ORSINI, Paolo Giordano

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 79 (2013)

ORSINI, Paolo Giordano

Elisabetta Mori

ORSINI, Paolo Giordano. – Nacque a Bracciano il 1° gennaio 1541 da Girolamo, di Giovanni Giordano e Felice della Rovere, e da Francesca Sforza di Santa Fiora, figlia di Costanza Farnese e nipote di Paolo III.

In quanto primogenito del ramo più importante degli Orsini, nato dopo la morte del padre, gli spettò da subito la successione dello Stato di Bracciano e il ruolo di capo della ramificatissima famiglia. Il 12 febbraio 1541 la sua tutela e il governo, a suo nome, dello Stato furono affidati a Francesca Sforza, per passare poi, dopo le nozze di questa con Lelio dell’Anguillara (1546), allo zio, il cardinale camerlengo Guido Ascanio Sforza di Santa Fiora, che ricostruì l’antica potenza territoriale degli Orsini di Bracciano recuperando, grazie a ingenti prestiti, territori alienati dalle generazioni passate. Si accumulò così un enorme debito che Orsini non sarebbe riuscito mai più a sanare.

Nel 1552 per consolidare la sua posizione filoimperiale, il cardinale di Santa Fiora combinò il matrimonio di Maria Felice, sorella di Orsini, con Marcantonio Colonna dei signori di Paliano, fedeli all’imperatore. L’anno successivo la politica matrimoniale del cardinale si intrecciò con quella di Cosimo de’ Medici, alla ricerca dell’alleanza con la Chiesa. Il 24 luglio 1553 fu ratificato a Firenze il contratto di nozze tra Orsini e Isabella de’ Medici, figlia terzogenita del duca di Firenze (Arch. di Stato di Firenze, Misc. Med., 580, c. 160). Per Cosimo de’ Medici il matrimonio era una delle tappe della sua strategia di penetrazione nella corte romana e un modo per favorire l’imperatore Carlo V distogliendo il capo della casata Orsini dalla tradizionale fedeltà al re di Francia. Orsini fu portato subito a Firenze per rimanere sotto il controllo mediceo.

Cresciuto ed educato nell’ambiente dei Farnese, degli Sforza di Santa Fiora e dei Medici, Orsini ricevette una formazione fondata sui modelli della più alta e raffinata educazione principesca che coniugava gli studi umanistici con la danza, il canto, la musica e la disciplina delle armi. Tra i musicisti al suo servizio ci furono Scipione del Palla e Bartolomeo Roy. Suo precettore fu Orazio Prospero, musicista e poeta; suo maestro nelle lettere e nelle armi fu il conte Alessandro Valenti di Trevi e, probabilmente, si occupò della sua educazione anche Benedetto Varchi, che lo definì in un sonetto il suo «verde rampollo» (Opere, Trieste 1859, II, p. 902). Suo maestro di equitazione fu il nobile napoletano Giovan Battista Pignatelli, considerato dai contemporanei fondatore di quell’arte. Questo tipo di addestramento, guidato e sorretto dai valori e dai rituali tipici della cavalleria cortese, trovava la sua massima applicazione nei tornei che Orsini stesso amava allestire.

Il 12 dicembre 1555, in occasione della guerra contro gli imperiali, Paolo IV gli conferì il comando militare della Piazza di Campo de’ Fiori (Roma, Arch. storico Capitolino, Arch. Orsini, I, Pergamene, II.A.24,063). Prima della partenza per Roma, il 28 gennaio 1556 furono celebrati a Firenze gli sponsalia con Isabella de’ Medici (Arch. di Stato di Firenze, Misc. Med., 580, c. 233v). Come attestano i libri mastri dell’archivio Orsini, quell’anno cessò la tutela del cardinale di Santa Fiora. Il 2 ottobre fu nominato generale delle truppe pedestri ed ebbe il comando di sei compagnie d’italiani con l’ordine di proteggere il tratto delle mura dalla porta S. Lorenzo fino a S. Giovanni (Roma, Arch. storico Capitolino, Arch. Orsini, I, Pergamene, II.A.24,069). Nel febbraio 1557 era con le truppe papaline quando fu espugnata la fortezza di Vicovaro. Il 7 marzo, a nome del re di Francia, gli fu conferito da Francesco I di Lorena, duca di Guisa, l’Ordine di s. Michele (Roma, Arch. storico Capitolino, cred. XIV, Diario di Cola Colleine, t. 7, c. 33v). Bernardo Tasso celebrò nell’Amadigi l’impresa, concedendogli un posto tra gli eroi nel Colle della Gloria (Bergamo 1755, p. 443).

