Outdoor Festival

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La principale manifestazione sui temi della street art e dell’arte urbana in relazione al territorio a Roma, e una delle più importanti in Italia. Il festival, organizzato dall’agenzia NUfactory, nasce nel 2010, e nel 2015 giunge al suo sesto appuntamento annuale. Dalla sua prima edizione O. è intervenuto nel cambiamento della percezione delle persone e delle istituzioni in merito alla street art a Roma, nonché in quella delle aree in cui ha operato, primariamente nel quartiere di Ostiense – ex-zona industriale oggi ribattezzata Street art district – e nei limitrofi spazi urbani di Garbatella e San Paolo. Nelle ultime due edizioni il festival, che va visto quale discorso aperto e in continua evoluzione su forme di esperienza culturale innestate nella struttura della città, cambia concetto e si orienta alla ridefinizione di “non luoghi”, ovvero complessi dismessi o edifici abbandonati. La rosa degli artisti che ha partecipato al festival è molto varia e comprende anche artisti non propriamente operanti nell’ambito della street art ma che hanno saputo egualmente intraprendere un discorso in linea con la missione culturale di O., esaltandone la vocazione sperimentale e tesa al dialogo. Armonizzando la scelta tra artisti locali, italiani e internazionali O. ha ospitato nei suoi primi sei anni di vita nomi del calibro di C215, Sten&Lex, Borondo, A. Iacurci, JBrock, Faith47, Dot Dot Dot, 108 e Lucamaleonte, solo per citarne alcuni.

Edizione 2010. La prima edizione di O. manifesta sin dalla collaborazione e dal contributo finanziario delle istituzioni il suo carattere di punto di svolta nella considerazione pubblica della street art a Roma in rapporto al contesto urbano. Curatore dell’edizione è Christian Omodeo, che uniforma i quattro grandi interventi svoltisi nel quartiere di Garbatella all’utilizzo di un unico medium, il poster, e di una combinazione cromatica in bianco e nero. La scelta vincolante di poster di grandi dimensioni a costituire interventi volutamente effimeri risponde a un preciso indirizzo di contenuto del festival, che mira a far riflettere sullo spazio visuale della città e a proporre un’alternativa artistica all’inquinamento visivo “autorizzato” e spesso taciuto provocato dalla pubblicità, in un contesto come quello romano che vive con urgenza il problema sulla sua pelle. Gli artisti partecipano al festival sono quattro ed esprimono la ricchezza di stili della street art pur nell’omogeneità cromatica e di medium. Sten&Lex e JBrock gli italiani, nonché romani, C215 e L’Atlas i francesi, da cui deriva la collaborazione con il Centre Saint Louis de France. Contestualmente agli interventi alla Garbatella, JBrock e Sten&Lex realizzano due ulteriori muri commissionati da alcune agenzie di comunicazione pubblicitaria in via dei Magazzini Generali a Ostiense, da allora ribattezzata “via della Comunicazione”.

Edizione 2011. L’edizione 2011 di O. nasce sotto la direzione artistica di Gregorio Pampinelli e si svolge nella zona di Ostiense, un’area che custodisce un passato di forte vocazione industriale, testimoniato dalla conformazione urbanistica e architettonica nella quale si staglia il complesso del Gazometro, monumento di archeologia industriale e vero e proprio landmark del circondario. L’obiettivo di questa edizione di O. è stato quello di evidenziare e comunicare il cambiamento in atto nell’area, le trasformazioni urbanistiche e sociali, l’affrancarsi da un pesante retaggio industriale verso la via della rigenerazione. Gli interventi realizzati durante il festival appartengono a un ricco ventaglio di linguaggi, con artisti che provengono da diverse esperienze culturali. Dal writing provengono l’inglese Kid Acne e l’olandese Zedz, quest’ultimo impegnato nella conciliazione di graffiti, scultura e installazioni. Dal campo dell’illustrazione provengono gli italiani Agostino Iacurci e Chiara Fazi ma anche il brasiliano Herbert Baglione, uno dei nomi più rappresentativi della florida scena dell’arte urbana nella metropoli di San Paolo. In ultimo il duo italiano formato da Maria Carmela Milano e Federica Terracina che hanno portato nelle strade di Ostiense un’installazione di knitting art usando lana e altri materiali di scarto. Ancora visibili nell’area sono gli interventi murali realizzati da Iacurci, Baglione e Kid Acne.

