PALESTINA

Enciclopedia dell' Arte Antica (1963)

Vedi PALESTINA dell'anno: 1963 - 1973 - 1996

PALESTINA

M. Avi-Yonah

La storia della P. è stata determinata prevalentemente dai fattori geografici: le sue piccole proporzioni le impedirono di avere, se non raramente, una parte decisiva negli avvenimenti politici mondiali; divisa in molte e ancor più minuscole unità geografiche, pianure costiere, montagne e valli, ben di rado fu unita politicamente, etnicamente o economicamente; per la sua posizione, la P. è un ponte tra l'Asia e l'Africa, sottoposta all'attrazione di forze contrastanti a S e N; infine il fatto di trovarsi tra il Mar Mediterraneo, via di comunicazione con l'Europa e l'Occidente, e l'Oriente asiatico, la destinò a divenire campo di battaglia dei contrastanti impulsi provenienti da mondi così diversi.

1. Cronologia. - Come la maggior parte delle nazioni orientali, gli abitanti dell'antico Israele erano privi di un sistema fisso di cronologia. In verità nella letteratura biblica si trovano di tanto in tanto riferimenti a qualche avvenimento che si era profondamente impresso nell'immaginazione contemporanea e che servì come punto di riferimento per una quasi-èra; ma spesso manca la data esatta di questo avvenimento che darebbe all'èra il suo valore in termini di cronologia assoluta. Così il profeta Amos incominciò la sua attività "due anni prima del terremoto"; ma poiché non si sa la data di questo evento, l'indicazione è storicamente priva di valore. Dal punto di vista cronologico sono lievemente migliori le datazioni relative all'esodo dall'Egitto, per le quali si hanno riferimenti calcolando la morte del gran sacerdote Aronne (40 anni, Numeri, iv, 33) e la fondazione del tempio di Salomone (480 anni, I Re, vi, 1). Si tratta tuttavia di calcoli assai arbitrari, basati sull'unità di una "generazione" (40 anni); il numero 480 viene usato per periodizzare la storia biblica, ma esso è ottenuto calcolando 12 generazioni (12 è il numero delle tribù d'Israele). Una terza serie di datazioni incomincia con la prigionia di Ioakin, re di Giuda, nelle mani di Nabucodonosor II, re di Babilonia (anno 5 - Ezechiele, i, 2; anno 12 - ibid., xxxiii, 21; anno 25 - ibid., xi, 1; anno 37 - II Re, xxv, 21). Di questo avvenimento si conosce ora esattamente la data, da una cronaca babilonese recentemente scoperta che lo pone nella primavera del 597 a. C. Un esempio interessante di sincronizzazione relativa si trova in Numeri, xiii, 22, dove la fondazione della città di Hebron è datata 7 anni prima di quella di Zoan (Ayaris - Tanis). Si è calcolato, sulla base di documenti egiziani, in particolare la "stele dell'anno 400", che quest'ultimo avvenimento si sia verificato nel 1730 a. C. Sincronizzazioni simili, ma molto più precise, ci hanno messo in grado di stabilire la cronologia assoluta della successiva storia dei regni di Israele e di Giuda. In questo caso riveste un particolare valore la lista assira degli eponimi con le loro precise datazioni. Con il loro aiuto la data della battaglia di Qarqar tra il re Acab di Israele e i suoi alleati siriani e il re assiro Salmanassar III è stata fissata all'853 a. C., prima data esatta di un avvenimento biblico. Egualmente si sono ottenute le date per momenti fondamentali della storia d'Israele, come la caduta di Samaria (721 a. C.), l'assedio di Gerusalemme da parte di Sennacherib (701 a. C.) e la caduta della Città Santa (586 a. C.).