Dopo la disfatta dei francesi, Orsini entrò al servizio del re di Spagna. Nel 1560 fu nominato da Pio IV governatore di Ascoli e capo del consiglio dei Cento e della Pace (Weber, 1994). Il 9 ottobre dello stesso anno il papa eresse in ducato il feudo di Bracciano (Roma, Arch. storico Capitolino, Arch. Orsini, I, Pergamene, II.A.25,023/A).

Con questo provvedimento il pontefice riconosceva ufficialmente l’unitarietà dei domini degli Orsini e la loro autonomia giudiziaria e legislativa fondando quello che, insieme col ducato di Castro, sarebbe divenuto un vero e proprio Stato all’interno del patrimonio di S. Pietro. Risalgono a questo periodo i lavori di ristrutturazione e di abbellimento ai palazzi e agli edifici pubblici dello Stato da parte dell’ architetto fiorentino Nanni di Baccio Bigio. Per affrescare gli interni del castello di Bracciano, Orsini scelse due tra i pittori più affermati in quel momento, Taddeo e Federico Zuccari. Per celebrare la sua famiglia promosse anche un prezioso volume di memorie e ne affidò il compito a Francesco Sansovino, fratello del famoso architetto e scultore Jacopo, il quale stese L’Istoria di casa Orsina.

Nonostante l’istituzione del ducato, Orsini, per volontà di Cosimo de’ Medici, continuò ad abitare a Firenze con la moglie Isabella. Il 1° ottobre 1565 Cosimo donò loro la villa di Baroncelli, detta poi Poggio Imperiale (Arch. di Stato di Firenze, Misc. Med., 958).

In quegli anni gli furono affidati unicamente incarichi di rappresentanza.

A ottobre 1565 era con Francesco de’ Medici alla corte imperiale per accompagnare a Firenze l’arciduchessa Giovanna d’Austria. In occasione delle nozze fece addobbare la piazza di S. Lorenzo con grandi tele raffiguranti gli uomini illustri di casa Orsini dipinte da Santi di Tito. Il tenore di vita principesco a cui era stato educato unito a una nota generosità che nell’accademia senese degli Intronati gli meritò l’appellativo ‘il Largo’, contrastava però con la sua grave situazione debitoria; per sanarla nel marzo 1564 concluse un accordo con Cosimo per un prestito di 30.000 scudi (Arch. di Stato di Firenze, Misc. Med., 54, n. 13).

Nel 1566 Pio V lo mandò alla difesa delle coste adriatiche minacciate dai turchi con 4000 fanti pagati e il 4 agosto lo nominò governatore generale di S. Chiesa (Roma, Arch. storico Capitolino, Arch. Orsini, I, Pergamene, II.A.26,002/A), un ruolo ambito da tutti i signori italiani in dura competizione per gli incarichi militari. Le voci sui suoi debiti arrivarono però al pontefice che considerava grave peccato l’indebitamento: sebbene avesse dimostrato autorevolezza e capacità diplomatica nel dirimere una seria controversia tra famiglie rivali ad Ascoli, Orsini cadde in disgrazia e fu costretto a lasciare Roma e il suo incarico. Nell’atmosfera di calunnie, sospetti e complotti che, nella seconda metà del Cinquecento, si insinuarono nella vita politica delle corti italiane, la situazione debitoria lo rese facile bersaglio delle campagne diffamatorie messe in atto dalla concorrenza spietata per la conquista di ricchi feudi e incarichi militari. La tradizionale fedeltà alla Francia della sua famiglia e la sua partecipazione alle guerre di Paolo IV contro gli imperiali non lo favorirono alla corte di Spagna; a causa della sua parentela con i Medici fu coinvolto nei giochi politici antimedicei condotti dai Farnese e dai fuoriusciti fiorentini con l’appoggio del duca di Ferrara, da sempre in competizione con i signori di Firenze.

