VERNIZZI, Ottavio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 98 (2020)

VERNIZZI, Ottavio

Michele Vannelli

VERNIZZI (Vernici, Vernitio, Invernizzi), Ottavio. – Nacque a Bologna il 27 novembre 1569. Figlio di Pier Jacopo, bidello nel Collegio degli artisti (Mischiati, 1966, col. 1499), e di Flaminia, ebbe due fratelli, Ugo e Pier Jacopo, entrambi bidelli nello Studio bolognese (Frati, 1925, p. 549).

La famiglia assurse poi al rango nobiliare nel Settecento, quando un Filippo Vernizzi acquisì dal duca di Modena il titolo di conte. Giuseppe Guidicini (1872) mette in dubbio ascendenze illustri: «Dicesi che [...] vi fossero memorie comprovanti l’antichità e nobiltà di questa famiglia, le quali memorie se erano documentate bisogna dire che i Vernizzi fossero di molto decaduti perché il padre di Ugo [e di Ottavio] era lavorator di terra dei Boncompagni fuori di Porta strada Maggiore dov’ebbe in dono dai suoi padroni alcuni terreni che bonificò sopra i quali fece una casa con una osteria detta la Cestarella» (p. 51).

Non si hanno notizie circa la formazione e l’attività giovanile di Ottavio. Dovette esercitare occasionalmente la professione di organista in S. Petronio già prima del 1596. In quell’anno, infatti, Vincenzo Bertalotti, titolare dell’organo in basilica, richiese alla Fabbriceria di essere giubilato in ragione dell’età avanzata; con la prospettiva di subentrargli, in febbraio l’allievo Giovanni Battista Mecchi propose ai fabbricieri la propria candidatura, segnalando in un memoriale l’assistenza prestata gratis all’anziano maestro nei quattro anni precedenti e la raccomandazione del cardinale Alessandro Peretti Damasceni, legato pontificio. A sua volta Vernizzi, sostenendo «di non essere inferiore in parte alcuna ad altri che dimandano», fece pervenire al presidente della Fabbriceria analoga supplica, rimarcò passate benemerenze acquisite quale supplente e accennò ai patronati illustri cui aveva accesso (Bologna, Archivio della Fabbriceria di S. Petronio, Suppliche dei musici, cart. 408, f. 1b). Il 15 febbraio, esaminate le due istanze, i fabbricieri risolsero di assumerli entrambi e con apposito regolamento ne stabilirono l’alternanza mensile, l’obbligo di sostituirsi a vicenda in caso di assenza o malattia e il divieto di allontanarsi da Bologna senza regolare licenza (ibid., Ordini da osservarsi dalli sustituti di ms. Vincenzo Bertalotti). Non è dato sapere se tale risoluzione abbia determinato o sia stata determinata dalla costruzione del secondo organo di S. Petronio, deliberata il 16 marzo dello stesso anno e portata a compimento dall’artefice centese Baldassarre Malamini entro i primi mesi dell’anno successivo; di certo l’ampliamento dell’organico e della dotazione strumentale si poneva in linea con l’orientamento di una cappella che già dalla metà del secolo praticava la polifonia a doppio coro. Il 2 ottobre 1596, avendo Malamini installato il nuovo organo nella basilica in tempo per la festa del santo, la Fabbriceria dichiarò il lavoro eseguito a regola d’arte: il nuovo strumento non risultava in nulla inferiore a quello antico e celebre, costruito da Lorenzo da Prato fra il 1471 e il 1475. Come dunque non v’era preminenza di un organo sull’altro, così gli organisti dovevano accettare di essere «equales et equaliter ellecti ad ipsa duo organa», di suonare sugli strumenti, alternandosi mensilmente su quello antico, e di presenziare entrambi nelle occasioni in cui erano richiesti ambedue gli organi; tutto ciò «quod inter ipsos organistas non detur aliqua precedentia nec primitas sed in omnibus equalitas unitas et nulla differentia» (ibid., Declaratio super organis et organistis, cart. 22, c. 85v).

