PAOLI, Pasquale

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 81 (2014)

PAOLI, Pasquale

Mario Franceschi Leonardi

– Nacque il 6 aprile 1725 a Morosaglia, nella pieve di Rostino (Corsica), da Giacinto e Dionisia Valentini.

Sesto figlio, e secondo maschio, di una famiglia di notabili di campagna, con un padre letterato e non privo di conoscenze giuridiche, fece i primi studi presso il convento francescano di Rostino. Quando nel 1739 Giacinto, segnalatosi come uno dei capi della rivolta contro Genova scoppiata sei anni prima, fu costretto all’esilio, il figlio quattordicenne lo seguì a Napoli. Entrato nel reggimento «Corsica» e poi nel «Real Farnese», di stanza a Siracusa e più tardi a Porto Longone, dal 1745 al 1749 frequentò l’Accademia reale di artiglieria.

In quegli anni Paoli, che in seguito mostrò di unire alla conoscenza delle Sacre Scritture (e in particolare dell’Antico Testamento) una buona cultura classica, ebbe anche modo di respirare l’aria del primo Illuminismo napoletano (un’antica tradizione lo voleva infatti presente alle lezioni di etica di Antonio Genovesi). Poco entusiasta della vita militare e insoddisfatto per la lentezza della carriera, nel 1754 decise di passare in Corsica per unirsi al fratello Clemente e ai patrioti in lotta contro la dominazione genovese.

Al padre, preoccupato per i pericoli cui poteva andare incontro, scrisse il 17 ottobre 1754, ricordando il motto usato dallo stesso Giacinto nel 1738: «Se non volete incoraggirvi colla storia romana, leggete quella dei Maccabei, e fate uso di quel passo che metteste in fine del vostro manifesto. Melius est mori in bello, quam videre mala gentis nostrae» (Correspondance, I, p. 80).

Nell’aprile 1755, Paoli sbarcò in Corsica, convinto della necessità di abbandonare la tradizione isolana di un supremo organo collegiale dei rivoltosi. Dalla Consulta riunita a Sant’Antonio della Casabianca il 14-15 luglio fu eletto ‘generale della nazione corsa’ e giurò d’impegnarsi per la libertà dell’isola. Con la costituzione approvata dalla Dieta generale di Corte il 16-18 novembre 1755 (la cosiddetta ‘costituzione Paoli’), si trovò confermato al vertice dell’impianto istituzionale: eletto dalla Dieta, cui riferiva ogni anno nelle assemblee da lui stesso convocate, il generale dirigeva il Consiglio di Stato e nominava assieme a esso i commissari delle province, cooperava con i quattro sindaci responsabili del controllo di tutti gli organi dello Stato. Negli anni seguenti, in una situazione di guerra permanente, i suoi poteri furono ulteriormente accresciuti.

Controllo del territorio e lotta contro Genova furono i primi obiettivi perseguiti. Fin dai primi tempi del suo generalato, Paoli, eletto inizialmente da un’assemblea composta dai delegati della sola Corsica settentrionale e rappresentativa di un quarto soltanto delle pievi esistenti, si adoperò per estendere la sua influenza. Si volse in primo luogo a contrastare la potente famiglia Matra, radicata nella Piana orientale, che nell’agosto 1755 aveva promosso una Consulta e un generale antagonisti: ripetutamente battuto negli scontri armati, in settembre il rivale Mario Emanuele Matra fu costretto a lasciare l’isola; rientrato due anni dopo con l’appoggio dei Genovesi, Mario Emanuele fu di nuovo sconfitto; e con il 1763, respinta un’altra spedizione contro i paolisti, fu definitivamente eliminata la minaccia della fazione Matra. Nel giro degli stessi anni, Paoli ottenne anche il controllo dell’Al di là dei Monti, dove i notabili locali, forti dell’appoggio ora genovese ora francese, si erano formalmente contrapposti al governo e avevano promosso una secessione. Nel 1763, la Consulta di Sartena, presieduta dallo stesso Paoli, segnò la fine della dissidenza.

