Parassita

Universo del Corpo (2000)

Parassita

Rosadele Cicchetti
Antonio Sebastiani
Giorgio Quaranta

Si definisce parassita (dal greco παράσιτος, composto di παρά, "presso", e σῖτος, "cibo") un organismo o un'entità biologica che vive a spese di un altro organismo di specie diversa, detto ospite, utilizzandolo come propria nicchia ecologica e affidandogli, in parte o totalmente, il compito di regolare i rapporti di entrambi con l'ambiente esterno. La parassitologia clinica è quella branca della medicina che studia la simbiosi antagonista della specie umana con Protozoi, Insetti e Vermi in grado di produrre un danno nell'ospite; in altri termini, si occupa delle patologie che conseguono all'associazione con animali sia unicellulari sia multicellulari, costituendo, nel loro insieme, il grande capitolo delle malattie parassitarie. Queste rappresentano un problema di rilevanza planetaria, essendo causa, o importante concausa, di oltre 4-5 milioni di decessi ogni anno.

Aspetti biologici

di Rosadele Cicchetti


1.

Meccanismi di azione

Vi sono ectoparassiti, che vivono sulla superficie dell'ospite (per es. i pidocchi), ed endoparassiti delle cavità corporee o dei tessuti, sia nell'ambiente extracellulare sia in quello endocellulare. Il parassitismo è detto facoltativo quando la specie parassita è capace di condurre anche vita libera (come, per es., alcune amebe che vivono solitamente libere negli stagni di acqua dolce e divengono parassite se penetrano nel cervello) ed è invece detto obbligatorio, se essa dipende completamente dall'ospite. Una forma particolare è il parassitismo cosiddetto sociale, quale quello 'del nido', in cui l'uccello parassita sostituisce un uovo dell'ospite con uno proprio e glielo fa covare; dopo la schiusa, l'intruso scaccia dal nido i pulcini dell'ospite e si appropria di tutto l'alimento portato al nido da questo. La maggior parte dei parassiti è ospite-specifica: la loro anatomia e morfologia, il loro metabolismo e la loro storia biologica sono adattati specificamente a quelli dell'ospite o degli ospiti. Alcuni endoparassiti richiedono infatti più di un ospite per completare il proprio ciclo riproduttivo e passano attraverso parecchie fasi larvali. Tutti gli organismi, compresi i parassiti stessi, sono suscettibili di essere parassitati. Gli animali possono ospitarne un'ampia gamma: virus, batteri, funghi, Protozoi e altri animali, quali Vermi (filarie e tenie) e Insetti (pulci, acari, pidocchi e zecche). La maggior parte degli organismi ospita diverse specie simultaneamente (gli Uccelli fino a 20 diverse). Benché i parassiti siano per definizione patogeni, anche se talora solo potenzialmente, non sempre danneggiano in modo rilevante l'ospite. In particolare, ne causano la morte soltanto dopo essersi sviluppati o moltiplicati; la morte dell'ospite, infatti, sarebbe un danno per il parassita stesso, che perderebbe la sua fonte di sostentamento.

Spesso nel corso dell'evoluzione si è stabilito tra due specie un equilibrio biologico, con la progressiva eliminazione delle varianti più virulente del parassita e di quelle più sensibili dell'ospite, per assicurare la sopravvivenza, l'accrescimento e la propagazione dell'uno e dell'altro. I rapporti tra parassita e ospite risultano determinati sia dalle caratteristiche del parassita, sia dai vari meccanismi messi in atto dall'ospite per opporsi a esso. Tra le proprietà di un parassita vi sono l'infettività, intesa come capacità di penetrazione, fissazione e moltiplicazione nell'ospite, e la patogenicità. La penetrazione, il trasferimento negli organi specifici e l'uscita della progenie dall'ospite per infettare altri organismi sono momenti cruciali nel ciclo di vita del parassita e comportano una serie di adattamenti in rapporto alla specie ospite. Se un parassita colonizza due o più specie di ospiti collegati da catene alimentari, o viventi in ambienti più o meno comunicanti, la penetrazione nell'ospite definitivo risulta particolarmente agevolata se il suo habitat coincide con quello dell'ospite intermedio. Quando i due habitat si sovrappongono solo parzialmente, il parassita può indurre alterazioni nel comportamento dell'ospite intermedio per costringerlo a spostarsi nell'area dell'ospite definitivo. Penetrato in quest'ultimo, il parassita deve riprodursi e permettere alla sua progenie di colonizzare altri ospiti. Per rendere più efficienti i processi riproduttivi sono state sviluppate diverse strategie, quali l'ermafroditismo che, grazie alla presenza nello stesso individuo di organi genitali maschili e femminili, consente a un singolo individuo di autofecondarsi, e la neotenia, ossia il raggiungimento della maturità sessuale già durante lo stadio larvale, che consente di accorciare i tempi del ciclo vitale e di aumentare i tassi riproduttivi. L'esaltazione della funzione riproduttiva può portare, inoltre, a uno spiccato dimorfismo sessuale (in alcuni Nematodi parassiti il maschio misura poche decine di millimetri, mentre la femmina gravida può superare il metro di lunghezza) o alla produzione di un numero enorme di uova per aumentare la probabilità che ne sopravvivano almeno alcune.

L'uscita delle uova dall'ospite rappresenta un momento importante nel ciclo di vita di tutti i parassiti, essendo essenziale per l'infezione di nuovi ospiti. Può aver luogo attraverso le feci, come in molti parassiti intestinali, o mediante la deposizione di uova nella zona perianale, favorendo in tal modo l'autoinfestazione, o per via orale, tramite la saliva, o per via urogenitale. Se il parassita o le sue uova non vengono trasmessi attraverso un vettore (v. contagio), esso deve anche affrontare il problema della sopravvivenza nell'ambiente esterno fino al momento in cui si verifica il contatto con l'ospite. La patogenicità del parassita è definibile come la capacità di danneggiare una determinata specie ospite. L'infezione patogena può esplicarsi anche attraverso azioni traumatiche, meccaniche, infiammatorie o tossiche. L'ospite reagisce all'azione del parassita variamente, per es. con la produzione di anticorpi o l'incapsulamento del parassita, come avviene nella formazione delle perle a opera dei bivalvi perliferi. Vari autori hanno sottolineato l'importanza della virulenza intrinseca di un parassita, che dipende soprattutto dalla sua velocità di riproduzione: durante un'infezione vi è spesso una gara tra la velocità di moltiplicazione del parassita e quella di formazione degli anticorpi. Alcuni ospiti oppongono un'immunità naturale, che può avere varie cause ed essere influenzata dalla costituzione genetica dell'ospite, come accade per la resistenza all'infezione da parte del plasmodio della malaria, o un'immunità acquisita, indotta specialmente dai parassiti che vivono nel sangue e nei tessuti, e spesso elusa per la facilità con cui i parassiti cambiano la loro struttura antigenica superficiale.

