PAGNO di Lapo Portigiani

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 80 (2014)

PAGNO di Lapo Portigiani

Paolo Parmiggiani

PAGNO di Lapo Portigiani. – Nacque nel 1408 dallo scalpellino fiesolano Lapo di Pagno e da Bartolomea (Fabriczy, 1903, p. 1).

Nella Firenze del primo Rinascimento, l’avvio della sua carriera è da inquadrare nella cerchia di Donatello e di Michelozzo, che nei suoi anni giovanili avevano stipulato una società e lo assunsero in qualità di aiutante. Dopo i primi anni della formazione, svolta con ogni probabilità nello stretto ambito familiare, Pagno fu precocemente attivo fuori Firenze, verosimilmente al seguito dei due maestri.

Come risulta dalla portata al Catasto che suo padre presentò il 13 agosto 1427, negli anni Venti Pagno si muoveva per «il mondo di fuori di questo contado», non fruttando «per la casa sua niente già e più e più tempi» (ibid., p. 7). Effettivamente, come si ricava dalla portata al Catasto paterna dell’anno successivo, già dal 1426 il giovane Pagno operava tra Firenze e Pisa con Donatello e Michelozzo. Dopo 18 mesi di lavoro, il padre attestò un mancato pagamento da parte dei due soci nei confronti del figlio: «i detti maestri non hanno fatto suo salare et non se ne accordano con lui» (ibid., p. 8). A quell’epoca Donatello e Michelozzo conducevano i lavori per la Tomba di Baldassare Coscia per il battistero di Firenze, e per la Tomba di Rinaldo Brancacci per la chiesa di S. Angelo a Nilo a Napoli, le prime opere note a cui Pagno dovette mettere mano.

Benché si sia tentato di attribuire allo scultore alcune parti dei monumenti, il suo intervento non è chiaramente identificabile tra le parti scolpite ed è plausibile che abbia interessato le parti strutturali e decorative piuttosto che quelle figurative, riconducibili ai due capibottega (Lightbown, 1980, pp. 49, 120-124).

Il 18 settembre 1428 Pagno venne pagato dall’Opera del Duomo di Siena per aver collaborato tre mesi e mezzo alfonte battesimale del battistero di S. Giovanni a Siena. Tale partecipazione potrebbe essere letta sia come suo temporaneo distacco dalla società dei due scultori fiorentini, sia invece come volontà di Donatello – che ebbe parte nell’opera, tuttavia gestita principalmente da Jacopo della Quercia – di un coinvolgimento di Pagno (Janson, 1957; Beck, 1991, p. 457). Come per le tombe Coscia e Brancacci, l’intervento di Pagno può essere ricondotto alle parti lapidee strutturali e decorative. Un ulteriore pagamento da parte dell’Opera senese risale all’8 marzo 1429 (Bacci, 1929; Beck, 1991,  pp. 464 s.). Pagno risulta nuovamente attivo nella società di Donatello e Michelozzo in occasione dei lavori per il pergamo esterno del duomo di Prato, commissionato nel 1428.

In particolare, di notevole rilevanza fu il suo ruolo nella cessazione dello stallo lavorativo del 1432, dovuto all’allontanamento dalla Toscana dei due scultori, recatisi a Roma. Il 1° aprile 1433 egli infatti venne incaricato di «andare a Roma e tornare, mandato per gli Operai perché fosse chagione di rimenare qua Donatelo e el chompagno» (doc. in Martinelli, 1957, pp. 171 s.). L’intervento di Pagno nella realizzazione del pulpito non è tuttavia oggi individuabile per via stilistica, ed è plausibile che, come nelle precedenti opere realizzate dalla società, egli si limitasse a lavori lapidei di tipo strutturale (Lightbown, 1980, pp. 236-244).

Nel 1436 fu nuovamente a Siena, alle dipendenze di Jacopo della Quercia, in occasione di lavori su sette blocchi di marmo destinati a statue per la loggia di S. Paolo (Fabriczy, 1903, p. 2). Nella seconda metà degli anni Trenta, riprese probabilmente la collaborazione con Donatello, in particolare per realizzare la cantoria del duomo di Firenze, oggi nel Museo dell’Opera del duomo.

Pur in mancanza di documentazione, è possibile che Pagno abbia aiutato il maestro in lavori di sgrossatura, di tipo ornamentale e di preparazione delle parti marmoree. La critica ha portato alla luce documenti che attestano la partecipazione di aiuti, segnalando una qualità incostante delle parti figurate (Rosenauer, 1993, pp. 151 s.).

