PARACCA, Giovanni Antonio di Pietro, detto il Valsoldo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 81 (2014)

PARACCA, Giovanni Antonio

di Pietro
Alessandro Grandolfo

– Nacque a Cressogno in Valsolda tra il 1558 e il 1561, come si ricava dal confronto tra un censimento delle anime della diocesi di Milano del 1597, che attesta lo scultore all’epoca trentaseienne e residente in paese (Di Giammaria, 2012, p. 239 doc. 4) e l’atto di morte, avvenuta a Roma nel 1646 all’età di ottantotto anni (Di Giammaria, 2012, p. 239 doc. 3).

Lungamente confuso con l’omonimo ma più anziano collega d’età sistina (1545/50-1599), di cui è stato ritenuto erroneamente figlio (Baglione, 1642, 1995), il «Valsoldino» – tale fu il soprannome usato da Giovanni Baglione per distinguerlo dall’altro (Baglione, 1639, 1990, p. 175) – operò prevalentemente a Roma, a cavallo tra i pontificati di Clemente VIII Aldobrandini (1592-1605) e di Paolo V Borghese (1605-21).

Nel dicembre del 1597 l’artista risulta impiegato per l’esecuzione di una coppia di Angeli reggenti lo stemma di Clemente VIII, ancora oggi nel transetto della basilica di S. Giovanni in Laterano, sotto l’organo (Bertolotti, I, 1881; Freiberg, 1995). L’opera, che diede immediata visibilità all’autore presso l’entourage pontificio, fu la prima di una serie di commissioni che definirono l’ambito di specializzazione di Paracca soprattutto nell’esecuzione di partiti decorativi e di figure devozionali connotate da movimenti sinuosi e pausati e da un’inconfondibile aria assorta e silente.

Nell’ottobre del 1598 fu incaricato dell’esecuzione di un S. Giovanni Evangelista in bronzo, che avrebbe dovuto sormontare – insieme a un Cristo risorto e a un S. Giovanni Battista, rispettivamente di Ambrogio Buonvicino e Camillo Mariani – il timpano dell’altare del Sacramento in S. Giovanni in Laterano (ulteriori pagamenti sono registrati fino all’ottobre del 1599: U. Donati, 1943). Issati in prova i modelli in creta delle statue lo stesso anno, la loro fusione non ebbe seguito – tra le ragioni possibili si sono ipotizzati problemi di staticità dell’altare e l’insoddisfazione papale per il risultato estetico, ma non vanno sottovalutati anche gli alti costi dell’impresa – e si optò per un affresco, l’Ascensione di Cristo tra gli apostoli, per il quale l’autore, Giuseppe Cesari detto il Cavalier d’Arpino, ottenne il cavalierato dell’Ordine di S. Pietro proprio nell’occasione (Peccolo, 1994, pp. 169 s. n. 53).

Del progetto originario di decorazione del timpano sopravvive un ricordo visivo, sia pure in forma estremamente abbozzata, in due medaglie commemorative di Clemente VIII fuse nel 1599 (Lavin, 1968); i tentativi di identificazione delle tre statue citate con quelle piccole, in bronzo, sovrapposte al tabernacolo eucaristico dell’altare (Fruhan, 1986), si scontrano con la monumentalità suggerita dai documenti (Corbo, 1975).

Una stima dello scultore Silla Longhi da Viggiù, l’11 novembre 1600, indica un gruppo di opere di Paracca nella cappella Caetani in S. Pudenziana, ossia «doi angioli di marmo quasi dil naturale, et una arma di marmo grande da cinque palmi, con il capello et cordoni e fiochi de marmo rosso, et l’inprisa canpigiata di giallo et di lapis lazaro» (da identificarsi plausibilmente nella coppia di putti dorati reggenti lo stemma Caetani, che campeggia nell’arco interno al sacello, verso l’altare); e ancora «uno fregio di marmo che sta sopra la sipoltura [di Filippo Caetani?], lungho da otto palmi et alto uno palmo et mezo, con drento uno sarafino nil mizo et doi aquili con doi festoni» (Cozzi Beccarini, 1976, p. 158 doc. I).

