Partito democratico

Dizionario di Storia (2011)

Partito democratico (Democratic party)


Partito democratico

(Democratic party) Partito politico statunitense, di orientamento progressista. È uno dei due partiti, insieme al Partito repubblicano, che si sono alternati alla guida del Paese. Creato da T. Jefferson nel 1792 in opposizione al Partito federalista, con il nome di Partito democratico-repubblicano, fu espressione dei piccoli coltivatori, degli operai e dei radicali, avendo come programma un certo livellamento sociale e l’estensione dei diritti politici attraverso l’autonomia degli Stati, sui quali più diretta era l’azione della volontà popolare. Conquistata con Jefferson la presidenza degli Stati Uniti (1800), il Partito democratico-repubblicano rimase al potere fino al 1825. Intanto gli interessi industriali e finanziari promovevano la formazione di un’ala conservatrice, che infine se ne separò (1828-29), mentre i progressisti guidati da A. Jackson riorganizzavano il partito su un programma più radicale, dandogli l’odierna denominazione. Esso però difendeva anche gli interessi degli agrari del Sud, contrari al protezionismo industriale, e passò sotto il loro controllo; la dottrina dei «diritti degli Stati» costituì così la difesa dello schiavismo. Il partito perse dunque prestigio e si scisse nelle elezioni presidenziali del 1860, in cui i democratici del Sud e quelli del Nord presentarono due diversi candidati. Nel 1876 il partito ottenne la maggioranza alla Camera dei rappresentanti, quindi assorbì il Partito radicale (1896), il che provocò la defezione dei gruppi più conservatori. Tra il 1860 e il 1912 fu eletto un solo presidente democratico, S.G. Cleveland, per due mandati (1885-89 e 1893-97). Riconquistato il potere nel 1912 con T.W. Wilson, il P.d. lo perse nuovamente nel 1920. Nel 1932 F.D. Roosevelt, con un programma di «nuovo corso» (New deal) economico e sociale, portò nuovamente al potere i democratici, guidando il Paese attraverso la Seconda guerra mondiale e consolidando l’alleanza antifascista internazionale. Il suo successore H.S. Truman, presidente tra il 1948 e il 1952, fu invece tra gli artefici degli inizi della Guerra fredda. L’attenzione del partito verso lo stato sociale e i diritti delle minoranze prese forza nell’imponente programma sociale della breve presidenza di J.F. Kennedy, eletto (1960) con la più alta affluenza alle urne fino ad allora mai verificatasi negli USA. Dopo l’assassinio di Kennedy, le politiche  di sostegno ai diritti delle minoranze furono realizzate dall’amministrazione di L.B. Johnson che, durante il suo mandato (1963-68), lanciò la parola d’ordine della «grande società», varò importanti riforme sociali e la legislazione sui diritti civili dei neri che Kennedy non era riuscito a condurre in porto. La guerra del Vietnam provocò tuttavia divisioni profonde nel partito, e nei primi anni Settanta prevalse l’ala pacifista; i democratici riconquistarono la presidenza solo nel 1976 con J.E. Carter, con il massiccio contributo degli afroamericani. Nel 1980 la vittoria di R. Reagan evidenziò il passaggio al Partito repubblicano del tradizionale elettorato democratico conservatore del Sud, nonché di quello cattolico del Nord. Nel 1984, in vista delle presidenziali, la novità venne dal sindaco di Chicago, il pastore battista nero J. Jackson, che, pur senza speranze di ottenere la nomination, conquistò afroamericani e ispanici con un forte programma di riforme. Nel 1992 W.J. Clinton, che già come presidente del Democratic leadership council, un gruppo moderato all’interno del P.d., aveva contribuito a ridisegnare la strategia del partito, conquistò non solo la presidenza, ma anche il Congresso, recuperando gli elettori centristi con un programma che accoglieva diverse idee repubblicane. Clinton vi aggiunse importanti aperture come il progetto per l’assistenza sanitaria a tutti i cittadini (poi non realizzato) e l’appoggio alle istanze delle minoranze e delle donne. Nel 1996 Clinton ottenne il suo secondo mandato presidenziale, ma la guerra contro la Federazione iugoslava e alcuni scandali minarono la sua credibilità. Negli anni seguenti, il P.d., sempre più diviso tra le due sue componenti, la centrista clintoniana e quella liberal, privo di una strategia politica coerente, ha fallito per uno scarto minimo di voti la corsa alla presidenza nel 2000 con A. Gore e poi, nel 2004, con J. Kerry. Nelle elezioni di medio termine del 2006, favorito dal calo di popolarità del presidente G.W. Bush causato dalla guerra in Iraq, dopo dodici anni il P.d. ha riconquistato il controllo del Congresso e il governo della maggioranza degli Stati. Nel 2008, dopo l’aspra battaglia per la nomination svoltasi tra B. Obama e Hillary Clinton, il P.d. ha conquistato la guida del Paese, col primato di eleggere il primo presidente afroamericano nella storia degli Stati Uniti. Obama ha peraltro avviato una significativa riforma sanitaria (marzo 2010) che, pur con un compromesso rispetto al progetto iniziale, è tesa a dare al popolo statunitense la possibilità di scegliere l’assistenza pubblica, riorganizzandone la struttura. Alle elezioni di medio termine tenute nel nov. 2010 il P.d. ha subito una netta sconfitta, perdendo la maggioranza al Congresso.

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