Ormone

Universo del Corpo (2000)

Ormone

Domenico Andreani
Paolo Ciampalini

Il termine ormone (derivato del greco ὁρμάω, "mettere in moto, eccitare") indica una sostanza che, prodotta da una cellula endocrina, cioè a secrezione interna, viene liberata nel circolo sanguigno, provocando risposte funzionali in cellule localizzate a varia distanza dalla sua sede di produzione. Per l'espletamento dell'azione ormonale sono necessari, oltre alla sintesi e alla secrezione, il trasporto nel circolo sanguigno e la destinazione nei tessuti bersaglio dove sono presenti i recettori, strutture specializzate che riconoscono lo stimolo specifico e ne traducono il messaggio.

Classificazione

La comunicazione affidata agli ormoni avviene per la maggior parte attraverso il circolo ematico (azione endocrina), ma, in parte minore, anche mediante altre modalità. Alcuni ormoni agiscono infatti sulle cellule immediatamente circostanti la cellula che li produce (azione paracrina); in altre evenienze, invece, interagiscono con la stessa cellula secretrice (azione autocrina); altri ormoni, infine, vengono prodotti dai neuroni del sistema nervoso (azione neurocrina, che in realtà rappresenta una forma specializzata di azione paracrina).

Nell'ultimo ventennio del Novecento sono stati condotti approfonditi studi su sostanze che presentano grande importanza biologica, quali le citochine, i fattori di crescita, le endorfine (oppioidi endogeni) e le endoteline, le cui modalità di produzione e azione sono, per molti aspetti, assimilabili a quelle ormonali; tali principi, in via diretta o indiretta, sono in grado di influenzare, generalmente in piccola misura, le secrezioni endocrine e gli effetti ormonali. In questa sede, tuttavia, ci si atterrà all'elencazione e alla trattazione più classica degli ormoni.

Sono stati identificati più di cinquanta ormoni, le cui caratteristiche funzionali vengono determinate dalla diversa struttura molecolare. In base a questa, essi vengono suddivisi in quattro grandi categorie: proteine e peptidi; steroidi; derivati dagli aminoacidi; derivati dagli acidi grassi polinsaturi.

a) Ormoni proteici e peptidici. Comprendono peptidi di piccole dimensioni, polipeptidi e glicoproteine di grandezza molecolare maggiore (tab. 1). Sono idrosolubili e pertanto circolano liberi nel plasma; di solito non penetrano all'interno delle cellule ed esplicano i loro effetti grazie al legame con i recettori localizzati in superficie sulla membrana cellulare.

La sintesi degli ormoni peptidici avviene in modo identico a quella di tutte le altre molecole proteiche non ormonali (dal reticolo endoplasmatico alle cisterne di Golgi, ai granuli secretori), anche se sono peculiari degli ormoni peptidici la sintesi codificata da più geni, la formazione di più ormoni da un precursore comune e la sintesi in più subunità. Il processo di sintesi inizia con la trasformazione delle indicazioni contenute nel DNA genico e prosegue con un preciso ordine, grazie all'esistenza di specifici segnali, mediati dall'mRNA (RNA messaggero).

Gli ormoni proteici provengono invece da precursori più grandi e complessi, che subiscono processi proteolitici successivi fino al formarsi dell'ormone finale; su tale base, essi possono essere suddivisi in vari gruppi: vi sono polipeptidi che già prima di essere trasformati in prodotto finale possono essere immessi in circolo sotto forma di pre-pro-ormone e svolgere una qualche attività biologica, come è il caso dell'insulina, mentre per altri i complessi molecolari sono rappresentati da sequenze che non vengono poi riscontrate nell'ormone finale, oppure danno luogo a diversi prodotti biologicamente attivi. Un altro gruppo di ormoni proteici più complessi è caratterizzato dal fatto di essere sintetizzato in due pre-subunità che successivamente si uniscono: questo meccanismo di secrezione avviene, per es., per gli ormoni ipofisari TSH (Thyroid stimulating hormone), FSH (Follicle stimulating hormone), LH (Luteinizing hormone) e per la gonadotropina corionica (HCG, Human chorionic gonadotropin), che hanno un contenuto elevato di carboidrati, e pertanto appartengono alla classe delle glicoproteine.

