SOPRANI, Paolo Settimio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 93 (2018)

SOPRANI, Paolo Settimio

Roberto Giulianelli

– Nacque a Recanati il 21 novembre 1913 da Mario e da Nerina Biancolini. Il suo destino professionale era inscritto nel nome di battesimo, somma di quelli del nonno (Settimio) e del fratello di questi (Paolo), primi costruttori di armonici a Castelfidardo.

Dal modesto laboratorio dove negli anni Sessanta dell’Ottocento i fratelli Soprani (ai due appena ricordati si aggiunse Pasquale) avevano cominciato a riprodurre l’accordeon donato a Paolo da un pellegrino austriaco in visita al santuario di Loreto, era sorta infatti una solida impresa familiare, presto imitata da altri artigiani locali. Sull’onda della crescente domanda estera, sostenuta dalle comunità di emigrati italiani Oltreoceano, produttori di fisarmoniche erano comparsi anche nei vicini comuni di Camerano, Numana, Recanati e Osimo, gettando le basi per quello che più tardi avrebbe assunto i caratteri di un vero e proprio distretto industriale.

Nel 1885 Settimio aveva lasciato l’opificio di famiglia per aprire un proprio laboratorio, sempre a Castelfidardo. Nel 1916 la sua ditta era passata a uno dei figli, Mario, che alla vigilia del secondo conflitto mondiale vi aveva coinvolto nuovi soci con l’intenzione di rafforzarla. La morte del nuovo proprietario, nel 1941, e la guerra avevano però tragicamente interrotto questo percorso, consegnando al figlio di Mario, Paolo Settimio, un’impresa da ricostruire e ripensare.

Nel 1940 Paolo Settimio Soprani aveva sposato Adriana Volpini, da cui ebbe due figli (Mario, nato nel 1942, e Giuseppe, nato nel 1947). Al termine del conflitto si trovò alla guida di uno stabilimento che non aveva subito danni molto gravi, ma rischiava di essere troppo piccolo per reggere l’urto della migliore concorrenza italiana ed europea. Anziché limitarsi a riaprire le proprie officine, perciò, Soprani promosse una fusione aziendale accordandosi con altri due imprenditori del settore, Silvio Scandalli (Camerano) e Alfredo Frontalini (Numana). Nel luglio del 1946 nacque così la FARFISA (FAbbriche Riunite FISArmoniche italiane).

Frontalini abbandonò presto l’impresa, non condividendo gli obiettivi e la gestione aziendale dei suoi partner. Al timone della FARFISA restarono, dunque, Soprani e Scandalli. Molto più giovane del socio, Soprani era dinamico e aveva idee originali, in particolare in tema di distribuzione del prodotto: non solo tratteggiò una capillare rete di vendita ma, comprendendo l’importanza di investire in canali pubblicitari che non si esaurissero nella pubblicità sulla stampa, diede vita anche a un house organ e a una casa di produzione musicale collegata all’impresa. Scandalli mise sul piatto, invece, la sua lunga esperienza di fabbrica: conosceva bene le fisarmoniche e sapeva come costruirle. I due conferirono alla FARFISA i rispettivi stabilimenti, che destinarono uno allo stampaggio e al montaggio delle parti meccaniche (Camerano), l’altro alla realizzazione delle ‘voci’ e alla cura degli aspetti commerciali (Castelfidardo). A questi impianti si aggiunse la fabbrica di Origgio (Varese), che Scandalli aveva acquistato poche settimane prima della nascita della FARFISA. L’opificio lombardo fu destinato alla realizzazione di piccoli strumenti diatonici per il mercato americano, con il marchio FISA (Fisarmoniche Italiane Società Azionaria) e l’impiego di moderni processi produttivi. I risultati furono però largamente inferiori alle attese, tanto da condurre nel 1950 alla sua chiusura.

La FARFISA partecipò da protagonista alla straordinaria ripresa postbellica dell’industria delle fisarmoniche. Volano furono ancora una volta le esportazioni, soprattutto verso le Little Italies statunitensi. Dalla seconda metà degli anni Cinquanta, tuttavia, il settore conobbe una drastica flessione. A determinarla fu il crollo della domanda americana, dovuta alla rivoluzione dei gusti musicali imposta dal rock and roll, ma anche lo scarso fascino esercitato dalle fisarmoniche sugli emigrati di terza e quarta generazione, che non si riconoscevano nei costumi della terra d’origine delle loro famiglie. Al declino delle fisarmoniche concorse anche la pletorizzazione dei produttori che si era registrata nel dopoguerra, quando le favorevoli condizioni del mercato avevano sollecitato l’ingresso di free riders nel settore, moltiplicando i laboratori.