Un’altra stima del 1601, degli scultori Stefano Maderno e Antonio Gentili da Faenza, conferma l’avvenuta consegna di uno dei nove Angeli a rilievo inquadrati dalle eleganti edicole trabeate che corrono lungo il registro superiore del transetto di S. Giovanni in Laterano (Freiberg, 1995, p. 292). Sebbene la distinzione dei marmi su base stilistica sia ancora discussa (i documenti menzionano Tommaso della Porta, Francesco Landini, Silla Longhi, Ippolito Buzio, Nicolas Cordier, Buonvicino, Camillo Mariani; Pressouyre, 1984, pp. 365-368), l’intervento del Valsoldino sembra più riconoscibile nel quinto Angelo verso l’organo (Pressouyre, 1984, p. 442 fig. 288). Al medesimo ductus della figura angelica si legano le statue in travertino di S. Susanna e di S. Felicita nella facciata della chiesa di S. Susanna alle Terme, ai lati del portale (1603 circa), e la personificazione della Giustizia (1605 circa) in una piccola nicchia a sinistra del Silvestro Aldobrandini in S. Maria sopra Minerva (attr. di Pressouyre, 1984, p. 441).

Sul finire dell’epoca clementina (1603-05) si collocano le tre coppie di Angeli, sedute sugli spioventi dei timpani dell’altare e delle porte laterali della cappella Rucellai in S. Andrea della Valle (Hibbard, 2001).

Il pontificato di Paolo V suggellò per Paracca le premesse del successo d’età clementina. La partecipazione, più volte ricordata da Baglione (1639, 1990, pp. 181 s., 192), e fittamente certificata dalle carte d’archivio (Dorati, 1967), ai lavori di allestimento della cappella Borghese in S. Maria Maggiore – cioè la cappella Paolina, il principale cantiere dell’epoca –, abbracciò una cospicua sequenza di opere autografe nell’arco di quasi due lustri. Nel 1608 ricevette pagamenti, per un totale di 250 scudi, «per la manifattura de dua figure più del naturale che egli fa di San Luca evangelista e di San Hieronimo dottore, in travertino», destinate alle «nicchie della facciata [all’esterno] della cappella», sull’attuale via Liberiana (Bertolotti, II, 1881, p. 103; Dorati, 1967, docc. 1-5). Nel 1609 furono affidati a Paracca un fregio con putti e festoni in marmo, in collaborazione con Pompeo Ferrucci; sedici Angeli in stucco per gli archivolti che sostengono la cupola della cappella Borghese, in collaborazione con Buonvicino; uno dei due Angeli reggenti l’arme di Paolo V (il secondo fu assegnato a Mariani) all’ingresso della sagrestia nuova, poi distrutta nel XVIII secolo (Dorati 1967, docc. 84-85, 92). La duplice commissione (Bertolotti, II, 1881, p. 103; Dorati, 1967, docc. 116-127) dei rilievi narrativi raffiguranti la Canonizzazione di s. Giacinto e di s. Raimondo nel sepolcro di Clemente VIII (1610-12), e la Canonizzazione di s. Carlo Borromeo e s. Francesca Romana in quello di Paolo V (1614-15), costituì certamente il massimo riconoscimento all’attività di Paracca all’epoca, benché la critica moderna tenda oggi a ridimensionare la portata qualitativa di tali esecuzioni, troppo attardate e impacciate a confronto di quelle dei più giovani colleghi Ippolito Buzio, Camillo Mariani e Pietro Bernini, compresenti alla decorazione delle due sepolture pontificali (Angelini, 2005).

Fu più a suo agio Paracca nella realizzazione del coevo S. Giovanni Evangelista in travertino (1612-14), innalzato in cima alla facciata di S. Pietro in Vaticano (Orbaan, 1918, p. 110) e verosimilmente ricalcato sul modello lateranense del 1598.

Dopo il 1615 la documentazione su Paracca si fa rada. Spicca un pagamento di 45 ducati, alla fine del 1628, «per diversi lavori in restaurare una statua alla villa fuori Porta Pinciana» (Bertolotti, II, 1881, p. 103). Nel 1636 risulta iscritto all’Accademia di S. Luca (Hess - Röttgen, in Baglione, 1642, 1995, p. 592). Altre carte indicano che nel 1625, insieme al fratello Giovan Battista, ricevette l’eredità di un certo «Giovanni Andrea Peracca fu Antonio da Pello» (Bertolotti, II, 1881, p. 105), e che diede in fitto una sua bottega in via Paolina (oggi via del Babuino), di fronte al Collegio greco, a un certo Ottavio Bartolocci da Cremona nel 1626 (Baglione, 1642, 1995, p. 593).

