URBANO III, papa

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 97 (2020)

URBANO III, papa

Paolo Grillo

URBANO III, papa – Uberto Crivelli nacque in data imprecisata, nella prima metà del XII secolo, da una prospera famiglia dell’aristocrazia milanese. Figlio di Guala, ebbe almeno quattro fratelli, Pietro, Domenico, Pastore e Guala, tutti ricchi possessori di terre. Non si hanno notizie sulla madre.

Appartenenti al ceto dei valvassori, i Crivelli si erano affermati come importanti proprietari fondiari dagli anni successivi al Mille, per poi conoscere un vivace arricchimento a partire dal secolo successivo. Fin dal 1117, con la partecipazione di Ugo Crivelli al consolato, la stirpe appare esser stata saldamente presente nei vertici politici milanesi: negli anni del conflitto con Federico I Barbarossa i Crivelli furono tra i più ferventi sostenitori dell’opposizione all’imperatore. A riprova dell’attitudine politica della famiglia, Arialdo Crivelli fu tra i consoli che nel 1167 guidarono la ricostruzione della città dopo la distruzione del 1162 a opera del sovrano germanico.

Fu probabilmente in occasione della distruzione di Milano che Uberto, come altri suoi parenti, prese la via dell’esilio, emigrando in Francia, sulle tracce di papa Alessandro III, che ivi si era rifugiato nello stesso anno. Il futuro pontefice, che doveva aver già ricevuto la tonsura prima di lasciare la città natale, entrò nel capitolo di Bourges, di cui divenne arcidiacono.

Dimostratosi personaggio di notevole levatura, negli anni di permanenza in Francia entrò in contatto con corrispondenti di prestigio, come Tommaso Becket, con cui scambiò alcune lettere, e si legò strettamente alla Curia pontificia, condividendo l’impegno antifedericiano di Alessandro III.

Tornato a Milano, dopo la ricostruzione della città, Uberto entrò come arcidiacono nel capitolo della cattedrale, affiancando l’arcivescovo Galdino nella sua opera di allontanamento dalla Chiesa ambrosiana dei sacerdoti compromessisi con Federico. Nel 1176, con la morte di Galdino, fiero protagonista della lotta antimperiale condotta con vigore dai Comuni e dal Papato, si aprì una nuova stagione per la Chiesa milanese, che si trovò di fronte a una situazione del tutto inedita, in seguito al progressivo miglioramento dei rapporti fra Milano e il Barbarossa, in un crescendo di contatti che, dall’accordo di Venezia del 1177, giunsero alla pacificazione del 1183 e all’alleanza contro Cremona del 1185.

Tale avvicinamento non incontrò il favore della Curia romana, ponendo in tal modo in difficoltà gli arcivescovi milanesi, stretti tra la fedeltà al papa e la necessità di accordare le loro posizioni politiche con quelle del Comune. Non a caso i candidati alla successione di Galdino furono personaggi di sicuro schieramento antimperiale: dapprima, infatti, gli elettori si divisero fra Uberto e Milone da Cardano, vescovo di Torino, protagonista del passaggio di questa città dal campo federiciano a quello della Lega lombarda. Nella contesa fra i due prestigiosi candidati prevalse, infine, una scelta di compromesso e alla cattedra arcivescovile accedette Algiso da Pirovano, a sua volta un fedele di Alessandro III.

Non pare tuttavia che Algiso, forse per la sua eccessiva accondiscendenza alla politica comunale, godesse di particolare favore da parte della Curia romana: il referente della politica avversa a Federico I nell’ambito della Chiesa ambrosiana divenne, sempre di più, l’arcidiacono Uberto.

Il legame fra Crivelli e la politica pontificia si rafforzò con l’elezione di Lucio III, nel settembre del 1181: nell’anno successivo, infatti, Uberto ricevette il cardinalato del titolo di S. Lorenzo in Damaso e l’incarico di legato apostolico in Lombardia. Egli fu inoltre eletto vescovo di Vercelli, anche se probabilmente non venne consacrato e non occupò materialmente la cattedra. Sono molto scarse le notizie sull’operato di Crivelli in questi anni, limitate a una sola sentenza da lui emessa in quanto vescovo di Vercelli e legato apostolico nel 1183.

