ONORIO I, papa

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 79 (2013)

ONORIO I, papa

Antonio Sennis

ONORIO I, papa. – Nativo della Campania, proveniva certamente dagli strati più elevati della società locale, essendo figlio del consul Petronio. Non se ne hanno notizie prima dell’ascesa al soglio pontificio, che avvenne il 27 ottobre 625, appena due giorni dopo l’inumazione del suo predecessore, Bonifacio V.

La rapidità con cui giunse la conferma imperiale fa ritenere che, per la prima volta, essa dovette essere assicurata dall’esarca Isacio, in quel momento a Roma.

È probabile che il nuovo pontefice si trovasse immediatamente coinvolto nelle vicende politiche e religiose dell’Italia settentrionale, dove il re longobardo Adaloaldo, cattolico, doveva fronteggiare la rivolta guidata dal duca di Torino, l’ariano Arioaldo. Onorio I prese le parti del sovrano, chiedendo l’aiuto dell’esarca ravennate per punire i vescovi padani che spingevano la popolazione a violare il giuramento di fedeltà al re e a schierarsi con il suo avversario. In seguito dovette comunque stabilire relazioni pacifiche con quest’ultimo, che era intanto riuscito a salire al trono e, pur senza convertirsi, aveva mostrato atteggiamenti benevoli nei confronti dei cattolici.

Il pontefice ebbe inoltre modo di intervenire nelle vicende della sede di Aquileia-Grado, il cui metropolita, Fortunato, tra il 627 e il 628, avendo aderito alle posizioni tricapitoline, era riparato a Cormons, in territorio longobardo. Onorio I privò il clero locale del diritto di eleggere il successore di Fortunato e inviò a Grado il suddiacono regionario romano Primigenio, già insignito del pallio.

Certamente non fu Onorio I a porre fine allo scisma dei Tre Capitoli, come dichiara la sua epigrafe funebre, tuttavia è vero che proprio durante il suo pontificato le posizioni scismatiche si andarono estinguendo in gran parte dell’Italia longobarda.

Onorio I sostenne con vigore l’attività missionaria in Inghilterra. Nel 627 inviò una lettera al re Edwin di Northumbria, che da poco aveva ricevuto il battesimo, esprimendo il proprio compiacimento per la sua adesione alla fede cattolica. Nello stesso tempo concesse il pallio al vescovo di York, il monaco romano Paolino, artefice di quella conversione. Nel 634 inviò Birino a Dorchester, nella regione del Wessex, con il compito di evangelizzare i sassoni occidentali. Anche in Sardegna, Illirico e Spagna, intervenne con fermezza per riorganizzare le gerarchie religiose.

Ordinò imprese edilizie di portata rilevante: fece completamente ricostruire la basilica dedicata alla martire Agnese lungo la via Nomentana e quella intitolata a S. Pancrazio sulla via Aurelia. Ordinò anche importanti restauri del tetto della basilica vaticana, il cui portale maggiore fu inoltre rivestito d’argento. Nei pressi del tratto meridionale del portico di S. Pietro, detto ad Palmata e attiguo ai resti del circo di Nerone, fece erigere una cappella intitolata a S. Apollinare: dedicando una cappella in così stretto contatto con la basilica del principe degli apostoli al culto del patrono di Ravenna, che spesso si atteggiava ad antagonista di Roma, si propose certo di ricordare l’intimo legame religioso tra le due città, fondato sulla preminenza della Chiesa romana. Di grande impegno furono inoltre i lavori edilizi promossi nel cimitero dei Ss. Pietro e Marcellino sulla via Labicana. Sulla via Ostiense, a metà tra Roma e Ostia, nel punto oggi detto Mezzocammino, innalzò una chiesa a S. Ciriaco; sulla via Flaminia, presso ponte Milvio, restaurò la chiesa eretta intorno alla metà del IV secolo da Giulio I e dedicata a S. Valentino. Infine presso Tivoli sorse per sua volontà una chiesa dedicata a S. Severino.

Nel 634 ricevette una lettera da Sergio I, patriarca di Costantinopoli, il quale sosteneva che un solo e unico figlio era il soggetto di tutte le operazioni, umane e divine, del Dio uomo. La formula monotelita «due nature distinte, una sola operazione» – spiegava Sergio – si era rivelata molto efficace in Oriente per recuperare all’ortodossia i monofisiti. Onorio I rispose con due lettere che, perduto l’originale latino, sono oggi possedute solo nella traduzione greca approntata nel 680 per l’esame conciliare del Costantinopolitano III (e nella successiva retrotraduzione latina) e in forma frammentaria per quanto riguarda la seconda di esse. Il pontefice manifestò la propria adesione alla proposta di Sergio e aggiunse che, poiché il Verbo agiva attraverso le sue due nature, non poteva che avere una sola volontà. Tale opinione si prestava a travisamenti che si accordavano bene con la politica di Sergio e dell’imperatore Eraclio. Nell’autunno del 638 quest’ultimo pubblicò un decreto (Ekthèsis) che proibiva qualunque menzione di una o due operazioni nel Cristo e ordinava di professare che egli aveva una sola volontà. Onorio I era appena morto ed era stato sepolto in S. Pietro. È possibile che a Costantinopoli si fosse ritardata a bella posta la pubblicazione dell’Ekhtèsis per potere con più facilità usare dolosamente le sue incaute formulazioni.

Il pontificato di Onorio I ebbe nel complesso tratti chiaramente ispirati all’opera di Gregorio Magno. Non solo infatti, come mettono in rilievo sia il biografo sia la sua epigrafe funebre, trasformò in monastero la propria casa presso il Laterano e favorì il clero regolare, ma ebbe particolarmente a cuore l’amministrazione dei patrimoni della Chiesa romana. Durante il suo pontificato la Sede apostolica poté infatti disporre di notevoli mezzi che furono forse incrementati grazie a un uso fraudolento della delega al pagamento dei soldati imperiali a Roma. Due anni dopo la morte di Onorio I, il palazzo del Laterano fu infatti preso d’assalto su istigazione del patrizio Maurizio, il quale sostenne che Onorio I vi aveva depositato ingenti ricchezze, frutto dell’appropriazione indebita dei fondi affidatigli in deposito per il soldo delle truppe.

È indubbio tuttavia che il pontificato di Onorio I, a dispetto dell’ampiezza della sua azione, sia collegato in gran parte al problema della nascita e della pur breve affermazione dell’eresia monotelita. Sembra interessante proprio il fatto che, dolosa o meno che fosse la lettura proposta a Bisanzio delle lettere onoriane, in Occidente quei testi rappresentarono per secoli terreno di confronto tra fautori e avversari del primato papale.

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