MAGNI, Paolo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 67 (2006)

MAGNI, Paolo

Davide Daolmi

Non si hanno notizie in merito alle origini di questo importante compositore, attivo a Milano fra la fine del Seicento e i primi del Settecento.

L'ipotesi, avanzata da Boorman (The New Grove Dict.), che il M. possa essere figlio di Bartolomeo Magni, lo stampatore musicale ravennate attivo a Venezia nei primi decenni del Seicento, non trova verifiche. Né risultano dati per intrecciare parentele con il contemporaneo Giuseppe Magni, confuso con Paolo nei primi lessici. Di tal Giuseppe si conosce solo il libretto anonimo del Decio in Foligno, 1697 (Washington, Library of Congress), opera attribuitagli da Giovanni Cinelli Calvoli (Della Biblioteca volante, scanzia XV, Firenze 1704; erroneamente scanzia XI nella 2ª ed.) che lo dice organista della cattedrale di Foligno.

La richiesta di pensionamento del M., prima dall'incarico di organista del duomo (1716) e poi da maestro di cappella della corte ducale (1718), avanzata presumibilmente dopo il sessantacinquesimo anno di età, nonché la sua data di morte, attestata al 21 febbr. 1737, rendono ragionevole il generico 1650 quale presunto anno di nascita.

È invece probabilmente da escludere che sia il M. l'autore delle musiche di Gratitudine umana (1670), in parte superstiti presso l'Archivio Borromeo all'Isola Bella.

L'opera, su libretto di Carlo Maria Maggi, allestita nel teatrino privato di Vitaliano Borromeo, all'Isola Bella nel lago Maggiore, fu modificata e ripresa qualche anno dopo come Affari ed amori, sempre all'Isola Bella (1674) e in seguito nella stagione pubblica del carnevale 1675 del teatro Regio di Milano (così attesta L.A. Muratori nell'edizione delle Rime di Maggi, Milano 1700, IV, p. 311).

Il libretto di quest'ultima rappresentazione milanese attribuisce la musica al M. e a Carlo Borzio (o Borri), maestro di cappella a Lodi. Tuttavia il prologo originale, scritto per l'Isola Bella, fa cenno a un solo compositore, che, forse per finzione letteraria, è detto assai rissoso: "mena le mani! Ancor d'una sua pugna / dura la grave istoria, / e quest'isola ancor ne tien memoria". L'unico nome che compare nelle carte dell'Archivio Borromeo è quello di Borzio (Carpani, pp. 95 s.) ed è quindi probabile che il M. abbia rimesso mano alla musica solo per la rappresentazione del 1675.

D'altra parte nel 1670 il M. doveva essere troppo giovane perché gli fosse assegnata la stesura di un'intera opera; qualche anno dopo invece, quale maestro al cembalo e sovrintendente dell'orchestra di corte (quella del teatro Regio) avrebbe senz'altro potuto "aggiornare" le partiture destinate alle rappresentazioni pubbliche.

Una lettera del maggio 1674 di V. Borromeo a Giovanni de Cabrera y Toledo, conte di Melgar, governatore di Milano dal 1678 (Carpani, p. 106), dà notizia del ruolo del Magni. In riferimento alla partitura della Bianca di Castiglia (libretto di Maggi, musica di Francesco Rossi), rappresentata il precedente carnevale, si auspica che in occasione di una ripresa l'opera sia fatta "ben intendere e con i suoi avvertimenti da Pavolo Magni che averà di accompagnare col suono la comedia e soprintendere alle distribuzioni e disposizioni delle parti": un ruolo che già lo rivela figura di spicco all'interno dell'orchestra, se non proprio maestro di cappella.

Dopo Affari ed amori, per molti anni non risultano altre notizie della sua attività al Regio; una sua partecipazione all'opera Enea in Italia nel 1686, informazione riportata forse per errore da Stieger e accolta da Walker (The New Grove Dict.), non trova conferma. Le opere allestite a Milano in questi anni sono quasi tutte importate da Venezia e non è improbabile che il M., nel preparare i materiali d'orchestra, fosse stato incaricato di sostituire delle arie o di adattare dei recitativi.

Un mottetto a voce sola, Ad pugnas o furie apparve a Milano nel 1679, e di nuovo nel 1681, per i tipi di Francesco Vigoni (la Nuova raccolta de' mottetti sacri, curata dal figlio Carlo Federico Vigoni). Fu l'inizio dell'attività del M. in ambito ecclesiastico, che nel 1686 gli permise di ottenere il posto al secondo organo del duomo (concorso del 29 gennaio, ordinazione del 31) per passare due anni dopo al primo organo, prima affidato a Teodoro Casati (domanda del 19 agosto, ordinazione del 22 dicembre; cfr. Mompellio, p. 532, e De Florentiis, p. 211).

