METELLI, Orneore

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 74 (2010)

METELLI, Orneore

Francesco Santaniello

– Nacque a Terni il 2 giugno 1872 da David e Getulia Fabri. Sua madre svolse la professione di sarta, mentre il padre lavorò come calzolaio nella ditta di famiglia, che era stata fondata da un antenato nel 1798, stando a quanto si evince dall’epigrafe dipinta dal M. nell’Interno della calzoleria (Terni, CAOS - Centro arti opificio Siri, dove sono conservati i dipinti del M., salvo diversa indicazione).

Terminati gli studi elementari il M. entrò come apprendista nella calzoleria paterna. Visse sempre a Terni – fatta eccezione per brevi e sporadici viaggi – città nella quale sposò, il 4 giugno 1900, Giulia Ponnetti e dove svolse il mestiere paterno per tutta la vita, occupandosi anche dell’elegante negozio di corso Tacito (arteria principale del centro storico).

Il M. produsse scarpe particolarmente apprezzate per l’elevata qualità e l’originalità delle forme: calzature civili, militari e teatrali, esportate anche all’estero, soprattutto in Francia, che ottennero numerosi premi e menzioni d’onore alle esposizioni campionarie nazionali e internazionali nelle quali furono presentate. Raggiunse una tale notorietà in questo settore che all’Esposizione internazionale di Parigi del 1911 venne invitato fuori concorso e fu nominato membro della giuria d’onore preposta alle premiazioni.

Appassionato cultore di teatro e musica, dette prova delle sue capacità in queste arti suonando sia come primo trombone nell’orchestra del teatro Giuseppe Verdi di Terni sia come primo bombardino nella banda cittadina. Incarichi che mantenne fino al 1922, quando gli fu diagnosticata una disfunzione cardiaca. Abbandonati allora gli strumenti musicali il M. si dedicò da autodidatta alla pittura, realizzando, tra il 1922 e il 1938, circa duecento dipinti.

In questi anni il M. impiegò il proprio tempo libero, soprattutto serale, per dipingere nella cantina o nella cucina della sua casa. Egli considerò la pittura una pratica intima e personale, condotta con costante impegno, ma senza alcuna velleità o pretesa intellettuale, tanto che, per rammentare la sua vera professione, era solito tracciare accanto alla firma la forma stilizzata di uno stivaletto. Artista di autentica vocazione e maniera naïf, il M. dipinse con vivace gusto narrativo, non privo d’intonazioni aneddotico-didascaliche, e acuta sensibilità cromatica, episodi di vita popolare ternana, scorci urbani e interni domestici, a volte intrisi di riferimenti autobiografici. Nella sua produzione figurano anche vedute di altre località, mai riprese dal vero, ma sempre sulla base di ricordi o immagini sussidiarie, come ad esempio le cartoline illustrate prodotte nella tipografia del concittadino V. Alterocca. Oltre alla più consueta tela utilizzò supporti di vario genere: compensato, cartone, lastre di zinco, terracotta, scampoli della stoffa leggera impiegata per foderare l’interno delle scarpe e persino l’anta lignea di una porta (Panorama di Terni). Nella maggior parte dei dipinti i personaggi, le cui dimensioni risultano stabilite in base all’importanza e al ruolo sociale svolto, sono argutamente atteggiati e inquadrati entro ampi scenari architettonici o paesistici, raffigurati secondo un’arbitraria quanto ferma e nitida prospettiva. Il M., infatti, considerò le regole geometriche di rappresentazione dello spazio adattabili alle esigenze compositive, tanto che la dislocazione di uno o più punti di fuga era determinata in base all’importanza e alla funzione dell’oggetto da porre in risalto. Chiari esempi di estrema arditezza prospettica sono Allegoria romana (1935), Processione (1938) o Temporale alla stazione di Assisi, dove la profondità spaziale si alterna a proiezioni assonometriche e le dimensioni di oggetti e figure variano liberamente in ogni porzione del quadro. In maniera analoga il M. elaborò una teoria delle ombre altrettanto inusuale ed empirica, affinché le parti ombreggiate non recassero mai alcun ingombro alla rappresentazione.

Attento e partecipe cronista della sua epoca, il M. documentò le tradizioni contadine umbre, ma soprattutto le trasformazioni sociali e architettoniche in atto a Terni, città che, divenuta capoluogo di provincia nel 1927, necessitava di un moderno assetto viario e urbanistico con edifici amministrativi di rappresentanza. Ne Il mercato alla fiera (ripr. in Nigro Covre, 2000, p. 59) le attività della più importante fiera annuale si svolgono sotto la mole del palazzo dell’Opera nazionale Balilla, odierno Istituto statale d’arte intitolato proprio al Metelli. Allo stesso modo gli edifici imponenti di corso Tacito fanno da scenografiche quinte teatrali alla Festa notturna, così come il palazzo del Governo o la Banca d’Italia sono il monumentale sfondo della Parata militare a Terni (1937). Nelle sue tele il M. registrò gli avvenimenti più significativi riguardanti la città, come la Visita di Mussolini a Terni, le periodiche processioni religiose e le sfilate militari, senza trascurare la descrizione delle abitudini piccolo borghesi di una tranquilla vita provinciale: le passeggiate in carrozza nel parco (I giardini pubblici di Terni) o gli allegri incontri dei cacciatori (Bonacaccia: la partenza). In queste, come in altre opere, il dato aneddotico risulta non di rado trasposto su un piano d’incantata e favolistica narrazione, che può raggiungere toni nostalgici o persino mitici. In alcuni dipinti il valore didascalico delle scene illustrate è rafforzato dall’inserimento di parole scritte come fumetti, a volte associate addirittura a filastrocche dialettali o partiture musicali, come ne La forza del destino (Basilea, Kunstmuseum).

