NEWMAN, Paul

Enciclopedia del Cinema (2004)

Newman, Paul

Monica Trecca

Attore cinematografico statunitense, nato a Cleveland (Ohio) il 26 gennaio 1925. Ultimo emblematico divo della Hollywood più tradizionale, nonché significativo nuovo esponente di una matura e problematica consapevolezza della propria attività artistica che a tale tradizione ha inteso opporsi, con la sua bellezza perfetta, resa inconfondibile dai più citati occhi blu della storia del cinema e spavaldamente esibita con ironia, ma anche lasciando affiorare tratti di fragilità tormentata, si è imposto per anni come uno dei massimi rappresentanti del fascino maschile. Determinato ad affrontare ogni ruolo attraverso uno studio approfondito dei personaggi, ha elaborato un processo di immedesimazione introspettiva dapprima attraverso una fisicità intensa, fortemente influenzata dall'impostazione emotiva tipica dell'Actors Studio, poi mediante un procedimento di sottrazione mirato all'essenzialità espressiva. In costante lotta contro l'omologazione prospettata dal sistema delle majors hollywoodiane, deciso a rivendicare un'autonomia artistica anche attraverso la propria attività di regista, ha dimostrato con tali scelte, con il proprio attivo impegno politico in difesa degli ideali democratici, la partecipazione a campagne per i diritti civili e la promozione di importanti iniziative umanitarie, di possedere una personalità di segno opposto rispetto a quella di molti dei suoi più riusciti, spesso amorali personaggi. Candidato dieci volte all'Oscar (in un caso in concorso per un film diretto, Rachel, Rachel, 1968, La prima volta di Jennifer) ha ottenuto un solo premio come miglior attore nel 1987 per The color of money (1986; Il colore dei soldi) di Martin Scorsese, oltre all'Oscar alla carriera conferitogli l'anno precedente e al Jean Hersholt Humanitarian Award del 1992. In precedenza gli era stato assegnato il premio al Festival di Cannes per l'interpretazione di The long hot summer (1958; La lunga estate calda) di Martin Ritt, mentre nel 1995 ha vinto l'Orso d'argento al Festival di Berlino per Nobody's fool (1994; La vita a modo mio) di Robert Benton.