In mancanza di un'èra, i normali scopi cronologici furono realizzati con il vecchio e frequente espediente degli anni di regno. Questo metodo cronologico è stato di particolare valore per il periodo della monarchia divisa, quando c'erano le due serie contemporanee dei re di Israele e di Giuda. Sfortunatamente i numeri dati nel Libro dei Re e nelle Cronache hanno dato luogo a molte incertezze. Una delle difficoltà è l'abitudine di antedatare, ossia di calcolare l'ultimo anno del re deceduto e il primo del nuovo come due anni, sebbene per il calendario si trattasse di uno solo. Il metodo opposto di postdatare pare sia stato usato in Giuda dall'epoca di Manasse (697 a. C.) in poi; il primo anno ufficiale era l'anno successivo, secondo il calendario, all'avvento del nuovo re. Un'altra fonte di confusione è la differenza relativamente al Capodanno. In origine corrispondeva all'equinozio della primavera, cioè il mese di Nīsān è di solito chiamato "il primo mese" - che si suppone sia anche il mese dell'Esodo, cioè il principio di un'era. Tuttavia circa nel 620 a. C. avvenne un cambiamento e l'equinozio dell'autunno fu scelto come principio dell'anno (nel mese di Tishrī). Tracce di altri giorni di Capodanno sono state conservate nelle successive tradizioni ebraiche. Quattro dei nomi ebraici originali dei mesi (Ābīb, Ziw, Ētānīm, Būl) sono stati conservati nella Bibbia; ma dalla cattività in poi, gli Ebrei adottarono i nomi babilonesi dei mesi che hanno mantenuto da allora. I mesi erano mesi lunari, contando da una neomenia alla successiva; ogni 2-3 anni l'ultimo mese (Adar) doveva essere ripetuto in modo da evitare una forte differenza tra il calendario e le stagioni dell'anno.

I metodi di datazione con gli anni di regno continuarono ad essere impiegati nei tempi posteriori all'esilio: dapprima con gli anni dei re persiani (Ezra, vi, 15; Neemia, ii, 1); nel periodo degli Asmonei s'incominciò un secondo conteggio con l'inizio dell'indipendenza nazionale: "Nel primo anno di Simone, il gran sacerdote, capitano e principe degli Ebrei" (I Maccabei, xiii, 42). Ere simili di indipendenza furono introdotte nei tempi della prima e seconda rivolta contro i Romani. Monete ebraiche della prima rivolta (66-70 d. C.) sono datate "Anno (1-5) della libertà di Sion"; quelle della seconda rivolta (o guerra di Bar Kōsĕbā, 132-135 d. C.): "Anno (1-3) della redenzione di Israele"; le stesse datazioni si trovano in documenti trovati nelle caverne vicino al Mar Morto. Successive comunità ebraiche in P. usarono calcolare le date della distruzione del tempio (iscrizioni di Zoar, documenti della Gĕnīzāh) fino a quando il metodo attuale di conteggio dalla creazione del mondo (che si suppone sia avvenuta nel 3761 a. C.) fu adottato nel Medioevo.

La prima vera èra usata in P. fu l'èra seleucide del 312 a. C. Fu preceduta da un'effimera èra datata dalla conquista di Alessandro (monete di ῾Akka); l'èra dei Lagidi non ha lasciato tracce certe in Palestina. L'èra seleucide è usata perfino nel Libro dei Maccabei e si trova su iscrizioni fino al III sec. d. C. In fonti storiche (Giuseppe, ecc.) la cronologia è basata sugli anni di regno degli imperatori tuttavia, parallelamente a questi, il materiale epigrafico e numismatico ci offre una pletora di ère locali che divennero sempre più comuni quando l'urbanizzazione progredì nel periodo romano.

Le prime ère cittadine sono apparentemente connesse con la progressiva decadenza della monarchia seleucide. A questa lotta per l'indipendenza locale si possono attribuire le ère di Tolemaide (174-173 a. C.), Tiro (126-125 a. C.) e Ascalon (104-103 a. C. e di nuovo 84 a. C.). La restaurazione dell'indipendenza delle città ellenizzate da parte di Pompeo dopo la loro forzata sottomissione al governo degli Asmonei, e la fondazione della lega della Decapoli, furono l'occasione dell'adozione di un'èra pompeiana (variante tra il 64-63 e il 61-60 a. C.) da parte dei membri di quella lega (Skythopolis, Gadara, Hippos, Abila, Pella, Gerasa, Dion, Philadelphia, Kanatha e Raphana) nonché da parte di Gaza e Dora. Alcune città adottarono un'èra gabiniana (60-59, 58-57) in onore del luogotenente di Pompeo, Aulo Gabinio, che continuò l'opera del suo capo. La visita di Giulio Cesare durante il suo viaggio da Farsalo ad Alessandria fu connessa con un altro gruppo di ère locali che s'iniziano il 48-47 a. C. (Skythopolis, Tolemaide).