Mecchi e Vernizzi furono assunti alle medesime condizioni: a ciascuno di loro fu accordato uno stipendio di 13 lire, 6 soldi e 8 denari, nonché l’usufrutto di un alloggio di proprietà della Fabbriceria, convertito nel 1604 in un’indennità annuale di 50 lire da destinarsi all’affitto di un’abitazione autonoma. Ben presto Vernizzi ricevette segni di apprezzamento particolare da parte dei superiori, che lo gratificarono con due donativi di 16 lire nell’agosto del 1597 e nel gennaio del 1598, con un’elargizione vitalizia semestrale a partire dal 1625 e con progressivi aumenti di stipendio che ne incrementarono la paga mensile fino a raggiungere le 22 lire nel 1641. Mecchi morì nel 1613, dopo lunga infermità; gli subentrò Lucio Barbieri, già suo sostituto. Vernizzi rimase titolare in S. Petronio per cinquantatré anni e, alla morte, gli succedette l’allievo Giulio Cesare Arresti. Ricoprì l’incarico di organista anche in S. Procolo dal 1629 al 1632 e nell’Arciconfraternita di S. Maria della Vita (Archivio di Stato di Bologna, Amministrazione degli ospedali, Arciconfraternita e ospedale di S. Maria della Vita, VI, Atti di congregazione e miscellanee del sacro altare, n. 1: Liber actorum congregationis..., 1616-1627, cc. 187-188), presso la quale fra Cinque e Seicento prestarono la loro opera molti musicisti della cappella di S. Petronio.

Vernizzi fu apprezzato didatta: membro di una famiglia che annoverava diversi dipendenti dello Studio pubblico, intrattenne rapporti privilegiati con gli studenti universitari, in particolare con quelli consorziati nella natio germanica. Dal 1615 insegnò musica alle monache camaldolesi di S. Cristina della Fondazza, in violazione del divieto ecclesiastico di ammettere maestri esterni nei monasteri femminili; qui ebbe per allieva, fra le altre, Lucrezia Orsina Vizzani, finché nel 1623 le sue lezioni clandestine furono scoperte e interrotte d’autorità (Monson, 1995).

Vernizzi fu aggregato come Indefesso all’Accademia dei Floridi, il vivace cenacolo musicale costituito nel 1615 da Adriano Banchieri e rifondato nel 1623 da Girolamo Giacobbi con il nome di Accademia dei Filomusi. Della sua appartenenza al consesso rimangono tracce in pubblicazioni di Banchieri: nelle Conclusioni nel suono dell’organo (Bologna 1609), passando in rassegna alcuni strumenti particolarmente rimarchevoli, ne ricorda «in S. Petronio mia patria dui rari suonati da Ottavio Vernizzi, e Gio. Battista Mecco» (p. 12); il mottetto Quæsivi quem diligit di Vernizzi è incluso nel Terzo libro di nuovi pensieri ecclesiastici (Bologna 1613); una lettera a lui indirizzata è inserita nelle Lettere armoniche (Bologna 1628, p. 84). Vernizzi partecipò pure all’Accademia dei Ravvivati, introdottovi probabilmente dal poeta Silvestro Branchi.

Nell’aprile del 1615 acquistò per 2000 lire da Lodovico Lodi, lettore all’università, un podere con casa a Roncaglio; il 7 novembre successivo vendette per 9000 lire un altro podere al pescatore Antonio de’ Bovi. Nel 1634 fu coinvolto in una controversia giudiziaria con Lorenzo Zocchi, dottore in legge, per dirimere la quale si richiedeva la sua presenza a Roma; quattro esponenti della nobiltà bolognese, Girolamo Guastavillani, Floriano Dolfi, Bernardino Marescotti e Cesare Rinaldi, firmarono allora una dichiarazione che attestava l’impossibilità di Vernizzi a sostenere una causa a Roma in ragione dell’età avanzata e delle sue insufficienti risorse economiche, derivanti esclusivamente dalla professione di organista e interamente destinate al mantenimento della famiglia. Qualche anno dopo dovette affrontare un’altra causa, questa volta contro un nipote, Marcantonio Scavazzoni: nel 1636 era stato chiamato a testimoniare in un famoso processo contro Andrea Casali e aveva deposto a favore dell’imputato; Scavazzoni aveva scommesso che questi sarebbe stato condannato, come poi effettivamente fu, e sosteneva per questo di dover ricevere dallo zio la somma di 475 lire. Il contenzioso si protrasse fino al 1641, allorché il giudice dichiarò infondate le pretese del nipote (Frati, 1925, pp. 550 s.).