Edizione 2012. O. arriva alla sua terza edizione come appuntamento consolidato per la vita culturale della città e in particolare dell’area di Ostiense, già intensamente indagata e ridisegnata nell’edizione 2011 e nuovamente messa in fermento dall’attività del festival 2012 curato da Simone Pallotta. I contenuti del festival proseguono quindi sulla strada maestra inaugurata l’anno precedente, concentrandosi nello specifico sull’esigenza collettiva di arte pubblica nella città e chiedendosi se street art, graffiti e tutte le altre forme di arte urbana, nella necessità di un approfondimento critico, possano rispondere positivamente a tale richiesta nel recinto metropolitano della contemporaneità. Sulla base di queste considerazioni nascono gli interventi dei quattro artisti rappresentati nel terzo episodio della manifestazione. Attorno alla direttrice di Via Ostiense spazi ben visibili sono assegnati ai lavori murali dell’americano Momo, uno dei maggiori interpreti contemporanei del linguaggio astratto in relazione agli spazi e alle linee architettoniche con cui si confronta il suo lavoro; gli spagnoli Sam3 eBorondo, tanto diversi nel segno, illustrativo il primo e pittorico il secondo, quanto vicini nella carica evocativa ed emozionale conferita alle proprie composizioni; in ultimo il writer romano Brus, con le sue calligrafie che mescolano elementi e tradizioni diverse.

Edizione 2013. Sotto la guida di Antonella Di Lullo O. 2013 si propone come primo obiettivo quello di completare l’azione creativa nel processo di trasformazione del quartiere Ostiense, riconversione già ampiamente metabolizzata da abitanti locali e istituzioni. L’intervento dello street artist francese Rero in via Ostiense, in collaborazione con la Wunderkammern Gallery, chiude il cerchio di riattivazione e destinazione a una nuova funzione dell’area, ora divenuta lo Street art district della capitale e centro di produzione e irradiazione della cultura contemporanea. L’edizione 2013 ha voluto anche ampliare l’offerta culturale e soprattutto coinvolgere maggiormente il pubblico, proponendosi come una piattaforma aperta in grado di stimolare il dibattito sulla città e sui cambiamenti a cui essa va incontro attraverso momenti di dialogo, confronto ed esposizione realizzati con la partecipazione di diversi attori del campo culturale capitolino. Due mostre fotografiche realizzate in collaborazione con Officine Fotografiche hanno visto protagonisti l’italiano Niccolò Beretta e il mito americano della fotografia di graffiti e street art Martha Cooper. Con Fabrique Du Cinema è stato realizzato un appuntamento dedicato a giovani filmaker nel contesto del quale è stata inaugurata una personale dell’artista Luca Di Maggio. Il momento più significativo di questa edizione, a ulteriore testimonianza dell’apertura e della ricerca del confronto con il pubblico, è forse stato l’attivazione di un crowdfunding popolare per finanziare la realizzazione di un grande lavoro permanente di Sten&Lex a Garbatella, sulla stessa facciata che li aveva visti protagonisti durante la prima edizione del 2010. L’operazione, la prima in Italia di questo genere, si è rivelata un successo e la cifra raccolta ha persino superato la quota limite di diecimila euro, evidenziando la raggiunta ricettività e il consenso dell’opinione pubblica verso tali linguaggi.