2.

Evoluzione del parassitismo

L'interazione tra parassita e ospite svolge un ruolo importante nel mantenere in natura l'equilibrio tra le due popolazioni, condizionandone la composizione genetica in una coevoluzione ospite-parassita: nella popolazione ospite, la frequenza di un gene che induce resistenza cresce in seguito a un aumento della pressione selettiva del parassita, che porta all'eliminazione degli ospiti più recettivi. È per questo motivo che l'introduzione di nuovi parassiti virulenti in una popolazione non immune può provocare grandi epidemie. La pressione selettiva delle parassitosi, che ha condizionato la composizione genetica di intere popolazioni umane, attualmente sta diminuendo grazie alle terapie, alla profilassi e alla lotta contro i vettori. La mancanza di scheletro e di parti resistenti nei parassiti che più interessano l'uomo (Protozoi e Vermi) non ha consentito di accumulare un gran numero di reperti paleontologici. È tuttavia convinzione comune che gli attuali parassiti derivino da forme ancestrali a vita libera, che si sono adattate in epoche più o meno recenti al parassitismo, sfruttando fenomeni di preadattamento che potessero facilitare la loro sopravvivenza nel nuovo ambiente. Per es., alcune specie di Protozoi e di Nematodi intestinali hanno potuto sopravvivere all'ambiente sfavorevole dello stomaco e raggiungere l'intestino crasso, grazie alla presenza nella vita libera di una resistente fase cistica.

Rispetto alle forme ancestrali, i parassiti sono privi di alcune strutture di cui sono dotate le forme a vita libera, perché vivendo all'interno di un altro organismo non devono andare in cerca di alimento o di riparo: può essere assente la bocca o l'apparato digerente, come nei Cestodi, o si può osservare una progressiva atrofia degli organi di movimento utili agli animali a vita libera.

Si sono invece evolute strutture che rendono gli organismi adatti all'esistenza parassitaria, quali quelle che permettono di mantenere il contatto con gli ospiti (per es. la Taenia solium aderisce all'intestino umano con quattro ventose e un rostello armato di uncini) o di muoversi nei fluidi organici, come si osserva nei Protozoi, parassiti intestinali dotati di flagelli. La parassitologia comparata ha dimostrato che la specificità di un parassita per il suo ospite è spesso direttamente correlata con l'antichità della simbiosi, in quanto nel tempo il parassita si è specializzato al punto di non potersi adattare ad altre specie. Probabilmente solo pochi tra i parassiti altamente specifici (plasmodi malarici, pidocchi, ossiuri e forse Taenia solium) hanno accompagnato l'uomo nel corso dell'evoluzione fin dagli stadi preumani. La maggior parte dei parassiti attuali sono stati acquisiti in tempi più recenti da animali selvatici e soprattutto da quelli domestici, e l'incidenza delle parassitosi si è accresciuta a causa dell'addensarsi delle popolazioni nelle comunità agricole. Se è vero che l'incontro tra ospite e parassita è facilitato da coincidenze di tipo ecologico, occorre aggiungere che nel corso dell'evoluzione i parassiti hanno sviluppato schemi comportamentali sempre più specifici per facilitare questo incontro: allo sviluppo di tali schemi si ricollegano i ritmi periodici dei parassiti. La femmina di un verme intestinale, per es., scende di notte dall'intestino per andare a deporre le uova in zona perianale, facilitando la reinfestazione dell'ospite. In modo analogo il parassita può sincronizzare il suo ciclo riproduttivo con quello dell'ospite, come accade per certe pulci che vivono sulle orecchie dei conigli, e che si accoppiano e depongono le uova quando una coniglia diventa gravida: l'attività riproduttiva delle pulci viene indotta dagli ormoni presenti nel sangue della coniglia gravida, assunti dalle pulci succhiando il sangue, e il sincronismo nei cicli consente ai nuovi nati delle pulci di trasferirsi e stabilirsi sulle orecchie dei conigli neonati.

Malattie parassitarie

di Antonio Sebastiani e Giorgio Quaranta


1.

Caratteri generali

Il parassitismo obbligato può essere definitivo oppure ciclico (o periodico). Del primo caso, in cui il parassita dipende dall'ospite in modo permanente, sono esempio gli ossiuri e i pidocchi del capo; del secondo gli Ascaridi e gli Anchilostomi, che compiono le prime fasi dello sviluppo larvale nel terreno. Quest'ultimo tipo di parassitismo è detto temporaneo se il contatto con l'ospite avviene per breve periodo, evenienza rappresentata dalle zecche che rimangono adese solo per l'assunzione del pasto ematico, per poi tornare a vivere liberamente nell'ambiente. Esempio di patologie determinate da parassiti facoltativi, che vivono liberi nell'ambiente ma, se vengono in contatto con l'uomo, penetrano e si moltiplicano causando malattia, sono le meningonevrassiti, causate dai Protozoi acquicoli del genere Naegleria negli individui immunocompetenti e Acanthamoeba nei soggetti immunodepressi. I parassiti che compiono l'intero ciclo vitale in un solo ospite sono detti monoxeni (per es. Ancylostoma duodenale), mentre quelli che si sviluppano in due o più ospiti di specie distinte sono definiti rispettivamente dixeni (per es. plasmodi della malaria umana nell'uomo e nelle zanzare) e polixeni (per es. il botriocefalo con la sequenza crostaceo-pesce-uomo).