Minor successo ebbe invece Paoli contro i Genovesi, favoriti dalla presenza francese nell’isola durante la guerra dei Sette anni e nuovamente con il secondo trattato di Compiègne (6 agosto 1764). Pur realizzando la conquista della provincia di Capo Corso, avviata nel 1757 e compiuta cinque anni dopo, il generale non riuscì infatti a strappare ai nemici le nevralgiche cittadelle marittime e pertanto non ottenne mai il pieno controllo dell’isola.

Assieme al dominio del territorio e alla lotta contro la Superba, obiettivo primario di Paoli, avversato dall’alto clero di matrice genovese, ma in genere sostenuto dagli ordini religiosi e dal basso clero, fu quello di creare le basi di un nuovo e moderno apparato statale. La capitale della Corsica indipendente (che conservava la dizione tradizionale di Regno di Corsica) fu fissata nel centro dell’isola, a Corte. Dal 1763, a seguito della decisione presa due anni prima alla Consulta di Vescovato, la Zecca di Murato (poi trasferita a Corte) batté una moneta nazionale destinata ai soli abitanti dell’isola. Per le esigenze militari, alle truppe volontarie, usate per lo più a tutela dell’ordine pubblico e nell’azione contro il banditismo, furono aggiunti nel 1762 due reggimenti regolari e in seguito anche due reggimenti di mercenari. Fu incentivata la nascita di una marina mercantile nazionale, ma i commerci con l’isola rimasero largamente in mani straniere, mentre gli isolani si limitarono a continuare la guerra di corsa posta allora sotto il controllo del Magistrato del commercio e della salute. Costante attenzione fu dedicata al funzionamento dell’apparato giudiziario che tanto peso aveva nel testo costituzionale. Alla guida, appena eletto, di una prima marcia armata tesa a porre fine alle inimicizie particolari, e a capo, negli anni seguenti, della Giunta mobile, Paoli si sforzò con inflessibile tenacia di arginare la tradizionale pratica della ‘vendetta’. Numerose, infine, furono le iniziative volte a promuovere uno sviluppo culturale. Fin dal 1760 fu istituita una Stamperia camerale, di sede a Campoloro e poi a Corte, e nel 1765, realizzando un’aspirazione avvertita da tempo, fu inaugurata a Corte l’università, dove gli studenti erano pensionati della nazione, i docenti erano forniti dagli ordini monastici (francescani in primis), e l’insegnamento era mirato a finalità pratiche.

All’azione militare e di governo, Paoli affiancò un’intensa opera di propaganda della causa della Corsica libera. Stimolò e seguì da vicino gli interventi pubblicistici dell’abate Gregorio Salvini, che a lui, nel 1764, dedicò la seconda edizione della Giustificazione della rivoluzione di Corsica, e promosse la pubblicazione del primo giornale isolano, voce ufficiale del governo, i Ragguagli dell’isola di Corsica (1760). Ma all’ammirazione e alla solidarietà per la causa corsa nell’Europa dei lumi (e anche tra gli insorgenti americani) molto contribuirono gli osservatori e i viaggiatori stranieri, e, più di tutti, il giovane letterato scozzese James Boswell che, reduce da un breve soggiorno che tre anni prima gli aveva fatto incontrare il generale, pubblicò nel 1768, alla vigilia del capitolo finale della rivolta, An account of Corsica, the journal of a tour to that island and memoirs of Pascal Paoli. Nell’isola, scrisse Boswell, c’era «a people actually fighting for liberty, and forming themselves from a poor inconsiderable oppressed nation, into a flourishing and independent state» (London 1762, p. 263), e Paoli, che con lui aveva discusso anche di storia, di religione e di letteratura classica, era «one of those men who are no longer to be found but in the lives of Plutarch» (ibid., p. 384).

Sancita con il trattato di Versailles (15 maggio 1768) la cessione della Corsica alla Francia, dopo che vani erano riusciti i tentativi del ministro degli Affari esteri Étienne François de Choiseul di far accettare a Paoli la protezione francese, il generale, che nessun appoggio concreto aveva ottenuto da alcuno Stato italiano o dall’Inghilterra, si trovò a fronteggiare da solo i nuovi e ben più agguerriti conquistatori. Iniziate in luglio le ostilità, vittorioso il 10 ottobre 1768 nello scontro di Borgo, nella primavera seguente il generale fu travolto dalla nuova offensiva francese, e sbaragliato, tra l’8 e il 9 maggio 1769, nella celebre battaglia di Ponte Nuovo. Ritiratosi a Corte, di fronte all’incalzare del nemico, scelse la via dell’esilio e il 13 giugno, raggiunto Porto Vecchio, s’imbarcò su di una nave inglese.

