sono stati impiantati sulle Alpi.

Lavorazione delle pellicce. - La scuoiatura degli animali da pelliccia può essere fatta in tre modi: aperta, a fodero, a sacco. La prima si compie operando un taglio lungo la linea del ventre e altri tagli lungo le gambe: la pelle dopo scuoiata si presenta così distesa: in tal modo si opera con gli animali grandi: tigri, orsi, canguri, ecc. Con la seconda s'incidono le quattro zampe e la coda e tirando la pelle verso la testa si ottiene una guaina: è la più comune, ed è usata per le martore, le puzzole, le volpi, gli ermellini, ecc. La terza, ottenuta tirando la pelle dalla testa, dove è stata incisa, non è quasi più usata.

Le pelli arrivano ai mercati o seccate o trattate leggermente col sale; prima di conciarle vengono rinverdite e poi scarnate. La concia che maggiormente si adopera in pellicceria è quella ai grassi.

Dopo altre poche operazioni di rifinitura (il paraggio, la rasatura, la depilazione, ecc.) le pellicce possono essere impiegate direttamente nel commercio. Talune però vengono sottoposte a ulteriori operazioni costituenti la tintura.

La tintura delle pellicce ebbe i suoi inizî prima del sec. XIV ed era a quei tempi limitata alla tintura della parte superiore del pelo e cioè delle cosiddette punte dei peli. Essa si faceva generalmente con spazzole intinte nella soluzione colorante, con le quali si spazzolavano leggermente le pelli; queste, poi, asciugate, venivano ripassate col sistema della botte a sabbia calda o a segatura e infine sbattute energicamente per pulirle e ammorbidirle. Per molto tempo però i tintori di pellicce furono considerati con diffidenza sia dai commercianti sia dai consumatori: non si pensava, allora, che ben poche sono le pelli senza difetti e che, dovendo, p. es., essere confezionate insieme, era necessario renderle simili per lo meno con una sfumatura.

Molte pelli, infatti, anche tra le pregiate, come zibellino, lontra, castoro, martora, ecc., sono di punto di colore diverso e anche lo stesso ermellino ha diverse sfumature di bianco e l'agnellino di Persia tinte nere più o meno intense e profonde. È quindi necessaria in questi casi un'innocua correzione di questi piccoli difetti, così come è necessario tingere l'agnellino di Persia per rinforzarne il colore e tingere le foche che allo stato naturale sono inutilizzabili. Se si pensa poi che la maggior parte delle pelli nere (agnellino di Persia, Breitschwanz, Astrachan, Bessarabia, ecc.) sono, allo stato naturale, nella grande maggioranza, di un nero grigiastro e opaco e che solo mediante la tintura acquistano il nero profondo e lucido che ne forma il pregio; che le volpi, le marmotte, le linci, le volpi bianche si tingono in nero, in azzurro, bruno, ecc.; che con pelli di valore basso s'imitano le più pregiate: le volpi argentate con volpi comuni, con opossum e persino con agnelli; lo zibellino con la faina e con l'opossum; la foca (sealskin) col topo muschiato e con i conigli; il visone col murmel, ecc., si comprende come i processi di tintura abbiano oggi una grandissima importanza nell'industria delle pellicce.

In un primo tempo le pellicce venivano colorate a mezzo di colori vegetali in unione con sali metallici; è solo da una cinquantina d'anni circa che i processi di tintura si sono enormemente semplificati e diffusi, specialmente in seguito alla scoperta dei colori di ossidazione, particolarmente adatti alla tintura delle pellicce. Queste sostanze coloranti furono per molto tempo un esclusivo monopolio della Germania (colori Ursol); ma dopo la guerra mondiale alcune nazioni, fortemente interessate alla lavorazione delle pellicce riuscirono a liberarsi dal monopolio tedesco e fra esse l'Italia, che attualmente ha due fabbriche che preparano questi prodotti.

I colori adoperati nella tintura delle pellicce possono essere colori di ossidazione (fenilendiammina, amminofenoli, ecc., conosciuti in commercio come coloranti Ursol, nero d'anilina, ecc.) che agiscono previa aggiunta nel bagno d'immersione di una sostanza ossidante (p. es. acqua ossigenata); colori tratti da sostanze vegetali (campeggio, catechina, sandalo, quercitrone, ecc.) che tranne il campeggio sono ormai poco usati; coloranti acidi e basici (colori di anilina), i quali si fissano direttamente al pelo, senza preventiva mordenzatura, e che si adoperano a freddo o a caldo.

I processi di preparazione alla tintura, che possono essere fatti tanto a spazzola quanto per immersione, sono i seguenti: anzitutto le pellicce vengono denaturate, trattando le pelli con sostanze alcaline (soda caustica, soda, ammoniaca, ecc.) allo scopo di liberarle dalle impurità e dal grasso eventualmente rimasto; in seguito vengono mordenzate (per i colori di ossidazione e i colori vegetali), e cioè trattate con dei mordenti (mordente al cromo, al rame, al ferro, all'allume, ecc.), dopo di che le pellicce sono pronte per essere tinte, operazione compiuta o a spazzola o a spruzzo o per immersione in vasche a mulinello, dove il continuo movimento impresso alle pelli da un mulino di legno rende uniforme la tintura. Un'altra operazione è quella del candeggio, mediante il quale si decolorano le pellicce le quali poi possono essere tinte anche in colori chiari. Tale procedimento è assai importante, specialmente per quelle pelli, come la volpe, il coniglio, l'agnello, l'opossum, ecc., che un tempo non potevano essere tinte che in nero o in colori più scuri del naturale. Anche il candeggio può essere fatto a spazzola o per immersione e le soluzioni usate sono a base di materia ossidante, come l'acqua ossigenata. Nel sistema a immersione, le pellicce prima di essere candeggiate subiscono un bagno in ammoniaca e una mordenzatura (sistema americano).

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