Si intende per ospite definitivo quello nel quale il parassita compie la fecondazione e per ospite intermedio quello o quelli ove si svolgono le fasi larvali: per es. l'uomo è l'ospite definitivo per i geoelminti e per Taenia solium, mentre costituisce l'ospite intermedio per Echinococcus granulosus. Molti Insetti trasmettono Protozoi e Metazoi, assumendo il ruolo di vettori meccanici, come le mosche verso Entamoeba histolytica, o di vettori ciclici, nei quali il parassita compie una fase di sviluppo che lo rende infettivo per l'uomo: questa seconda situazione viene realizzata dalle anofeline per i plasmodi malarici (v. malaria), dalle mosche tse-tse per i tripanosomi africani, da alcune zanzare per alcune filarie, dai flebotomi per le leishmanie. I vettori attivi con carattere ciclico hanno perfezionato un apparato buccale che consente l'assunzione del sangue dai capillari e l'immissione nei tessuti e nel sangue dei parassiti. Un notevole rilievo assumono le antropozooparassitosi, provocate da tutti quegli agenti trasmissibili all'uomo dagli animali, che ne rappresentano il serbatoio in natura, come accade nelle leishmaniosi che presentano riserve nei Canidi e nei Roditori e vengono trasmesse all'uomo da Insetti ematofagi, i flebotomi. Molte antropozoonosi sono determinate dal consumo di carni, di crostacei e di pesci crudi o poco cotti, come si verifica nel caso di alcune distomiasi con percorso pesce-uomo e delle teniasi assunte con la carne bovina (Taenia saginata), suina (Taenia solium) oppure con il pesce (botriocefalo).

I parassiti sono in grado di produrre un danno nell'ospite umano in base a una o più capacità lesive geneticamente codificate. L'espressione fenotipica di tale potenzialità costituisce la virulenza. Patogenicità e virulenza sono in rapporto con molte proprietà dei parassiti, quali: velocità di moltiplicazione; espressione di adesine che consentono l'adesione e la penetrazione negli organi, tessuti e cellule bersaglio (per es. lectine di Entamoeba); entità della carica parassitaria con conseguenze sul consumo energetico dell'ospite (per es. l'elevata parassitemia da plasmodi); emissione di sostanze tossiche (per es. l'endotossina di Plasmodium falciparum); disturbi meccanici (per es., la compressione da cisti idatidea e l'occlusione intestinale da matasse di Ascaridi); azione traumatica (per es., le lesioni della mucosa digestiva da tricocefalo, anchilostoma e Strongyloides stercoralis); secrezione di enzimi e sostanze citonecrotici (come nel caso di Entamoeba histolytica). I parassiti possono interferire con i meccanismi difensivi dell'ospite in diversi modi: sviluppo in ospiti giovani con sistema immunitario immaturo (toxoplasmosi fetale); assorbimento, interiorizzazione e digestione di anticorpi (per es. Entamoeba histolytica); brevità del contatto con l'ospite definitivo grazie allo sviluppo larvale in ospiti intermedi (alcuni distomi); barriere meccaniche (cisti di Toxoplasma gondii); insediamento in tessuti segregati dal circuito immunitario (Fasciola nelle vie biliari); mutazioni continue negli antigeni di superficie (tripanosomi africani); adsorbimento in superfici di proteine 'mascheranti' dell'ospite (schistosomi); effetto immunosoppressivo (schistosomi); produzione di antienzimi (i cestodi contro la tripsina nel lume intestinale).

I rapporti tra parassiti e ospite sono complessi e trovano riscontro in quei caratteri genetici che contribuiscono a limitare la penetrazione, la vitalità e la moltiplicazione del parassita. Nell'uomo la carenza di una glicoproteina di superficie dei globuli rossi impedisce l'adesione di Plasmodium vivax, la sferocitosi dei papua della Melanesia ostacola la penetrazione di Plasmodium falciparum nei globuli rossi, anomalie emoglobiniche (emoglobina S) o carenze di enzimi eritrocitari (glucosio-6-fosfatodeidrogenasi) limitano la moltiplicazione dei plasmodi e, infine, variazioni molecolari del fattore di necrosi tumorale, una proteina naturale con attività antitumorale, possono aggravare o attenuare la terzana maligna. Anche i meccanismi che presiedono alla resistenza verso leishmanie, filarie e schistosomi presentano carattere genetico. I processi immunitari risultano fondamentali nel modulare gli effetti negativi di una parassitosi e nel conferire difesa verso le reinfezioni-reinfestazioni. Ciò accade con maggiore evidenza per quegli agenti che vivono nel sangue e nei tessuti, ma i processi immunitari controllano anche i parassiti endoluminali, quali gli elminti intestinali. I meccanismi operativi abbracciano sia la branca umorale (anticorpi) sia quella cellulare (linfociti T; v. immunità).

Nella maggioranza delle parassitosi l'immunità difensiva viene acquisita in natura lentamente, limitata al controllo delle nuove reinfezioni-reinfestazioni (immunità concomitante, semimmunità) e risulta incompleta e temporanea. Prodotti del parassita sono responsabili dell'insorgenza di momenti autoimmunitari, rappresentati da fenomeni quali l'allergia nella idatidosi, nell'ascaridiasi e nella trichinosi, oppure la deposizione di complessi immuni a livello dei glomeruli renali nella malaria e nella schistosomiasi. L'autoimmunità giustifica, in tutto o in parte, malattie quali per es. la sindrome polmonare di Loeffler nell'ascaridiasi, l'edema del Calabar nella filariosi Loa-Loa, la cardiopatia nella tripanosomiasi americana (malattia di Chagas), le lesioni cerebrali nelle tripanosomiasi africane e, ancora, l'endocardite fibroplastica di Loeffler, le alterazioni neurologiche e l'eosinofilia polmonare tropicale attribuite alle filarie. Il ruolo dell'immunità nei processi difensivi trova una conferma in negativo osservando quanto accade nell'AIDS, la più classica e frequente immunodeficienza che comporta un'alta morbosità con elevata letalità, sostenuta da alcuni parassiti, tra i quali, per es., Toxoplasma gondii, leishmanie, Pneumocystis carinii (ammesso che si tratti di un protozoo), Cryptosporidium parvum. Si tratta di parassitosi che assumono l'aspetto opportunistico ed evolvono in modo grave, recidivando dopo la pur appropriata e intensa chemioterapia. Sulle immunodeficienze incidono significativamente anche le meningonevrassiti da Naegleria, le enteriti infrenabili da isospora, da Sarcocystis e da microsporidi.

2.