Arrivato a Londra in settembre, dopo una traversata dell’Europa (da Firenze a Mantova, e da Vienna all’Aja) che aveva trionfalmente confermato la sua popolarità, Paoli fu anche qui accolto calorosamente. Ricevuto in forma privata dal re Giorgio III, si vide assegnata una cospicua pensione che non mancò di attirargli le critiche di molti dei suoi antichi sostenitori. Attento a non inimicarsi il partito di governo e a conservare buoni rapporti con la parte dell’opposizione radicale ancora a lui favorevole, evitò di intromettersi nelle controversie del Paese che lo ospitava. Costantemente bene informato della situazione della sua isola, sebbene estraneo alle azioni antifrancesi talora promosse nel suo nome (così per la rivolta scoppiata nel Niolo nel 1774), sperò in un primo tempo che la Corsica avrebbe potuto trarre vantaggio da un rinnovato scontro tra Francia e Inghilterra, ma con il venir meno di ogni concreta prospettiva anche il suo prestigio politico si ridimensionò. Ben presto, peraltro, Paoli, che era divenuto un convinto ammiratore della costituzione inglese, si inserì appieno nel nuovo ambiente e strinse buoni rapporti con l’aristocrazia inglese. Presentato dall’amico Boswell al celebre intellettuale Samuel Johnson, fu ammesso al Literary Club e alla Royal Society, ed entrò in contatto con gli ambienti letterari e artistici della capitale: conobbe il poeta Oliver Goldsmith, il pittore Joshua Reynolds, l’attore David Garrick, e si legò in particolare al miniaturista e ritrattista Richard Cosway (autore di un celebre ritratto del generale nel 1784) e alla di lui moglie Maria Hadfield Cosway, pittrice e musicista, nei confronti della quale nutrì fino ai suoi ultimi anni una tenera amicizia. Dal 1778 fece anche parte della loggia massonica delle Nove Muse creata a Londra dal veneziano Bartolomeo Ruspini.

Scoppiata la rivoluzione in Francia, il 30 novembre 1789 l’Assemblea nazionale costituente, su proposta del deputato corso Cristoforo Saliceti, dichiarò la Corsica parte integrante del territorio nazionale e al tempo stesso autorizzò il rientro dall’esilio dei corsi che avevano combattuto per la libertà. Arrivato a Parigi il 3 aprile 1790, Paoli fu accolto con grandi onori e ricevuto dal governo e dal sovrano. Il 22 fu presentato all’Assemblea nazionale. Sbarcato in Corsica il 14 luglio, e accolto in maniera trionfale, in settembre, dall’Assemblea di Orezza, fu eletto presidente del Consiglio generale del dipartimento e comandante delle guardie nazionali (cumulando così, in maniera irregolare, potere civile e potere militare). Convinto fautore della costituzione civile del clero, che aveva ai suoi occhi il merito di ridurre drasticamente la popolazione ecclesiastica dell’isola, nel maggio 1791 convocò a Bastia l’assemblea elettorale che doveva designare il nuovo vescovo e represse con energia i tumulti scoppiati in città ai primi di giugno a sostegno del vescovo refrattario. Riconfermato nel settembre 1791 sia alla testa del Consiglio generale sia al comando delle guardie nazionali, estraneo alle elezioni per l’Assemblea legislativa francese svoltesi poco dopo, nel periodo seguente Paoli, preoccupato per la radicalizzazione della rivoluzione, rimase in disparte. Intanto, coprendosi spesso col nome del generale, attorno a Saliceti, già alla testa dell’amministrazione dipartimentale ed eletto nel settembre 1792 alla Convenzione, si andava costruendo un nuovo centro di potere ben collegato con i circoli giacobini del continente.

