HINDENBURG, Paul Ludwig von Beneckendorff

Enciclopedia Italiana (1933)

HINDENBURG, Paul Ludwig von Beneckendorff


Maresciallo germanico nato a Posen (polacco Poznań) il 2 ottobre 1847. Ufficiale di fanteria, si segnalò giovanissimo a Hradec Králové (Königgrätz, 1866), poi a Saint-Privat (1870). Passò quindi nello Stato Maggiore nel 1896; nel 1903 nominato comandante del IV corpo d'armata a Magdeburgo, e nel 1911, a sua domanda, messo a riposo. H. però lasciava nell'esercito fama di eccezionale capacità. Richiamato in servizio per la guerra mondiale, il 22 agosto 1914 fu destinato a sostituire il von Prittwitz nel comando dell'8a armata nella Prussia orientale e gli fu assegnato Ludendorff come capo di Stato Maggiore. La situazione era gravemente compromessa: l'avversario disponeva di due armate, ciascuna di forze non inferiori all'8a armata; le truppe di questa erano disseminate, in parte battute, e in parte minacciate da forze superiori. H. e Ludendorff decisero di agire offensivamente con tutte le forze contro l'armata del Samsonov, lasciando solo poca cavalleria contro quella del Rennenkampf. L'audace disegno, favorito da molte circostanze e dalla deficienza degli alti comandi russi, portò alla vittoria di Tannenberg, che dal lato tattico è forse la più grande vittoria della storia, perché con perdite minime furono annientati o catturati tre corpi d'armata russi e altri due furono ripetutamente battuti. Questo strepitoso successo fu la base della grande popolarità di H., che dopo altre vittorie sui Russi fu nel 1916 nominato comandante supremo della fronte orientale e nell'agosto succedette al Falkenhayn nella carica di capo di Stato Maggiore con Ludendorff quale quartiermastro generale. La sua nomina s'iniziò con una decisione fatale alla Germania: H. si pronunciò per la guerra sottomarina a oltranza, il che significava la guerra contro gli Stati Uniti. Rimasto nel 1916-1917 prevalentemente sulla difensiva in Francia, sebbene nel marzo 1917 fosse scoppiata la rivoluzione in Russia e nell'estate fosse manifesto che l'esercito russo era, se non in dissoluzione, certo incapace d'una vigorosa offensiva, H. differì sino al 1918 la concentrazione delle forze contro la Francia, lasciando così sfuggire il momento favorevole d'attaccare i Franco-Inglesi prima dell'arrivo degli Americani. Le vittorie della primavera del 1918 furono controbilanciate dall'entrata in linea delle truppe degli Stati Uniti, e i Tedeschi, demoralizzati, furono costretti alla ritirata, e (dopo Vittorio Veneto) all'armistizio. (v. guerra mondiale). Il suo personale ascendente gli permise di rimanere a capo delle truppe inclini alla rivolta e di ricondurle in patria. Mente elevata, nobile cuore, intento solo al bene della patria, H. ebbe per queste sue virtù un'eccezionale influenza sul paese. Come condottiero fu non soltanto un'alta intelligenza, ma altresì una forza; anche in difficili circostanze seppe assicurarsi l'iniziativa delle operazioni. La sua naturale tendenza a non mettersi in rilievo, sdegnoso com'era di facile popolarità, e l'invadente personalità del suo quartiermastro, fecero sì ch'egli lasciasse gradatamente il comando nelle mani di Ludendorff senza badare che così egli veniva ad avallare pericolosamente l'opera del suo subordinato nel campo delle interferenze fra politica e strategia. Ha scritto un notevole volume di memorie, Aus meinem Leben (Lipsia 1920), tradotto anche in italiano (Roma 1924). Ritiratosi in disparte e rimasto estraneo e superiore alle competizioni partigiane, uscì dal suo riserbo nel 1925, quando accettò che la coalizione conservatrice lo presentasse quale suo candidato, alla morte di Ebert, per le elezioni presidenziali. E il 26 aprile 1925 riuscì eletto con più di 14 milioni e mezzo di voti su oltre 30 milioni di votanti, sebbene aspramente avversato dai partiti della coalizione di Weimar. Durante il suo settennato, fedele monarchico, ma più fedele alla patria tedesca (egli s'era astenuto sempre dalle avventure politiche care a Ludendorff), e animato da un rigido senso del dovere, agì sempre con molta correttezza costituzionale, sforzandosi di restare al disopra dei partiti e incoraggiando l'azione dei ministri che, continuando la politica di Stresemann (v.), cercarono di togliere la Germania al suo isolamento e di ottenerle nuova importanza e prestigio. Anche nelle nuove elezioni del 13 marzo e 10 aprile 1932 egli si presentò "per adempiere a un dovere verso la nazione" e per tentar di scongiurare una più grave separazione tra le forze nazionali. Per questo accettò la lotta contro gli estremi nazionalisti e l'appoggio di quei gruppi che nel 1925 aveva avuto avversi. L'esito delle elezioni fu ancora una volta favorevole al maresciallo. Nel secondo periodo è intervenuto più direttamente nella lotta politica, coprendo con la sua personalità prima il ministero di von Papen e poi, dal dicembre 1932, quello di von Schleicher. Infine nel gennaio 1933 ha accettato il cancellierato di A. Hitler.

Bibl.: A. Alberti, Il maresciallo H., Roma 1924; E. Buat, H., Parigi 1921; E. Buat, H. et Ludendorff stratèges, Parigi 1924; P. Linderberg, Das Buch von Feldmarschall H., Oldenburg 1920; G. Schultze-Pfaetzer, H., Lipsia 1930.

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