Malattie da Protozoi

Oltre alla malaria, malattia parassitaria che è causata da quattro distinti Protozoi del genere Plasmodium (ovvero, falciparum, vivax, ovale, malariae), trasmessi all'uomo attraverso la puntura di zanzare del genere Anopheles, le principali forme da Protozoi sono quelle di seguito indicate.

a) Amebiasi. È una malattia sostenuta dal protozoo Entamoeba histolytica, che viene trasmesso per via fecale-orale e si localizza nel grosso intestino, causando una proctocolite ulcerosa. Tale protozoo rientra tra gli agenti trasmessi sessualmente (anilinctus). Dopo un'incubazione di 1-2 settimane, l'affezione si manifesta con febbre moderata e con una sindrome dissenterica caratterizzata da frequente emissione di feci liquide o cremose, ove sono presenti mucopus e sangue, crampi addominali, tenesmo (spasmo doloroso dello sfintere anale), premito (sensazione continua di imminente defecazione). Spesso la sindrome regredisce spontaneamente in 2-3 settimane, ma può recidivare più volte se non adeguatamente trattata. Le complicanze principali sono rappresentate dalla perforazione del colon (peritonite) e dall'ascesso epatico amebico. La diagnosi di laboratorio si pone con la dimostrazione microscopica nelle feci di: 1) trofozoiti di amebe (del diametro di 15-20 μm, mobili per emissione di pseudopodo, mononucleate e contenenti globuli rossi fagocitati); 2) antigeni o sequenze nucleiniche specifiche del parassita; 3) forme cistiche di resistenza all'esterno del parassita (tonde, con diametro superiore a 10 μm, dotate di 4 nuclei) in fase di remissione e nelle possibili infezioni asintomatiche; 4) un livello di anticorpi sierici specifici di valore dimostrativo per amebiasi invasiva.

b) Lambliasi o giardiasi. È un'infezione fecale-orale, tipica dell'infanzia, presente in Italia nell'1-3% dei bambini in età scolare, sostenuta da Giardia intestinalis (detta in passato Lamblia intestinalis), protozoo che colonizza elettivamente nel duodeno e nell'intestino tenue prossimale. Nei soggetti immunocompetenti essa tende alla risoluzione spontanea, mentre negli individui immunocompromessi tende a cronicizzare, provocando una diarrea cronica debilitante. Rientra tra gli agenti trasmessi sessualmente. Nel soggetto normale l'infezione può decorrere asintomatica oppure in modo manifesto, caso in cui, dopo un'incubazione di circa 2 settimane, esordisce con dolori addominali vaghi e scariche diarroiche poltacee o liquide con presenza di muco. Il quadro clinico regredisce spontaneamente in 4-6 settimane. La diagnosi di laboratorio si basa sull'evidenziazione copromicroscopica delle forme vegetative e/o cistiche del parassita, oppure sulla dimostrazione dei suoi antigeni nelle feci. Più sensibile risulta la ricerca del parassita nel succo duodenale.

c) Criptosporidiosi. I Protozoi del genere Cryptosporidium sono ampiamente diffusi, tanto da provocare epidemie urbane, veicolate dalle reti idriche contaminate da materiale fecale umano o animale, che coinvolgono molte decine di migliaia di persone. Dopo circa 2 settimane di incubazione si manifesta una diarrea acquosa con crampi addominali e, incostantemente, vomito e/o febbre. Questa sindrome tende alla risoluzione spontanea. Nei pazienti immunocompromessi, in quanto affetti da AIDS o da α-γ-globulinemia congenita oppure sottoposti a terapia immunosoppressiva, la diarrea assume un andamento similcoleroso con grande perdita idrica ed elettrolitica, con l'aggravante che non sono disponibili trattamenti eziologici sicuramente efficaci.

d) Leishmaniosi. Queste malattie riconoscono la causa in diversi sierotipi e genotipi di Protozoi del genere Leishmania, con serbatoio elettivo nell'uomo stesso (Leishmania donovani in India), nel cane (Leishmania infantum nel bacino del Mediterraneo), nei Roditori (Leishmania aethiopica in Etiopia e Kenia). Ne sono vettori ciclici dei piccoli insetti alati ematofagi, i flebotomi e altri generi affini. In Italia vengono segnalate ogni anno alcune decine di casi autoctoni di forme cutanee e di forme viscerali in Toscana, nel Lazio, sulle costiere romagnola e marchigiana e nelle regioni meridionali. Le leishmaniosi vengono distinte in due forme fondamentali, quella viscerale e quella cutanea. La leishmaniosi viscerale, in Italia causata da Leishmania infantum, si manifesta con febbre molto irregolare, epatomegalia, splenomegalia progressiva (fino a un peso della milza di vari chilogrammi), progressiva anemia, leucopenia e piastrinopenia, con evoluzione verso la cachessia e l'esito letale nell'arco di alcuni mesi. L'eventuale omissione della diagnosi eziologica ha conseguenze gravi, in quanto Leishmania è insensibile ai comuni antibatterici e antiparassitari e richiede l'impiego intraospedaliero, oppure sotto stretta osservazione medica, di antimonio pentavalente e di amfotericina B. La diagnosi è basata sulla dimostrazione microscopica e/o colturale dell'agente in causa a partire dalla biopsia midollare, epatica o splenica. Nella leishmaniosi viscerale assume un prezioso significato assertivo la presenza di specifici anticorpi sierici antileishmania. La leishmaniosi cutanea è sostenuta da specie di Leishmania che variano in ragione dell'area geografica. Sulla cute esposta alla puntura dei flebotomi si forma lentamente una lesione unica consistente in un infiltrato nodulare, che raggiunge le dimensioni di un'oliva, scarsamente dolente, con tendenza alla regressione in esito cicatriziale. In Africa settentrionale si osserva che spesso la lesione attraversa una fase di ulcerazione (forma cutanea umida) prima della guarigione, mentre Leishmania aethiopica produce noduli multipli che si possono diffondere sul mantello cutaneo. Specie in quest'ultimo caso, è necessaria la chemioterapia con prodotti antimoniali per via generale. La conferma diagnostica si basa sull'evidenziazione microscopica del parassita, ottenuta per scarificazione del nodulo o, nelle forme ulcerose, dei margini dell'ulcera. La sierologia risulta invece negativa. Le forme mucocutanee sono riscontrabili esclusivamente nell'America tropicale e, colpendo anche le labbra, il palato, la mucosa nasale, sono passibili di evoluzione infausta.