Risoltasi in un fiasco, agli inizi del 1793, la spedizione per la conquista della Sardegna, promossa dalle autorità centrali e appoggiata dalla municipalità di Marsiglia con l’invio di alcune migliaia di turbolenti volontari, la responsabilità del fallimento fu addossata a Paoli, che non aveva potuto raccogliere più di mille e ottocento uomini, e che già dalla fine dell’anno precedente era bersaglio delle società popolari di Tolone e di Marsiglia. Cresceva al tempo stesso a Parigi il malanimo contro la Corsica, cui a ragione si imputava di contribuire in troppo scarsa misura alle finanze della Repubblica: il 7 febbraio 1793 la Convenzione nominò tre deputati (e fra questi Saliceti) per verificare la situazione nell’isola, e il 2 aprile, senza attendere il ritorno dei suoi inviati, decretò la destituzione di Paoli intimandogli di presentarsi all’Assemblea. Consumatasi la rottura tra il generale e gli inviati di Parigi, dopo una prima risposta alle accuse mossegli, a fine maggio Paoli promosse la Consulta di Corte che, rinnovando la fiducia al ‘padre della patria’, dichiarò decaduti i tre deputati e sospeso il decreto del 2 aprile. Dopo alcune incertezze, la Convenzione, ormai dominata dalla Montagna, rispose il 17 luglio 1793 cassando tutte le delibere della Consulta di Corte e mettendo fuori legge Paoli come traditore della Repubblica.

A questo punto, il generale avviò a fine luglio i primi contatti con gli inglesi padroni del porto di Tolone, e nel gennaio 1794 s’incontrò con il rappresentante del governo di Londra, sir Gilbert Elliot. A capo di una Corsica di fatto nuovamente indipendente, Paoli concordò con le forze britanniche le operazioni congiunte che nell’estate portarono alla completa evacuazione delle truppe francesi, e dalla Consulta generale convocata il 10 giugno 1794 a Corte fece approvare una costituzione monarchica che poneva l’isola sotto la sovranità del re d’Inghilterra. Nell’ottobre seguente Elliot ebbe la nomina a viceré. Privo di un ruolo istituzionale nel regno anglo-corso, ma sempre forte di un grande prestigio, contrario al sostegno assicurato alla fazione realista incrementata dal ritorno di molti emigrati, Paoli si attirò la crescente ostilità del viceré, e questi ottenne che al vecchio generale arrivasse da Londra l’invito a lasciare l’isola. Il 14 ottobre 1795 Paoli riprendeva la via della Gran Bretagna.

Molto diverso dal primo, fu il secondo esilio inglese. Ammesso nel 1800 alla Loggia del principe di Galles, ma non più preso in considerazione dal governo britannico, amorevolmente sostenuto da Madame Cosway, che nel 1803 avrebbe lasciato Londra, ma privato dell’appoggio degli amici Boswell e Johnson ormai scomparsi, Paoli visse i suoi ultimi anni molto appartato. Continuò sino alla fine a interessarsi alla sua Corsica, e alla Francia in cui l’isola si era ormai integrata, apprezzò l’opera pacificatrice del primo console, ma alla proposta fattagli pervenire da Bonaparte di rientrare in patria a patto di giustificare la sua condotta nel 1793, oppose un netto rifiuto. «Io son troppo vecchio – scrisse il 4 settembre 1802 all’amica Cosway che era stata tramite con il cardinale Joseph Fesch – per attentare di fare uno Sbozzo istorico della mia amministrazione, ed ho anche una buona dose d’orgoglio per credere che mi sia necessaria qualunque apologia. Ho succhiato l’amore della libertà col latte» (P. P. à Maria Casway..., 2003, p. 156).

Morì a Londra il 5 febbraio 1807.

Paoli fu sepolto nel cimitero della vecchia chiesa di Saint Pancras che all’epoca accoglieva i non appartenenti alla Chiesa d’Inghilterra. Nel testamento redatto tre anni prima, a conferma di una preoccupazione che lo aveva accompagnato tutta la vita, aveva, tra l’altro, disposto un lascito per garantire un maestro di scuola a Morosaglia e quattro professori a Corte, quando fosse riaperta l’università. Nel 1889, a seguito di un’iniziativa promossa dalla municipalità di Morosaglia e fatta poi propria dal Consiglio dipartimentale, i resti del generale furono riesumati e trasportati in Corsica per trovare definitiva dimora nel giardino della casa natale.

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