Gli ormoni peptidici si accumulano all'interno della cellula nei granuli secretori con un processo sintetico continuo; vengono liberati in seguito a stimoli specifici attraverso la cosiddetta esocitosi, che consiste nella fusione della membrana dei granuli con la membrana cellulare e nella successiva immissione nel circolo capillare che circonda la cellula. Questa immissione in circolo avviene immediatamente, al fine di rispondere ai bisogni del momento. Una volta secreti, gli ormoni proteici circolano in forma libera nel plasma, in quanto, a eccezione delle somatomedine, non contraggono legami con le proteine plasmatiche. Le loro concentrazioni nel plasma sono nell'ordine di 10-10 mol; la loro emivita plasmatica, e quindi la loro presenza in circolo, varia a seconda del tipo di ormone: da 3 a 10 min (ADH, Antidiuretic hormone; PTH, Parathyroid hormone; TRH, Thyrotropin-releasing hormone; GnRH, Gonadotropin-releasing hormone), da 50 a 80 min (LH, TSH), fino a 4 ore (FSH e HCG). Gli ormoni glicoproteici sono metabolizzati a livello epatico, mentre quelli non glicoproteici vengono invece metabolizzati e degradati prevalentemente a livello delle cellule bersaglio. Solo piccole quantità di ormoni peptidici vengono escreti direttamente con le urine.

b) Ormoni steroidei. Sono liposolubili, diffondono liberamente all'interno della cellula ed esercitano la loro azione dopo essersi legati a recettori localizzati nel nucleo. La loro struttura chimica, che è policiclica, deriva dal colesterolo. Sono suddivisi, in base alla sede di produzione, in steroidi gonadici e surrenalici; vengono inclusi in questa categoria anche la vitamina D e i suoi analoghi (tab. 2). Gli ormoni steroidei prodotti dal surrene e dalle gonadi si dividono in sottogruppi in base al numero di atomi di carbonio del nucleo steroideo: il progesterone, i glicocorticoidi e i mineralcorticoidi derivano per sintesi successive dal pregnano, una sostanza semplice che contiene 21 atomi di carbonio, mentre gli estrogeni provengono dal nucleo dell'estrano che ha 18 atomi di carbonio, e gli androgeni dal nucleo dell'androstano, che ha 19 atomi di carbonio.

La sintesi degli ormoni steroidei segue tappe biosintetiche identiche sia nel surrene sia nell'ovaio o nel testicolo e la differenziazione nelle tre ghiandole endocrine dipende da una diversa distribuzione tessuto-specifica degli enzimi di sintesi. La steroidogenesi passa attraverso una serie di tappe enzimatiche, in massima parte catalizzate dagli enzimi citocromo P450 (cP450) localizzati all'interno delle cellule, e inizia dalla trasformazione del colesterolo in pregnenolone. Questa tappa enzimatica è la più importante in quanto controlla la sintesi di tutti gli ormoni steroidei; anche in presenza di notevoli quantità di colesterolo, la possibilità di proseguimento della via biosintetica appare limitata, poiché dipende dall'attività dagli enzimi cP450. Il pregnenolone formato fuoriesce dal mitocondrio e viene trasferito sul reticolo endoplasmatico, dove subisce le successive modificazioni enzimatiche da parte dei cP450. Il pregnenolone è quindi il precursore comune dei principali ormoni steroidei.

I glicocorticoidi vengono sintetizzati nella zona fascicolata e, in minor misura, nella zona reticolare del surrene. L'ormone più importante del gruppo è rappresentato dal cortisolo che si forma attraverso successivi passaggi: dapprima il pregnenolone viene trasformato in progesterone e 17-idrossipregnenolone, quindi in 17-idrossiprogesterone, successivamente in 11-desossicortisolo e infine in cortisolo. Il cortisone, che è il prodotto commercialmente più noto, è un deidrocortisolo; perché possa agire è necessaria la sua trasformazione in cortisolo.