e) Tripanosomiasi americana o malattia di Chagas. Si calcola che nelle zone rurali dell'America tropicale circa 20 milioni di individui siano parassitati dal Trypanosoma cruzi, veicolato da grosse cimici alate, le triatomine. Queste ospitano il tripanosoma in forma infettiva nell'intestino e, al momento di assumere il pasto ematico, lo depositano sulla pelle. Da qui il parassita guadagna i tessuti e i vasi attraverso microlesioni cutanee; sul punto di innesto può originarsi inizialmente una formazione nodulare (chagoma), che regredisce in poche settimane. Il tripanosoma tende a localizzarsi elettivamente nelle fibrocellule muscolari e nei gangli del sistema nervoso autonomo. La fase acuta, che si verifica in circa il 10% dei casi sintomatici e prevalentemente nell'infanzia, si manifesta clinicamente e in modo eclatante con febbre, epatosplenoadenomegalia e/o diarrea e/o interessamento miocardico fino al quadro dello scompenso cardiaco e/o di grave meningonevrassite; l'esito letale interessa circa un decimo dei pazienti. In una parte più esigua degli individui infetti, poi, il processo cronicizza e, a seguito del danno a carico dei miociti e dei plessi nervosi autonomi, emergono due diversi quadri clinici. Il primo è la cardiopatia chagasica, che rappresenta la più comune causa di insufficienza cardiaca nelle aree di endemia di Trypanosoma cruzi e si manifesta con scompenso cardiaco cronico, aritmie, embolie, morte improvvisa. Nelle zone geografiche colpite si tende a interpretare il blocco di branca destro come segno iniziale della cardiopatia. Specialmente tra i 25 e i 45 anni di età la prognosi riveste carattere di gravità. L'altro quadro clinico è quello della sindrome megalica, con megacolon (stitichezza ingravescente), megaesofago (disfagia), bronchiettasie (tosse, espettorato), dilatazione della vescica urinaria e degli ureteri (disturbi urinari, infezioni urinarie sovrapposte). La diagnosi eziologica si avvale della dimostrazione del tripanosoma direttamente nel sangue (esame microscopico previa colorazione, dimostrazione del genoma) o attraverso emocoltura. Nelle forme croniche la presenza del parassita nel sangue tende a negativizzarsi e assume significato la presenza degli anticorpi sierici.

f) Tripanosomiasi africane. Sono antropozoonosi rurali esclusive di alcune regioni africane determinate da Trypanosoma gambiense (Africa centrale e occidentale) e da Trypanosoma rhodesiense (Africa a est del 30° meridiano), con serbatoio nell'uomo stesso (Trypanosoma gambiense), nei bovini e nelle antilopi. I parassiti vengono trasmessi da mosche ematofaghe (glossine o mosche tse-tse); ogni anno si verificano circa 25.000 casi. La forma orientale, delle savane, provocata da Trypanosoma rhodesiense è la meno comune e decorre con febbre elevata e irregolare, epatosplenoadenomegalia, edema del volto, eruzioni cutanee, precoce interessamento neurologico (dopo poche settimane). Nei casi più gravi e acuti, specie nell'infanzia, il quadro si fa ipertossico, con febbre molto alta, compromissione miocardica ed esito infausto in meno di un mese.

La forma causata da Trypanosoma gambiense è la più frequente e inizia egualmente con febbre irregolare, epatosplenomegalia, più spiccata adenomegalia cervicale ed eruzioni cutanee, ma tende verso la cronicizzazione e la fase neurologica, che è dilazionata di vari mesi rispetto all'esordio. La polarizzazione cerebrale giustifica il sinonimo di 'malattia del sonno', in quanto, insieme con la febbre, il prurito cutaneo ossessivo e l'emaciazione, compare una sindrome letargica che, insieme con parestesie, spunti psicotici e paralisi, comporta l'esito fatale in pochi mesi. Costituisce criterio probante, per confermare il sospetto clinico, la dimostrazione dei tripanosomi o dei loro antigeni nel sangue periferico, nell'aspirato dei linfonodi cervicali e, nella fase di polarizzazione cerebrale, nel liquor.

g) Toxoplasmosi. È causata dal protozoo Toxoplasma gondii, parassita endocellulare obbligato, molto diffuso in natura. L'ospite definitivo è rappresentato dai cuccioli del gatto, mentre l'uomo è un ospite intermedio. Dopo la prima infezione, Toxoplasma gondii rimane latente nei tessuti (encefalo, muscolatura), perciò oltre il 50% degli adulti in Italia presenta gli anticorpi specifici nel siero. Sono note tre forme della malattia: la toxoplasmosi acquisita, la toxoplasmosi congenita, che comporta la fetoembriopatia toxoplasmica, e la toxoplasmosi opportunistica, che si manifesta negli individui immunocompromessi ed è causa frequente di morte nell'AIDS (forma generalizzata, neurotoxoplasmosi). Toxoplasma gondii è infettivo nella forma di oocisti (eliminate con le feci dai gattini), di cisti tessutali (contenute nel sistema nervoso e nei muscoli degli animali da carne e negli organi trapiantati da donatori sieropositivi) e di trofozoiti.

La via di trasmissione della toxoplasmosi acquisita può essere alimentare, che è la più comune (contaminazione da feci di gatti, manipolazione o ingestione di carne cruda o poco cotta), o parenterale, attraverso lesione dei tegumenti (contatto in laboratorio con materiali infetti), o emotrasfusionale o trapianto d'organo da donatore con parassitemia. Della toxoplasmosi acquisita sono note una forma linfoghiandolare, autolimitante, con febbre e adenomegalia, e una forma oculare (corioretinite). Contratta durante la gravidanza può causare aborto. L'infezione connatale e la conseguente toxoplasmosi congenita si verificano in Italia nel 2% dei nati vivi, e solo quando la gestante sia sieronegativa (non protetta) e subisca la prima infezione nel corso della gravidanza. Il neonato può presentare una grave forma acuta generalizzata, spesso letale o motivo di importanti lesioni cerebrali, oppure una forma subacuta-cronica, statisticamente prevalente, con calcificazioni cerebrali, idrocefalo, episodi di convulsioni e corioretinite. Inoltre, all'infezione connatale vengono riferiti quadri di corioretinite differiti, che si manifesteranno nell'infanzia e nell'adolescenza.

