PANOPEUS

Enciclopedia dell' Arte Antica (1963)

PANOPEUS (Πανοπεύς)

C. Gonnelli

Città della Focide presso il fiume Cefiso, ai confini della Beozia. Il nome P. è forma omerica, mentre nelle iscrizioni e in autori più recenti si trova la forma Φανοτεύς.

Per gli antichi P. prendeva il nome dall'eroe P. o Fanoteo (Paus., x, 4, 1), considerato anche, come fondatore della città, figlio di Foco. Nella mitologia P. è legata con Prometeo (Paus., x, 4, 5) e con Tizio già nei poemi omerici (Od., xi, 581). I mitici abitatori della città erano i Flegiei (Paus., x, 4, 1). Le fonti antiche tramandano che P. era nella valle del Cefiso che le scorreva vicino, poco più a N di Orchomenos; confinava con Cheronea ed era la città più a S della Focide.

Dei monumenti ricordati dalle fonti, fra cui la tomba di Tizio, la rocca di Phanotos e la tomba di Lisandro, nessuno è oggi rintracciabile nella località di Haghios Vlasios, dove si può porre l'ubicazione della città in base a descrizioni puramente geografiche. Le scarse iscrizioni, per lo più sepolcrali, non ne hanno confermato la posizione (I. G., ix, 1, 74, 75, 76, 77; S. E. G., iii, 413). In forte posizione sulla collina, P. era molto importante già al tempo di Omero che la ricorda come la principale città della Focide. Testimoniano della sua antichità frammenti di ceramica tardo-micenea trovati presso le rovine delle mura a S. In seguito fu soggetta a fortunose vicende: fu distrutta durante la spedizione di Serse in Grecia, quando fu invasa la Focide (Herodot., viii, 34) e poi da Filippo di Macedonia nel 346 a. C. (Paus., x, 3). Conquistata con un inganno dal console T. Q. Flaminino senza combattere (Liv., xxxii, 18, 6; Polyb., xxix, 12, 7) nel 198 a. C. fu di nuovo distrutta nell'86 a. C. nella guerra contro Mitridate.

Nell'età di Pausania era così decaduta che unica testimonianza della passata grandezza era una statua di marmo pentelico (Paus., x, 4, 1). Della città rimangono oggi i resti della cinta muraria che fu probabilmente ricostruita dopo la distruzione ad opera di Filippo di Macedonia. Le mura, costruite su piccoli rilievi, abbracciavano un territorio molto esteso in direzione E-O, avevano quattro torri nel lato S, meno difeso dalla conformazione naturale del terreno, due a O, una a N e a S-E si allungavano in un forte bastione. Vi si aprivano tre porte: una nel lato S, una a O, e una a N.

Nella costruzione del muro non si distinguono tecniche diverse. Il materiale impiegato è un'arenaria tagliata a blocchi regolari.

La cinta muraria presentava un tipo di torre caratteristico che secondo il Tillard aveva come copertura una piattaforma senza parapetto, il che permetteva una libertà di movimento che compensava forse la minore protezione offerta. Il Tillard si è basato per la sua ricostruzione sulla analogia con le torri della città di File che però avevano, secondo l'opinione di Wrede, una copertura di forma conica.

Bibl.: F. Schober, Phokis, Crossen (Oder) 1924, p. 39 ss.; L. B. Tillard, in Ann. Brit. Sch., XVII, 1910-11, p. 73; W. Wrede, in Ath. Mitt., XLIX, 1924, p. 207; E. Kirsten, in Pauly-Wissowa, XVIII, 3, 1949, c. 637 ss., s. v.