Nel 1441 compare tra gli scultori attivi alla lavorazione dei capitelli per la basilica di S. Lorenzo a Firenze (Ozzola, 1903 e 1927-29). Tra 1445 e 1448, assieme a Giovanni Rossellino realizzò il tabernacolo per il fonte battesimale del duomo di Massa Marittima (Markham Schulz, 1977, pp. 85,157 s.).

In quest’opera, i debiti nei confronti del fonte battesimale senese sono evidenti; tuttavia, se le parti figurative si rifanno a modelli del primo Donatello e mostrano caratteri di matrice tardo-gotica, esse appaiono al contempo già improntate ai modi rosselliniani.

Dalla fine degli anni Quaranta, collaborò con Michelozzo alla realizzazione di una delle opere più rilevanti della propria carriera: il tempietto della Ss. Annunziata a Firenze, commissionato da Piero de’ Medici. Già Giorgio Vasari attestava come Piero avesse affidato il progetto del tempietto a Michelozzo, il quale a sua volta lo aveva fatto eseguire dallo scultore fiesolano, che «in ciò fare, come quello che in poco spazio volle molto racchiudere, ebbe molte considerazioni» (Vasari, 1568, p. 238). Pagno suggellò il proprio lavoro apponendo sul lato interno dell’architrave del tempietto la propria firma: «Piero di Cosimo de Medici fece fare questa hopera et Pagno di Lapo da Fiesole fu el maestro chella fe, MCCCCIIL. costo fiorini 4000 el marmo».

L’edicola si presenta come un’imponente opera marmorea, retta da quattro alte colonne scanalate e sormontata da una copertura lignea del XVII secolo. Le parti marmoree superiori sono riccamente decorate con motivi all’antica tipici del repertorio donatelliano, particolarmente affini a quelli della cantoria del duomo fiorentino. L’architrave regge un fregio di tondi collegati da festoni, sui quali sono raffigurate teste infantili, che costituiscono oggi un importante riferimento per la comprensione dello stile figurativo di Pagno. Appartenenti al tempietto sono alcuni elementi oggi non più collocati al suo interno: l’altare (oggi nel Museo Bardini a Firenze) e quattro vasi di sostegno, a esso pertinenti, ora nelle due cappelle situate al di sotto dell’organo della stessa basilica (Neri Lusanna - Faedo, 1986; Liebenwein, 1993; Morolli, 1998, pp. 148-163).

Altri interventi nell’Annunziata gli furono attribuiti da Vasari, nessuno dei quali però può essere accettato o verificato positivamente. In particolare, sono da escludere le opere di metallurgia, con le quali la formazione fiesolana e il percorso da lapicida non sono in accordo: un perduto bronzo di S. Giovanni Battista, e un perduto candeliere bronzeo, ascrivibile, su base documentaria, a Maso di Bartolomeo, il quale fu anche autore della cancellata bronzea del tempietto.

Vasari attribuì a Pagno anche il rilievo marmoreo della Madonna col Bambino detto Madonna della Neve, collocato nel chiostro dei Voti dell’Annunziata, che invece deve essere considerato opera dei primi decenni del Cinquecento (Casalini, 1959; Sbaraglio, 2012, pp. 40, 66).

Il 5 agosto 1451, assieme a Bernardo Rossellino, Pagno valutò il rilievo di Luca della Robbia raffigurante l’Ascensione e due Angeli portacero ora nella sagrestia dei Canonici del duomo di Firenze (Marquand, 1914; Markham Schulz, 1977, p. 125).

A partire dal 1451 dovette avviare il proprio trasferimento a Bologna, dove in breve tempo si stabilì con la famiglia. Il 31 agosto 1453 è registrato nel capoluogo emiliano assieme a quattro figli, due nipoti e alla madre (Fabriczy, 1903, pp. 3 s., 9; Supino, 1910, pp. 90 s.). Negli anni bolognesi risulta attivo in autonomia, o in compagnia con altri, ma comunque non più alle dipendenze di un artista. Tra il 1453 e il 1462, in società con lo scultore fiorentino Antonio di Simone, compare più volte nel cantiere di S. Petronio per vari lavori di decorazione (Supino, 1910, pp. 91-93, doc. 89). Nel dicembre 1454, con questo stesso scultore, pattuì di scolpire capitelli e basi di pietra per il portico di palazzo Bolognini.

La collaborazione tra i due è da estendere anche ai lavori di completamento del palazzo: lo stile donatelliano è riconoscibile sia nel portale d’ingresso, in particolare nel fregio decorativo a maglia accanto ai pilastri di sostegno, che richiama il tabernacolo di Parte guelfa in Orsanmichele,  sia nella tipologia dei Putti reggistemma posti sugli elementi che sostengono l’arco (Foratti, 1933, pp. 355-357).