La diagnosi si ottiene mediante la dimostrazione della presenza del parassita in diversi materiali biologici proponibili, di volta in volta costituiti da citoaspirato, tessuto da biopsia, liquor cerebrospinale, umor acqueo oculare, liquido amniotico, sangue fetale (ricavato dal funicolo) e materiale di aborto, dove il parassita viene individuato direttamente o previa dimostrazione in coltura con la microscopia ottica o elettronica o con il rilevamento di antigeni o di acidi nucleici del toxoplasma. Nell'immunocompetente la sierologia costituisce il principale metodo diagnostico, eseguito mediante tecniche di ricerca degli anticorpi IgM presenti durante la fase acuta e degli anticorpi IgG contro diversi antigeni del protozoo.

h) Tricomoniasi. La tricomoniasi genitourinaria è sostenuta da Trichomonas vaginalis e costituisce un'infezione molto contagiosa trasmessa sessualmente. Si conosce il parassita solo allo stato di trofozoite, in quanto non è reperita la forma cistica di resistenza all'esterno, comune in molti Protozoi. La parassitosi ha carattere cosmopolita e mostra una prevalenza che in Italia interessa oltre il 5% delle donne postpuberi. Nell'uomo le infezioni asintomatiche rappresentano la grande maggioranza e solo raramente si genera un'uretrite subacuta con disuria e secrezione uretrale mucopurulenta. Nelle donne circa la metà delle infezioni è associata a una tenace vulvovaginite, con prurito, bruciore, perdite schiumose bianco-giallastre e, nel 20% dei casi, maleodoranti. La diagnosi si effettua mediante l'esame della secrezione, il cui pH in caso positivo è superiore a 4,5; dopo l'aggiunta di idrossido di potassio si sviluppa un intenso odore di pesce. L'esame microscopico del secreto, oltre a denotare numerosi leucociti neutrofili, consente di ottenere la certezza eziologica con l'identificazione dei trofozoiti del parassita, che si presentano ovali, mobili per la presenza di 4 flagelli anteriori e di una membrana ondulante, con assi di 10-25 e 7-8 μm.

i) Balantidiosi. È provocata da Balantidium coli, grosso protozoo ovale, il cui asse maggiore raggiunge gli 80 μm, ciliato e mobile, che dà luogo a cisti resistenti nell'ambiente esterno. Tipica antropozoonosi cosmopolita, trova il suo serbatoio naturale nel maiale e raggiunge l'uomo piuttosto raramente, tanto che i casi descritti in Italia non sono più di 50. Una volta ingerite, le cisti liberano i trofozoiti che si moltiplicano per alcune settimane nel colon, per poi essere naturalmente eliminate. In una minoranza di casi essi penetrano nella mucosa formando ulcerazioni e provocando un quadro dissenterico talora letale. La diagnosi di laboratorio è basata sulla ricerca microscopica dei trofozoiti nelle feci.

3.

Malattie da elminti

Il termine elminti non individua un gruppo zoologico ben definito, ma viene utilizzato per designare i vermi in genere, e più in particolare i vermi parassiti. Di seguito vengono descritte le principali malattie provocate da questi animali, che sono nella maggior parte dei casi Nematodi e Cestodi.

a) Schistosomiasi. Gli schistosomi sono parassiti dixeni che presentano un ciclo vitale complesso: l'uomo costituisce l'ospite definitivo ed elimina le uova con le feci (Schistosoma mansoni e japonicum) oppure con le urine (Schistosoma haematobium); se depositate in acque dolci con temperatura ottimale di 25-30 °C, le uova liberano il miracidio, primo stadio larvale, che a sua volta penetra in lumache acquicole (dei generi Bulinus, Biomphalaria e Oncomelania) e si sviluppa fino allo stadio di cercaria. Le cercarie fuoriescono dal mollusco e, nuotando, raggiungono la cute dell'uomo, che attraversano, entrando nel circolo ematico. Segue una migrazione nei polmoni e poi nel fegato, fino al raggiungimento dello stadio adulto, quando gli schistosomi assumono un aspetto cilindrico e raggiungono la lunghezza di circa 1 cm. A 4-10 settimane dalla penetrazione delle cercarie, gli adulti si uniscono in coppie maschio-femmina e raggiungono le sedi definitive, ove soggiorneranno alcuni anni (plessi venosi mesenterici per Schistosoma mansoni e japonicum e plesso venoso vescicale per Schistosoma haematobium) producendo una grande quantità di uova. Queste sono in parte eliminate attraverso microulcerazioni, rispettivamente, del colon e della vescica urinaria, ma rimangono in larga misura intrappolate localmente nella mucosa o negli organi filtro dei distretti venosi mesenterici (il fegato) o del plesso vescicale (il polmone). Intorno alle uova ritenute si organizza un processo reattivo-granulomatoso che esita invariabilmente in fibrosi.

Sono note due forme cliniche distinte, la forma intestinale e la forma urogenitale. La forma intestinale è provocata da Schistosoma mansoni e da Schistosoma japonicum, che dopo una fase di esordio con impronta tossinfettiva, dominata dalla febbre e da manifestazioni immunopatologiche (particolarmente intense e non raramente letali con Schistosoma japonicum), causano una sindrome dissenterica recidivante (simile a quella descritta per l'amebiasi) che comporta stabili alterazioni anatomiche e funzionali del tenue distale e del colon, con irregolarità dell'alvo, diverticolosi, pseudopoliposi. Nelle infestazioni di alto grado, dopo alcuni anni, si instaura una fibrosi epatica periportale (cirrosi di Symmers), con precoci manifestazioni di ipertensione portale (splenomegalia, varici emorroidarie ed esofagee, emorragie digestive). La forma urogenitale (o vescicale) da Schistosoma haematobium prende avvio con una serie di episodi di cistite emorragica che, con il passare del tempo e la complicità di infezioni batteriche sovrapposte, sfoceranno nell'insufficienza renale cronica (uremia). Ha trovato riscontro l'ipotesi dell'azione cancerogena di Schistosoma haematobium (carcinoma squamoso giovanile della vescica) nelle aree con elevata incidenza e alta prevalenza infantile (per es. le zone agricole del delta del Nilo).

b) Filariasi. Le filarie patogene eleggono l'uomo quale ospite definitivo, nel quale i vermi adulti si mantengono vitali per anni. Le femmine, sottili e lunghe circa 1 cm, partoriscono un gran numero di embrioni, le microfilarie, lunghe circa 200-300 μm e con un diametro di circa 10 μm. Gli Insetti ematofagi che fungono da vettori assumono le microfilarie con la puntura e ne supportano lo sviluppo fino a uno stadio in grado di infestare l'uomo, sempre mediante puntura. Nelle filariasi linfatiche, sostenute da Wuchereria bancrofti e da Brugia malayi e trasmesse da zanzare dei generi Culex e Aedes, ammassi di vermi adulti finiscono per ostruire i tronchi linfatici a monte delle stazioni linfoghiandolari, provocando una serie di linfoangiti che esitano dapprima in linfoedema e poi in elefantiasi. La sede elettiva è costituita dall'arto inferiore e, con frequenza decrescente, dall'arto superiore, dallo scroto e dal seno; spesso l'elefantiasi raggiunge dimensioni mostruose e comporta conseguenze invalidanti. Nelle filariasi linfatiche le microfilarie passano nel sangue durante la notte in coincidenza con la massima attività dei vettori.