Successive ère cittadine non possono essere associate con avvenimenti generali di carattere simile alle ère pompeiane, gabiniana o cesarea; essendo la conseguenza della fondazione (o seconda fondazione) di singole città, sono indicazioni cronologiche preziose per la storia locale. Così le ère di Sebaste (25 a. C.) e Cesarea (10-9 a. C.) si riferiscono alla seconda fondazione di queste città da parte di Erode il Grande; così l'èra di Tiberiade (18 d. C.) con la creazione di una nuova pòlis da parte del tetrarca Erode Antipa in onore dell'imperatore Tiberio. Successive ère locali si riferiscono alla fondazione di Nāblus (72-73 d. C.) e forse anche di Nikopolis-Emmaus (70? d. C.) dopo la guerra giudaica; al rinnovamento di Autodon sotto i Flavî (79-83?), alla fondazione di Capitolias al di là del Giordano sotto Nerva (97), alla visita di Adriano alla città di Gaza (130), all'istituzione delle città di Diospolis (Lydda) ed Eleutheropolis (Bēt Gūbrīn) da parte di Settimio Severo (149-200). È interessante notare che la città di Aelia Capitolina, fondata da Adriano sulle rovine di Gerusalemme, non ebbe mai, per quanto si sa, un'èra propria.

Un'altra èra, adoperata in un territorio esteso, era quella della provincia di Arabia, connessa con la trasformazione del regno dei Nabatei in una provincia romana da parte di Traiano nel 106 d. C. Fu usata al di là del Giordano da Bostra sino al Mar Rosso, nonché nella parte meridionale della Palestina (il Negeb); e continuò ad essere impiegata anche dopo la separazione delle sue regioni meridionali e il loro trasferimento alla Palaestina III.

Il calendario usato nel periodo greco-romano in P. era generalmente il macedone, con il primo mese, Loos, che incominciava con l'equinozio dell'autunno (19 ottobre); ci furono tuttavia variazioni locali. Giuseppe usa i nomi macedoni dei mesi, ma li equipara ai mesi dell'anno ebraico. Nel tardo periodo romano e nel periodo bizantino l'uso dei nomi latini dei mesi si diffuse sempre di più; ciò è evidente, ad esempio, dai mosaici che rappresentano i lavori dei mesi, dei quali ne sono stati trovati parecchi.

Nel periodo bizantino le ère locali continuarono, ma di solito furono accompagnate dall'anno dell'indizione; spesso tuttavia è usata soltanto l'indizione, ciò che rende la data priva di valore ai fini della cronologia assoluta. In questo paese si verificano anche isolati esempî di uso dell'èra dei martiri (o di Diocleziano, 284 d. C.), che ebbe origine in Egitto.

La conquista araba fu seguita da una nuova èra, quella dell'Egira (settembre 622 d. C.). Papiri trovati a Nessana nel Negeb, nonché le monete dei primi califfi, indicano che questa èra venne impiegata assai presto.

2. - Preistoria. - I più antichi segni della presenza dell'uomo in P. risalgono al Paleolitico Inferiore, con manufatti litici appartenenti alle culture Chelleana e Acheuleana; la civiltà paleolitica si sviluppò poi parallelamente a quella europea, ma con varietà locali.

Al periodo mesolitico (Natufiano) risalgono oggetti in osso lavorato, come teste umane, bastoni terminanti a testa di animale, ecc. Nel Neolitico, chiamato anche Tahuniano, si hanno tracce delle prime eperienze con l'argilla: un gruppo di figurine di animali, la testa di una statua di argilla essiccata al sole; molto piatta, con conchiglie. marine al posto degli occhi e linee dipinte sulla fronte e sul mento per dare l'impressione del tatuaggio; il resto della statua era fatto di creta impastata tutto intorno ad una struttura di canne o giunchi. Un tipo particolare di decorazione appartenente allo stesso periodo, erano veri e proprî teschi, intorno ai quali veniva modellato del gesso, a somiglianza di un viso umano. Tutti questi pezzi sono staù scoperti a Gerico (v.), il più antico nucleo urbano attualmente conosciuto. Diffusi in quell'epoca, specialmente nella Transgiordania, sono i dolmen e i menhir.