Negli anni Cinquanta dovette lavorare alla cappella Bentivoglio in S. Giacomo Maggiore a Bologna (Ottani Cavina, 1967), dove nel 1458 con ogni probabilità realizzò anche il Monumento equestredi Annibale Bentivoglio, in terracotta policroma, a lui attribuibile sulla base dei repertori fiorentini che presuppongono un artista fortemente legato all’ambito di Donatello (Supino, 1910, p. 106).

L’effigiato è ritratto su un cavallo impennato posto di fronte a uno spazio prospettico che ricorda l’incorniciatura dell’Annunciazione Cavalcanti diDonatello nella chiesa di S. Croce a Firenze e che denota una profonda conoscenza dell’opera del maestro fiorentino. Il motivo a maglia derivato dal tabernacolo di parte guelfa è affine a quello del portale di palazzo Bolognini, mentre l’idea del monumento equestre impennato potrebbe essergli derivata dal progetto per il monumento di Alfonso V d’Aragona, commissionato a Donatello ma da questo mai portato a compimento.

Dai primi anni Sessanta iniziò a essere impegnato, in qualità di architetto, nella sua opera più importante, vale a dire palazzo Bentivoglio (distrutto nel 1507), commissionatogli da Sante Bentivoglio e compiuto da Giovanni II alla morte del padre. Il palazzo è attribuito a Pagno dal contemporaneo Girolamo Albertucci de’ Borselli: «Dominus Zantes Bentivolus in strata sancti Donati ultra sanctum Iacobum et domum Caroli de Malvitiis palatium regale incepit, magistro Pagno florentino architecto» (Borselli, Cronica… ad annum 1497, p. 95). Alla morte di Sante, nel 1463, il palazzo risultava «cupatum et balchionatum ac voltatum nuperrime hedifficatum». Con Giovanni II i lavori proseguirono sempre sotto la direzione di Pagno (Hubert, 2001, pp. 40-43).

Nel giugno 1467 Pagno s’impegnò a erigere un portico davanti alla facciata della cattedrale di S. Pietro a Bologna, andato distrutto nel Settecento (ibid., p. 44). Il 29 luglio 1467 avviò i lavori per la perduta cappella di Ludovico Ludovisi in S. Domenico a Bologna (Malaguzzi Valeri, 1899, pp. 67 s.; Foratti, 1933, p. 366).

Ignoti sono il luogo e la data di morte.

La sua ultima portata al Catasto è del 1469, in cui risultano i possedimenti fiesolani ma non il domicilio, che probabilmente non era più Bologna. Nella portata al Catasto del 1487 suo figlio Francesco dichiarava di aver ereditato dai genitori i possedimenti di Fiesole (Fabriczy, 1903, pp. 10 s.).