Dettò testamento il 14 maggio 1642 «in mezzanis domus magne ipsius testatoris in Via Paula», disponendo di essere sepolto nella chiesa di S. Maria del Corso a Roma; nominò eredi i fratelli Gian Giacomo e Giovanni Battista (Bertolotti, II, 1881, pp. 103 s.); fece un lascito a favore del santuario mariano di Nostra Signora dei Miracoli della Caravina (Cressogno in Valsolda), che gli dedicò una lapide commemorativa (recante la data di morte 1646), sistemata a lato del portale d’accesso alla chiesa (Barrera, 1864).

Morì a Roma nel 1646, nella sua casa in via Paolina (Di Giammaria, 2012, p. 239 doc. 3).

Fonti e Bibl.: G. Baglione, Le nove chiese di Roma (1639), a cura di L. Barroero, Roma 1990, pp. 120, 123, 169, 175, 181 s., 184, 192; Id., Le vite de’ pittori, scultori et architetti… (1642), a cura di J. Hess - H. Röttgen, III, Città del Vaticano 1995, pp. 591-593; C. Barrera, Storia della Valsolda con documenti e statuti, Pinerolo 1864, pp. 170-172; A. Bertolotti, Artisti lombardi a Roma nei secoli XV, XVI e XVII: studi e ricerche negli archivi romani, I, Milano 1881, p. 223; II, 1881, pp. 103 s., 105; J.A. Orbaan, Der Abbruch Alt-Sankt-Peters, 1605-1615, in Jahrbuch der Preußischen Kunstsammlungen, XXXIX (1918), pp. 1-139 (in partic. p. 110); A. Venturi, Storia dell’arte italiana, X, La scultura del Cinquecento. Parte III, Milano 1937, p. 601; A. Riccoboni, Roma nell’arte: la scultura nell’evo moderno, dal Quattrocento ad oggi, Roma 1942, pp. 117-124; U. Donati, La statua di San Giovanni Evangelista nel Battistero Lateranense, in Roma, XXI (1943), p. 111; M.C. Dorati, Gli scultori della Cappella Paolina in Santa Maria Maggiore, in Commentari, XVIII (1967), pp. 231-260, docc. 1-5, 84-85, 92, 116-127; I. Lavin, Bernini and the crossing of Saint Peter’s, New York 1968, pp. 18 n. 81, 34 n. 164; A.M. Corbo, Fonti per la storia artistica romana al tempo di Clemente VIII, Roma 1975, pp. 135, 140, 241, 245; A. Cozzi Beccarini, La cappella Caetani nella basilica di S. Pudenziana in Roma, in Quaderni dell’Istituto di storia dell’architettura, XXII (1976), 127-132, pp. 143-158; S. Pressouyre, Nicolas Cordier. Recherches sur la sculpture à Rome autour de 1600, Roma 1984, pp. 365-368, 441-444; C.E. Fruhan, Trends in Roman sculpture circa 1600, Ph.D. diss. University of Michigan (1986), Ann. Arbor (MI) 1986, p. 33; P. Peccolo, Gioielli e reliquie, argenti ed altari: la bottega degli orafi ed argentieri Vanni nella Roma dei papi tra Sisto V e Paolo V, in A. Di Castro - Peccolo - V. Gazzaniga, Marmorari e argentieri a Roma e nel Lazio tra Cinquecento e Seicento. I committenti, i documenti, le opere, Roma 1994, pp. 157-219; J. Freiberg, The Lateran in 1600. Christian Concord in Counter-Reformation Rome, Cambridge 1995, p. 299 doc. III F 2; Scultura del ’600 a Roma, a cura di A. Bacchi, Milano 1996, p. 833; H. Hibbard, Carlo Maderno, a cura di A. Scotti Tosini, Milano 2001, p. 193; A. Angelini, La scultura del Seicento a Roma, Milano 2005, p. 15; G. Ciardi, La scultura del Cinquecento nelle chiese di Roma, in Scultura del Cinquecento, I, Napoli 2007, p. 180; P. Di Giammaria, L’attività di Giovanni Antonio Paracca, detto il Valsoldo, nella chiesa di Santa Susanna alle Terme, ed alcuni documenti inediti sul Valsoldo e sul Valsoldino, in Scultura a Roma nella seconda metà del Cinquecento: protagonisti e problemi, a cura di W. Cupperi - G. Extermann - G. Ioele, San Casciano Val di Pesa 2012, pp. 225-261; Ead., Giovanni Antonio Paracca il Valsoldo: nuove notizie sulla biografia e una proposta attributiva, in APPACuVI (Associazione Protezione Patrimonio Artistico e Culturale Valle Intelvi), Artisti dei laghi (www.appacuvi.org/ joomla/it/artisti-dei-laghi), II, 2013, pp. 292-317.

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