Figlio di americani di seconda generazione (il padre di famiglia ebrea tedesca, la madre di famiglia cattolica ungherese), frequentò la Shakes Heights High School e quindi si iscrisse nel 1943 al Kenyon College di Gambier (Ohio), per poi arruolarsi in marina l'anno successivo. Nel 1946 tornò al Kenyon e, dopo essere stato espulso dalla squadra di football per una rissa, si cimentò in alcuni spettacoli teatrali. Conseguito nel 1949 il BA in economia, si dedicò al teatro dapprima in una compagnia di Williams Bay, nel Wisconsin, e quindi entrando a far parte dei Woodstock Players, nell'Illinois. Alla morte del padre fu però costretto a fare ritorno nella città natale e a dedicarsi all'avviata attività di famiglia, un negozio di articoli sportivi, ma dopo un anno riprese a recitare. Frequentò così la School of Drama presso la Yale University (che nel 1988 gli avrebbe conferito la laurea honoris causa in lettere) e nel 1952 si recò a New York. In breve cominciò ad apparire in numerosi programmi televisivi e si fece notare al suo debutto a Broadway nel 1953 in Picnic di W. Inge. Già allora convinto della necessità di affrontare ogni parte attraverso un articolato approfondimento, s'iscrisse all'Actors Studio e seguì le lezioni di Lee Strasberg. Ottenuto un contratto di sette anni con la Warner Bros., esordì sul grande schermo in The silver chalice (1954; Il calice d'argento), un film in costume di Victor Saville, ritenuto dallo stesso attore un vero trionfo del kitsch. Le pessime critiche rischiarono di travolgere N. che decise di ritornare in teatro offrendo nel 1955 una memorabile interpretazione dell'allucinato evaso in The desperate hours di J. Hayes, diretto da R. Montgomery. Fu poi il regista Robert Wise a volergli affidare una parte che era stata proposta a James Dean poco prima della sua scomparsa, ossia quella del pugile Rocky Graziano in Somebody up there likes me (1956; Lassù qualcuno mi ama), accuratamente costruita passando del tempo con lo stesso Graziano e basata sull'intuizione di rendere con i movimenti continui del corpo una forza nervosa che esplode sul ring. Tutto risolto su un piano di tormento interiore è invece il capitano dell'esercito di The rack (1956; Supplizio o Il traditore del campo 5) di Arnol Laven, film terminato prima di Somebody up there likes me, ma distribuito dopo l'uscita di quest'ultimo per sfruttare quello che si preannunciava come un sicuro successo. N. in effetti divenne improvvisamente un divo e, pur sottoposto all'ossessivo confronto con Marlon Brando, seppe ritagliarsi uno spazio di notevole rilievo. A ciò contribuì l'alone cinico e romantico che avvolge la sua figura di seduttore convertito all'amore in due mélo: The Helen Morgan story (Quando l'amore è romanzo) di Michael Curtiz e Until they sail (Quattro donne aspettano) di Wise, entrambi del 1957. Ma soprattutto la fanciullesca, delirante vitalità di Billy the Kid, il bandito disegnato con passione da N. nel West visionario di The left-handed gun (1958; Furia selvaggia ‒ Billy Kid) diretto da Arthur Penn. Questa volta i consensi furono più limitati e solo più tardi il film sarebbe divenuto un cult movie, ma frattanto altri tipici personaggi 'alla Newman', caratterizzati dal senso di ribellione e dal rapporto problematico con la figura paterna, ne avevano consolidato l'impatto sul pubblico. In primo luogo il presunto incendiario Ben Quick di The long hot summer, che nasconde dietro il sorriso impudente una vitale energia. Il film segnò l'inizio di un proficuo sodalizio con il regista M. Ritt e fu il primo interpretato con Joanne Woodward che N., dopo aver divorziato dalla prima moglie, avrebbe sposato di lì a poco stabilendo un profondo rapporto anche artistico. La stessa combinazione di sfrontata sensualità