I mineralcorticoidi vengono sintetizzati nella zona glomerulare del surrene. A partire dal pregnenolone, la via biosintetica porta alla formazione di progesterone e da questo a quella di desossicorticosterone. Le tappe successive consistono nella trasformazione del desossicorticosterone in corticosterone, quindi in 18-idrossicorticosterone e infine in aldosterone, che è l'ormone fondamentale del gruppo.

Gli androgeni vengono sintetizzati dalle cellule di Leydig del testicolo, dalla zona reticolare del surrene e dalle cellule della teca del follicolo e dall'interstizio dell'ovaio. La via biosintetica che procede dal pregnenolone segue due possibili direzioni: la prima via consiste nella trasformazione del pregnenolone in 17-idrossipregnenolone, di questo in deidroepiandrosterone, quindi in androstenediolo, e infine in testosterone, che è il principale ormone maschile. La seconda via consiste nella trasformazione del pregnenolone in progesterone, di questo in 17-idrossiprogesterone e quindi nella formazione di androstenedione, a sua volta successivamente trasformato in testosterone. In alcuni tessuti il testosterone necessita di un'ulteriore reazione di trasformazione in 5α-diidrotestosterone per esplicare la sua attività. Nel surrene dove, rispetto al testicolo, vi è una diversa distribuzione degli enzimi che catalizzano queste vie biosintetiche, la maggior parte della produzione di androgeni surrenali è diretta verso l'elaborazione di precursori del testosterone e, in maniera particolare, di deidroepiandrosterone e androstenedione, che hanno un'attività ormonale di più modesta entità. Circa il 50% del pregnenolone metabolizzato nella corteccia surrenale viene convertito in deidroepiandrosterone.

Gli estrogeni e il progesterone, i principali ormoni femminili, sono gli steroidi prodotti in maggiore quantità dall'ovaio e sono coinvolti nella regolazione del ciclo mestruale e nella gravidanza. La formazione di questi steroidi deriva da tappe enzimatiche diversificate nei compartimenti cellulari dell'ovaio: follicoli e cellule interstiziali. Le cellule della granulosa, che contornano l'ovulo nel contesto del follicolo, subiscono la trasformazione in cellule luteiniche dopo l'ovulazione e il prodotto della trasformazione del pregnenolone è rappresentato dal progesterone. Le cellule della teca del follicolo e quelle interstiziali producono in prevalenza androstenedione attraverso le vie biosintetiche che sono già state descritte per gli androgeni. Anche le tappe enzimatiche coinvolte nel successivo destino metabolico dell'androstenedione hanno una caratteristica localizzazione cellulare: infatti il testosterone è sintetizzato solamente nelle cellule dell'ilo, mentre all'interno delle cellule della granulosa l'androstenedione viene trasformato in testosterone e a sua volta in estrone e estradiolo. Le cellule interstiziali hanno anche la capacità di trasformare il testosterone in diidrotestosterone.

La vitamina D e i suoi analoghi sono sintetizzati a partire dal colesterolo e gli enzimi biosintetici sono localizzati nella cute, nel rene e nel fegato; la struttura chimica differisce dagli ormoni steroidi a 21 atomi di carbonio per la rottura del legame tra due atomi di un anello della catena del colesterolo. Con vitamina D si intende un gruppo di steroidi che, introdotti con gli alimenti, vengono trasformati nell'organismo in ormoni regolatori del ricambio del calcio: il colecalciferolo (vitamina D₃) è la forma naturale della vitamina prodotta nella cute a partire da un precursore, il 7-deidrocolesterolo, che viene convertito in colecalciferolo con una reazione indotta dalle radiazioni ultraviolette; l'ergocalciferolo (vitamina D₂) è un composto di origine vegetale, che differisce leggermente dal colecalciferolo e deriva dalla trasformazione dell'ergosterolo indotta dalle stesse radiazioni; questo, trasportato a livello epatico, viene trasformato in 25-idrossicolecalciferolo, o calcifediolo, e successivamente nel rene, a livello del tubulo prossimale, dove viene trasformato in 1,25-diidrossicolecalciferolo, o calcitriolo. Con quest'ultima tappa si ha la vitamina propriamente detta, la quale esercita in pieno la sua attività biologica.