Nel 1185 egli dovette affiancare papa Lucio III e il resto del Collegio cardinalizio nel loro trasferimento a Verona, dove assistette al fallimento dei tentativi di trovare un accordo fra la Curia e l’imperatore, in particolare sul problema della nomina dell’arcivescovo di Treviri: il papa, infatti, voleva porre in cattedra il canonico Volcmaro, atto che avrebbe però costituito una aperta sfida all’ambizione federiciana di controllare l’elezione dei metropoliti di Germania.

Fu dunque in perfetta continuità con le posizioni antimperiali assunte da Lucio III nei suoi ultimi mesi di vita che, alla morte di quest’ultimo, nel novembre del 1185, Crivelli venne eletto papa, con il nome di Urbano III, dopo la rinuncia del candidato più quotato, l’abate di Hautecombe Enrico de Marsy. Sulla linea del suo predecessore il nuovo pontefice si pose immediatamente sulla strada di un duro scontro con l’imperatore. Si trattava però di una posizione politica destinata per il momento a risultare perdente: sulla scia dell’accordo con la Lega lombarda e di uno spregiudicato rovesciamento di alleanze Federico poteva all’epoca contare sull’appoggio di gran parte dei Comuni dell’Italia settentrionale e si preparava a schiacciare militarmente Cremona, la sola città che aveva tentato di resistergli. Riflesso immediato ed evidente dell’asprezza della lotta intrapresa da papa Crivelli fu il fatto che egli non riuscì mai a lasciare Verona, dove era stato eletto, e a raggiungere Roma, a causa del controllo che il Barbarossa e i suoi alleati esercitavano su tutte le vie di comunicazione.

Uno dei cardini dell’attività diplomatica di Urbano III fu, ovviamente, Milano. Innanzitutto, forse per evitare che tale importante carica venisse occupata da un personaggio troppo favorevole all’attitudine filoimperiale del Comune, il neoeletto papa non abbandonò la cattedra arcivescovile. Dovette però subire un duro smacco nel gennaio del 1186 quando, il giorno 27, furono celebrate nella basilica di S. Ambrogio le solenni nozze fra Costanza d’Altavilla ed Enrico VI e quest’ultimo venne incoronato e consacrato re d’Italia. L’atto avrebbe dovuto essere compiuto da Crivelli, nella sua veste di metropolita ambrosiano, ma, in sua assenza, procedette a ciò il patriarca di Aquileia, Goffredo, la cui attitudine era indubbiamente il riflesso di una più grave scissione che divideva il clero dell’Italia settentrionale sui rapporti da intrattenere con l’imperatore.

Secondo una tradizione cronachistica Urbano III, infuriato, depose il patriarca, ma non vi sono attestazioni documentarie del fatto. Sicuramente nel 1187 Goffredo era ancora in carica e doveva aver recuperato la grazia del papa, visto che nel marzo di quell’anno ottenne una bolla a suo favore, in una lite con il vescovo di Concordia.

Nonostante tale duro colpo Urbano III non cessò di operare con ogni mezzo per spezzare l’alleanza fra Federico I e i Comuni del Nord. In una sua lettera del 19 dicembre 1185, per la prima volta, l’arcivescovo Galdino venne denominato «santo»: è evidente come l’elevazione agli altari del più fiero protagonista della lotta antimperiale in Milano fosse funzionale a riproporre, una decina di anni dopo la sua morte, la stessa posizione ideologica.

Nel contempo il papa intraprese una politica di esplicita sfida all’autorità imperiale, in particolare con la nomina formale, il 1° giugno 1186, di Volcmaro ad arcivescovo di Treviri. La nomina era stata preparata da un attento lavoro diplomatico, volto a conquistare alla causa romana una parte significativa dell’episcopato tedesco guidata dal potente arcivescovo di Colonia, Filippo. Federico, impossibilitato a replicare alla provocazione con un nuovo scisma, rispose manu militari, bloccando le vie d’accesso a Verona e inviando il figlio Enrico a devastare i dintorni di Roma.