Un altro complesso di oggetti provenienti da Sha῾ar ha-Gālān appardene invece alla cultura yarmukiana che fu la prima a far uso dell'irrigazione nell'agricoltura; le figure di questo gruppo rozzamente ricavate dalla pietra, sembrano testimoniare il culto della fertilità. Nel seguente periodo, il Calcolitico (4000-3000 a. C.), la cultura materiale compie grandi progressi: si costruiscono case di mattoni con le fondamenta di pietra e il tetto di legno, si acquisiscono le prime nozioni sulla fusione dei metalli (prima del solo rame, poi del bronzo, più duro, e infine dell'oro), si introduce il tornio per la lavorazione dei vasi. Ecco quindi la P. emergere dalla fase tribale per creare comunità più complesse e organizzate. Nel campo artistico questo sviluppo può constatarsi specialmente in due località: a Teleilāt Ghassūl (v.), dove sono stati trovati, sulle pareti di una casa, degli affreschi raffiguranti una stella policroma circondata da figure stilizzate di animali estremamente frammentarie, un uccello reso naturalisticamente, e scene di sacrifici; da Tell Abu Matar (v.) ed es-Safadi, presso Bersabea, provengono delle statuette di osso (due uomini e, un uccello, forse un pellicano), che presentano corpi lunghi ed emaciati, dalle superfici piatte ma con protuberanze accentuate; gli occhi, la barba, ecc. sono resi per mezzo di buchi e solchi. Urne cinerarie a forma di abitazione sono state trovate a Khadēra; la loro superficie è decorata con motivi geometrici.

3. - Periodo cananaico (circa 3000-1200 a. C.). - Nell'antica Età del Bronzo (3000-2000 a. C.), con l'inizio della documentazione epigrafica, la P. entra nella luce della storia. Durante quest'epoca sorgono nuovi centri abitati e si sviluppano quelli già esistenti; Semiti nord-occidentali, organizzati in regni cittadini e tribù, appaiono accanto alle popolazioni preesistenti, le quali esercitano su di loro una profonda influenza. All'inizio di questo periodo l'influenza della cultura mesopotamica si estese per tutto il Medio e Vicino Oriente, giungendo fino all'Egitto (periodo di Gemdet-Naṣr); tuttavia, specialmente lungo la costa, si fece sentire anche l'influenza egiziana. La ceramica palestinese presenta una caratteristica decorazione a fasce di linee, verticali o oblique, che nella fase seguente (Bronzo Antico II) sotto la nuova influenza egiziana, sarà sostituita da una bella ceramica caratterizzata da un'ingubbiatura rosso-bruciato e da un ricco gioco di disegni. Nel periodo successivo, che rappresenta la fase culminante dell'Età del Bronzo in P., compare una ceramica detta di "Khirbet Kerak" (v. bēt yeraḥ), dal luogo in cui fu trovata la prima, volta; questa ceramica, diffusa nella P. settentrionale e in Siria, si presenta con eleganti forme di vasi, decorati con motivi geometrici a spirale e a curve su un fondo lucido rosso e nero. La località più importante era in questo periodo ῾Ai (v.), dove è stato trovato un edificio di forma rettangolare con tetto di legno sostenuto da pilastri lignei. Alla fine dell'anticà Età del Bronzo si fanno risalire due stele ornate con bassorilievi; una, proveniente da Shihān ed attualmente al Louvre, rappresenta un guerriero armato di lancia; l'altra trovata a Balu῾ah ed ora nel museo di ῾Amman, presenta tre personaggi in piedi. Entrambe le opere, e specialmente la seconda, risentono dell'influenza dell'arte egiziana. La media Età del Bronzo (2000-1500 a. C.) è il periodo dei Patriarchi. In tale periodo si ebbe dapprima un graduale aumento della dominazione egizia, a causa della vigorosa politica del Medio Regno. L'influenza culturale dell'Egitto si fa sentire nell'importazione di scarabei e nelle imitazioni che di essi si fecero sul posto. La protezione offerta dall'Egitto permise un rapido sviluppo della cultura materiale, dall'architettura all'artigianato. Le città erano circondate da alte mura, e nel loro centro sorgevano templi e palazzi, mentre nelle suppellettili funebri incominciò ad abbondare l'oro. Questo periodo di prosperità cessò con l'invasione degli Hyksos, che attraversarono la P. per giungere alla loro ultima meta, l'Egitto. Il periodo Hyksos è caratterizzato dall'aggiunta di una scarpata alle fortificazioni delle città cananee, dai cavalli sepolti insieme ai loro padroni nelle tombe (gli Hyksos introdussero infatti nell'Occidente la guerra a cavallo), e da bei vasi carenati. Con la espulsione degli Hyksos dall'Egitto, e poi dalla P., ha inizio l'Età del Bronzo Recente (1550-1200). In quel periodo i faraoni della XVIII e XIX dinastia esercitavano la loro sovranità sulla costa e sulle pianure, ed estendevano il loro potere, sebbene in misura minore, sulle montagne e oltre il Giordano; essi esercitavano il potere per mezzo di re locali, guarnigioni e soldati mercenari. Tra i centri che subivano quest'influenza, era Bēt Shĕ᾿ān (v. beisan) con i suoi quattro templi di modello egiziano, le sue stele e statue che ci rivelano un culto egiziano almeno nella sua forma esteriore. Altra città soggetta al potere dei re egiziani era Lachish (v.) con i suoi templi costruiti nel fossato della città, poi Megiddo (v.), in cui sono stati trovati importanti avorî, alcuni di fattura locale e altri di importazione. Questo periodo è caratterizzato da importazioni da Cipro e dalle regioni di civiltà micenea.