Nel 1691 - episodio che lo rivela compositore assai stimato a corte - gli fu commissionato l'oratorio I sacri sponsali di Maria con s. Giuseppe dal futuro viceré di Sicilia, Carlo Antonio Spinola, figlio dell'ex governatore di Milano Paolo Spinola Doria, e marito di Isabella de la Cerda, cui nel 1694 sarà dedicato l'Aiace con musiche del Magni. Dell'oratorio, offerto in occasione della visita dell'ambasciatore imperiale per l'incoronazione di Giuseppe d'Asburgo a re dei Romani (Augusta, 1690), resta solo il libretto (Milano, Biblioteca Ambrosiana).

È dell'anno successivo la partecipazione all'opera di N. Minato Scipione Africano (rappresentata per la prima volta il 3 febbr. 1692, secondo la Gazzetta di Milano; cfr. Magaudda - Costantini, p. 61), come si evince dal libretto: "gli artefici sono il sig. Gio. Ambrogio Leinati detto Carlo Ambrogio Lonati nell'atto primo e nel principio del terzo; nell'atto secondo e nel finimento pur del terzo il sig. Paolo Magni". Quello stesso anno andò in scena a Lodi, ma pur sempre quale produzione degli impresari del Regio, Endimione del lodigiano Francesco de Lemene, cui il M. contribuì con la musica del primo atto (il secondo e ultimo fu assegnato a Giacomo Griffini, maestro di cappella dell'Incoronata di Lodi). Dell'opera furono stampati subito dopo due libretti, uno dal locale Carlo Antonio Savesi (1692) e un altro (1693) dedicato al bibliotecario del granduca di Toscana, Antonio Magliabechi, dallo stampatore milanese Carlo Giuseppe Quinto.

La stagione di carnevale del 1693 saltò per un lutto a corte, e per l'anno successivo compare nuovamente il nome del M. che, con il solito Lonati e Francesco Ballarotti, condivise gli oneri della seconda opera di stagione, l'Aiace, nuovo lavoro di Pietro Averara per le corde del primo uomo Domenico Cecchi detto il Cortona, castrato ammiratissimo e assiduo della scena milanese dal 1689. La musica - caso eccezionale per le opere del Regio - si è conservata (Chicago, Newberry Library; cfr. The New Grove Dict.) e mostra una scrittura ricca di virtuosismi, forse stimolati dalla qualità degli interpreti. L'opera ottenne straordinario successo, tanto che la Gazzetta di Milano la menziona ben tre volte, ricordando il "concorso innumerabile anche de' forastieri". Il M. dovette contribuire alla fortuna dell'opera se il carnevale successivo fu incaricato di scrivere interamente le musiche del Radamisto o La fede nelle sventure (poesia del marchese Manfredo Trecchi). Lo stesso libretto elogia la "vaga compositione di musica del sig. Paolo Magni maestro di capella in questa regia e ducal corte", attestando per la prima volta il ruolo, riconosciuto ufficialmente. A precedere il M. in qualità di maestro di cappella di corte era stato T. Casati, che il M. aveva sostituito sette anni prima all'organo del duomo: è possibile pertanto che il M. avesse assunto entrambi gli incarichi fin dal dicembre 1688.

Fino a metà degli anni Dieci del Settecento, quando raggiunse il pensionamento, il M. continuò a comporre per le scene del Regio. Non sempre i libretti lo nominano esplicitamente, e quanto documentato deve considerarsi solo una piccola parte della sua attività.

Oltre al Radamisto solo altre tre opere, tutte di P. Averara, sono dette interamente sue: Amfione (1698); Admeto re di Tessaglia (1702), su libretto nuovo ("la capricciosa e virtuosa musica del sig. Paolo Magni"), e Agrippina (1703), adattamento di Averara dal Nerone di Matteo Noris ("musica eccellente, travaglio di puochi giorni del celebre sig. Paolo Magni"). Nei restanti casi si tratta di collaborazioni: Ariovisto (1699) sempre di Averara ("La musica fu composta il primo atto dal sig. Antonio Perti, il secondo e parte del terzo dal sig. Paolo Magni, il restante dal sig. Francesco Ballarotti"); Teuzzone (1706), libretto nuovo di Apostolo Zeno, ultimi due atti musicati da Clemente Monari (secondo The New Grove Dict. alcune arie si conservano a Madrid, presso la Biblioteca nacional; per l'analisi del libretto cfr. Strohm) e Tito Manlio (1710), libretto di M. Noris, ultimi due atti musicati da Andrea Stefano Fioré. Quest'ultima è l'altra opera, insieme con l'Aiace, di cui sopravvive anche la musica (partitura manoscritta all'Österreichische Nationalbibliothek di Vienna e due arie presso la Biblioteca Estense di Modena; cfr. Eitner).

