Paideia

Dizionario di filosofia (2009)

paideia


Traslitt. dal gr. παιδεία, der. di παῖς παιδός «ragazzo». Il termine, che nell’accezione originaria è l’equivalente di «educazione», assunse ben presto in Grecia il significato di «formazione umana», per arrivare poi a indicare il contenuto e il risultato di tale formazione, cioè la cultura nel senso più elevato e personale. Nel senso di «formazione spirituale» il termine è impiegato con frequenza da Platone (Protagora, 327 d; Gorgia, 470 e; Alcibiade maggiore, 122 c) che addirittura ne estende l’influenza alle sorti dell’anima dopo la morte, di cui la p. condiziona – insieme al suo vissuto – il destino futuro (Fedone, 107 d), e che ne fa una sorta di ‘virtù’ capace di dirigere piaceri e dolori dell’anima (Leggi, 653 c). P. è perciò non tanto la pedagogia come mezzo per un traguardo formativo, quanto piuttosto il fine stesso dell’educazione, l’ideale di perfezione morale, culturale e di civiltà cui ogni uomo deve tendere; essa è «un ornamento (κόσμος) quando si è felici, un rifugio quando si è infelici», come si legge in un frammento attribuito a Democrito (framm. 68 B 180 Diels-Kranz). Secondo il modello ispiratore greco, che da Platone e Isocrate al tardo ellenismo ha assunto varie sfumature, il raggiungimento della p. è frutto di un processo continuo, mai compiuto, che impegna tutto l’uomo, ma attraverso il quale questi realizza pienamente sé stesso come soggetto autonomo, consapevole di sé e in armonia con il mondo. In questo senso l’ideale della p. non è raggiungibile se non nella dimensione della vita associata, della comunità, della polis, in cui l’individuo realizza la propria natura umana – che è essenzialmente sociale e politica – nel senso più alto. Per questo in uno Stato che nella sua totalità ha un unico fine, l’educazione deve essere unica e uguale per tutti, e pubblica e non privata deve esserne la cura, come dichiara Aristotele nella Politica (VIII, 1, 1137 a), lodando il grande impegno nell’educazione dei giovani profuso dagli Spartani. I Latini adottarono quale termine corrispondente quello di humanitas, con il quale si indica l’educazione e l’iniziazione in bonas artes, ossia nelle arti liberali, le sole degne dell’uomo libero, che lo caratterizzano come diverso dagli altri animali e lo rendono humanissimus, ossia uomo nel senso più alto del termine. Tale definizione, e l’equivalenza dei termini παιδεία e humanitas, si trova in Aulo Gellio (Noctes Acticae, XIII, 17), ma in questo senso usarono il termine Cicerone (De oratore, I, 71) e Varrone (Antiquitates rerum humanarum, I). In tedesco il termine p. viene di solito tradotto con Bildung.

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