Panezio di Rodi

Dizionario di filosofia (2009)

Panezio di Rodi Pensatore (185 ca


110 ca. a.C.). Allievo ad Atene degli stoici Diogene di Seleucia e Antipatro di Tarso, è il fondatore e il principale rappresentante (insieme a Posidonio che fu suo discepolo) di quello stoicismo eclettico che va sotto il nome di media Stoa. Soggiornò a Roma tra il 145 e il 130, e fu in rapporto con Scipione Emiliano e Lelio, insieme a Polibio (il cui pensiero presenta delle analogie con il pensiero di P., specialmente per quel che concerne l’ideale della costituzione mista), contribuendo alla diffusione delle concezioni stoiche presso i Romani. Anche la cultura filosofica di Cicerone (in partic. quella testimoniata dai primi due libri del De officiis) deriva in larga misura da P. e dal suo allievo Ecatone di Rodi. Tornato ad Atene, successe nel 129 ad Antipatro di Tarso nello scolarcato della scuola stoica. Dei suoi scritti sono pervenuti soltanto frammenti. Lo stoicismo di P. è caratterizzato dalla ripresa di motivi platonici (del Platone giovanile o ‘socratico’) e aristotelici, di cui si cerca la conciliazione con le dottrine stoiche, mitigate nel loro rigorismo: P. crede nell’eternità del mondo, combatte la divinazione, rivendica il libero arbitrio, nega l’immortalità dell’anima (nella quale distingueva una parte razionale – l’egemonico – propria solo dell’uomo; una parte irrazionale, comune anche agli animali; e una parte naturale, posseduta anche dalle piante), attenua la rigida opposizione stoica tra il saggio-virtuoso e l’ignorante-malvagio, ammette la possibilità di un ‘progresso’ dell’uomo verso la virtù, per la quale si richiede la cooperazione della totalità degli uomini. La sua celebrazione e la sua giustificazione provvidenziale del dominio di Roma ne fanno una sorta di ideologo del circolo degli Scipioni; fu inoltre tra i maggiori mediatori della cultura greca con la civiltà romana e la sua attività contribuì alla diffusione e all’affermazione dello stoicismo tra gli ambienti oligarchici e repubblicani di Roma.

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