La disperata situazione economica non impedì ai duchi di Bracciano di continuare a comportarsi come principi munifici. Dal 1569 al 1574 accolsero come segretario Fausto Sozzini, il teologo senese accusato di eresia. Nel 1571, in occasione della lega contro i turchi, Orsini partì come venturiero con l’aiuto di Don Juan de Zuñiga, ambasciatore a Roma di Filippo II, e del genovese Giannandrea Doria, comandante della flotta spagnola. A Lepanto con la sua galea combatté contro il pascià Pertaù, generale della flotta turca, difese la galea reale di Don Giovanni d’Austria, fu ferito e si guadagnò la nomina da parte di Filippo II di ‘Generale dell’Infanteria Italiana nell’armata della Santa Lega’ (Roma, Arch. storico Capitolino, Arch. Orsini, Corrispondenza, b. 60, n. 72). In questa veste nei due anni successivi partecipò alle spedizioni navali contro i turchi.

Dopo la morte di Cosimo (1574) e soprattutto dopo quella della moglie Isabella (1576) che lo aveva sempre appoggiato e aiutato, rimase nel più totale isolamento politico e non riuscì più a ottenere incarichi militari. Durante il pontificato di Gregorio XIII, il legame di antico vassallaggio della famiglia Orsini con i pontefici si ruppe definitivamente insieme con quello di molte altre antiche famiglie feudali. La ricca corrispondenza dell’archivio Orsini rivela che egli spese gli ultimi anni della sua vita nel disperato tentativo di difendere il suo Stato dai creditori, che si erano impadroniti di feudi in cambio del denaro prestato, da Gregorio XIII, che minacciava l’incameramento delle sue terre, e dalle calunnie che lo volevano ricettatore di banditi per giustificare l’esproprio. Per due volte contrasse matrimonio con Vittoria Accoramboni, una nobildonna di Gubbio (10 ottobre 1583; 23 aprile 1585): le prime nozze, per l’ostilità della Spagna e dei Medici, furono annullate dal pontefice.

Morì a Salò il 13 novembre 1585, dopo aver inutilmente tentato di ricevere un incarico dai veneziani.

Da Isabella de’ Medici aveva avuto due figli: Eleonora, sposata con Alessandro Sforza di Santa Fiora duca di Segni (1571-1634) e Virginio (1572-1615), sposato con Flavia Peretti, che gli successe al ducato di Bracciano.