Edizione 2014. Nel 2014 il festival arriva a una svolta e inaugura una nuova fase di O., che terminata l’azione rigenerativa sui quartieri inizia un nuovo percorso nel suo rapportarsi con la città e le sue entità. “Moving Forward” è il titolo che la curatrice Antonella Di Lullo assegna all’edizione, mutuandolo dall’opera che Luca Di Maggio aveva presentato l’anno precedente. Moving Forward è innanzitutto un movimento fisico, che dall’esterno porta il festival negli spazi chiusi dell’ex-dogana dello scalo ferroviario di San Lorenzo. Oltre cinquemila metri quadrati di spazi vuoti, dismessi e abbandonati da oltre quattro anni che grazie all’incontro con l’arte tornano a essere un luogo che ha qualcosa da raccontare, e di cui O. traccia la strada per una completa riconversione. L’idea di rinascita connessa alla città che ha sempre caratterizzato la missione del festival nelle precedenti edizioni muta così forma ma non il cuore del significato. Una delle motivazioni del radicale cambiamento di scenario, dove lo spazio chiuso è puramente fisico e non contraddice il significato di O. da un punto di vista concettuale, è la mancata contestualizzazione di molta street art che accade “all’esterno”, quel legame con lo spazio necessario alla comunicazione dell’opera che il festival 2014 vuole ritrovare, ponendosi quale punto di partenza per una nuova considerazione dei linguaggi dell’arte urbana.

L’utilizzo e la conquista di spazi abbandonati vogliono inoltre mettere in luce una pratica da tempo spontaneamente in voga nel mondo della street art e soprattutto del writing. La quinta edizione del festival si è caratterizzata anche per la rosa, mai così ampia, di artisti partecipanti: ben quindici nomi provenienti da sei differenti nazioni, oltre all’Italia, e in particolare: dalla Grecia il duo Blaqk, dal Giappone Lady Aiko, dalla Norvegia Dot Dot Dot, dalla Francia Thomas Canto, Faith47 e Jack Fox dal Sud Africa, Buff Monster dagli Stati Uniti. Infine gli italiani Brus, Hoek, Ike, Tnec, Jbrock, Galo, Davide Dormino e Laurina Paperina.

Edizione 2015. O. 2015 si presenta sulla scia del precedente come un festival che si installa in un complesso architettonico dismesso da rianimare, agendo da catalizzatore sul luogo attraverso l’arte, prima di una futura riqualificazione e riconversione delle’area. Questa volta gli spazi che ospitano il festival sono quelli della ex-caserma di via Guido Reni nel quartiere Flaminio, tre ettari di terreno occupati da un labirinto di strutture dalle quali sono stati ricavati i padiglioni nazionali su cui articolare la mostra del festival che, con sette nazioni, diciassette artisti e un ventaglio di espressioni creative che va ben oltre la sola street art, prende piuttosto le forme di una grande rassegna d’arte e cultura che di un festival nel senso più evenemenziale della definizione. “Here, now” è il titolo assegnato da Alessandra Lullo, nuovamente alla guida di O., e fa riferimento, come già nell’edizione precedente, alla ricerca della peculiare contestualizzazione dell’opera in un dato spazio e in un preciso momento. Un hic et nunc che incorpora il passato, il presente e il futuro del luogo nonché la relazione dello spettatore con le opere di cui ha esperienza attraversando i diversi padiglioni. Il padiglione Italia è rappresentato dalle astrazioni di 108, dalla collaborazione tra 2501, Recipient e Blind Eye Factory, dal segno incisorio di Lucamaleonte e da quello a incastro di Halo Halo, poi ancora il laboratorio di design No Idea, il romano Rub Kandy e un artista multiforme quale Filippo Minelli. Il padiglione Roma è un progetto della fotografa americana Jessica Stewart attraverso le opere di Alice Pasquini, Uno e Tommaso Garavini. La Francia è rappresentata dall’iperattivo writer Tilt, la Spagna dal collettivo di artisti di Barcellona Penique Productions, il Brasile da Tinho, la Gran Bretagna da Insa, la Grecia da Alexandros Vasmoulakis e dai suoi oggetti raccolti all’interno della caserma, l’Olanda dai rigorosi Graphic Surgery e in ultimo la Norvegia dai contrasti cromatici degli stencil di Martin Whatson.

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