e conflitto interiore segna le sue interpretazioni di Cat on a hot tin roof (1958; La gatta sul tetto che scotta) e di Sweet bird of youth (1962; La dolce ala della giovinezza), tratti dagli omonimi drammi di T. Williams e adattati e diretti da Richard Brooks. Pur trovandosi di fronte a versioni notevolmente edulcorate rispetto ai testi originari, N. riuscì a rendere le ambigue contraddizioni dei suoi personaggi, nel secondo caso conservando alcuni tratti di realistica crudezza del gigolò, disperatamente pronto a ogni compromesso, che l'attore aveva già portato con successo sulle scene a Broadway nel 1959, per la regia di Elia Kazan, senza il finale consolatorio dell'adattamento cinematografico. Ma se in due melodrammi come The young Philadelphians (1959; I segreti di Filadelfia) di Vincent Sherman e From the terrace (1960; Dalla terrazza) di Mark Robson, aveva riproposto il suo personaggio di giovane ambizioso, ma pronto a riscattarsi, il vertice dell'equilibrio espressivo lo raggiunse in The hustler (1961; Lo spaccone) di Robert Rossen in cui costruisce, esplorandone ogni sfumatura psicologica, la figura del giocatore (in que-sto caso un campione di biliardo), che altre volte avrebbe affrontato nel corso della sua carriera, sfrontato ma anche chiuso nel proprio egoismo, essenzialmente sedotto dal gusto della sfida (quella emblematica con Minnesota Fats-Jackie Gleason). Deciso a disporre del proprio percorso artistico, nel 1959 aveva riscattato il suo contratto dalla Warner e se, spinto dal desiderio di cimentarsi in ambiti meno consolidati rispetto a quelli che lo avevano portato al successo, era risultato meno convincente nella commedia (per es., in Rally 'round the flag, boys!, 1958, Missili in giardino, di Leo McCarey, e in The prize, 1963, Intrigo a Stoccolma, di Mark Robson) ed ec-cessivamente distaccato nella parte di Ari Ben Canaan nel kolossal Exodus (1960) diretto da Otto Preminger, più a suo agio era apparso in quella di un jazzista americano nella Parigi della Nouvelle vague in Paris blues (1961) di Ritt, mentre decisamente riuscita era risultata la sua breve ma fulminante caratterizzazione di un pugile devastato nel fisico in Hemingway's adventures of a young man (1962; Avventure di un giovane) ancora di Ritt. E furono proprio due film di questo regista a consentirgli di offrire altrettante prove significative: si rivelò infatti sprezzante, amorale e seducente il suo Hud (1963; Hud il selvaggio), mentre fu basato su una recitazione volutamente stilizzata il bandito messicano protagonista di The outrage (1964; L'oltraggio). Se invece negativa risultò l'esperienza con Alfred Hitchcock per la spy story Torn curtain (1966; Il sipario strappato), ben più convincente fu la rivisitazione dell'universo noir affidata alla figura del detective Lew Archer (diventato Harper per la scaramantica fiducia di N. nella lettera 'h' che aveva contraddistinto i suoi titoli di maggior successo) in Harper (1966; Detective's story) di Jack Smith, poi ripresa anni dopo nel meno fortunato The drowing pool (1975; Detective Harper: acqua alla gola) di Stuart Rosenberg, con cui si rievocano, in chiave di fredda amarezza, le figure di Marlowe e Spade, nonché il loro interprete, Humprey Bogart. Il successo del film fu enorme, mentre in una progressiva evoluzione l'individualismo ambizioso di molti personaggi precedenti divenne anarchica insofferenza, dapprima chiusa nella dolorosa emarginazione del bianco cresciuto tra gli indiani nel western claustrofobico Hombre (1967), ultimo film girato con Ritt. Quindi enfatizzata, ancora intrisa di fanciullesco fascino e legata al gusto del gesto gratuito nel ribelle assoluto di Cool hand Luke (1967; Nick mano fredda) di Rosenberg, eroe per i propri compagni di carcere.