Fra gli oggetti di culto vanno ricordate le cosiddette "placche di Astarte" (v. astarte): sono piccole placche di ceramica raffiguranti una dea nuda vista frontalmente, con accentuati caratteri sessuali e con le mani tenute sul ventre o sollevate stringendo gigli; di origine mesopotamica, queste placche subirono in P. l'influsso dell'arte egiziana, rilevabile nell'acconciatura della dea, simile a quella dell'egizia Ḥatḥōr (v.). Durante tutto questo periodo la P. rimase, politicamente e culturalmente, nell'orbita dell'Egitto, mentre a N Fenicia e Siria creavano una ben più evoluta cultura.

Col passaggio dall'Età del Bronzo Recente all'Età del Ferro, si assiste al progressivo insediamento delle tribù israelitiche sul territorio palestinese, ed inizia nella storia della P. una nuova fase, che si può chiamare israelitica.

4. - Periodo israelitico (1200-586 a. C.). - Le tribù israelitiche che si insediarono nella P. occupando la regione delle colline portarono la distruzione nel paese e provocarono un abbassamento del livello della vita, mentre mettevano in crisi il dominio egiziano che nelle pianure costiere veniva scosso dai Popoli del Mare. Di questo gruppo i più importanti erano i Filistei, i quali dopo essere stati scacciati dall'Egitto da Ramesses III nel corso di una battaglia terrestre e marittima, avevano ricevuto il permesso di stabilirsi nella parte S-E della P. (alla quale diedero il loro nome). La loro supremazia, che a poco a poco si estese su tutta la zona pianeggiante della costa e su parte delle montagne, era dovuta al fatto che essi possedevano armi di ferro.

In sede archeologica, i Filistei lasciarono una caratteristica ceramica che appunto da essi è stata chiamata "ceramica filistea" (v.). Tale ceramica, risalente ai secoli XII-XI a. C., è stata trovata quasi esclusivamente nella zona costiera della P., abitata dai Filistei, ciò che dimostra che essa rimase propria a questi ultimi e che la sua diffusione verso l'interno fu molto limitata. L'affinità che tale ceramica presenta con quella micenea si spiega sul piano dell'imitazione locale (cosa del resto confermata dalla qualità dell'argilla e dalla tecnica che restano particolari della P.), ed è significativa la constatazione che il tipo di tale decorazione vascolare si rifà a modelli comuni del secolo precedente a Cipro e a Rodi, più che a Creta e nella Grecia (manca ad esempio la ceramica dello stile "del granaio", diffusa allora in Grecia).

I tipi di vasi più diffusi in questa ceramica sono i crateri e le brocche, decorati con disegni geometrici e con cigni in rosso e nero su un fondo color crema; frequente la presenza di decorazione a metope. Contemporanei alla ceramica filistea sono dei sarcofagi di terracotta a forma antropoide, di evidente ispirazione egiziana, ma alla cui diffusione pare non siano stati estranei i Filistei.

La vittoria della nazione israelita sulla pressione filistea avvenne per opera di Saul e di David, i due primi re di Israele, e portò all'egemonia israelitica, che durò sino al regno di Salomone. Questo periodo è caratterizzato da un progressivo miglioramento nel campo materiale, sotto l'influenza dei Fenici, che aiutarono Salomone nel suo commercio con Ofir attraverso Elat (v.) e il Mar Rosso. Lo sfruttamento delle miniere di rame di ῾Arabah nella nuova fonderia di Eziongeber (v.) apportò molta ricchezza e così pure le intraprese commerciali del re, che faceva da mediatore tra l'Egitto e l'Asia Minore. Anche dopo la divisione del regno israelitico nell'Età del Ferro II (930-586 a. C.), la prosperità materiale rimase immutata sino alle invasioni assire. Gli scavi eseguiti a Samaria (v.), a Megiddo e Hazor (v.) hanno fornito grande abbondanza di oggetti dell'epoca, i quali testimoniano di un alto livello di vita, specialmente nella città e nei palazzi reali.