Nel 1614 ebbe un figlio naturale, Francesco, da Lucrezia Tabarelli, vedova di Giovanni Battista Valisani; il 25 settembre di quell’anno dispose un vitalizio di 72 lire annue per la madre e una donazione di beni mobili e immobili, del valore complessivo di 300 scudi, per il figlio. Può darsi che in seguito i due abbiano contratto regolare matrimonio: un lascito testamentario di 30 lire annue a suor Samaritana Valisani, monaca e organista nel convento di S. Agostino e figlia di primo letto della Tabarelli, avvalorerebbe l’ipotesi. Tuttavia nel testamento di Vernizzi, redatto una prima volta il 22 settembre 1639 e una seconda il 2 aprile 1645, non si accenna al figlio Francesco: vi sono ricordati, oltre alla citata suor Samaritana, la seconda moglie Francesca Tegli, che rientrava in possesso della propria dote; la serva Caterina Martingola; suor Egidia Cassandra e dom Vincenzo della Congregazione dei celestini, figli del fratello Ugo; Giulio Cesare Arresti, al quale toccavano l’intera biblioteca musicale e gli strumenti del maestro; Ercole Vernizzi, portalettere, beneficiario della cospicua somma di 1000 lire; Camilla Calzolari. Del rimanente patrimonio l’usufrutto spettava alla moglie Francesca, la proprietà al fratello Ugo e, alla morte di questi, ai figli Giovanni Battista, Egidio e Pier Giacomo. Vernizzi chiedeva inoltre di essere sepolto senza pompa nella chiesa di S. Andrea degli Ansaldi, detta ‘delle scuole’, nei pressi dell’attuale piazza Cavour (Frati, 1925, pp. 549 s.).

Morì in Bologna il 28 settembre 1649.

La virtù compositiva di Vernizzi è testimoniata da cinque raccolte a stampa superstiti di mottetti, pregevoli in sé e preziose per ricostruire le vicende bolognesi di questo genere della musica da chiesa del primo Seicento. L’opera prima, Motectorum specimen (Venezia 1603), dedicata al cardinal Peretti, contiene ventidue composizioni da 5 a 10 voci nello stile a cappella florido e sontuoso tipico dell’ultima stagione del mottetto polifonico cinquecentesco. I modelli di riferimento sono i due libri di mottetti di Andrea Rota (Venezia 1584 e 1595) e soprattutto i Motecta multiplici vocum numero concinenda di Giacobbi (Venezia 1601). Ma in molti brani dello Specimen Vernizzi mette in atto procedimenti compositivi più artificiosi rispetto a quelli adottati dai musicisti della sua cerchia, in particolare nell’uso espressivo delle dissonanze e della concatenazione degli esacordi.

Le altre musiche a stampa di Vernizzi sono tutte in stile concertato, a eccezione del responsorio Omnes amici mei (nella collettanea Responsoria hebdomadae sanctae edita da Ruggero Argigliano, Venezia 1612). L’Armonia ecclesiasticorum concertuum (Venezia 1604, ed. moderna a cura di P. Dessì, Padova 2016) contiene i primi esempi di mottetto concertato in area bolognese; questo opus secundum è dedicato alla corporazione studentesca della natio germanica, i cui ufficiali, pur contrariati per essersi ritrovati intestatari dell’edizione senza averne data previa autorizzazione all’autore, lo compensarono con un donativo di 15 ungari. Il titolo dell’opera terza, Angelici concentus (Venezia 1606), richiama il nome del dedicatario, il senatore Angelo Michele Guastavillani, così come quello dell’opera quarta, Caelestium applausus (Venezia 1612), sottintende un riferimento alla Congregazione dei celestini e al loro abate generale, al quale l’opera è offerta, superiore di Vincenzo, nipote dell’autore. Lo stile concertato praticato da Vernizzi in questi tre libri non si sviluppa nelle forme del recitativo sillabico o melodizzato, bensì in quelle ancora contrappuntistiche del duo, trio e quartetto vocale da chiesa. Soltanto il Caelestium applausus contiene tre mottetti a voce sola; per contro, a conclusione delle due opere precedenti Vernizzi inserì due mottetti a quattro voci di stile antico, caratterizzati da una scrittura arditamente cromatica: la parte del basso continuo ne riporta la partitura. Dell’opera quinta si conosce il solo titolo, registrato in un catalogo librario tedesco del 1613: Concerti Octavii Vernitii a 5.6.8. cum basso (Schaal, 1974). Soltanto trentacinque anni dopo, nell’età «che suole mendicare il riposo e terminare le fatiche», Vernizzi diede in luce l’opera sesta, i Concerti spirituali (Venezia 1648), dedicati al senatore Tommaso Cospi. Vi sono raccolti trentun mottetti concertati a 2, 3 e 4 voci, assai più sviluppati, quanto a forma, proporzioni e varietà di stili compositivi, rispetto alle composizioni analoghe uscite tra il 1603 e il 1613.