Al contrario degli ormoni peptidici, la secrezione degli steroidi in circolo non procede attraverso un loro immagazzinamento all'interno delle cellule ma segue immediatamente la sintesi. Essi viaggiano nel plasma legati a proteine di trasporto specifiche, dotate di alta affinità, quali la globulina legante il cortisolo (CBG, Cortisol binding protein), le globuline leganti gli steroidi sessuali (SHBG, Sex hormone binding protein) e la proteina legante la vitamina D (DBP, Vitamin D binding protein). La CBG è una glicoproteina in grado di legare con uguale affinità cortisolo e progesterone. Le SHGB sono globuline che legano con elevata affinità il testosterone, mentre l'estradiolo è legato in prevalenza all'albumina. Il 98% degli steroidi gonadici, il 95% del cortisolo e il 50% dell'aldosterone circolano legati alle rispettive proteine di trasporto. Poiché solo l'ormone libero è in grado d'interagire con i recettori, e quindi di esprimere l'attività biologica, il legame plasmatico costituisce un'importante fase di riserva nel metabolismo di questi ormoni. Gli steroidi sintetici impiegati in terapia solitamente non contraggono legame con le proteine di trasporto e sono quindi in grado di esercitare effetti biologici immediati. I glicocorticoidi e i mineralcorticoidi vengono metabolizzati attraverso reazioni enzimatiche che determinano la perdita della loro attività ormonale oppure attraverso coniugazione con gruppi chimici che li rendono idrosolubili e ne determinano l'eliminazione con le urine. L'unica reazione metabolica che non si traduce in una perdita dell'attività biologica è rappresentata dalla conversione del testosterone in diidrotestosterone nelle cellule bersaglio.

c) Ormoni derivati da aminoacidi. In questo gruppo vengono compresi gli ormoni tiroidei, le catecolamine e i derivati dal triptofano (tab. 3).

Gli ormoni tiroidei prodotti dalle cellule follicolari della tiroide sono le iodotironine, derivate dall'unione di due nuclei di tirosina con lo iodio proveniente dall'alimentazione. Gli ormoni tiroidei vengono sintetizzati all'interno di una macromolecola proteica, la tireoglobulina, mediante la iodazione di due molecole di tirosina unitesi per formare la tironina; costituiscono il 2-3% degli aminoacidi della proteina e solo il 25% di questi residui tirosinici viene iodato; la biosintesi avviene subito dopo la captazione dello iodio dal circolo sanguigno. La tireoglobulina, che costituisce il 70% della secrezione proteica della cellula follicolare della tiroide, viene sintetizzata all'interno della cellula e quindi trasportata verso la membrana apicale dove è presente una proteina di membrana, la tireoperossidasi, che catalizza l'ossidazione e l'organificazione dello iodio. All'interno della proteina si formano così la monoiodotirosina (MIT) e la diiodotirosina (DIT), dal cui accoppiamento derivano la triiodotironina (T₃) e la tiroxina o tetraiodotironina (T₄). La tireoglobulina viene riversata nel lume dei follicoli tiroidei come colloide e ha il significato sia di precursore sia di deposito degli ormoni tiroidei. Questi, staccati dalla tireoglobulina, si diffondono all'esterno della membrana nella regione basale della cellula follicolare. La T₄ e la T₃ vengono secrete in un rapporto di 10/1; la MIT e la DIT rimangono all'interno della cellula dove sono metabolizzate subendo la rimozione dello iodio che viene immagazzinato e riutilizzato per l'ormonosintesi. Il 99% della T₄ circola legato alle proteine plasmatiche: in particolare il 75% risulta legato alla TBG (Thyroxine binding globulin), una glicoproteina che viene prodotta dal fegato, il 15-20% è legato alla prealbumina e il 5-10% all'albumina. La T₃ è legata in prevalenza all'albumina e solamente in proporzione minore alla prealbumina. L'emivita plasmatica della T₄ è di 6-8 giorni, mentre quella della T₃ è di 1-3 giorni.