L'architettura, con le facciate in pietra dei palazzi e l'uso di casematte nelle fortificazioni, rivela la crescente imluenza fenicia, a scapito di quella egiziana. II particolare sistema di fortificazione usato nell'epoca a cavallo tra il II e il I millennio a. C., pur essendo stato ripreso dai Fenici, risale attraverso questi e i Siriani, agli Hittiti; esso consisteva nel costruire una doppia fila di mura, distanziate di circa 1 m e mezzo; l'intercapedine ottenuta serviva da magazzino oppure, colmata con pietre e terra, rinforzava la resistenza del complesso. Esempî di tali fortificazioni a casematte sono stati rinvenuti a Tell el-Ful (presso Gerusalemme) con robusti bastioni agli angoli, a Sichem (v.), Bēt-Shemesh (v.), Tell Beit-Mirsim (v.) e, di data più recente, a Ramat Rāḥēl (v.), presso Gerusalemme.

Del complesso più importante dell'epoca, il tempio ed il palazzo di Gerusalemme, non è rimasta traccia, ma lo possiamo ricostruire con una certa sicurezza basandoci su resti di edifici analoghi. La triplice divisione del tempio in vestibolo, sala e sancta sanctorum la si ritrova ad esempio in un tempio cananaico di Hazor del XIV sec. a. C. e in un tempio siriano a Tell Tayinat, di poco posteriore alle costruzioni salomoniche. La somiglianza giunge fino all'erezione di due pilastri (Iachim e Boaz) presso l'entrata di ambedue questi templi. Quanto ai particolari ornamentali del tempio di Salomone, dobbiamo basarci sugli esempî conosciuti dell'arte fenicia, tanto più perché si fa esplicita menzione di operai e fornitori di materiale fenici tra coloro che collaborarono alla costruzione del tempio (v. ḥīrām).

A Megiddo (v.) sono stati trovati i resti di un vasto complesso di edifici la cui pianta li rivela per le "stalle di Salomone" di cui parla la Bibbia (I Re, ix, 15 ss.); tali "stalle" mostrano un razionale sfruttamento dello spazio, con le loro corsie fiancheggiate da pilastri. Dai santuarî cananaici di questo periodo provengono amuleti e incensieri, insieme a modelli in argilla di santuarî che mostrano come tali edifici constassero di due piani. Da Ramat Rāḥēl provengono alcuni frammenti di òstraka dipinti. Da Samaria provengono degli avorî che rivelano il miscuglio di influenze egiziane e mesopotamiche proprio dell'eclettismo dell'arte fenicia. La ceramica della Età del Ferro raggiunge un alto livello di fattura, con oggetti ben torniti e rifiniti, e decorati con cerchi dipinti. Fiorì in quel tempo anche la glittica come ci testimonia la serie di sigilli con iscrizioni nell'antica scrittura ebraica, che comprende il famoso sigillo di Shemac, servo di Geroboamo, rinvenuto a Megiddo, e il sigillo di Ya'azanyah proveniente da Tell en-Naṣbeh (v.); il primo portava l'immagine di un leone ruggente, il secondo quello di un gallo in combattimento.

Nell'Età del Ferro si ebbe una graduale scomparsa della potenza egiziana, che, dopo un periodo di vuoto politico, fu sostituita prima dall'impero assiro e poi da quello babilonese. Israele e Giuda videro in questo periodo la fioritura dello spirito profetico, che alla visione di un solo Dio univa ideali di giustizia sociale. I profeti non riuscirono però a salvare Israele, che nel 721 a. C. fu schiacchiato dagli Assiri, e nemmeno ad impedire l'esilio babilonese di Giuda (586 a. C.); nel caso di Giuda però furono almeno capaci di mantenere l'unità del popolo e di salvare la sua integrità spirituale durante la cattività babilonese. Il ritorno dei Giudei in Sion segna l'inizio di un nuovo periodo nella storia della Palestina.