La filariasi Loa-Loa (filariasi tegumentaria) ha per agente eziologico la Filaria Loa-Loa, trasmessa da tafani del genere Crisops, e insiste nella fascia equatoriale dell'Africa occidentale. I parassiti adulti vivono nei tegumenti e i loro spostamenti a zig-zag sono segnati da un cordoncino cutaneo flogistico che si sposta lentamente. Le microfilarie di Loa-Loa invadono il sangue nelle ore diurne quando i vettori (tafani ematofagi) sono attivi. Un'altra filariasi tegumentaria, tipica dell'Africa occidentale e trasferita in America con la tratta degli schiavi, è la oncocerchiasi da Onchocerca volvulus. Si formano noduli cutanei di parassiti adulti, intorno ai quali le microfilarie sciamano nel derma sottocutaneo senza raggiungere il sangue. Nelle localizzazioni multiple del capo e del collo le microfilarie arrivano nei tessuti oculari, provocando decine di migliaia di casi di cecità nelle aree endemiche. La diagnosi si basa sulla dimostrazione microscopica, a fresco o dopo colorazione, delle microfilarie Wuchereria bancrofti e Brugia malayi, presenti nel sangue nelle ore notturne, delle microfilarie Loa-Loa, presenti nel sangue nelle ore diurne e delle microfilarie di Onchocerca volvulus, presenti nelle biopsie dermiche prelevate intorno ai noduli cutanei.

c) Geoelmintiasi intestinali. I bambini, in particolare, costituiscono l'ospite definitivo per alcuni elminti, le cui uova disperse con le feci necessitano di un periodo di permanenza nel terreno caldo-umido per consentire lo sviluppo larvale fino allo stadio infestante. Le uova vengono ingerite abitualmente con i vegetali crudi, come avviene per Ascaris lumbricoides e Trichuris trichiura (responsabile della tricocefalosi), oppure penetrano attivamente attraversando la cute, come per gli Anchilostomi. Le larve, quindi, compiono un ciclo di sviluppo nel circolo sanguigno e nel polmone, poi risalgono dagli alveoli fino alla faringe, vengono deglutite e raggiungono la sede definitiva intestinale, dove eleggono domicilio per mesi o per anni.

Le manifestazioni cliniche, sempre in rapporto con l'entità dell'infestazione, comprendono diversi sintomi e segni, che possono essere distinti in: 1) fenomeni meccanici: gli Ascaridi possono risalire il coledoco, causando colangite e ittero meccanico e possono altresì formare dei gomitoli di vermi, motivo di occlusione intestinale infantile; 2) fenomeni traumatici: i Tricocefali e gli Anchilostomi danno luogo a minute ulcerazioni, i primi provocando una sindrome cecoappendicolare o proctitica e i secondi una sindrome duodenale similulcerosa; le femmine degli Strongiloidi possono colonizzare per decenni il duodeno, scavando una rete di gallerie nella mucosa e determinando sintomi del tipo ulcera duodenale; 3) fenomeni sottrattivi: un singolo anchilostoma è in grado di sottrarre fino a 0,15 ml di sangue al giorno, provocando così un'anemia ipocromica in proporzione all'entità dell'infestazione (si manifesta a partire da 500-1000 esemplari di anchilostomi residenti); si è calcolato che l'anchilostomiasi depauperi la popolazione mondiale di oltre 5 milioni di litri di sangue al giorno, che basterebbero per oltre 10 milioni di unità trasfusionali; 4) fenomeni digestivi: sono comuni anoressia, digestione laboriosa, irregolarità dell'alvo, dolori vaghi periombelicali ed episodi di vomito; 5) fenomeni tossici e immunopatologici: sono abbastanza comuni l'eosinofilia periferica, il prurito, l'orticaria, l'alitosi, la scialorrea, la lingua impaniata, l'anoressia o la bulimia, l'irritabilità; meno frequenti il bruxismo, il picacismo con geofagia, il pavor nocturnus e il ritardato sviluppo dei bambini; 6) complicazioni infettive, determinate da batteri penetrati attraverso le lesioni traumatiche inferte dagli elminti. La diagnosi trova conferma nella visualizzazione diretta del parassita nelle feci (Ascaridi) o in quella microscopica delle uova o delle larve.

d) Ossiuriasi (enterobiasi). Si tratta di un'elmintiasi tipicamente infantile sostenuta dagli ossiuri appartenenti alla specie Enterobius vermicularis, parassita vivacemente mobile, con serbatoio umano, che colonizza il cieco, le cui femmine raggiungono i 10 mm di lunghezza per 0,5 di diametro. Le uova sono direttamente infestanti e prevalentemente trasmesse attraverso le mani sporche (con possibilità di autoinfestazione), mediante i giocattoli e la biancheria personale, del bagno e del letto. Dopo l'ingestione, dalle uova si liberano le larve che giungono a maturità in poche settimane. Le femmine adulte gravide migrano dal cieco al retto, superano attivamente lo sfintere anale nelle ore notturne e depositano le uova nelle pliche anali per poi morire. L'intenso prurito anale rappresenta il sintomo caratterizzante e induce un energico grattamento, che fa delle mani il più efficace veicolo di infestazione e, se portate alla bocca, di autoinfestazione. La prevalenza mondiale è calcolata sui 400 milioni di casi, dei quali il 20% nei climi temperati: in Italia, dopo il regresso delle geoelmintiasi favorito dalla meccanizzazione dell'agricoltura, rappresenta oggi la più comune elmintiasi. Sono determinanti per la diagnosi la presenza di ossiuri attivamente mobili e di colore bianco nelle feci e la raccolta delle uova per breve apposizione di una striscia di cellulosa adesiva sulle pliche anali 'a ricalco'. Sulla striscia, che viene poi fissata su un vetrino portaoggetti ed esaminata al microscopio, si possono osservare le uova di forma ovale (50 μm per 25 μm), appiattite su di un lato e dotate di un guscio trasparente che lascia vedere la larva al suo interno.