Da sempre coinvolto nella costruzione dei personaggi, N. volle anche provare l'esperienza della regia, in cui in realtà si era già cimentato dirigendo e producendo un cortometraggio nel 1961, On the harmfulness of tabacco. Per il suo vero esordio, basato su un romanzo di M. Laurence e sceneggiato da Stewart Stern, scelse un delicato ritratto di donna, Rachel, Rachel, colta nel suo risveglio affettivo e sessuale sullo sfondo della vita di provincia e interpretata da Joanne Woodward, destinata anche in seguito a rappresentare l'alter ego più segreto dell'attore nelle sue prove di regista (The effect of gamma rays on man-in-the-Moon marigolds, 1972, Gli effetti dei raggi gamma sui fiori di Matilda; il film per la televisione The shadows box, 1980, Prima dell'ombra; la bella versione di The glass menagerie, 1987, Lo zoo di vetro, da T. Williams). Nel 1969 l'attore interpretò quindi il western dai toni demistificanti e nostalgici Butch Cassidy and the Sundance Kid (Butch Cassidy) di George Roy Hill, in cui con tocco lieve seppe dar vita, in coppia con Robert Redford, a una figura di bandito crepuscolare, accattivante nella sua romantica esuberanza. La nuova misura individuata per i ruoli brillanti, basata su una rilassata sicurezza, sarebbe stata confermata qualche anno dopo nel nuovo successo The sting (1973; La stangata), ancora di Hill e ancora in coppia con Redford, geniale truffa ambientata nella Chicago del proibizionismo. Gli anni Settanta, d'altro canto, furono per N. segnati anche dalla scelta di ruoli controversi e non sempre amati dal pubblico. Dal pilota di Winning (1969; Indianapolis, pista infernale) di James Goldstone, che permise all'attore di cimentarsi in una delle sue grandi passioni, l'automobilismo, all'amaro annunciatore radiofonico di WUSA (1970; Un uomo oggi) di Rosenberg; dall'eccessivo, leggendario, magnetico giudice Roy Bean di The life and times of judge Roy Bean (1972; L'uomo dai sette capestri) al freddo agente di The Mackintosh man (1973; L'agente speciale Mackintosh), entrambi di John Huston; passando per l'irriducibile taglialegna di Sometimes a great notion (1971; Sfida senza paura), da N. anche diretto, per l'architetto del catastrofico The towering inferno (1974; L'inferno di cristallo) di John Guillermin e Irwin Allen, per l'allenatore della squadra di hockey di terza categoria di Slap shot (1977; Colpo secco) di Hill, e per i più complessi personaggi dei film di Robert Altman: Buffalo Bill nella lucida metafora sul mondo dello spettacolo Buffalo Bill and the Indians, or sitting Bull's history lesson (1976; Buffalo Bill e gli indiani) e l'enigmatico cacciatore Essex in Quintet (1979). Sempre più coinvolto in attività umanitarie con la costituzione, dopo la tragica morte del figlio Scott nel 1978 (cui è dedicato il doloroso, emotivamente difficile, Harry and son, 1984, da N. diretto oltre che interpretato), della Scott Newman Foundation, importante centro antidroga, e la partecipazione a numerose iniziative in tutto il mondo (sovvenzionate grazie ai proventi della società di prodotti alimentari Newman's Own, creata dall'attore nel 1982), nel corso degli anni Ottanta ha deciso di ripercorrere certi ruoli tipici della sua carriera alla luce di una più sofferta umanità. Così nel caso del ruvido poliziotto di Fort Apache, the Bronx (1981; Bronx 41° distretto di polizia) di Daniel Petrie, e dell'uomo comune travolto da un'impietosa inchiesta giornalistica in Absence of malice (1981; Diritto di cronaca) di Sydney Pollack, ma soprattutto del protagonista di The verdict (1982; Il verdetto) di Sidney Lumet, in cui disegna una delle sue figure di loser, l'avvocato alla deriva e in cerca di riscatto Frank Galvin, il cui tormentato percorso viene reso dal trascorrere delle emozioni sul volto sofferto dell'attore, costantemente aggredito da una luce livida e impietosa. L'Oscar, mancato anche per questa superba interpretazione, è giunto per The color of money, nato dall'incontro tra la volontà di N. di riproporre il personaggio di The hustler (sostituendo all'inquietudine spavalda del giovane Eddie un paterno e vissuto cinismo), la vena di nostalgia tipica della New Hollywood e la passione cinéphile di Scorsese. Scegliendo di raggelare i sentimenti e di interiorizzare ogni passaggio emotivo, ha poi inventato un convincente Mr Bridge nell'elegante tragedia borghese Mr. & Mrs. Bridge (1990) diretta da James Ivory e basata sui romanzi di E.S. Connell, ancora una volta al fianco della Woodward. E se spinta fino alla sgradevolezza è la caratterizzazione dell'odioso Sidney J. Mussburger nella commedia dagli umori aspri The hudsucker proxy (1994; Mister Hula Hoop) di Joel Coen, in sintonia con le affascinanti canaglie del passato è invece il protagonista di Nobody's fool, per il quale ha ottenuto un'ennesima nomination all'Oscar. Così come una nuova nomination è giunta per la controversa figura di padre nel cupo gangster film The road to perdition (2002; Era mio padre) di Sam Mendes.

Bibliografia

Ch. Hamblett, Paul Newman, London-New York 1975.

K. Thompson, The films of Paul Newman, Bembridge 1977³.

E. Oumano, Paul Newman, New York 1989.

Lawrence J. Quirk, Paul Newman, Dallas 1996.

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