È stata proposta una lettura strettamente politica dell’atteggiamento del papa verso gli enti ecclesiastici dell’Italia centrosettentrionale, che Urbano III avrebbe favorito soprattutto in virtù della loro collocazione rispetto alle vie di comunicazione, mirando a ottenere appoggi in un eventuale tentativo di forzare la via da Verona. Se una preoccupazione del genere vi fu, essa non era però disgiunta da una più generale attenzione verso gli ordini monastici e canonicali riformati: certosini, cistercensi e canonici di s. Agostino furono in più occasioni oggetto dell’attenzione e della tutela papale. Legata a questa attitudine fu probabilmente anche la decisione di fondare, sui propri beni allodiali, la nuova canonica di S. Giorgio di Besate, affidata ai canonici agostiniani. La fondazione era anche un riflesso dello stretto legame che Crivelli aveva conservato con la famiglia e con la città natale. Allo stesso modo rispecchiava l’affetto del papa verso Milano anche la ricca donazione da lui effettuata alla cattedrale nascente di S. Maria, alla quale lasciò due pianete scarlatte, un calice d’argento dorato, una stola e diversi capi d’abbigliamento da cerimonia.

Di sicuro le immediate preoccupazioni italiane non fecero perdere di vista a Urbano III la natura universale del suo pontificato: numerosi furono infatti i suoi atti realizzati in risposta alle istanze che gli giungevano da tutta la cristianità. Particolare importanza ebbe, nel 1187, la consacrazione del nuovo arcivescovo di Cracovia, Folco, che pose fine a una tormentata vacanza della cattedra polacca.

Nell’autunno del 1187, il papa, esacerbato con l’imperatore, al quale solo le preghiere dei veronesi e dei più moderati fra i cardinali avevano evitato la scomunica, si mosse per raggiungere Venezia e, di qui, imbarcarsi per Roma. Colto da un’improvvisa malattia, si dovette però fermare a Ferrara, dove si spense il 20 ottobre, stroncato, così la leggenda, dal dolore per la notizia della caduta di Gerusalemme nelle mani di Saladino (2 ottobre 1187).

Con la morte di Urbano III e con i nuovi avvenimenti d’Oriente che richiesero una nuova crociata sotto l’egida imperiale si chiuse l’epoca della più dura contrapposizione fra Papato e Impero, alla quale doveva succedere una nuova stagione di pur difficile dialogo.

Fonti e Bibl.: A causa della sua permanenza a Verona per tutto l’arco del suo pontificato, le date più precise per l’elezione e la morte di Urbano sono fornite dagli Annales Veronenses, in MGH, Scriptores, XIX, a cura di G.H. Pertz, Hannoverae 1866, p. 5. Per la sua attività, le bolle da lui emanate e i privilegi concessi, cfr. i regesti raccolti in Regesta Pontificum Romanorum, a cura di Ph. Jaffé et al., II, Lipsiae 1888, pp. 206-208. Per i rapporti con le singole realtà locali Italia pontificia, a cura di P.F. Kehr, I-VIII, Berolini 1906-1935. Per i rapporti con il patriarca di Aquileia, ibid., VII, 1923, pp. 40-42. La consacrazione dell’arcivescovo di Cracovia è ricordata negli Annales Sanctae Crucis Polonici, in MGH, Scriptores, XIX, a cura di R. Roepell - W. Arndt, Hannoverae 1866, p. 684. L’elenco dei beni donati alla cattedrale di Milano è in Notae Sanctae Mariae Mediolanenis, ibid., XVIII, a cura di G.H. Pertz, Hannoverae 1863, pp. 385 s. La leggenda della morte del papa causata dal dolore alla notizia della caduta di Gerusalemme nelle mani di Saladino è in Caffari beatis Regni Ierosolimitani historia, in Annali genovesi di Caffaro e dei suoi continuatori, a cura di L.T. Belgrano, I, Roma 1890, p. 143.

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