NEGRI, Palladio

Dizionario Biografico degli Italiani (2013)

NEGRI, Palladio

Silvano Cavazza

NEGRI (Fosco), Palladio. ‒ Nacque a Padova tra il 1450 e il 1460, come si desume dalla carriera letteraria, in mancanza di dati biografici precisi dovuta anche all’incertezza sul suo effettivo cognome.

Come Negri (Niger) è citato solo tra il 1480 e il 1491, nelle lettere e nel De Latinae linguae reparatione dell’umanista Marco Antonio Coccio (Sabellico). Dal 1496 compare sempre come Fosco (Fuscus), sia nelle proprie opere, edite e inedite, sia nei documenti notarili, anche in volgare, dell’ultima parte della vita. Secondo Apostolo Zeno Fuscus fu il travestimento umanistico del cognome originario; appare però inspiegabile perché abbia cambiato il nome dei suoi esordi, con il quale è menzionato con onore da Sabellico. La particolarità del caso fu già notata dai contemporanei; intorno al 1515 Nardino Celinese iniziava un’invettiva contro di lui con il verso: «Nescio quo te nomine appellem» (Calvelli, 2003, col. 573).

Nel 1483 aveva completato la sua formazione letteraria: Sabellico gli scrisse di ritenerlo ormai pronto a ricoprire l’insegnamento udinese che lasciava per la cattedra di Venezia, anche se poi raccomandò un diverso candidato. Negri, chiaramente, aveva cercato l’appoggio del più anziano umanista, come testimoniano il tono deferente e l’invio di doni. Sabellico lo cita sempre in relazione con il ricco nobile di Traù Coriolano Cippico, noto cultore di studi storici e antiquari; nel De Latinae linguae reparatione scrive che Cippico e Negri avevano fatto rinascere in Dalmazia le Romanae litterae. Negri era entrato in contatto con Coriolano attraverso il figlio di questo Alvise, laureatosi a Padova nel 1482; con Alvise si era recato a Traù, da dove indirizzò a Sabellico l’unica lettera che sia pervenuta, con le condoglianze per la morte del nipote. A Traù ebbe forse la prima esperienza come maestro di scuola; appare infatti improbabile il periodo d’insegnamento precedente a Sebenico, dal 1475 al 1480, che spesso gli viene attribuito. L’incarico a Traù durò poco, tanto che nel 1486 progettò di recarsi a Roma con Alvise Cippico, entrato al servizio della Cancelleria papale. Rimane incerto se il viaggio, rinviato a causa dell’epidemia di peste, sia stato effettivamente compiuto; era comunque ancora in relazione con Alvise quando questi, sempre residente a Roma, venne nominato vescovo di Famagosta, il 22 ottobre 1489: celebrò l’avvenimento con l’elegia Hunc nivei signare diem candore lapilli.

All’inizio degli anni Novanta visse a Padova, frequentando gli ambienti universitari. Nel 1496 uscì a Venezia per Giovanni Tacuino (data di fine stampa 28 aprile) la sua edizione di Catullo, con un ampio commentario: Catullus una cum commentariis eruditi viri Palladii Fusci Patavini. Il libro è dedicato al giovane Lorenzo Bragadin, pronipote del doge Francesco Foscari e figura già nota nel patriziato umanistico veneziano. L’autore dichiara di avere completato l’edizione negli anni precedenti (pridem) e annuncia di avere in corso un analogo lavoro sulle Epistulae di Plinio il Giovane.

L’opera rappresenta il secondo commento completo al poeta latino, dopo quello di Antonio Partenio da Lazise (Brescia 1485), ma appare scarsamente originale. Molte correzioni testuali sono riprese da altri filologi, senza che ne venga fatta citazione esplicita: in particolare Negri presenta come propri molti emendamenti di Sabellico, pubblicati a stampa solo nel 1497, ma già circolanti da anni. Per la costituzione del testo dichiara di aver seguito un manoscritto vetustior, che però non può essere identificato con il  Codex Tragurinus di Catullo, all’epoca di proprietà della famiglia Cippico (ora Parigi, Bibliothèque nationale, Lat. 7989). Il mancato utilizzo di questo testimone fa supporre che il lavoro sia stato iniziato quando l’autore era ormai lontano da Traù. Il commento ebbe un limitato successo: Giovanni Tacuino lo ristampò nel 1500, in un volume che comprendeva anche le opere di Tibullo e di Properzio, aggiungendovi le note di Antonio Partenio e le più recenti Emendationes di Giacomo Avanzi; nella stessa forma il libro fu ripubblicato nel 1520, sempre a Venezia, da Guglielmo da Fontaneto.

Quando uscì l’edizione di Catullo, Negri era già passato a Zara, come rector scholarum. Il posto gli fu offerto nel 1493 da due membri del patriziato locale che studiavano a Padova, Girolamo de Cressava, rettore della facoltà delle Artes, e Donato Civatelli, di cui otto endecasillabi sono stampati all’inizio del libro del 1496. L’incarico fu perfezionato  con atto notarile del 25 giugno 1493: Negri (citato come Magister Palladius Patavinus) prendeva il posto di Cristoforo Negri o de Nigris da Spalato (la diversa origine esclude ogni ipotesi di parentela), morto l’anno precedente. Il soggiorno a Zara si protrasse fino all’estate del 1516. Negri, che probabilmente prese moglie in città, per qualche tempo ebbe anche le funzioni di cancellarius ad criminalia.