Il distacco di un atomo di iodio dalla T₄ (desiodazione) permette la formazione della T₃, che rappresenta l'ormone biologicamente attivo. La T₃ deriva per il 20-30% direttamente come tale dalla tiroide e per il 75-80% dalla desiodazione della T₄ nei tessuti; inoltre, dalla desiodazione della T₄ deriva anche un prodotto privo di attività biologica: la cosiddetta reverse-T₃. La produzione periferica della T₃ risulta connessa alla disponibilità della T₄, ma anche all'attività della desiodasi, che subisce variazioni in conseguenza di condizioni fisiologiche e/o patologiche, come il digiuno, le malattie sistemiche croniche, la terapia con corticosteroidi o con propiltiouracile. Questa inibizione causa una riduzione della produzione di T₃, che comporta un rallentamento dei processi metabolici e quindi della richiesta energetica. Inoltre alla conversione di T₄ in T₃ è dovuto il controllo retrogrado (feedback) negativo sulla secrezione di TSH a livello ipofisario. Questo meccanismo permette che la secrezione del TSH sia sotto il controllo della T₄ circolante, le cui concentrazioni plasmatiche sono stabili e non risentono delle più rapide variazioni periodiche che può subire la T₃.

Le catecolamine dotate di effetti ormonali sono l'adrenalina e la noradrenalina, sintetizzate, oltre che dai neuroni del sistema nervoso simpatico, anche a livello della midollare del surrene. Dal punto di vista chimico, sono derivati dell'aminoacido tirosina. La sintesi consiste nella trasformazione della tirosina in dopa (diossifenilalanina); da questa si forma la dopamina che viene trasformata in noradrenalina; la noradrenalina, a sua volta, è trasformata in adrenalina esclusivamente nella midollare del surrene. Le catecolamine sono immagazzinate all'interno della cellula e secrete in risposta alla liberazione locale di acetilcolina. Hanno un'emivita brevissima (20 s) e vengono inattivate con due diversi meccanismi: la degradazione, che avviene nel fegato, e il recupero all'interno delle cellule da cui sono state secrete.

I derivati dal triptofano sono la serotonina e la melatonina. La conversione del triptofano in serotonina avviene tramite due passaggi enzimatici, mentre dalla metilazione della serotonina si ha la formazione della melatonina. Tanto la serotonina quanto la melatonina sono peptidi di piccole dimensioni che, una volta prodotti, vengono immediatamente liberati nel circolo ematico.

d) Ormoni derivati da acidi grassi polinsaturi. Gli eicosanoidi sono molecole derivanti da un acido grasso polinsaturo a 20 atomi di carbonio, l'acido arachidonico. In base alla loro struttura chimica vengono distinti in tre gruppi: prostaglandine (fra le quali un posto a parte merita la prostaciclina), trombossani e leucotrieni (tab. 4). Queste sostanze hanno effetti biologici notevoli similormonali od ormonostimolanti molto diversificati e il più delle volte agiscono con azione eminentemente locale. Non sono immagazzinate all'interno delle cellule, ma immediatamente secrete secondo le necessità del momento; la loro produzione dipende dalla disponibilità di acido arachidonico. Hanno un'emivita di pochi secondi e sono degradate dagli enzimi tessutali. Le prostaglandine sono molecole con struttura basilare rappresentata dall'acido prostanoico, acido polinsaturo contenente l'anello del ciclopentano modificato dalla presenza di specifici gruppi chimici. A seconda delle caratteristiche di questi gruppi, le prostaglandine vengono suddivise in classi, delle quali quella E e quella F costituiscono i principali composti attivi. I trombossani si distinguono dalle precedenti molecole per il legame tra una molecola di ossigeno in posizione 6 e una di carbonio in posizione 11 con la formazione di un endoperossido. I leucotrieni vengono prodotti dall'acido arachidonico e presentano effetti eminentemente proflogistici.