Nel 1617 aveva composto gli intermedi della Statira, tragedia di Silvestro Branchi, rappresentata in seno all’Accademia dei Ravvivati. La collaborazione fra il musicista e il poeta produsse ancora gli Intermedi di Ulisse e Circe per l’Alteo (1617), il Trattenimento musicale d’Apollo con il Reno (1621), gli intermedi La coronatione d’Apollo per Dafne conversa in lauro per L’amorosa innocenza (1623) e, per la ripresa di tale tragicommedia nello stesso anno, quattro nuovi intermedi (Europa rapita da Giove cangiato in toro, Il trionfo della fama, Angelica legata allo scoglio liberata da Ruggiero, Rinaldo liberato da gl’incanti d’Armida). Nel 1639 – gli accademici si erano ricostituiti sotto il nome di Riaccesi – compose con Camillo Cevenini le musiche per La tavola rotonda, banchetto con commedia di Nicolò Turchi Zoppio celebrato il 21 febbraio a casa Guastavillani (Petrobelli, 1967). Di queste musiche teatrali nulla è pervenuto. Nel 1625 furono pubblicati i versi di Alcune conclusioni musicali disputate in musica publicamente nell’Academia de’ Filomusi di Bologna che Vernizzi aveva intonato.

Una manciata di mottetti di Vernizzi fu ristampata in florilegi tedeschi, nella Siren cœlestis di Georg Victorinus (Monaco di Baviera 1616) nonché nel Promptuarium musicum, parte IV (a cura di Caspar Vincentius, Strasburgo 1617) e parte II (nella riedizione a cura di Johann Donfried, Strasburgo 1623).

Fonti e Bibl.: G. Guidicini, Cose notabili della città di Bologna, IV, Bologna 1872, p. 51; G. Gaspari, Dei musicisti bolognesi al XVII secolo, in Atti e memorie delle Regie Deputazioni di storia patria per le provincie dell’Emilia, n.s., IV (1879), pp. 223-239 (ed. anast. in Musica e musicisti a Bologna, a cura di G. Vecchi, Bologna 1969, pp. 477-493); L. Frati, Per la storia della musica in Bologna nel secolo XVII, in Rivista musicale italiana, XXXII (1925), pp. 548-553; O. Mischiati, V., O., in Die Musik in Geschichte und Gegenwart, XIII, Kassel 1966, coll. 1499 s.; P. Petrobelli, Francesco Manelli. Documenti e osservazioni, in Chigiana, XXIV (1967), pp. 60 s.; R. Schaal, Die Kataloge des Augsburger Musikalien-Händlers Kaspar Flurschütz (1613-1628), Wilhelmshaven 1974, p. 31; M. Fanti, S. Procolo, Bologna 1986, p. 203; O. Gambassi, La cappella musicale di S. Petronio, Firenze 1987, pp. 19, 95-127, 287, 353 s., 456; C.A. Monson, Disembodied voices: music and culture in an early modern Italian convent, Berkeley (Cal.) 1995, pp. 61, 115 (trad. it. Bologna 2009, pp. 95, 152); S. Ehrmann-Herfort, V., O., in Die Musik in Geschichte und Gegenwart. Personenteil, XVI, Kassel 2006, coll. 1505 s.; O. Mischiati - L.F. Tagliavini, Gli organi della basilica di S. Petronio in Bologna, a cura di M. Fanti, Bologna 2013, pp. 207, 257, 266 s.

Si ringraziano Luigi Collarile e Lars Magnus Hvass Pujol per le informazioni procurate.

TAG

Deputazioni di storia patria

Congregazione dei celestini

Giulio cesare arresti

Contrappuntistiche

Adriano banchieri