Nella nuova sede continuò la sua attività letteraria, senza tuttavia riuscire a stampare i suoi lavori. Del commento a Plinio non si hanno più notizie. Compose i due libri De situ orae Illyrici, con la descrizione della costa dalmata da Albona a Dulcigno (libro I); il libro II, molto più breve, illustra le isole adiacenti. Negri dichiara di scrivere «non audita, sed visa» (Opis obale Ilirika, 1990, p. 86), dopo aver soggiornato nella regione «plures annos», ma dipende anche dagli autori antichi, in particolare Strabone e Pomponio Mela. Nell’opera ci sono vari riferimenti a umanisti dalmati contemporanei e l’elogio di Coriolano Cippico. Al periodo zaratino risalgono anche gli inediti Commentarii de bello Turcico, in tre libri (Padova, Biblioteca del Seminario, Mss., 647, seconda scrittura del codice), sulla guerra tra Venezia e il sultano Bajazet del 1499-1503, dedicati a Sebastiano Giustinian subito dopo la fine del conflitto, ma forse completati in seguito.

Nel 1516 passò a insegnare a Capodistria. Non si sa quanto sul suo trasferimento abbia influito la polemica con un altro docente di umanità, il friulano Nardino Celinese (Celinaeus), che scrisse due invettive in versi contro di lui. A Capodistria, dove cominciò a tenere le lezioni in ottobre, ebbe un onorevole stipendio (16 lire e 6 soldi mensili) e l’uso di una abitazione; tra i suoi allievi ci fu Annibale Grisonio, futuro commissario straordinario dell’Inquisizione in Istria, che avrebbe fornito le notizie sul suo conto a Bernardino Scardeone, il primo biografo. Dell’attività letteraria di questo periodo rimangono poche tracce: lo scambio di epistole con Agostino del Pozzo (Puteus), trevisano, cancelliere della città, che introduce il codice padovano dei Commentarii; tre distici latini in testa all’opera del geografo capodistriano Pietro Coppo De toto orbe, peraltro rimasta manoscritta.

Morì a Capodistria il 17 o 18 ottobre 1520 mentre faceva lezione, per un attacco apoplettico.

Secondo Scardeone lasciò inediti altri scritti, non più rintracciabili: un’opera De insulis in tre libri, una miscellanea modellata sulle Noctes Atticae di Gellio, una raccolta di Epigrammata. Nel giugno 1540 il minorita Bartolomeo Fonzio (1502-62) pubblicò a Roma, presso Antonio Blado, il De situ orae Illyrici e l’elegia per Alvise Cippico, dedicando il libro al cardinale Gasparo Contarini, che aveva avuto l’incarico di esaminare l’accusa di luteranesimo mossa nei suoi confronti. Fonzio definisce Negri suo precettore, anche se non ci sono notizie di un soggiorno in Dalmazia o in Istria prima del 1520. Il De situ orae Illyrici, ripubblicato e annotato da G. Lucio nel 1668 e nel 1673, ebbe in seguito varie ristampe in Italia e all’estero, fino all’edizione critica, con traduzione croata, Opis obale Ilirika, a cura di B. Kuntić-Makvić - M. Kurelac, Zagreb 1990.

Fonti e Bibl.: M.A. Sabellico, Opera, Venetiis 1502, cc. 5rv, 10rv, 32rv, 48r, 57v, 112v; Id., De Latinae linguae reparatione, a cura di G. Bottari, Messina 1999, pp. 146, 156 s., 200; B. Scardeone, De antiquitate urbis Patavii, Basileae 1560, p. 240;  G.J. Vossius, De historicis Latinis, Lugduni Batavorum 1627, p. 544; G. Lucio, De regno Dalmatiae et Croatiae, Amstelodami 1668, pp. 451-456; Id., Inscriptiones Dalmaticae, Venetiis 1673, pp. 53-57; A. Zeno, Palladio Fosco, ovvero Negri, in Giornale de’ letterati d’Italia, XVII (1714), pp. 278-284 (= Id., Dissertazioni Vossianae, II, Venezia 1753, pp. 49-56); S. Sabbadini, Palladio Fosco, in Archeografo triestino, s. 3, XIII (1926), pp. 176-208; G. Praga, Un poemetto di Alvise Cippico, in Arch. storico per la Dalmazia, X (1930), pp. 318-320;  R. Avesani -  B.M. Peebles, Studies in P.D. Avogaro of Verona, in Italia medievale e umanistica, V (1962), pp. 25-26; M. Kurelac, Paladije Fusko. Život i djelo ( Palladio Fusco. Vita e opere), in Opis obale Ilirika cit., pp. 5-76; K. Čvrljak, Padovanski humanist Palladio Fosco v Dalmaciji in Istri (L'umanista padovano Palladio Fosco in Dalmazia e Istria), in Annales/Anali, I (1991), pp. 81-90; J.H. Gaisser, Catullus, Gaius Valerius, in Catalogus translationum et commentariorum, VII, Washington 1992, pp. 239-243; Id., Catullus and his Renaissance Readers, Oxford 1993, pp. 97-108; L. Calvelli, L’opera letteraria di Nardino Celinese, in Aquileia nostra, LXXIV (2003), coll. 557-560, 563, 573 s.; P.O. Kristeller, Iter Italicum, II, p. 10b; III, p. 242b; IV, p. 636b: VI, p. 387a; Repertorium fontium historiae Medii Aevii, VIII, 4, p. 461 (s.v. Palladius, Fuscus).