Recettori ormonali

Nel corpo umano vi sono all'incirca 200 tipi di cellule di cui solo una minoranza produce ormoni. Tuttavia, quasi tutte le cellule dell'organismo sono il bersaglio di uno o più ormoni. La caratteristica del sistema di comunicazione endocrino risiede nel fatto che gli ormoni circolano nel plasma a concentrazioni bassissime e, pertanto, le cellule bersaglio devono essere stimolate selettivamente. La capacità di riconoscimento selettivo è garantita dalla presenza nelle cellule bersaglio di strutture specializzate, cioè i recettori, i quali legano gli ormoni e ne mediano le azioni. I recettori possono essere sulla membrana della cellula o all'interno di essa; l'ormone che non può attraversare la membrana (per es. un peptide) si lega a recettori localizzati sulla membrana plasmatica, mentre quello che diffonde attraverso la membrana plasmatica all'interno della cellula (steroidi, iodotironine) si lega a recettori intracellulari (in genere situati nel nucleo). Indipendentemente dalla struttura e dal tipo di ormone, i recettori hanno caratteristiche comuni: tutti presentano una regione in grado di riconoscere e legare l'ormone e un'altra deputata alla generazione di un segnale intracellulare che traduce il messaggio ormonale in risposte funzionali della cellula bersaglio; anche le proprietà che regolano il legame dell'ormone (affinità, specificità, saturabilità, capacità di trasduzione, cioè di evocare effetti specifici) sono comuni per tutti i recettori. I rapporti fra ormone e recettore sono in molti casi tali da consentire un aumento dei recettori (regolazione anterograda, o up-regulation) o una loro riduzione (regolazione retrograda, o down-regulation).

L'interazione ormone-recettore è regolata da una complementarità stereochimica e da affinità di legame fra l'uno e l'altro. Questa affinità strutturale non riguarda necessariamente tutta la molecola del recettore e dell'ormone, ma può essere limitata solo a una porzione di uno o di entrambi. Pertanto, il legame di un ormone al rispettivo recettore è garantito da specifici gruppi chimici dislocati in modo da poter interagire con definite regioni del recettore; di conseguenza, qualsiasi molecola, anche non ormonale, ma con le stesse caratteristiche strutturali, può, interagendo con il recettore, evocare una risposta ormonale.

In relazione alla capacità di evocare una risposta recettoriale, esistono nell'organismo principi biologici capaci di influenzare l'azione ormonale; questi principi si distinguono in agonisti, superagonisti e antagonisti. Gli agonisti sono molecole in grado di associarsi al recettore con la stessa affinità dell'ormone naturale, provocando la medesima risposta cellulare. I superagonisti si comportano come gli agonisti, ma si legano ai recettori con migliore affinità rispetto all'ormone naturale ed evocano un'azione maggiore e di più lunga durata. Gli antagonisti, invece, non evocano risposte biologiche in quanto, pur legandosi al recettore, non sono in grado di attivarne il meccanismo; la loro azione consiste perciò nel competere con l'ormone naturale per il legame al recettore e, di conseguenza, se l'antagonista è presente insieme all'ormone naturale, la risposta delle cellule bersaglio viene in qualche modo compromessa.