5. - Periodo ellenistico-romano (537 a. C.-324 d. C.). - Questo lungo periodo in cui la P. subì profondamente l'influsso dell'Occidente, greco prima e romano poi, iniziò con la dominazione persiana, che si dimostrò effettivamente abbastanza tollerante. La P. fu divisa in varie province (Giuda, Samaria, Idumea) sotto il satrapo di 'Eber ha-Nāhār ("oltre il fiume", cioè l'Eufrate), residente in Damasco. Le città costiere furono lasciate ai Fenici, che continuarono ad esercitare il loro potere sulla costa, eccetto Gaza (v.) ed in alcuni possedimenti dell'interno come Sichem (v.) e Marissa (v.). La P. meridionale e la Transgiordania erano occupate da una popolazione araba molto progredita, i Nabatei (v. nabatea, arte), che in quelle aride regioni riuscirono a far fiorire l'agricoltura, e conseguirono una certa ricchezza con il commercio carovaniero. Il periodo persiano (nel campo della cultura) è contrassegnato da una notevole penetrazione delle influenze greche, come ci è soprattutto dimostrato dall'importazione di vasi attici a figure nere e rosse e dall'imitazione di modelli greci nei sigilli e nelle monete. L'influenza greca penetrava per mezzo dei mercanti e dei mercenari al servizio dei Persiani. Con la conquista di Alessandro Magno e l'assedio e la caduta di Tiro, la P. si arrese quasi senza opporre resistenza, e così i Persiani furono sostituiti dai Macedoni nell'amministrazione del potere. Dopo la morte di Alessandro e la divisione del suo regno tra i Diadochi, la P. cadde prima nelle mani dei Tolomei, che la governarono dal 312 al 198 a. C.; quindi questi furono sostituiti dai Seleucidi, che però persero gradualmente terreno in seguito alla sconfitta subita per opera dei Romani e a causa della rivolta dei Maccabei (167 a. C.). Il periodo ellenistico si distinse per l'afflusso di immigrati greci e per la fondazione di colonie greche, le quali, insieme alle precedenti città ellenizzate della costa, trasformarono pian piano l'aspetto culturale della regione. L'ellenismo in P. come in tutto il resto dell'Oriente, creò un'amalgama di cultura e religioni, il cui contenuto orientale si presentava con forme greche.

Con l'arrivo, nel 64 a. C., di Pompeo in Oriente, il potere passò dalle mani dei Greci e degli indigeni in quelle dei Romani; si ebbe così un periodo di agitazione generale e locale, che terminò con l'avvento di Erode il Grande (37 a. C.). Il periodo romano è caratterizzato da un'ancor maggiore infiltrazione della superiore cultura greco-romana nella vita orientale, ma anche da sempre crescenti, se pur nascoste, tendenze orientalizzanti, che vengono alla luce man mano che ci si avvicina all'epoca bizantina. Tale contrasto è particolarmente evidente nel regno di Erode, tra le città ellenizzate e la parte giudaica del paese.

Le opere più interessanti del periodo ellenistico che ci siano pervenute sono gli affreschi delle tombe di Marissa (v.), risalenti alla seconda metà del III sec. a. C.; queste tombe appartenevano ai maggiorenti d'una colonia di Sidoni stabilitasi a Marissa verso la metà del III sec. a. C. In una scena degli affreschi è raffigurata una serie di animali selvatici, alcuni fantastici, della quale si è cercato la fonte in un libro greco che illustrava lo zoo di Alessandria. Da Bēt Shĕ᾿ān proviene inoltre una testa scultorea di Alessandro. Al periodo seleucide risale il mausoleo della famiglia ellenizzata dei Tobiadi (circa 175 a. C.), costruito ad ῾Araq el-Emir in stile ellenistico, ma il cui fregio è costituito da una fila di leoni di stile assiro. Abbastanza comune era l'uso di scavare le tombe nelle rocce: se ne trovano nella stessa località di ῾Araq el-Emir e presso Gerusalemme (tombe cosiddette di Assalonne e dei Benē Ḥēzīr; v. gerusalemme). Una più profonda influenza ellenistica si riscontra nei maggiori monumenti architettonici quali la cittadella maccabaica di Bētzur e, specialmente, la planimetria della città di Marissa, costruita secondo il più rigoroso canone ellenistico. Con Erode l'influenza romana diventa preponderante; Gerusalemme (v.) ebbe una nuova cinta di mura e il tempio fu ricostruito; Samaria fu ricostruita col nome di Sebaste e, come la nuova Cesarea (v.), presenta uno stile prettamente augusteo; questo stesso stile lo si ritrova persino nel palazzo del re nella remota Masada (v.). All'inizio del periodo romano, entro e fuori di Gerusalemme, si formò d'altra parte uno stile particolare, greco-giudaico, i cui esempî tuttora visibili sono le tombe di quel periodo, scavate nella roccia, oltre ai relativamente pochi resti di edifici (per lo più rimangono le fondamenta) e le decorazioni degli ossuarî ebraici trovati nelle tombe intorno alla capitale.