Il M. partecipò anche a manifestazioni celebrative, come quella del 1696 intitolata Etna festivo, per la nascita del primogenito di Isabella de la Cerda, in collaborazione con altri 18 compositori (cfr. il libretto e la Gazzetta di Milano del 7 marzo), e scrisse occasionalmente musiche per allestimenti fuori città: è però dubbio il caso della Cleopatra regnante (1700), rappresentata al teatro S. Giacomo di Novi, testimoniato da Quadrio e Schmidl sulle basi di un fantomatico libretto oggi perduto. Certa invece la rappresentazione pavese del Meleagro (1705), libretto anonimo che potrebbe coincidere con l'omonimo di Pietro Antonio Bernardoni musicato da Marcantonio Ziani l'anno successivo; qui il M. collaborò con Antonio Francesco Martinenghi (I atto) e Bernardo Sabadini (III atto).

La carriera del M., forse anche per suo merito, coincise con un periodo di fortuna e di continuo rinnovamento del teatro milanese, che condusse alle glorie settecentesche del Regio. Nel 1685 l'amministrazione Piantanida, vista la straordinaria affluenza di stranieri, ampliò la stagione anche al periodo estivo e si attrezzò per erigere, l'anno successivo, un nuovo teatro sul perimetro del salone principale di palazzo. Le stagioni '86 e '87 proposero contemporaneamente la dicitura "Regio teatro" (il solito verso il duomo) e "Regio teatro nuovo" (quello più grande, eretto dov'era il salone di corte). Nel 1688 la distinzione cessa, apparentemente per gli insostenibili costi del "Nuovo", messo fuori uso da un incendio nel 1695. In seguito i Piantanida ristrutturarono nuovamente il "teatro nel salone" e nel 1699 vi trasferirono tutti gli spettacoli d'opera. Nel 1708 un nuovo incendio obbligherà a tornare alla vecchia sede ormai detta "Teatrino", fino al 1717, quando sarà ripristinato il salone ora detto "Nuovo regio ducal teatro", tempio indiscusso dell'opera milanese fino alla Scala.

Nel 1716 il M. lasciò l'incarico di primo organista del duomo a Giovanni Battista Busti mantenendo lo stipendio (ordinazione del 28 aprile; cfr. Mompellio, p. 561). Similmente due anni dopo - appena ricostruito il nuovo Regio - si fece sostituire dal milanese Giuseppe Vignati, benché in un primo tempo avesse considerato suo successore il meno noto Francesco Messa (Barblan, 1962, p. 622). Come nel 1679, quando una raccolta dello stampatore F. Vigoni aprì la carriera al M., così ora, a conclusione della parabola compositiva, un'altra raccolta dello stesso, Armonie di Pindo (1712) - che accoglie una cantata a voce sola del compositore (Tutto è dolce a chi ben ama) - decreta la fine dell'esiguo numero di brani superstiti del Magni.

Come testimonia un'ordinazione capitolare del duomo in cui si storna definitivamente il suo stipendio a Busti, il M. morì a Milano il 21 febbr. 1737.

Fonti e Bibl.: F.S. Quadrio, Della storia e della ragione d'ogni poesia, III, parte 2, Milano 1744, p. 485; G. Barblan, Il teatro musicale in Milano nei secoli XVII e XVIII, in Storia di Milano, XII, Milano 1959, pp. 947-996; Id., La musica strumentale e cameristica a Milano nel '700, ibid., XVI, ibid. 1962, pp. 619-660; F. Mompellio, La cappella del duomo, ibid., pp. 507-579 (cfr. Indice); Sei secoli di musica nel duomo di Milano, a cura di G. de Florentiis - G.N. Vessia, Milano 1986, ad ind.; R. Strohm, "Tragédie" into "Dramma per Musica" (Part one), in Informazioni e studi vivaldiani, IX (1988), pp. 14-25; A. Magaudda - D. Costantini, Un periodico a stampa di antico regime: la "Gazzetta di Milano" (sec. xvii-xviii). Spoglio delle notizie musicali per gli anni 1686-1699, in Fonti musicali italiane, I (1996), pp. 41-74; R. Carpani, Drammaturgia del comico. I libretti per musica di C.M. Maggi nei "theatri di Lombardia", Milano 1998, pp. 91-106; R. Eitner, Quellen-Lexikon der Musiker, VI, p. 277; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, Supplemento, pp. 493 s.; F. Stieger, Opernlexikon, II, Komponisten, Tutzing 1977, p. 666; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, IV, p. 572; The New Grove Dict. of music and musicians, XV, pp. 587 s.

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata

CATEGORIE