La presenza dei recettori nelle cellule bersaglio è direttamente connessa al patrimonio genetico; tuttavia, in condizioni fisiologiche, sia il numero dei recettori sia la loro affinità vengono regolati da stimoli ormonali. I meccanismi molecolari che intervengono in questi fenomeni sono molteplici; essi possono coinvolgere l'intensità della sintesi e della degradazione dei recettori, il loro sequestro in comparti subcellulari inaccessibili all'ormone e anche il cambiamento delle loro proprietà funzionali.

Azioni degli ormoni

Gli ormoni, interagendo con i recettori localizzati a livello dei tessuti bersaglio, evocano risposte specifiche: regolano le attività enzimatiche, l'espressione genica e la sintesi delle proteine. Virtualmente, tutti i tessuti dell'organismo sono sensibili agli ormoni e le azioni ormonali sono fondamentalmente quattro.

a) Sviluppo e crescita. L'influenza degli ormoni sullo sviluppo appare evidente fin dalla vita fetale, come dimostrato, per es., dalle alterazioni del sistema nervoso centrale dovute alla carenza di ormoni tiroidei o dalle anomalie della differenziazione sessuale legate alle alterazioni secretorie degli steroidi gonadici, con conseguente ermafroditismo o pseudoermafroditismo maschile o femminile. Nel periodo postnatale gli ormoni che risultano prevalentemente deputati al controllo della crescita sono il GH (Growth hormone, od ormone somatotropo) e le somatomedine; contribuiscono in maniera importante anche la vitamina D, necessaria per la maturazione scheletrica, gli steroidi sessuali, che inducono la saldatura delle epifisi, e gli ormoni tiroidei.

b) Produzione di energia e utilizzazione di substrati metabolici. L'insulina, il glucagone, il GH, le catecolamine, gli ormoni tiroidei e i glicocorticoidi regolano il metabolismo dei carboidrati, come pure quello dei grassi, delle proteine e degli acidi nucleici, e sono responsabili della conversione dei composti che vengono introdotti con la dieta in energia utilizzabile immediatamente (per es. produzione di calorie) oppure in processi sintetici (per es., impalcature dei tessuti, depositi ecc.).

c) Mantenimento dell'omeostasi. Gli ormoni controllano il mantenimento e la regolazione delle condizioni ottimali di tutti gli organi e apparati anche in rapporto alle modificazioni ambientali. Tutti i maggiori sistemi omeostatici, cioè la pressione arteriosa, la frequenza cardiaca, il bilancio idroelettrolitico, l'equilibrio acido-base, la temperatura corporea, la composizione dei tessuti corporei (massa ossea, tessuto muscolare, tessuto adiposo), sono sotto il diretto controllo ormonale.

d) Riproduzione. Gli ormoni svolgono un'azione di controllo relativa allo sviluppo e alla funzione delle gonadi; inoltre, contribuiscono in modo determinante alla differenziazione anatomica, funzionale e comportamentale dei due sessi. Gli estrogeni, il progesterone e gli androgeni, regolati dagli ormoni ipofisari, e in collaborazione con questi, consentono la maturazione sessuale, l'acquisizione e il mantenimento della capacità riproduttiva, nonché la gravidanza, l'espletamento del parto e la lattazione.

Sistema di feedback o di regolazione retrograda

Il feedback, o meccanismo di retroregolazione, è un sistema mediante il quale gli ormoni controllano gli effetti biologici che essi stessi determinano; tali effetti, a loro volta, regolano la secrezione dell'ormone. Il sistema consiste in un flusso bidirezionale continuo di informazioni tra la sede di produzione dell'ormone e il tessuto bersaglio. Il feedback viene definito positivo o negativo, a seconda che provochi una stimolazione oppure un'inibizione dell'azione ormonale, e lungo, corto o ultracorto, a seconda della distanza che intercorre tra l'ormone e il tessuto bersaglio. II feedback pertanto risulta fondamentale per mantenere l'omeostasi. L'esistenza dei meccanismi di feedback riveste una grande importanza clinica e diagnostica; infatti la maggior parte dei test dinamici si basa sulla valutazione dell'integrità di questi sistemi che vengono alterati in numerose malattie endocrine. Un feedback lungo è quello che si verifica tra l'ipotalamo, l'ipofisi e la ghiandola bersaglio e viceversa, con effetto sia stimolatorio sia inibitorio; un feedback corto si verifica tra gli ormoni ipofisari e i loro releasing hormones ipotalamici, con effetto sia stimolatorio sia inibitorio; infine, un feedback ultracorto è quello che si verifica con meccanismo paracrino e con effetto inibitorio sulle stesse cellule che producono l'ormone o sulle cellule circostanti.