Vittoria Accoramboni, che Orsini, nel suo testamento (Roma, Arch. storico Capitolino, Arch. Orsini, IV, b. 42, f. 6), aveva lasciato erede di un cospicuo patrimonio, fu uccisa da ignoti a Padova il 22 dicembre. Della morte fu accusato Ludovico Orsini del ramo di Monterotondo, luogotenente di Paolo Giordano, che fu giustiziato senza processo per ordine del consiglio dei X della Repubblica di Venezia il 28 dicembre 1585. La notizia di quei drammatici avvenimenti riempì le cronache del tempo. Si disse che Orsini avesse fatto uccidere Francesco Peretti, il marito di Vittoria, per sposarla e che si trovasse nella Repubblica di Venezia per sfuggire alla giustizia dello zio di costui, il pontefice Sisto V. Contemporanee voci antimedicee, diffuse da libelli anonimi manoscritti, e che furono raccolte acriticamente dalla storiografia dell’Ottocento, lo accusarono di aver ucciso la prima moglie Isabella per gelosia e per ordine del granduca Francesco de’ Medici. Recenti ricerche su documenti d’archivio, e in particolare sul corposo carteggio di Orsini, gettano una luce nuova sul personaggio rivelando il grande legame d’affetto che lo unì a Isabella e la malattia di lei, che fu la vera causa che la portò alla morte. Le ricostruzioni letterarie delle vicende della vita di Orsini influenzarono a tal punto la storiografia successiva che furono assunte come vere, senza riscontri documentari. Dal XVII al XIX secolo scrittori di ogni parte d’Europa si cimentarono con i personaggi di Orsini, Isabella de’ Medici e Vittoria Accoramboni: J. Webster, The white devil (1612); F. de Rosset, Les histoires tragiques de notre temps, Paris 1623; Stendhal, Vittoria Accoramboni Duchesse de Bracciano, in Revue des Deux Mondes, 1° marzo 1837; J.L. Tieck, Vittoria Accorombona, Breslau 1840; F.D. Guerrazzi, Isabella Orsini duchessa di Bracciano, Firenze 1844; A. Dumas, Les Médicis, Paris 1860.

Fonti e Bibl.: Le fonti manoscritte più cospicue su Orsini si trovano a Roma, Arch. storico Capitolino, Arch. Orsini, nella serie Corrispondenza, in particolare nelle bb. 103, 129, 146-158, ma anche diffusi nelle serie: Pergamene; Inventari; Miscellanea; Registri contabili. Altre fonti si trovano a Los Angeles, University of California, Charles E. Young Research Library, Department of Special Collections, Orsini Family papers, e in Arch. di Stato di Firenze, diffusi nel Mediceo del Principato (in particolare b. n. 6373) e nella Miscellanea Medicea; F. Sansovino, L’Istoria di casa Orsina di Francesco Sansovino..., Venezia, B. e F. Stagnini, 1565; D. Gnoli, Vittoria Accoram-boni. Storia del secolo XVI, Firenze 1870; V. Celletti, Gli Orsini di Bracciano: glorie, tragedie e fastosità della casa patrizia più interessante della Roma dei secoli XV, XVI, e XVII, Roma 1963; S. Benedetti, Giacomo Del Duca e l’architettura del Cinquecento, Roma 1973, pp. 195-225; C. Weber, Legati e governatori dello Stato Pontificio (1550-1809), Roma 1994, p. 121; C. Acidini Luchinat, Taddeo e Federico Zuccari. Fratelli pittori del Cinquecento, Milano 1998-99, pp. 17-129; F. Rausa, Le collezioni di antichità Orsini nel palazzo di Monte Giordano, in Bullettino della Commissione Archeologica Comunale di Roma, CI (2000), pp. 163-180; F.L. Sigismondi, Lo Stato degli Orsini. Statuti e diritto proprio nel ducato di Bracciano, Roma 2003, ad ind.; E. Mori, L’onore perduto del duca di Bracciano. Dalle lettere di P.G. O. e Isabella de’ Medici, in Dimensioni e problemi della ricerca storica, II (2004), pp. 135-174; Ead., Paolo Giordano I e la fondazione della memoria degli Orsini, in Scritti per Isa. Raccolta di studi offerti a Isa Sanfilippo, a cura di A. Mazzon, Roma 2008, pp. 685-698; C. Murphy, Isabella de’ Medici, Milano 2011 (ed. or. 2008); E. Mori, L’onore perduto di Isabella de’ Medici, Milano 2011; B. Furlotti, A Renaissance baron and his possessions. Paolo Giordano I Orsini Duke of Bracciano (1541-1585), Turnhout 2012; Ead., Collezionare antichità al tempo di Gregorio XIII: il caso di Paolo Giordano I Orsini, in Unità e frammenti di modernità. Arte e scienza nella Roma di Gregorio XIII Boncompagni (1572-1585),  a cura di C. Cieri Via, I. Rowland, M. Ruffini, Pisa 2012, pp. 219-38.

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