Nel 1936 il M. dipinse Uno dei Mille e Mio padre garibaldino calzolaio, offrendo uno scorcio di intima vita familiare: l’interno della casa paterna con la madre intenta a cucire accanto al camino, il padre impegnato con le tomaie e il ritratto del nonno Vinceslao, garibaldino della prim’ora, appeso sulla parete di fondo. La galleria dei ritratti del M. è costituita da una serie di personaggi, storici o contemporanei, di cui non è mai possibile conoscere l’identità, come nel caso della Venere di Terni (Basilea, collezione privata), Susanna (Terni, collezione privata), Personaggio storico o Personaggio provinciale (ripr. in Nigro Covre, 2000, p. 61). Celebri gli autoritratti, a cominciare da quello nel quale veste la pittoresca divisa della banda cittadina, con tanto di cappello piumato e giubba ornata con lustrini, bottoni e ricami dorati.

Il M. non attribuì mai valore artistico ai propri dipinti, mostrati di rado agli amici più fidati. Vivente partecipò soltanto a tre rassegne espositive: tre edizioni della Mostra del Sindacato interprovinciale fascista belle arti dell’Umbria. A Terni, nel 1936, propose l’opera Rientra la processione; l’anno seguente, a Perugia, espose un olio di analogo soggetto (Processione), ed infine, nel 1938, di nuovo a Terni, prese parte alla VII edizione della Sindacale con due dipinti: La battaglia di Colleluna e È andata male.

Quest’ultima opera, di soggetto autobiografico, è nota anche con il titolo È jita male e documenta l’attività della Fanfara Metelli, il complesso musicale che l’artista costituì nel 1910. Sotto una sferzante nevicata i musicanti rientrano in città, soltanto il M., il capobanda, si protegge con l’ombrello, quel parapioggia verde costantemente presente in tutti i dipinti che descrivono episodi della sua vita.

Il M. morì a Terni mentre era ancora in corso la manifestazione, all’alba del 26 nov. 1938, lasciando incompiuto il dipinto al quale stava lavorando, Uscita dal teatro.

Dopo la morte del M. le sue opere furono costantemente presenti nelle esposizioni nazionali e internazionali: nel 1941 nell’ambito della VIII Sindacale a Terni gli fu riservata, quale omaggio postumo, una sala personale nella quale vennero esposti tredici dipinti. L’anno seguente le opere del M. varcarono per la prima volta i confini regionali per essere presentate alla LVII Mostra della Galleria di Roma nella rassegna riservata agli artisti partecipanti alle Sindacali umbre. Nel 1946 alla Galleria di Roma fu allestita la prima retrospettiva su iniziativa dello scultore ternano A. De Felice. A quest’ultimo, che aveva conosciuto personalmente il M. nel 1936, si deve la notorietà del pittore-calzolaio e la relativa rivalutazione critica. De Felice raccolse e fece restaurare gran parte delle opere del M., impedendone la dispersione. Allo stesso tempo divenne il principale promotore di una serie di mostre itineranti proposte in Italia e all’estero: a Losanna (1947), Zurigo (1948), Parigi (1950), Monaco di Baviera (1954), Ivrea e Torino (1957), Roma (1964), Bonn e Amburgo (1967). Nel 1969 cinque opere furono esposte alla II Triennale internazionale d’arte naïve di Bratislava, durante la quale il M. fu riconosciuto come uno dei classici della pittura naïf. In seguito, rispetto alla giusta lettura critica prevalse l’interesse verso il personaggio «dell’ingenuo pittore-ciabattino», e taluni storici non esitarono a proporre un’ardita comparazione tra il M. - le cordonnier e H. Rousseau - le douanier.

Fonti e Bibl.: Le cordonnier de Terni. O. M.: peintre, Roma 1950 (riedizione del catalogo della mostra postuma, Roma 1946); O. M. (catal.), in Quaderni d’arte del Centro culturale Olivetti, a cura di L. Bigiaretti, Ivrea 1957; M. De Micheli - R. Margonari, I naïfs italiani, I, Parma 1972, pp. 244-253; O. M. nel centenario della nascita, Milano 1972; Mostra celebrativa di O. M. nel centenario della nascita (catal., Terni), s.l. 1972; O. M., a cura di C. Vivaldi, Roma 1973; Guida all’arte contemporanea in Umbria, a cura di A.C. Ponti, Perugia 1979, pp. 381-384; G. Stella, O. M., Milano 1987; Pinacoteca comunale Orneore Metelli di Terni: dipinti e sculture del XIX e XX secolo, a cura di J. Nigro Covre, Milano 2000, pp. 35-72; Da Rousseau a Ligabue: naïf? (catal., Torino), Milano 2002, pp. 99-110, 165 s., 197 s.; Pittori ternani del ’900 (catal.), a cura di J. Nigro Covre, Terni 2002, pp. 88-93; Terra di maestri. Artisti umbri del Novecento. II: 1923-1945 (catal., Spello), a cura di A.C. Ponti - F. Boco, Perugia 2003, pp. 28-30, 35 s., 156-161, 225.

F. Santaniello

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