e) Trichinosi. È un'elmintiasi sostenuta da Trichinella spiralis, i cui individui adulti filiformi raggiungono i 5 mm di lunghezza e un diametro di 0,5 mm. È presente anche in Italia con limitati focolai o casi sporadici di malattia. Nell'uomo l'infestazione è determinata dall'ingestione di carne suina poco cotta, contenente le larve che, dopo essersi sviluppate fino allo stadio adulto, si accoppiano nello spessore della mucosa intestinale. Le femmine liberano centinaia di larve, che entrano nel sangue e si vanno a incistare nei muscoli andando incontro a calcificazione. Se l'infestazione è rilevante, alla fase di invasione intestinale, con febbre, dolori addominali, incostantemente diarrea, segue la fase muscolare, caratterizzata da febbre elevata, eosinofilia spiccata, edema del volto, mialgie e tumefazione muscolare che riguarda maggiormente il capo, il collo e il torace. Dopo circa 2 settimane di acuzie seguono gli esiti calcifici, in generale non invalidanti. La diagnostica precoce di laboratorio si fonda sulla dimostrazione di anticorpi specifici della classe IgM.

f) Idatidosi cistica. L'uomo rappresenta l'ospite intermedio nel quale si sviluppa la fase cistica di Echinococcus granulosus, una tenia dixena i cui adulti parassitano l'intestino dei Canidi. L'idatidosi è cosmopolita, ma prevale nelle regioni con grande sviluppo della pastorizia, dove incide su ovini, suini e bovini. I cani si infestano nutrendosi degli scarti della macellazione clandestina, in particolare dei visceri. L'Italia, e soprattutto la Sardegna, offrono un tributo cospicuo: la Sardegna presenta, infatti, una prevalenza di oltre 10 casi su 100.000 abitanti. Le uova, ingerite dall'uomo per contaminazione diretta dal cane (leccamenti) o indirettamente con i vegetali consumati crudi, si schiudono nell'intestino, lasciando uscire le larve che, seguendo la via portale, si arrestano nel fegato o, superato questo, nel polmone o, meno di frequente, in altri organi. Lo sviluppo lento della cisti, il più delle volte unica, comporta fenomeni sia immunopatologici sia meccanici compressivi. Nella localizzazione epatica sintomi generici di dolenzia all'ipocondrio destro e di cattiva digestione impongono varie indagini, fino all'ecografia, alla tomografia computerizzata (TC) e alla risonanza magnetica nucleare (RMN), che evidenziano una formazione tondeggiante, regolare, contenente liquido. La seconda localizzazione per frequenza ha luogo nel polmone; la tosse, i dolori vaghi e l'espettorato guidano alla radiografia del torace e alle indagini eidologiche, che attestano l'esistenza della formazione cistica. È importante la conferma eziologica che si ricava con la dimostrazione della presenza di specifici sieroanticorpi. In base a un'opportuna valutazione del rapporto rischio/beneficio, si procederà all'intervento chirurgico demolitivo oppure all'evacuazione-sclerosi dell'idatide; comunque, deve essere sempre intrapreso un prolungato e ripetuto trattamento chemioterapico.

g) Teniasi. Le tenie sono dei Cestodi che possono parassitare l'uomo allo stadio adulto o in forme larvali. In forma adulta colpiscono oltre 60 milioni di persone. Infestano l'intestino umano e possono raggiungere alcuni metri di lunghezza; sono formate da una piccola testa (scolice) e da centinaia di segmenti piatti, le proglottidi, larghi 1,5 cm, conferenti aspetto nastriforme. Taenia saginata è un verme ermafrodita che si riproduce tramite emissione nel terreno delle proglottidi, dalle quali si liberano le uova; se vengono ingerite dai bovini, le uova danno origine a delle larve che finiscono per costituire nei muscoli delle piccole cisti (cisticerchi). Se il cisticerco viene ingerito dall'uomo con la carne poco cotta, si sviluppa la tenia, che può vivere per anni. I disturbi che essa provoca sono generalmente lievi e rientrano nell'ambito di quelli descritti a proposito delle geoelmintiasi. La teniasi provocata da Taenia solium, la tenia dei maiali, presenta le stesse caratteristiche della Taenia saginata, la tenia dei bovini; riguardo alla sua diffusione bisogna tener conto che, essendo il maiale l'ospite intermedio, essa incide nei paesi occidentali con molta minore frequenza.

La terapia delle teniasi consiste nell'eliminazione completa del verme, cioè nell'espulsione non solo delle proglottidi ma anche dello scolice, ottenuta mediante trattamento con i vermifughi di comune impiego. La diagnosi coincide con l'identificazione delle proglottidi o delle uova nelle feci.

h) Cisticercosi. Si verifica quando le uova di Taenia saginata vengono ingerite, invece che da un bovino, dall'uomo: in tale caso il parassita entra nel circolo ematico e le sue larve finiscono nei tessuti, in particolare nei muscoli, nei quali formano piccole cisti che vanno incontro a calcificazione. Si tratta di una malattia diffusa in America Latina (dove colpisce oltre l'1% degli abitanti), ma si presenta in piccoli focolai anche in Africa e in Asia. Alcuni casi vengono riportati anche in Italia. Se la forma muscolare è abitualmente asintomatica, al contrario l'invasione oculare provoca una corioretinite che esita in cecità monolaterale. Le localizzazioni cerebrali sono motivo di fenomeni compressivi, con sintomi di focolaio, cioè convulsioni e paralisi. Sia la TC sia la risonanza magnetica (RM) evidenziano il sospetto di cisticercosi, alla quale offre un'attendibile conferma la presenza di sieroanticorpi specifici.

i) Diarrea del viaggiatore di origine parassitaria. In questa sindrome diarroica acuta, che colpisce oltre il 10% dei viaggiatori dei paesi occidentali che si recano nei paesi del Terzo mondo, confluiscono Lamblia (Giardia) intestinalis, Entamoeba histolytica, Cryptosporidium parvum, Isospora belli, Strongyloides stercoralis con un peso significativo, ma minore rispetto ai batteri enteritogeni e ai Rotavirus.

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