La FARFISA accusò pesantemente l’inversione della congiuntura, ma seppe intuire prima e meglio delle altre imprese del comparto la necessità di rinnovarsi. Così, sotto la guida di Soprani, si sottopose a una riconversione che ne fece uno dei più importanti fabbricanti europei di strumenti musicali.

Faro del distretto marchigiano delle fisarmoniche durante il ‘miracolo economico’, nella fase seguente la FARFISA si aprì a un’ampia gamma di prodotti, soprattutto elettrici ed elettronici: pianoforti, chitarre, fonovaligie, organi, pianole, ma anche televisori e citofoni. Questa torsione passò per un potenziamento impiantistico impossibile da realizzare attraverso il semplice restyling degli stabilimenti di Castelfidardo e Camerano. Così, a questi ultimi furono lasciate le linee di produzione più tradizionali, mentre la messa a punto dei nuovi modelli fu concentrata in una fabbrica inaugurata a sud di Ancona (zona Aspio) nel marzo del 1965, grazie a un prestito di trecento milioni di lire concesso dall’Istituto mobiliare italiano.

L’ingresso nell’elettronica segnò una cesura profonda nella storia della FARFISA, perché proiettò l’impresa marchigiana, giunta a occupare circa 2000 addetti, in un mercato dove la ricerca della competitività imponeva investimenti ben superiori a quelli richiesti nel modello distrettuale. Per questa ragione Soprani e Scandalli decisero di fare ricorso a capitale straniero, cedendo il controllo azionario dell’azienda alla Lear Siegler, corporation con sede negli Stati Uniti, a Santa Monica. All’originario core sector costituito da macchinari per riscaldamento/raffreddamento, fra gli anni Cinquanta e Sessanta la Lear Siegler aveva affiancato interessi nella meccanica pesante, nelle telecomunicazioni, nell’aeronautica e nell’industria aerospaziale, trasformandosi in una conglomerata con partecipazioni in numerose società straniere. Per il gruppo californiano, la FARFISA non costituiva che una tappa, e certo non fra le principali, del processo di allargamento del proprio perimetro di attività.

Nella sua politica di acquisizioni, la corporation californiana privilegiava le società presenti in mercati già solidi o inserite in comparti attesi a uno sviluppo sensibile. La Farfisa sembrava avere queste prerogative.

Fra i criteri adottati dalla Lear Siegler per selezionare le imprese da assorbire vi era il possesso di una capace direzione. Anche in questo caso l’azienda marchigiana pareva rispondere agli obiettivi del gruppo statunitense, che inizialmente confermò Soprani alla presidenza. Tuttavia, la convivenza fra la vecchia e la nuova proprietà si mostrò presto difficile. Emerse, in particolare, l’incompatibilità fra la prospettiva di medio-lungo termine che Soprani avrebbe voluto orientasse l’impresa e la priorità posta dalla Lear Siegler al conseguimento di consistenti profitti immediati. Nel 1970 i contrasti divennero insanabili e Soprani rassegnò le dimissioni, lasciando la società.

Per alcuni anni ancora le vendite della FARFISA si mantennero su livelli elevati, per poi scendere sotto l’incalzare dei forti produttori asiatici. La Lear Siegler abbandonò l’impresa, che nell’ottobre del 1984 fu acquisita da un industriale del settore, Paolo Bontempi. Nel 1992 il ramo della citofonia fu scorporato, continuando a operare con il marchio FARFISA, mentre la divisione degli strumenti musicali proseguì nella sua caduta, fino a essere liquidata nel 2003. Soprani dovette sopportare la vista del declino, ma non quella del definitivo fallimento dell’azienda che aveva fondato nel dopoguerra.

Morì, infatti, a Jesi il 16 gennaio 1989.

Fonti e Bibl.: Carte sulla Farfisa sono presso il Comune di Camerano, Archivio storico Farfisa, e ad Acilia (Roma) presso l’Archivio storico Intesa Sanpaolo, Patrimonio Istituto mobiliare italiano, Mutui.

F. Amatori, Per un dizionario biografico degli imprenditori marchigiani, in Storia d’Italia. Le Marche, a cura di S. Anselmi, Torino 1987, ad ind.; M. Moroni, Alle origini dello sviluppo locale. Le radici storiche della Terza Italia, Bologna 2008, ad ind.; S. Strologo, Per una storia della Farfisa, Camerano 2009, ad indicem.

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