Partito operaio socialdemocratico russo

Dizionario di Storia (2011)

Partito operaio socialdemocratico russo


(POSDR, Rossijskaja Social-Demokratičeskaja Rabočaja Partija) Partito politico russo, attivo tra il 1898 e il 1917. Dopo un periodo di gestazione che aveva visto la nascita di gruppi quali Emancipazione del lavoro (i cui maggiori leader erano G.V. Plechanov e P. Axelrod) e l’Unione di lotta per l’emancipazione della classe operaia (diretta da Lenin), il POSDR fu fondato a Minsk nel marzo 1898, nell’intento di unificare le diverse correnti del socialismo russo. Al Congresso parteciparono come delegati sei esponenti dei comitati locali (di Mosca, San Pietroburgo, Kiev ed Ekaterinoslav), due del gruppo della Rabočaja Gazeta («Giornale operaio») e tre del Bund promotore, oltre al padrone di casa, il ferroviere Rumjancev; non poterono invece partecipare dirigenti quali Struve (che pure ne redasse il manifesto), Plechanov e Axelrod (in Svizzera), Lenin e Martov (deportati in Siberia). La repressione zarista peraltro colpì il POSDR già al congresso costitutivo, in cui la maggior parte dei delegati venne arrestata. Nel 1900 Lenin diede vita al giornale Iskra («La scintilla»), attorno a cui iniziò ad aggregare i quadri più critici verso le impostazioni economiciste e gradualiste. Col 2° Congresso, che si tenne tra Bruxelles e Londra nel 1903, il POSDR precisò la sua fisionomia, ma si divise in due frazioni: quella bolscevica (➔ ) – dal russo bol´ševik «maggioritario» –, guidata da Lenin, favorevole all’opzione rivoluzionaria, e quella menscevica – dal russo men´ševik «minoritario» –, facente capo a J. Martov, fautrice di uno sviluppo graduale della società russa e dello stesso movimento socialista. Le due concezioni del processo rivoluzionario si riflettevano anche in due diverse visioni del partito, visto dai bolscevichi come una forza omogenea e compatta, formata da «rivoluzionari di professione», e dai menscevichi come una forza politica simile ai partiti socialisti occidentali. In occasione della rivoluzione del 1905 le divergenze si accentuarono: per i bolscevichi gli operai e i contadini poveri dovevano prenderne la direzione, mentre i menscevichi erano più favorevoli al consolidarsi di una fase democratico-borghese. Le linee di frattura all’interno del POSDR riguardavano anche il rapporto tra i vertici, perlopiù in esilio all’estero, e la gran parte dei militanti e dei quadri intermedi, impegnati nell’attività clandestina nella Russia zarista e in particolare nella costruzione di cellule del partito nelle fabbriche e nei quartieri operai. Il POSDR comunque boicottò le elezioni per il primo Parlamento russo (1906), partecipando invece alla seconda Duma (1907). Intanto il 5° Congresso (1907), di nuovo a Londra, consolidò l’egemonia dei bolscevichi all’interno del partito. Con la Conferenza di Praga (genn. 1912), largamente egemonizzata dai bolscevichi, si decise di pubblicare un nuovo giornale, la Pravda, che iniziò a uscire a maggio, di escludere dal partito coloro i quali rinunciavano all’ipotesi rivoluzionaria e di cambiare il nome del partito in Partito operaio socialdemocratico russo (bolscevico). Quanto al programma, si stabilirono tre obiettivi fondamentali: la repubblica democratica, la giornata lavorativa di 8 ore e la confisca delle terre dei latifondisti. I menscevichi, dal canto loro, non riconobbero la legittimità della Conferenza, e continuarono a presentarsi come i veri prosecutori dell’esperienza del POSDR. La scissione tra i due spezzoni del socialismo russo era ormai definitiva, e la doppia rivoluzione del 1917 la avrebbe di lì a poco confermata.

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