La decorazione floreale, che compare nelle tombe e negli ossuarî, e tutta la sistemazione architettonica delle tombe intorno a Gerusalemme, riappaiono tuttavia in Galilea, dove la popolazione ebraica della P. si riversò dopo gli eventi del 70 d. C. e specialmente dopo la disastrosa Seconda Rivolta contro i Romani (132-135 d. C.). Qui infatti la decorazione delle catacombe di Bēt She῾arīm, e cioè le sculture del mausoleo, i primitivi rilievi sulle tombe e sugli architravi, e i sarcofagi di recente scoperti, continuano la tradizione dell'arte ebraica quale era stata elaborata in Gerusalemme prima della sua distruzione. Le sinagoghe della Galilea del tipo più antico (del III e IV sec. d. C.) imitano i fastosi modelli dei templi della Siria (e in particolare del Ḥaurān), sia nelle essenziali linee architettoniche che nello stile; le tradizioni del posto (e in particolare il passaggio dalla divisione plastica a quella ottica delle superficie) riaffiorano solo nei particolari (per l'arte di questo periodo, v. giudaica, arte).

6. - Periodo bizantino (324-614). - Nel 324 Costantino sconfisse Licinio presso Costantinopoli e divenne così il signore dell'Oriente. L'adozione del cristianesimo come religione dell'Impero, rivoluzionò completamente la posizione della P. che dal rango di una delle più piccole province dell'Impero, divenne la Terra Santa della religione dominante, ricca di ricordi e di luoghi santi, il cui numero andò aumentando nel corso di tutto quel periodo. Lo stesso Costantino (per l'intervento della madre Elena e per consiglio del vescovo Macario) fece erigere due chiese sul luogo del-l'Anastasis e sul Monte degli Olivi a Gerusalemme, oltre alla chiesa della Natività a Betlemme (v.) e una chiesa nel tradizionale luogo di Mamre, presso Hebron (v.). Questi primi martyria consistevano in una chiesa basilicale accanto ad un santuario rotondo o ottagonale eretto sul punto preciso che si voleva venerare. L'esempio di quest'imperatore fu imitato dai suoi successori e anche da privati, tanto che il numero delle chiese e dei monasteri anche in piccole località di scarsa importanza divenne notevole, e se ne continuarono a costruire quasi senza interruzione fino alla conquista araba. Particolarmente intensa fu questa attività all'epoca dell'imperatrice Eudossia (metà del V sec.) e di Giustiniano (527-565); nel periodo seguente le dispute dogmatiche che caratterizzarono il dominio bizantino, provocarono un'inquietudine che rallentò il ritmo delle costruzioni religiose; più tardi ancora, ecco sopravvenire, a portare maggiore agitazione nella regione, le rivolte dei Samaritani e le incursioni dei Saraceni. Dato che la maggior parte delle principali chiese della P. furono costruite nel primo periodo dell'architettura bizantina, esse sono del tipo basilicale; rare sono le cupole a pennacchi. I principali mutamenti introdotti nella pianta delle chiese sono rappresentati dall'introduzione del nartece e di diverse absidi; tra le chiese del periodo bizantino si ricordano la Basilica della Natività a Betlemme (come è stata rimaneggiata da Giustiniano), la chiesa dell'Ascensione (ora convertita in moschea) e numerosi edifici in rovina, che si trovano specialmente nella parte a S (Subeita) ed a E del Giordano (Gerasa). Molte chiese presentano una pavimentazione a mosaici multicolori, che sono in buono stato. Il più interessante di essi è quello che si trova a Madaba (v.) e rappresenta l'unica antica carta geografica della P. che ci sia pervenuta. Il tipo comune di pavimento porta un tralcio di vite che ha origine da un vaso di acanto, con scene rurali (vendemmia, caccia, ecc.) tra i rami del tralcio. Interessante prodotto dell'arte musiva bizantina è il pavimento delle sinagoghe ebraiche del VI e VII sec. che rivelano un vivido stile popolare nella rappresentazione di scene bibliche, del cerchio zodiacale e di oggetti sacri.

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