Ubaldini, Ottaviano degli

Enciclopedia Dantesca (1970)

Ubaldini, Ottaviano degli

Augusto Vasina

Anche se non nominato personalmente da D., i commentatori della Commedia concordano nell'identificare 'l cardinale (If X 120) ricordato da Farinata subito dopo Federico II fra gli eretici e gli epicurei del sesto cerchio, con Ottaviano senior, discendente dalla nobile famiglia ghibellina degli U. del Mugello. Tale univoca identificazione si basa probabilmente sull'inconfondibile personalità di Ottaviano, così come prende spicco dalle testimonianze coeve che non di rado si riferiscono all'U. come al cardinale per antonomasia.

Disceso intorno al 1210 da un Ugolino, fu avviato alla carriera ecclesiastica a Bologna, dove divenne arcidiacono della cattedrale (1234). Nel 1241 fu eletto vescovo, ma non godendo dei requisiti canonici per difetto di età, non poté essere consacrato e rimase in tale sede come procuratore della Chiesa bolognese fino al 1244, quando fu elevato da papa Innocenzo IV alla dignità cardinalizia col titolo diaconale di Santa Maria in Via Lata.

Incalzando il pericolo svevo, Ottaviano fu quasi subito nominato legato apostolico in Lombardia, dove tenne un atteggiamento ambiguo, anzi talora addirittura condiscendente, nei riguardi della Parte imperiale, forse condizionato dagli orientamenti ghibellini tradizionali nel suo casato. Passato nel 1248 in Romagna per recuperarla alla Santa Sede in un momento di sfaldamento delle milizie sveve, riuscì a sottomettere rapidamente queste terre alla Chiesa, mediante l'appoggio determinante del guelfismo bolognese.

Il successo fu di breve durata: il suo tenace ghibellinismo gli fece perdere prestigio soprattutto fra le file del guelfismo romagnolo, così che la sua opera di pacificazione nella regione risultò inefficace. Venne pertanto rimosso nel 1255 da tale legazione per essere inviato nell'Italia meridionale in missione contro Manfredi.

Ma il suo atteggiamento ambiguo sembra non venisse mai meno: nonostante avesse suscitato avversioni e sconfessioni negli ambienti della curia romana, Ottaviano seppe conservarvi la sua influenza e non desistette dall'operare, anche scopertamente, a favore della causa imperiale e dei suoi fautori; un caso, ad esempio, che doveva avere suscitato scalpore si era verificato nella sede metropolitica ambrosiana, alla quale i Visconti ghibellini, proprio con l'appoggio del cardinale, riuscirono a elevare un loro discendente.

Il persistere nell'U. di atteggiamenti spregiudicati, o quanto meno inconsueti in un alto prelato (gli fu attribuita, tramandano gli antichi commentatori, la frase " si anima est, ego perdidi ipsam millies pro Gibellinis "), dovette essere all'origine dell'accusa di epicureismo che, forse, già pesò su Ottaviano negli ultimi anni della sua vita e che, dopo la sua morte (ottobre 1273), ne oscurò la memoria. Il che probabilmente indusse D., qualche tempo dopo, a relegarlo fra gli eretici e i fautori più irriducibili del ghibellinismo: tanto erano labili, nel clima di crociata antimperiale che ancora riecheggiava sinistramente ai tempi dell'Alighieri, i confini fra l'ideologia politica dei seguaci di Federico II e certe dottrine ritenute, per presunti motivi etico-religiosi, epicuree e come tali perseguite e condannate dalla Chiesa assieme ai loro fautori.

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