Bioritmi

Il sistema endocrino è regolato in modo dinamico con oscillazioni temporali variabili (da pochi minuti a un anno) delle secrezioni ormonali. Queste oscillazioni sono quantificate mediante alcuni parametri fondamentali. Il periodo di un ritmo è l'intervallo di tempo che intercorre tra due episodi identici; in sostanza rappresenta una misura della frequenza delle variazioni dei livelli ormonali. A seconda della loro ampiezza, i ritmi si dividono in infradiani, con durata inferiore alle 20 ore, circadiani, con durata compresa tra 20 e 28 ore, e ultradiani, con durata superiore alle 28 ore. L'ampiezza del ritmo viene definita come la differenza tra il valore massimo (acrofase) e quello minimo; il valore medio dei livelli ormonali durante il ritmo è denominato mesor. I ritmi biologici e quelli endocrini necessari a mantenere l'omeostasi rappresentano l'espressione delle capacità adattative dell'organismo alle variazioni ambientali (ciclo buio/luce) e alle esigenze fisiologiche (sonno/veglia, flussi mestruali, ovulazione); essi costituiscono una sorta di orologio interno che regola la sequenza temporale degli eventi fisiologici. In condizioni patologiche, i ritmi endocrini essenziali per la normale funzione della maggior parte degli ormoni sono invece alterati. Il riconoscere queste alterazioni del ritmo è importante dal punto di vista clinico e diagnostico, perché permette una corretta interpretazione delle variazioni dei valori ormonali.

La secrezione dell'ormone della crescita (GH) è caratterizzata dalla presenza di livelli basali bassi e picchi improvvisi, specie nella prima fase del sonno; si riduce con l'età, in modo più marcato nella femmina. Nell'asse ipofisi-surrene la secrezione di ACTH (Adrenocorticotropic hormone), ormone stimolante il surrene, e di cortisolo risulta caratterizzata da un ritmo circadiano: è massima al mattino, si riduce gradualmente durante il resto del giorno per raggiungere livelli minimi nella notte. Non è influenzata significativamente dai ritmi sonno/veglia e non mostra differenze nei due sessi. La secrezione di prolattina (PRL) presenta un ritmo circadiano, contraddistinto da valori minimi intorno a mezzogiorno, un lieve incremento nel corso del pomeriggio e una fase di massima secrezione nelle prime ore del mattino. Oltre alle fluttuazioni circadiane, la PRL presenta brusche elevazioni dei livelli plasmatici in seguito allo stress, a stimolazione del capezzolo oppure ad attività fisica. Il ritmo di secrezione del TSH (ormone tireotropo) presenta variazioni circadiane con picchi di secrezione notturna; tali picchi, nella donna, si verificano nelle prime ore del mattino, mentre nell'uomo si riscontrano in tarda serata. Nell'asse ipotalamo-ipofisi-gonade il ritmo della secrezione di gonadotropine (FSH e LH) costituisce un esempio di ritmo ultradiano: nella fase prepuberale esso mostra, in entrambi i sessi, oscillazioni di bassa ampiezza durante l'arco delle 24 ore; la comparsa di picchi di secrezione notturna precede l'inizio della pubertà e diventa più evidente con il progredire dell'età, associandosi a un aumento dell'estradiolo nella femmina e del testosterone nel maschio. Uno spiccato aumento delle gonadotropine si può osservare nella donna a ogni ovulazione.

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