Fonti e Bibl.: G. Borselli, Cronica gestorum ac factorum memorabilium civitatis Bononiae… (ab urbe condita ad a. 1497), a cura di A. Sorbelli, in Rer. Ital. Script., 2a ed., XXIII, 2, p. 95; G. Vasari, Le vite… (1550 e 1568), a cura di R. Bettarini - P. Barocchi, III, Testo, Firenze 1971, pp. 238 s.; W. Bode, Denkmäler der Renaissance-Sculptur Toskanas in historischer Anordnung, München 1892-1905, pp. 45 s.; F. Malaguzzi Valeri, L’architettura a Bologna nel Rinascimento, Bologna 1899, pp. 17, 56-69, 150 s.; C. von Fabriczy, P. di L. P., in Jahrbuch der königlich preussischen Kunstsammlungen, XXIV (1903), suppl., pp. 1-18; L. Ozzola, La basilica di S. Lorenzo e un registro d’entrata e uscita di Cosimo de’ Medici, in La Rassegna nazionale, 16 settembre 1903, p. 242; A. Venturi, Storia dell’arte italiana, VI, Milano 1908, pp. 260-263, 272-274, 280 s., 328 s., 368 s.; G. Poggi, Il duomo di Firenze. Documenti sulla decorazione della chiesa e del campanile tratti dall’Archivio dell’Opera (Berlin 1909), ed. postuma a cura di M. Haines, II, Firenze 1988, pp. 15 doc. 1537, 23 doc. 1571; I.B. Supino, La scultura in Bologna nel secolo XV, Bologna 1910, pp. 8 s., 14 s., 36 s., 88-95, 103-106, 111-113, 128 s., 130-135, docc. 89, 95; A. Marquand, Luca della Robbia, Princeton, NJ, 1914, p. 76; L. Ozzola, Lavori dei Rossellino e di altri in S. Lorenzo a Firenze, in Bollettino d’arte del Ministero della pubblica istruzione, XXI (1927-29), pp. 232-234; P. Bacci, Jacopo della Quercia: nuovi documenti e commenti, Siena 1929, p. 212; I.B. Supino, L’arte nelle chiese di Bologna, II, Bologna 1932, pp. 12-17, 45-49, 166-169, 252 s., 313-315, 330, 356 s.; A. Foratti, L’attività di P. di L. P. in Bologna, in Miscellanea di storia dell’arte in onore di Igino Benvenuto Supino, Firenze 1933, pp. 353-373; H.W. Janson, The sculptured works of Michelozzo di Bartolommeo, Ph.D. Diss., Harvard Univ., Cambridge, MA, 1941, pp. 331-343; Id., Two problems in Florentine Renaissance sculpture, in The Art Bulletin, XXIV (1942), 4, pp. 326-334; Id., The sculpture of Donatello, Princeton, NJ, 1957, p. 66; V. Martinelli, Donatello e Michelozzo a Roma, I, in Commentari, VIII (1957), pp. 167-194; Id., Donatello…, II, ibid., IX (1958), pp. 3-24; E.M. Casalini, La Madonna della Neve di P. di L. P., in Studi storici dell’Ordine dei servi di Maria, IX (1959), pp. 59-63; A. Ottani Cavina, La cappella Bentivoglio, in Il tempio di S. Giacomo Maggiore in Bologna, Bologna 1967, pp. 117-128; A. Markham Schulz, The tomb of Giovanni Chellini at San Miniato al Tedesco, in The Art Bulletin, LI (1969), 4, pp. 317-332; Id., The sculpture of Bernardo Rossellino and his workshop, Princeton, NJ, 1977, pp. 11, 85, 119, 138, 157 s.; Madonna col Bambino, in Il Museo dell’Opera del duomo a Firenze, a cura di L. Becherucci - G. Brunetti, I, Venezia 1975, pp. 282 s.; F. Guerrieri, Donatello e Michelozzo nel pulpito di Prato, Firenze 1970, pp. 15-17; H. McNeal Caplow, Michelozzo, London-New York 1977; V. Herzner, Regesti donatelliani, in Rivista dell’Istituto nazionale d’archeologia e storia dell’arte, s. 3, II (1979), pp. 104, 123, 129-132, 139, 141-144, 175; R.W. Lightbown, Donatello & Michelozzo, I, London 1980, pp. 49, 120-124, 236-244; M. Ferrara - F. Quinterio, Michelozzo di Bartolomeo, Firenze 1984, passim; Ara d’altare della Ss. Annunziata di Firenze, in Il Museo Bardini a Firenze, a cura di E. Neri Lusanna - L. Faedo, Milano 1986, pp. 252 s.; J. Beck, Jacopo della Quercia, New York 1991, II, pp. 457, 464 s.; W. Liebenwein, Die ‘Privatisierung’ des Wunders: Piero de’ Medici in Ss. Annunziata und San Miniato, in Piero de’ Medici ‘il Gottoso’, Berlin 1993, pp. 251-290; A. Rosenauer, Donatello, Milano 1993, pp. 151 s.; G. Morolli, «Sacella». I tempietti marmorei di Piero de’ Medici: Michelozzo o Alberti?, in Michelozzo. Scultore e architetto (1396-1472). Atti del convegno … 1996, Firenze 1998, pp. 131-170; F. Quinterio, Le ultime fasi della costruzione di S. Lorenzo a Firenze sotto P. di L. (1455-1465), in Bollettino della Società di studi fiorentini, 2001-2002 [2005], nn. 9-10, pp. 9-16; H.W. Hubert, L’architettura bolognese del primo Rinascimento. Osservazioni e problemi, in L’architettura a Bologna nel Rinascimento (1460-1550): centro o periferia? Atti della giornata di studi..., a cura di M. Ricci, Bologna 2001, pp. 29-46; F. Caglioti, Horse’s head, in In the light of Apollo. Italian Renaissance and Greece, a cura di M. Gregori, I, Cinisello Balsamo, 2004, pp. 198-200, n. II 6; C. Avery, Crying in the wilderness, in Apollo, 2008, n. 167, pp. 98-103; L. Sbaraglio, Una terracotta di Donatello: la Madonna dalla tomba di Giuliano Davanzati in S. Trinita, in Nuovi studi, 2012, n. 18, pp. 37-82.

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